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Articolo 184 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Atti compiuti senza il necessario consenso

Dispositivo dell'art. 184 Codice Civile

(1)Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'articolo 2683.

L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno(2) dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.

Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma(3), il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 63 della L. 19 maggio 1975 n. 151.
(2) L'atto di straordinaria amministrazione avente ad oggetto un bene immobile o mobile registrato sarà annullabile mediante idonea azione da esercitarsi entro un anno dalla data della scoperta da parte del coniuge che non vi partecipò; allo stesso compete il potere di convalida.
(3) Diversamente dal fondamentale ma più stringente art. 1153 del c.c., gli atti di disposizione aventi ad oggetto beni mobili pur non acquistati dall'effettivo titolare saranno validi ed efficaci (ma determineranno, come noto, un acquisto a titolo originario) obbligando solo il coniuge non partecipante a ricostituire la comunione o versare una somma equivalente al valore del bene.

Ratio Legis

La ratio della norma consiste nel prevedere sanzioni a tutela della necessaria amministrazione congiunta della comunione legale, qualora uno dei coniugi non abbia espresso il proprio fondamentale consenso.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 184 Codice Civile

Cass. civ. n. 24950/2020

Qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, l'altro, che sia rimasto estraneo alla formazione dell'atto, è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quei giudizi nei quali si domandi una decisione che incida direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Pertanto, in riferimento all'azione revocatoria esperita, ai sensi sia dell'art. 66 che dell'art. 67 l.fall., in favore del disponente fallito, non sussiste un'ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché detta azione non determina alcun effetto restitutorio né traslativo, ma comporta l'inefficacia relativa dell'atto rispetto alla massa, senza caducare, ad ogni altro effetto, l'atto di alienazione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 26/07/2018).

Cass. civ. n. 25754/2018

In regime di comunione legale tra i coniugi, l'atto di straordinaria amministrazione costituito dal conferimento ex art. 2253 c.c. di un bene immobile in società personale, posto in essere da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell'altro, è soggetto alla disciplina dell'art. 184, comma 1, c.c. e non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l'esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell'atto ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione; ne consegue che, finché l'azione di annullamento non venga proposta, l'atto è produttivo di effetti nei confronti dei terzi.

Cass. civ. n. 21503/2018

La donazione del bene in regime comunione legale effettuata da parte di uno solo dei due coniugi è invalida ai sensi dell'art. 184 c.c., previsione specifica e tendenzialmente onnicomprensiva che commina la sanzione dell'annullabilità a tutti gli atti dispositivi compiuti senza il consenso o in assenza di convalida, atti nel cui novero rientra anche la donazione avente ad oggetto beni immobili o mobili registrati.

Cass. civ. n. 9888/2016

In tema di comunione legale tra i coniugi, gli atti di disposizione di beni mobili non richiedono il consenso del coniuge non stipulante, essendo posto a carico del disponente unicamente un obbligo di ricostituire, a richiesta dell'altro, la comunione nello stato anteriore al compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, di pagare l'equivalente del bene secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione, mentre non è stabilita alcuna sanzione di annullabilità o di inefficacia, per cui l'atto compiuto in assenza del consenso del coniuge resta pienamente valido ed efficace. (Principio enunciato dalla S.C. in una fattispecie avente ad oggetto un preliminare di vendita di quote di s.r.l.).

Cass. civ. n. 10653/2015

L'art. 184, secondo comma, cod. civ., il quale prevede, senza deroga alcuna, la prescrizione annuale dell'azione di annullamento degli atti di disposizione di beni immobili o mobili registrati compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro, costituisce una norma speciale rispetto alla regola generale di cui all'art. 1442 cod. civ., riguardante la prescrizione quinquennale dell'azione di annullamento del contratto e la corrispondente imprescrittibilità della relativa eccezione, con la conseguenza che il principio "quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum" non è applicabile, neppure in via analogica, in materia di amministrazione dei beni della comunione legale tra coniugi.

Cass. civ. n. 25625/2013

Intervenuta, ai sensi dell'art. 184, terzo comma, c.c., condanna - a carico di un coniuge autore di arbitrari atti di prelevamento di beni comuni - alla ricostituzione della comunione legale nello "status quo ante", l'altro coniuge ha diritto di agire "in executivis" sul patrimonio individuale del primo, non allo scopo di vendere i beni pignorati per soddisfarsi sul ricavato, bensì solo di ottenere la ricostituzione dell'originaria consistenza patrimoniale della comunione. (Omissis).

Cass. civ. n. 14093/2010

La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza di quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei. Nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell'intero bene comune, ponendosi il consenso dell'altro coniuge (richiesto dal secondo comma dell'art. 180 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione) come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all'esercizio del potere dispositivo sul bene; ne consegue che il contratto preliminare di vendita di un immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione e il consenso dell'altro è efficace nei confronti della comunione legale, ma annullabile, ai sensi dell'art. 184 c.c., nel termine di un anno decorrente dalla conoscenza dell'atto o dalla data di trascrizione.

Cass. civ. n. 22755/2009

L'azione prevista dall'art. 184 c.c. per l'annullamento degli atti compiuti dal coniuge in comunione legale senza il necessario consenso dell'altro coniuge, in quanto avente ad oggetto l'invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per un vizio del titolo del suo dante causa, è soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall'art. 1445 c.c. per l'azione di annullamento dei contratti: pertanto, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento dell'inclusione del bene nella comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede.

Cass. civ. n. 20392/2009

L'azione prevista dall'art. 184, secondo comma, c.c. - secondo cui l'annullamento degli atti di disposizione compiuti da un coniuge senza il consenso dell'altro può essere chiesto nel termine annuale di prescrizione - è un'azione speciale di annullamento avente natura costitutiva; ne consegue che il coniuge che intenda far valere la mancanza del proprio consenso in ordine a tale atto di disposizione, al fine di sottrarre la propria quota all'espropriazione forzata promossa dai creditori del terzo acquirente, non può limitarsi a proporre l'opposizione di terzo all'esecuzione - di per sé non idonea a giustificare la situazione di comproprietà - ma è tenuto ad agire, congiuntamente o autonomamente, con l'apposita azione di annullamento.

Cass. civ. n. 4890/2006

Il coniuge il quale abbia venduto in nome proprio a terzi un'azienda commerciale facente parte della comunione legale può agire da solo per la giudiziale risoluzione del contratto in danno dell'acquirente senza che il contraente inadempiente possa opporgli la mancata integrazione del giudizio nei confronti dell'altro coniuge, in quanto la predetta attività processuale è speculare a quella negoziale sulla cosa comune che il coniuge ha validamente compiuto da solo, salvi gli effetti nell'ambito della comunione previsti dall'art.184, comma terzo, c.c., e la pronunzia sulla relativa domanda sarebbe utilmente emessa nei confronti del solo coniuge stipulante, essendo irrilevante a tal fine ogni questione indotta dall'accertamento giudiziale nei rapporti interni tra coniugi ai sensi della disposizione citata.

La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza da quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei. Ne consegue che nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell'intero bene comune, ponendosi il consenso dell'altro coniuge (richiesto dal secondo comma dell'art. 180 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione) come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all'esercizio del potere dispositivo sul bene e che rappresenta un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell'atto di disposizione, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o di bene mobile registrato, si traduce in un vizio da far valere nei termini fissati dall'art.184 c.c. Per ciò che concerne, invece, gli atti di disposizione su beni mobili, l'art. 184, terzo comma, c.c. non prevede detto consenso, limitandosi a porre a carico del coniuge che ha effettuato l'atto in questione l'obbligo di ricostituire, ad istanza dell'altro, la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, di pagare l'equivalente del bene secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione, senza stabilire alcuna sanzione di annullabilità o di inefficacia per l'atto compiuto in assenza del consenso del coniuge, atto che resta, pertanto, pienamente valido ed efficace.

Cass. civ. n. 3647/2004

In regime patrimoniale di comunione legale, il disposto di cui all'art. 184 c.c. (secondo cui «gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'art. 2683») presuppone l'effettiva autonoma disposizione di un bene comune da parte di uno solo dei coniugi, pertanto non si applica nel caso in cui, come nella specie, tutti i contraenti siano a conoscenza della comunione dei beni tra i coniugi e questi ultimi figurino entrambi nel contratto come venditori, atteso che in tal caso il mancato consenso di uno dei due impedisce il sorgere di una valida obbligazione neanche a carico dell'altro.

Cass. civ. n. 13213/2003

Dall'art. 184, terzo comma, c.c. si ricava che gli atti di disposizione di titoli di credito ricadenti nella comunione legale tra coniugi sono validi ed efficaci anche se posti in essere da uno soltanto dei coniugi (sia pure illegittimamente rispetto all'altro); tuttavia detta norma non apporta deroghe alla disciplina generale della comproprietà (art. 1103 c.c.), che è destinata a disciplinare la fattispecie nel caso di acquisto comune (contitolarità) e cointestazione dei titoli, vigendo per tale ipotesi la regola generale in tema di comunione, secondo la quale ciascuno può disporre del bene comune non più che per la sua parte (art. 1108 c.c.), ancorché indivisa, e l'altra secondo la quale nessuno può disporre di diritti altrui se non in forza di un titolo abilitativo (mandato, procura) proveniente dal titolare.

Cass. civ. n. 9909/1998

Il coniuge comproprietario di un bene che l'altro coniuge ha concesso in comodato senza il suo consenso, non tempestivamente impugnato ai sensi dell'art. 184 c.c., è obbligato al rispetto del contratto e se prima della scadenza di esso decede il comodante, i suoi eredi subentrano nell'obbligo di consentire al comodatario di continuarne il godimento fino al termine stabilito.

Cass. civ. n. 7055/1998

Il termine annuale di prescrizione previsto dall'art. 184 c.c. — la cui brevità è stata dichiarata costituzionalmente legittima con sentenza del 17 marzo 1988, n. 311— per l'annullamento, da parte del coniuge che non ha prestato il consenso, dell'atto con cui l'altro coniuge ha disposto di un bene della comunione legale, sostituisce quello quinquennale previsto in via generale dall'art. 1442 c.c.

Cass. civ. n. 1279/1996

Il termine annuale previsto dall'art. 184 c.c. per l'esercizio dell'azione di annullamento degli atti compiuti dal coniuge in regime di comunione legale senza il necessario consenso dell'altro è di prescrizione, e non di decadenza, al pari del termine previsto dall'art. 1442 c.c. per la generale azione di annullamento dei contratti, dal quale si distingue solo per la diversa durata; tale termine inizia dalla data in cui il coniuge che non ha prestato il suo necessario consenso ha avuto conoscenza dell'atto o dalla data della eventuale trascrizione di questo atto nei registri della conservatoria.

Cass. civ. n. 1252/1995

In tema di comunione legale tra coniugi, tutti gli atti di disposizione di beni immobili o beni mobili registrati (e, quindi, di un diritto reale frazionario su un bene immobile) appartenenti alla comunione coniugale, compiuti da uno solo dei coniugi, senza il necessario consenso dell'altro, ovverosia in violazione della regola dell'amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci e sottoposti alla sola sanzione dell'annullamento ai sensi dell'art. 184 c.c., in forza dell'azione proponibile dal coniuge (il cui consenso era necessario) entro i termini previsti dalla stessa norma. (La S.C., in applicazione del principio di diritto di cui alla massima, ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva ritenuto che l'annullabilità prevista dall'art. 184 c.c. riguarderebbe la sola ipotesi in cui l'atto di disposizione sia compiuto dal coniuge che risulti unico intestatario del bene, mentre nella specie l'atto di disposizione compiuto dal marito riguardava un bene appartenente alla comunione coniugale ed intestato ad entrambi i coniugi, cosicché esso doveva considerarsi del tutto inefficace).

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Consulenze legali
relative all'articolo 184 Codice Civile

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S. S. chiede
giovedì 19/10/2023
“Tizio coniugato in regime di comunione dei beni acquista un bene mobile registrato e al momento della trascrizione nel Pubblico Registro viene correttamente indicato nelle note di trascrizione il proprio regime patrimoniale.
Tizio ha successivamente venduto la piena proprietà del bene mobile registrato senza il consenso del coniuge.
È tenuto il Conservatore ad accettare la trascrizione dell' atto di vendita sul quale il coniuge non è intervenuto?
In caso affermativo, è corretto che nel Pubblico Registro venga trascritta la piena proprietà (e non quindi il 50% della proprietà) del bene mobile registrato in capo all' ultimo acquirente?
Ringrazio per l'attenzione.”
Consulenza legale i 25/10/2023
La norma a cui occorre fare riferimento per rispondere al quesito in esame è l’art. 184 c.c., dettato in tema di comunione legale e rubricato proprio “Atti compiuti senza il necessario consenso dell’altro”.
Secondo quanto disposto dall’art. 159 c.c. il regime patrimoniale legale della famiglia, in assenza di diversa convenzione matrimoniale, è quello della comunione legale dei beni, la quale presenta caratteristiche peculiari.
Più precisamente, i caratteri essenziali di tale regime patrimoniale vanno individuati nell’essere:
A) derogabile e non già obbligatorio (artt. 210 e 215 c.c.);
B) dinamico, in quanto ciò che ne costituisce oggetto subisce una modifica ogni volta che viene acquistato un bene non personale (ha un ambito oggettivo ristretto e non universale, rimanendone esclusi tutti i beni qualificati come personali);
C) vincolato, e ciò per due ragioni:
1. il singolo coniuge può chiedere la divisione solo dopo il suo scioglimento (artt. 194 e 191 c.c.);
2. il singolo coniuge non può disporre da solo dei beni che ne costituiscono oggetto, neppure pro quota. Tale regola trova fondamento nella circostanza che, a differenza di ciò che accade nella comunione ordinaria, i singoli coniugi non sono titolari di una quota ideale, la quale risulta menzionata dal terzo comma dell’art. 210 del c.c., ma solo per indicare la metà del valore dei beni (si veda il primo comma dell’art. 194 del c.c. quale misura inderogabile.

Ora, secondo quanto espressamente disposto dal comma 1 lett. a) dell’art. 179 del c.c., costituiscono oggetto di comunione gli acquisti compiuti insieme o separatamente durante il matrimonio, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto beni personali.
Ciò, intanto, serve a chiarire, come evidenziato nello stesso quesito, che l’acquisto del bene mobile registrato, seppure effettuato soltanto da Tizio, in costanza del regime di comunione legale, ma senza l’intervento in atti dell’altro coniuge, non può che farsi ricadere a tutti gli effetti nel regime della comunione legale dei beni, risultando, pertanto, correttamente eseguita la trascrizione al Pubblico Registro automobilistico (si tratta, infatti, di un effetto legale, che si realizza a prescindere da una espressa manifestazione di volontà da parte dell’altro coniuge).

Accertato ciò, si tratta adesso di prendere in esame le norme che disciplinano l’amministrazione dei beni che fanno parte della comunione legale, dovendosi al riguardo distinguere tra amministrazione ordinaria e amministrazione straordinaria.
Principio cardine, al riguardo, è quello espresso all’art. 180 c.c. (norma che si qualifica come inderogabile), ove si dispone che, mentre l’amministrazione ordinaria della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi, per gli atti di straordinaria amministrazione e per quelli concernenti la concessione o l’acquisto di diritti personali di godimento e la relativa rappresentanza processuale, i coniugi devono agire congiuntamente.
Sono, tuttavia, previste delle eccezioni a tale principio, al ricorrere delle quali il coniuge può compiere da solo gli atti per i quali è necessario il consenso dell’altro, e precisamente si tratta dei seguenti casi:
a) quando l’altro coniuge rifiuta il consenso con riguardo ad un atto necessario nell’interesse della famiglia o dell’azienda gestita da entrambi ex art. 177 lett. d) c.c., previa autorizzazione del giudice (art. 181 del c.c.);
b) in caso di lontananza o di ulteriore impedimento dell’altro coniuge, sempre che non sia stata conferita una procura e sempre previa autorizzazione del giudice (art. 182 del c.c.);
c) se l’altro coniuge sia stato giudizialmente escluso dall’amministrazione perché minore di età o impossibilitato ad amministrare o incapace di farlo (art. 183 del c.c.);
d) se l’altro coniuge sia interdetto e finchè dura l’interdizione.

Al di fuori di queste ipotesi, vale il disposto di cui all’art. 184 c.c., richiamato in apertura di questa consulenza, secondo cui tutti gli atti di disposizione compiuti da uno solo dei coniugi senza il necessario consenso dell’altro sono annullabili se relativi a beni immobili o mobili registrati.
Ciò significa che la vendita così effettuata è efficace sin da subito nei confronti del terzo acquirente, il cui acquisto si considera effettuato da venditore proprietario (e non a non domino ex art. 1478 c.c), ma con titolo viziato e, come tale annullabile.
L’altro coniuge avrà termine di un anno dalla trascrizione dell’atto o dalla sua conoscenza, se precedente, per proporre l’azione di annullamento; se l’atto non dovesse essere trascritto e l’altro coniuge non dovesse venirne a conoscenza, l’anno decorre dalla data di scioglimento della comunione.
L’azione di annullamento, inoltre, non è più esperibile se l’atto dovesse essere nel frattempo convalidato, ipotesi questa anch’essa prevista dal primo comma dell’art. 184 c.c.

La ratio di tale disposizione viene individuata nella considerazione secondo cui nei rapporti con i terzi ciascun coniuge ha il potere di disporre dei beni, in quanto il consenso dell’altro coniuge non lo costituisce, ma rimuove soltanto un limite al suo esercizio, rappresentando dunque un requisito di regolarità per la formazione dell’atto di alienazione, la cui mancanza si traduce in un vizio dell’atto stesso, che ne determina, appunto, l’annullabilità.

Pertanto, corretta non può che essere la soluzione di effettuare, in favore del terzo acquirente, la trascrizione al PRA della piena proprietà del bene alienato, in ragione dell’intero e non di una quota pari al 50%, anche in considerazione di quanto sopra osservato, ovvero del fatto che a differenza di ciò che accade nella comunione ordinaria, i singoli coniugi non possono neppure considerarsi titolari di una quota ideale, della quale poter disporre.

Paolo chiede
mercoledì 24/11/2010

“Buona sera
se capisco bene, l'acquisto di un bene immobile deve avvenire con il consenso di entrambi i coniugi, se questi sono in comunione legale;
ovvero, se uno solo dei due firma il cosiddetto preliminare, questo può essere annullato (nei confronti del terzo ovvero del venditore) dal coniuge in comunione che non ha firmato, entro un anno dalla data nella quale ha avuto conoscenza dell'atto. Ma la caparra eventualmente versata al venditore
può essere richiesta in restituzione oppure va persa?
Grazie.”

Consulenza legale i 08/12/2010

Il contratto preliminare di acquisto di immobile è considerato atto di ordinaria amministrazione e può quindi essere validamente concluso da uno dei solo dei coniugi.
In tema di regime patrimoniale della famiglia, la disciplina dell'amministrazione dei beni oggetto della comunione legale, di cui l'art. 180 del c.c. e ss. c.c., presuppone, per la sua operatività, che il bene sia già oggetto della comunione, e pertanto non è applicabile alla fase dinamica pregressa dell'acquisto del bene alla comunione legale; ne consegue che la regola dell'operare congiunto dei coniugi, la cui osservanza è necessaria ai fini della validità degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione (artt. 180, comma secondo, e art. 184 del c.c.), non vale per la stipulazione di un contratto preliminare di acquisto di un bene immobile (ancorché questo sia poi destinato a cadere in comunione, una volta completatosi l'effetto reale con la conclusione del definitivo o con la sentenza «ex» art. 2932 del c.c.), stipulazione alla quale può bene quindi partecipare, in veste di promissario acquirente, un solo coniuge, senza il (ed a prescindere dal) consenso dell'altro coniuge”, Cass. civ. Sez. II, 14-11-2003, n. 17216.