Cass. civ. n. 26501/2022
In tema di liquidazione della quota del socio receduto da società di persone, l'art. 2289, comma 3, c.c., nel porre a favore ed a carico di detto socio, rispettivamente, gli utili e le perdite inerenti ad "operazioni in corso" alla data del recesso, si riferisce alle sopravvenienze attive e passive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti a quella data. Esso, pertanto, non è applicabile alla situazione di fatto rappresentata dall'occupazione di un terreno di proprietà della società da parte di una porzione di fabbricato appartenente ai soci di essa, situazione che solo astrattamente è idonea a far sorgere un credito indennitario in capo all'ente, ma che non costituisce all'attualità una componente attiva.
Cass. civ. n. 13265/2022
In tema di società di persone, la costituzione per testamento dell'usufrutto sulla quota del socio defunto incontra i limiti previsti dall'art. 2284 c.c., che attribuisce agli eredi del socio il diritto alla liquidazione della quota salvo che i soci superstiti non preferiscano sciogliere la società o continuarla con gli eredi stessi, qualora vi acconsentano; pertanto, la costituzione dell'usufrutto sulla quota del socio defunto si avrà soltanto in caso di continuazione della società con gli eredi, mentre in caso di liquidazione della quota, il diritto si realizza sulle somme ricavate dalla liquidazione della partecipazione del socio defunto.
Cass. civ. n. 22346/2021
Nel caso di scioglimento del rapporto sociale relativamente ad un socio, ai sensi dell'art. 2289, comma 2, c.c., questi ha diritto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota da liquidarsi in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui il rapporto cessa; né esime dal rispetto di detto criterio temporale, in favore di un preteso criterio del "giorno più prossimo" ovvero - come nella specie - di quello del più vicino bilancio d'esercizio, l'assenza di documentazione in concreto idonea, dovendo in tal caso farsi ricorso a criteri sostitutivi, ancorché presuntivi.
Cass. civ. n. 24769/2018
In tema di valutazione della quota sociale ex art. 2289 c.c., occorre tener conto anche del valore dell'avviamento e, secondo una stima di ragionevole prudenza, della futura redditività dell'azienda, considerato che la norma, facendo riferimento allo scioglimento del rapporto nei confronti di un solo socio, presuppone la continuazione dell'attività sociale che non può riferirsi solo ad un compendio statico e disaggregato di beni, ma deve essere valutata anche avuto riguardo alla sua fisiologica e naturale propensione verso il futuro.
Cass. civ. n. 21036/2017
Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio e, pertanto, la liquidazione della quota non è una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla società, perde lo "status socii" nonché il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota, e non sono a lui opponibili le successive vicende societarie.
Cass. civ. n. 7964/2017
In tema di società di fatto, qualora non si sia proceduto alla liquidazione della società, che è soltanto facoltativa, il diritto del socio alla liquidazione della quota si prescrive con decorrenza dalla cessazione dell’attività sociale.
Cass. civ. n. 10332/2016
La domanda di liquidazione della quota di una società di persone, formulata dagli eredi del socio defunto, fa valere un'obbligazione non degli altri soci ma della società medesima quale soggetto passivamente legittimato, potendosi altresì evocare in giudizio anche i soci superstiti, qualora siano solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, sebbene non siano litisconsorti necessari.
Cass. civ. n. 5449/2015
In una società di persone, la situazione patrimoniale da assumere, ai sensi dell'art. 2289 cod. civ., a base della liquidazione della quota di un socio uscente non può essere redatta - a differenza di quanto si pratica in caso di recesso da una società per azioni - facendo riferimento all'ultimo bilancio o, comunque, ai criteri di redazione del bilancio annuale di esercizio, ma occorre tener conto dell'effettiva consistenza al momento della uscita del socio, sicché, ai fini della determinazione del valore dell'avviamento - la cui rilevanza, quale elemento del patrimonio sociale, si proietta nel futuro, traducendosi nella probabilità, pur fondata su elementi presenti e passati, di maggiori profitti per i soci superstiti -, vanno considerati non solo i risultati economici della gestione passata ma anche le prudenti previsioni della futura redditività dell'azienda.
Cass. civ. n. 19321/2013
Ai fini della liquidazione della quota del socio che intenda recedere da una società di fatto, non può tenersi conto, per quantificarne, al netto dei costi, l'incidenza sull'attivo di quest'ultima, del valore derivante dalla detenzione da parte della stessa società, in forza di comodato senza specificazione di durata, di immobili appartenenti ad altro socio, trattandosi di disponibilità revocabile "ad nutum" dal proprietario concedente, e, dunque, di titolo inidoneo a proiettare nel futuro tale utilità; né, al medesimo scopo, può attribuirsi valore al godimento di detti beni avvenuto nel passato, in quanto esso concreta un'utilità ormai consumata, la quale non concorre a determinare la situazione patrimoniale della società all'attualità.
Cass. civ. n. 5836/2013
Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio, e, pertanto, la liquidazione della quota non è una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla società, perde lo "status socii" nonché il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota.
Cass. civ. n. 19150/2012
La liquidazione della quota del socio receduto da società irregolare, ai sensi dell'art. 2289 c.c., richiamato dall'art. 2297 primo comma, c.c., consiste nella dazione di una somma di danaro, per la cui esecuzione il debitore è costituito in mora alla data della scadenza del termine entro il quale ne è imposto l'adempimento (sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento della società), ed il corrispondente credito, risultando da una liquidazione che va compiuta attraverso un mero calcolo aritmetico, deve considerarsi liquido ed esigibile. Ne consegue che alla relativa domanda giudiziale va applicato, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente, l'art. 1182, terzo comma, c.c., trattandosi di obbligazione da eseguirsi, al pari di quella di pagamento di utili, presso il domicilio del creditore.
Cass. civ. n. 9397/2011
Nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, perfezionatosi prima del verificarsi di una causa di scioglimento della società, al socio uscente spetta la liquidazione della sua quota, ai sensi dell'art. 2289 c.c., e non la quota di liquidazione risultante all'esito del riparto fra tutti i soci, in quanto il presupposto per l'assorbimento del procedimento di liquidazione della quota del socio in quello di liquidazione della società è costituito dalla coincidenza sostanziale tra i due, la quale sussiste solo ove il primo attenga ad un diritto non ancora definitivamente acquisito, quando si verifichino i presupposti per l'apertura del secondo.
Cass. civ. n. 1036/2009
In tema di società di persone, e con riguardo alla liquidazione della quota agli eredi del socio defunto, gli art. 2261 e 2289 cod. civ., che devono essere letti congiuntamente, pongono a carico della società l'obbligo di liquidare la quota stessa, e a carico degli amministratori quello di rendere il conto (obbligo che sussiste nei confronti degli eredi anche qualora il "de cuius" avesse partecipato all'amministrazione), al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della società, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata, nel rispetto dei criteri di redazione del bilancio ed ai fini dell'assolvimento dell'onere della società di provare il valore della quota; di fronte all'inadempimento dell'obbligo di rendiconto, il giudice può deferire ai soci-amministratori il giuramento suppletorio per la determinazione del "quantum debeatur".
Cass. civ. n. 8531/2004
La domanda con cui il socio di una società di persona fa valere l'obbligazione della società alla liquidazione della sua quota degli utili va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato, e non già dei soci singolarmente ; né tale principio può essere superato, ancorché si tratti di società irregolare, in base al concorrente principio della responsabilità solidale dei soci (art. 2291 c.c. ), perché la regola della solidarietà tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società, e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi (conformemente alla regola generale secondo cui nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi ).
Cass. civ. n. 6376/2004
Il principio secondo il quale le azioni per la liquidazione della quota del socio uscente vanno proposte nei confronti della società, anche se di persone (attesane la indiscutibile qualità di soggetto di diritto, quantunque sfornito di personalità giuridica) si applica anche al caso (come quello di specie) di azione promossa dall'
ex socio per conseguire la quota di partecipazione ad utili inerenti ad operazioni in corso alla data di cessazione del singolo rapporto sociale, o che siano stati accertati dopo quella data, ma siano riferibili ad operazioni precedenti.
Cass. civ. n. 3671/2001
Nel caso di morte del socio di società di persone, per il calcolo della liquidazione della quota in favore degli eredi deve tenersi conto della effettiva consistenza economica dell'azienda sociale all'epoca dello scioglimento del rapporto, comprendendovi anche l'avviamento, la cui valutazione non rimane assorbita in quella della licenza d'esercizio, che è un distinto elemento di potenzialità economica.
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Nelle società di persone (nella specie: società di fatto), gli eredi del socio defunto non acquisiscono la posizione di quest'ultimo nell'ambito della società, e non assumono perciò la qualità di soci, ma hanno soltanto il diritto alla liquidazione della quota del loro dante causa, diritto che sorge indipendentemente dal fatto che la società continui o si sciolga; pertanto, gli eredi non sono legittimati a chiedere la liquidazione della società né possono vantare un diritto a partecipare alla procedura di liquidazione, che, nella società di persone, è facoltativa, potendo i soci sostituirla con altre modalità di estinzione o chiedere al giudice nei modi ordinari di definire i rapporti di dare e avere.
Cass. civ. n. 960/2000
In tema di liquidazione della quota del socio receduto da società di persone (nella specie, società in nome collettivo), l'art. 2289, terzo comma, c.c., nel porre a favore e a carico di detto socio rispettivamente gli utili e le perdite inerenti ad «operazioni in corso» alla data del recesso, si riferisce alle sopravvenienze attive e passive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti a quella data. Esso, pertanto, trova applicazione con riguardo alle somme versate dalla società in base a condono fiscale attinente a violazioni commesse precedentemente al recesso, anche se richiesto in epoca successiva — sempre che non siano in discussione la sussistenza della violazione ed il carattere vantaggioso della definizione agevolata — in quanto la relativa istanza e gli ulteriori adempimenti connessi sono rivolti ad estinguere un debito già sorto.
Cass. civ. n. 642/2000
La società, anche ove abbia natura personale, come nel caso della società semplice, è pur sempre un soggetto di diritto, titolare di un patrimonio autonomo, anche se priva di personalità giuridica. Ne consegue che è nei confronti della società, e non dei singoli soci della stessa, che gli eredi del socio defunto devono promuovere le azioni per la liquidazione della sua quota.
Cass. civ. n. 13875/1999
La pendenza del procedimento di liquidazione di una società di persone non determina l'improcedibilità della domanda di liquidazione della quota del socio che abbia esercitato il recesso bensì l'improponibilità della medesima non desumibile dagli articoli 2275 e segg. c.c.
Cass. civ. n. 5732/1999
Il credito di cui all'art. 2289 c.c., relativo alla liquidazione della quota del socio uscente, avendo fin dall'origine ad oggetto una somma di danaro, è un credito di valuta ed è soggetto, quindi, al principio nominalistico di cui all'art. 1277 c.c.; nondimeno la svalutazione monetaria assume rilevanza quando, non essendo avvenuto l'adempimento entro il termine di sei mesi previsto dall'ultimo comma dell'art. 2289, diventino applicabili i principi sul risarcimento del danno conseguente alla mora del debitore.
Cass. civ. n. 5757/1998
Nella società di persone, in ipotesi di scioglimento del rapporto sociale rispetto ad un socio, la liquidazione della quota del socio receduto o escluso rappresenta un credito nei confronti della società e non direttamente dei soci, la cui responsabilità è solo sussidiaria, come per ogni altro debito sociale.
Cass. civ. n. 6966/1996
Nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio — in cui, ai sensi dell'art. 2289, comma terzo, c.c., il socio uscente o i suoi eredi partecipano agli utili o alle perdite inerenti alle operazioni in corso — il socio di una società in nome collettivo la quale abbia ottenuto un mutuo artigiano garantito con fideiussione degli stessi soci è tenuto, salva diversa volontà delle parti, a contribuire al pagamento della rata di mutuo stipulato prima del recesso, la cui scadenza si verifichi successivamente, potendo le rate di mutuo considerarsi operazioni in corso, perché, pur se esse non sono in atto al momento dello scioglimento del vincolo, costituiscono tuttavia una conseguenza inevitabile dei rapporti giuridici preesistenti.
Cass. civ. n. 12172/1995
Nelle società di persone lo scioglimento del vincolo sociale limitatamente ad un socio opera una modificazione della struttura del rapporto sociale nella quale viene in primo piano la persona del socio, con la conseguenza che, nelle controversie relative, sia nel caso di esclusione del socio sia in quello di recesso, la legittimazione passiva spetta a tutti gli altri soci, ai quali lo scioglimento del rapporto rispetto ai soci recedenti impone direttamente il pagamento del valore della quota loro spettante.
Cass. civ. n. 8470/1995
Il principio stabilito dall'art. 2289 c.c. - a norma del quale in tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio la liquidazione della sua quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento - comporta la computabilità del valore di avviamento nella quota di liquidazione spettante al socio uscente, al fine di evitare l'ingiusta locupletazione, che altrimenti ne conseguirebbe, di colui ii quale continua ad avvalersi dell'organizzazione alla quale l'avviamento inerisce e giova.
Cass. civ. n. 7595/1993
Nel caso di recesso di socio di società di persone, per il calcolo della liquidazione della quota, a norma dell'art. 2289, secondo comma, c.c., deve tenersi conto dell'effettiva consistenza economica dell'azienda sociale all'epoca dello scioglimento del rapporto, comprendendovi anche il fattore di redditività dell'azienda stessa. Tale redditività, in cui si sostanzia il concetto di avviamento, deriva da un complesso di elementi che, se pure cronologicamente attualizzati al momento dello scioglimento del rapporto, si fondano sui risultati economici delle passate gestioni e sulle prudenti previsioni dei futuri rendimenti e si traduce nella probabilità, proiettata eminentemente nel futuro, di maggiori profitti per i soci superstiti, derivati dall'apporto conferito dal socio recedente e consolidatosi come componente del patrimonio sociale.