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Articolo 2083 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Piccoli imprenditori

Dispositivo dell'art. 2083 Codice Civile

Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo [1647, 2139, 2221], gli artigiani (1), i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia [1330, 1368, 2202, 2214, 2221; art. 45 Cost.].

Note

(1) Per la nozione di artigiano si rimanda agli artt. 2, 3 e 4 della L. 8 agosto 1985, n. 443.

Ratio Legis

La norma tratteggia i caratteri della piccola impresa (piccolo imprenditore), destinatario di uno statuto normativo sensibilmente semplificato rispetto a quello dell'imprenditore commerciale.

Spiegazione dell'art. 2083 Codice Civile

Le imprese possono essere classificate in base alle modalità di organizzazione dei fattori produttivi.
Oltre ai soggetti espressamente menzionati dalla norma (coltivatori diretti, artigiani, piccolo commerciante) il Codice definisce come “piccolo” imprenditore il soggetto che, nell’esercizio dell’attività produttiva, faccia impiego in misura prevalente del proprio lavoro e/o del lavoro dei familiari.

Per aversi piccola impresa è necessario che:
  1. l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa;
  2. il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale (proprio o altrui) investito nell’impresa.
Il criterio adottato dal Codice civile per identificare il piccolo imprenditore è di tipo qualitativo, risultando per ciò differente dal criterio dimensionale impiegato all'art. 2 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'insolvenza per definire l'imprenditore minore.

La piccola impresa agricola e l’impresa artigiana godono di una copiosa ed articolata legislazione speciale di ausilio e di sostegno.

L’impresa artigiana si caratterizza:
  1. per essere esercitata da un imprenditore artigiano;
  2. per avere quale scopo prevalente, lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi, escluse le attività agricole e commerciali, di intermediazione, di somministrazione al pubblico di alimenti o bevande, salvo che siano strumentali all’esercizio dell’impresa;
  3. per non superare determinati limiti dimensionali (indicati nell’art. 4 della Legge-quadro per l’artigianato, n. 443 del 1985).

Esso gode di alcuni vantaggi rispetto all'imprenditore commerciale:
a) è esonerato dalle scritture contabili;
b) è iscritto in una sezione speciale del registro delle imprese, con funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia;
c) non può essere sottoposto, in caso d'insolvenza, alla procedura fallimentare né alle altre procedure concorsuali.

L’impresa artigiana può essere costituita anche in forma di società cooperativa o società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità limitata, ma non in forma di società per azioni.
L’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane è obbligatoria ed ha efficacia costitutiva.

La piccola impresa non va confusa con l’impresa familiare disciplinata dall’art. 230 bis.

Massime relative all'art. 2083 Codice Civile

Cass. civ. n. 19735/2023

Ai fini della dichiarazione di fallimento, l'art. 1, comma 2, l.fall., nel testo modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, stabilisce la necessità del superamento di alcune soglie dimensionali, escludendo implicitamente la possibilità di ricorrere al criterio qualitativo sancito dall'art. 2083 c.c. in tema di c.d. "piccolo imprenditore".

Cass. civ. n. 5685/2015

In tema di impresa artigiana, i criteri richiesti dall'art. 2083 cod. civ., ed in genere dal codice civile, valgono per l'identificazione dell'impresa artigiana nei rapporti interprivati, mentre quelli posti dalla legge speciale (legge 8 agosto 1985 n. 443) sono, invece, necessari per fruire delle provvidenza previste dalla legislazione (regionale) di sostegno, sicché l'iscrizione all'albo di un'impresa artigiana, effettuata ai sensi dell'art. 5 della ricordata legge n. 443 del 1985, non spiega alcuna influenza ai fini dell'applicazione dell'art. 2751 bis, n. 5, cod. civ. - nel testo vigente "ratione temporis", prima della novella introdotta dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge n. 35 del 2012 - dettato in tema di privilegi, dovendosi, a tal fine, ricavare la relativa nozione alla luce dei criteri fissati, in via generale, dall'art. 2083 cod. civ. Ne consegue che, per accertare la ricorrenza della qualità di piccolo imprenditore, occorre valutare l'attività svolta, il capitale impiegato, l'entità dell'impresa, il numero dei lavoratori, l'entità e la qualità della produzione, i finanziamenti ottenuti e tutti quegli elementi atti a verificare se l'attività venga svolta con la prevalenza del lavoro dell'imprenditore e della propria famiglia, mentre risulta irrilevante il superamento delle soglie di fallibilità, ex art. 1, secondo comma, legge fall., nel testo novellato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, non sussistendo più alcun collegamento tra la condizione di piccolo imprenditore e i presupposti per il fallimento.

Cass. civ. n. 12306/2008

In tema di espropriazione di suoli agricoli, l'art. 17 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, nel riconoscere il diritto alla cosiddetta indennità aggiuntiva in favore dei soggetti che traggono i propri mezzi di sussistenza dalla coltivazione del suolo (fittavolo, mezzadro, colono, compartecipante, proprietario coltivatore diretto), condiziona la concreta erogazione del beneficio alla utilizzazione diretta agraria del terreno, con conseguente esclusione, dal novero dei soggetti aventi diritto, dell'imprenditore agricolo (di colui che eserciti, cioè, la coltivazione e produzione agricola con prevalenza del fattore capitale sul fattore lavoro e con impegno prevalente di manodopera subordinata), tanto individuale quanto costituito sotto forma di società commerciale (di capitali o di persone) ed a fronte della domanda di riconoscimento dell'indennità da parte di chi assuma di essere coltivatore diretto, la qualifica di imprenditore agricolo deve essere provata dal convenuto che la invochi in via di eccezione. (Rigetta, App. Messina, 21 Luglio 2003).

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Luigi M. chiede
giovedì 03/02/2011

“Vi chiedo la definizione di coltivatore diretto, e se da pensionato è esente dal pagamento ICI.”

Consulenza legale i 06/02/2011

Il coltivatore diretto, ai sensi dell'art. 2082 del c.c. è un imprenditore. Per questo motivo si deve anche ritenere che la nozione di coltivatore diretto abbracci, in linea di principio, anche tutte le attività qualificate come essenzialmente agricole ai sensi dell'art. 2135 del c.c. In quanto imprenditore, il coltivatore diretto deve possedere il requisito della professionalità e, a tal proposito, dottrina e giurisprudenza interpretano tale requisito nel senso di stabilità e non occasionalità. Ai fini della legge 203 del 1982, sono equiparati ai coltivatori diretti le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, nonché i diplomati e i laureati di qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale.

Gli agricoltori in pensione che coltivano un fondo, dal punto di vista previdenziale sono considerati soggetti in attività a tutti gli effetti ed essendo obbligati agli adempimenti contributivi, dovrebbero usufruire delle stesse agevolazioni ICI che l’art.68 del D.Lgs.n° 446/97 prevede per i coltivatori diretti o IAP Imprenditori Agricoli Professionali.