L 'uso e l'abitazione nei confronti dell'usufrutto
La disciplina di quei due diritti reali minori che sono l'uso e l'abitazione è rimasta pressoché immutata rispetto al codice del 1865. La differenza tra l'usufrutto da un lato e l'uso e l'abitazione dall'altro è sempre imperniata sulla
diversità di contenuto, dato che il primo importa il diritto al godimento della cosa nella sua piena capacità produttiva, mentre i secondi attribuiscono un godimento limitato ai bisogni del titolare e della sua famiglia. Pertanto, mentre l'usufruttuario ha diritto a tutti i frutti che la cosa produce e può anche fare di quelli e di questa una utilizzazione indiretta, il titolare del diritto di uso e di abitazione invece deve servirsi della cosa solo direttamente e nei limiti in cui la sua utilizzazione serva a soddisfare direttamente i bisogni del titolare e della sua famiglia.
La
distinzione fra uso e abitazione è quasi puramente
nominale: l'uso è la categoria pia generale dalla quale l'abitazione si differenzia non solo perché ha per oggetto un edificio ma perché ha riguardo alla soddisfazione di un particolare bisogno, ossia quello dell'alloggio (infatti l'uso di un edificio darebbe la possibilità di utilizzazione della cosa per un bisogno diverso, come ad es. quello di tenervi un ufficio, una bottega ecc.). Ma a parte ciò l'identità concettuale fra uso e abitazione è innegabile.
Il godimento dell'usuario e del titolare dell'abitazione
Poiché la caratteristica di questi due diritti e data dalla limitazione del godimento che essi attribuiscono, in funzione dei bisogni del titolare, si deve escludere non solo la possibilità del godimento indiretto ma anche quella di servirsi dei frutti naturali della cosa come mezzo di scambio per conseguire altri beni idonei alla soddisfazione di bisogni del titolare del diritto. I frutti quindi devono essere prelevati solo nella misura in cui sono sufficienti a soddisfare direttamente, e non come beni strumentali, i bisogni dell'usuario e della sua famiglia: se essi eccedono tale limite, il proprietario fa sua l'eccedenza acquistando direttamente la proprietà dei frutti. Si fa luogo cosi a una vera e propria
comunione di godimento tra proprietario e usuario.
Quanto al diritto di abitazione, il
limite in oggetto serve a determinare la parte dell'edificio che il titolare del diritto può abitare: come egli non può locare la casa, così non può servirsene per un bisogno diverso da quello dell'alloggio. È escluso quindi che se ne possa servire per i bisogni della sua attività professionale, industriale, commerciale e cosi via. Quanto al diritto di uso, esso comprende, secondo la chiara formula dell'art.
1021, che ha reso più evidente il concetto insito nell'art. 521 del vecchio codice, sia l' uso (utilizzazione della cosa in sè) sia il
fructus (possibilità di percepire i frutti naturali), nel caso che la cosa sia fruttifera, ma entrambe le forme di godimento soggiacciono al limite intrinseco che si è visto, per cui sono possibili in quanto sono necessarie e idonee a soddisfare direttamente i bisogni dell'usuario.
Si intende che il bisogno dell'usuario o del titolare del diritto di abitazione, se costituisce il limite del contenuto del diritto, non è affatto una condizione per il suo esercizio. Non interessa quindi vedere se i bisogni del titolare possono essere da lui soddisfatti attraverso una via diversa da quella della utilizzazione della cosa oggetto dell'uso e dell'abitazione (come sarebbe invece importante se si trattasse di un diritto alimentare), basta vedere se l'utilizzazione diretta della cosa o i suoi frutti possono soddisfare direttamente un bisogno dell'usuario e se il godimento e limitato in funzione di questo scopo.
Quanto alla
valutazione del bisogno essa deve esser fatta con riguardo alle condizioni del titolare e dei membri della sua famiglia, all’età, alla condizione sociale, al sesso e cosi via. Appunto per ciò l’ art.
1021 stabilisce che i bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto. Questo criterio di valutazione che la legge detta per l'uso è evidentemente applicabile anche per il diritto di abitazione (per i1 quale anzi lo dettava esclusivamente l'art. 524 del codice del 1865): il criterio del bisogno, come limite del godimento, è un
criterio elastico ed e suscettibile, secondo le circostanze, di una certa latitudine di apprezzamento.
Il titolo costitutivo dell'uso e
dell'abitazione
I caratteri essenziali dell'uso e dell'abitazione che abbiamo sinora delineati portano senz'altro a ritenere che
non tutte le cose ne possono formare oggetto. A prescindere dall'abitazione che ha sempre per oggetto un edificio, è chiaro che non si può costituire il diritto di uso su una somma di denaro o su altro bene strumentale o comunque su un bene che direttamente non è idoneo alla soddisfazione di un bisogno (es. un'azienda commerciale o industriale).
Il diritto di uso e quello di abitazione possono derivare dal
contratto (ipotesi però assai rara, che troverà riscontro solo quando sia emerso che le parti vollero un comodato o una locazione), e vi è qualche caso di diritto di abitazione che può avere una
fonte legale ((art.
540 comma 2 c.c.).
Come s'intende, il titolo costitutivo può regolare il diritto di uso e di abitazione
in maniera diversa da quanto è stabilito negli articoli
930 e segg., che contengono norme indubbiamente dispositive. Cosi può essere esteso o ridotto il godimento, e può essere determinata con precisione la misura ecc. Quel che si deve sottolineare è che, se dal titolo risulta che il limite del bisogno non opera (per es. se il titolo ammette la cedibilità del diritto), allora bisognerà concludere che non si può parlare di uso o di abitazione e che si dovrà invece ritenere che le parti o il testatore hanno voluto costituire un usufrutto