Con questa norma viene sancito il principio del
contraddittorio, costituente uno dei principi cardine del
processo civile e che si configura come presupposto e modalità di esercizio del
diritto di difesa di cui all’
art. 24 Cost..
Inteso in questi termini, alle parti deve essere garantita la possibilità effettiva di partecipare al processo, nonché di influire sul suo svolgimento e sul contenuto della decisione.
Sebbene la norma riferisca la garanzia del contraddittorio al solo momento della instaurazione del processo, è pacifico che il contraddittorio debba essere rispettato in ogni stato e
grado del processo (è necessaria, dunque, non solo la citazione, ma anche la
comparizione di coloro nei cui confronti è proposta la domanda giudiziale).
Parte della dottrina ha però fatto osservare che il richiamo fatto dalla norma alla necessità della comparizione sembra non tenere conto dell’istituto della contumacia e del principio secondo cui l’esercizio della funzione giurisdizionale non può subordinarsi ad una attività del
convenuto; si è così affermato che il contraddittorio può ritenersi instaurato con la rituale notifica della domanda introduttiva del giudizio e che la comparizione costituisca soltanto un onere per la controparte, la cui inosservanza non incide sulla validità del contraddittorio, ma solo sul convincimento del giudice.
Malgrado l'art. 101 sia redatto solo con riferimento al processo di cognizione, sembra chiaro che il principio in esso contenuto sia suscettibile di applicazione generale e che la garanzia del contraddittorio sia estensibile ad ogni forma di esercizio dei pubblici poteri (così si è ritenuto che tale principio si applichi anche nell’ambito del
processo amministrativo e di quello tributario).
Per quanto concerne la sua applicabilità nel campo del processo esecutivo, mentre da una parte si osserva che la struttura di tale processo implica che le difese siano svolte posticipatamente nella fase eventuale delle opposizioni, secondo altra tesi il principio trova applicazione con la
notificazione del
titolo esecutivo e del
precetto, nonché nelle ipotesi in cui il legislatore prevede l'audizione delle parti e degli altri interessati.
In giurisprudenza si è invece affermato che, poiché il processo esecutivo ha carattere tipicamente unilaterale, la convocazione delle parti disposta dal giudice in tale processo non avviene per costituire un formale contraddittorio, ma solo al fine di migliorare l'esercizio della potestà ordinatoria affidata al giudice.
Il principio del contraddittorio, inoltre, si applica anche ai procedimenti di
volontaria giurisdizione, ma solo ogniqualvolta sia identificabile un controinteressato.
Per quanto concerne il tema delle conseguenze derivanti dalla inosservanza del principio del contraddittorio, la prevalente giurisprudenza sostiene che le nullità conseguenti alla violazione del contraddittorio sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, salve le preclusioni derivanti dal giudicato esplicito ed implicito formatosi sulla questione.
Al fine sempre di garantire la tutela del principio del contraddittorio, la riforma del processo civile, operata per effetto della L. n. 69/2009, ha aggiunto alla norma in esame un secondo comma, con il quale è stata sancita la nullità delle c.d. sentenze della terza via.
In forza di tale comma viene imposto al giudice, che al momento della decisione si accorga di dover porre a fondamento della stessa una questione rilevabile d'ufficio, di riservarsi la decisione e segnalare la questione alle parti, alle quali dovrà essere concesso un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta, per il deposito di una memoria contenente eventuali osservazioni sulla questione.
L’espressione “
questione” qui utilizzata si ritiene che valga ad identificare i fatti estintivi o modificativi che sono rilevabili d'ufficio, come ad esempio la nullità del contratto non dedotta dalle parti; inoltre, si afferma che tale regola debba trovare applicazione a prescindere dallo stato di avanzamento del processo, in quanto la tutela del contraddittorio prevale sempre sul principio di preclusione, dovendo ogni parte poter reagire (allegando e provando) ai rilievi del giudice, a prescindere dal momento in cui essi siano sollevati, senza dover necessariamente ottenere un provvedimento di
rimessione in termini.
Sotto il profilo processuale, occorre che il giudice sospenda la decisione, la quale non potrà essere adottata finché le parti non avranno depositato le memorie autorizzate
La contravvenzione a quest'obbligo è sanzionata con la nullità del provvedimento giudiziale.
Sempre il secondo comma è stato riformulato per effetto della Riforma Cartabia, mediante l’inserimento di un nuovo periodo, nel corpo del quale viene ribadito il dovere del giudice di assicurare il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione ne sia derivata una lesione del diritto di difesa, lo autorizza ad adottare i provvedimenti opportuni.
Tale modifica si fa discendere dalla necessità di rafforzare le garanzie processuali delle parti nel nuovo “modulo” del rito ordinario (a trattazione scritta anticipata rispetto alla prima udienza di comparizione delle parti davanti al giudice), così come, laddove occorra, dalla necessità di ripristinare “la parità delle armi” nel nuovo rito semplificato.