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Articolo 2270 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Creditore particolare del socio

Dispositivo dell'art. 2270 Codice Civile

Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti(1) sugli utili spettanti al debitore [2262] e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest'ultimo nella liquidazione [2282, 2283].

Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società [2272, 2305, 2531, 2614].

Note

(1) Il creditore particolare del socio può soddisfarsi solo sugli utili spettanti al socio suo debitore e mai sul patrimonio sociale.

Ratio Legis

La norma tratteggia una delle più importanti caratteristiche che contribuiscono a differenziale la posizione del socio di società semplice dal socio di s.n.c. sotto il profilo dei rapporti esterni: i creditori particolari dei soci di s.s. possono infatti richiedere in ogni momento la liquidazione della quota del socio, provocandone l'automatica esclusione dalla compagine sociale, ai sensi dell'art. 2088 co. 2. La disposizione è peraltro applicabile alla s.n.c. irregolare.

Spiegazione dell'art. 2270 Codice Civile

La norma in esame fornisce piena conferma dell’autonomia patrimoniale, seppur imperfetta, di cui gode la società semplice. Ed infatti il creditore particolare del socio non può in ogni caso aggredire il patrimonio della società, che rimane autonomo e distinto da quello del socio, bensì avrà la facoltà di:
  1. Soddisfarsi sulla quota di utili spettanti al socio, purché il diritto agli utili sia già sorto in capo al socio (quindi, in seguito all’approvazione del rendiconto)
  2. Compiere atti conservativi (in particolare il sequestro conservativo) sulla quota di liquidazione spettante al socio, ovverosia sulla somma in denaro da corrispondersi al socio al termine del procedimento di liquidazione. Tuttavia, come osservato in giurisprudenza, essa non potrà essere sequestrata e/o espropriata qualora lo statuto non preveda la libera trasferibilità delle partecipazioni, in quanto si determinerebbe una indebita modifica della compagine sociale.
  3. Chiedere in ogni tempo la liquidazione della partecipazione del socio: a differenza di quanto prescritto all’art. 2268, però, la legge impone al creditore di provare l’incapienza patrimoniale del socio, non la semplice difficoltà di liquidare i beni che lo compongono. Tale facoltà segna una importante differenza con le s.n.c. e le s.a.s., laddove il creditore particolare non è invece legittimato a chiedere la liquidazione della quota, perlomeno sino allo scioglimento della società.

Massime relative all'art. 2270 Codice Civile

Cass. civ. n. 26476/2008

In tema di redditi prodotti in forma associata, ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, il reddito di partecipazione agli utili del socio di società di persone costituisce, ai fini dell'IRPEF, reddito proprio del contribuente, al quale è imputato sulla base di presunzione di effettiva percezione, e non della società; detto socio, pertanto, ove non abbia dichiarato, per la parte di sua spettanza, il reddito societario nella misura risultante dalla rettifica operata dall'Amministrazione finanziaria a carico della società ai fini dell'ILOR, è tenuto al pagamento del supplemento d'imposta. Ne consegue che, ove la società di persone abbia provveduto a definire il proprio reddito annuale mediante accertamento con adesione, ai sensi dell'art. 3 del d.l. n. 564 del 1994 (conv. in legge n. 656 del 1994), ai soci deve essere attribuita per la medesima annualità la quota parte dell'imponibile risultante dall'imposta versata dalla società per la definizione della lite fiscale, costituendo l'imputazione al socio della quota parte del reddito della società corretta applicazione del disposto del citato art. 5; né assume rilievo, in contrario, l'art. 9- bis, comma 17, del d.l. n. 79 del 1997 (conv. in legge n. 140 del 1997), il quale, nel fare "salvi gli effetti delle definizioni perfezionate alla data del 15 dicembre 1995" ai sensi del predetto art. 3 del d.l. n. 564/94, ha come destinatari soltanto i soggetti (nella fattispecie, la società) che hanno provveduto a tale definizione. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Firenze, 18 ottobre 2004).

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Consulenze legali
relative all'articolo 2270 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Giorgio F. chiede
venerdì 13/03/2020 - Piemonte
“Buongiorno, vorrei sapere quanto segue:
in una società semplice, se il creditore particolare di un socio chiede la liquidazione della sua quota in quanto i suoi beni personali non sono sufficienti a soddisfare il debito contratto; ipotizzando che la quota viene valutata euro 100,00, il debitore, AL FINE DI NON ESSERE ESTROMESSO DALLA SOCIETA', può offrirsi di pagare la somma tramite un terzo o lui direttamente ?
Distinti saluti.”
Consulenza legale i 18/03/2020
Considerando che il rimedio previsto dall’art. 2270 del c.c., alla cui lettura si rimanda, ha la funzione di soddisfare le ragioni del creditore particolare del socio, è certamente possibile che detto creditore possa essere soddisfatto anche per mezzo di altre modalità.

Pertanto, entrambi i due rimedi menzionati nel quesito, ovvero il pagamento del terzo ex art. 1180 del c.c., alla cui lettura si rimanda, o il pagamento diretto da parte del socio debitore, possono essere utilizzati per evitare la liquidazione della quota da parte della società su richiesta del creditore particolare del socio debitore.

Non sussistono, infatti, motivi per cui il creditore possa opporre un proprio particolare interesse a ricevere il pagamento del proprio credito per mezzo della liquidazione della quota del socio debitore.

Ciò premesso, si deve solo puntualizzare che detto pagamento da parte del terzo o direttamente dal socio debitore debba giungere al creditore di detto socio prima che intervenga la liquidazione della quota da parte della società. Il termine entro cui la società deve procedere alla liquidazione è di tre mesi dalla trasmissione della domanda del creditore alla società.

Michele N. chiede
martedì 30/07/2019 - Emilia-Romagna
“creditore del socio di Sas, diritti sugli utili spettanti al debitore, approvazione rendiconto

Buongiorno, una società di persone ha subito il pignoramento della quota di utili sociali da parte del creditore del socio accomandante.
La società e la socia presentano una dichiarazione (datata 02/2016 precedente al pignoramento) dove attestano: la prima di non avere alcun debito nei confronti della socia avendo già distribuito l'utile relativo all'esercizio 2015, la seconda di non vantare alcun credito nei confronti della società avendo già ricevuto in pagamento la sua quota di utile relativo all'esercizio 2015.

Ora, nelle società di persone (art.2262 cc): "ciascun socio ha diritto a percepire la sua quota di utii solo dopo l'approvazione del rendiconto",
art.2261: "i soci che non partecipano all'amministrazione... hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno",

ma nelle società di persone, quando si intende approvato il rendiconto (situazione equiparabile a quella di un bilancio)? considerato che prima dell'approvazione dello stesso il socio non ha alcun diritto all'utile?

In sostanza in una società di persone in contabilità semplificata, come è posibile dimostrare la riscossione dell'utile in mancanza di documentazione circa l'approvazione del rendiconto, la sua comunicazione ai soci, la mancanza di movimentazione bancaria ?
grazie”
Consulenza legale i 07/08/2019
Nelle società di persone il rendiconto si intende approvato al termine di ogni anno.

Il fatto, poi, che la società sia in regime di contabilità semplificata comporta che vi sia il solo obbligo di tenuta del registro delle fatture di vendita e di acquisto, ed è compito degli amministratori garantirne la regolare tenuta ai sensi degli artt. 2302 e 2214 c.c..
Tale obbligo, tra l'altro, è sanzionato con la previsione di cui all'art. 217, comma 2, del R.D. 267/1942 che disciplina la bancarotta semplice.

Pertanto, se l'amministratore della società ha tenuto regolarmente i due registri sopra menzionati, prova della distribuzione degli utili sono i registri stessi, sussistendo, in tal caso una presunzione.
Vero è però - e in ogni caso - che in conseguenza del pignoramento, qualora iscritto al ruolo delle esecuzioni del Tribunale competente, il creditore avrà il diritto di rivalersi anche sulle somme maturate a fronte degli utili che verranno a risultare dagli esercizi successivi; questo a meno che i soci non decidano, all'unanimità, di non distribuire gli utili e finanziare così la società. Tale scelta non è sindacabile dal creditore particolare del socio.


Rosalba A. chiede
giovedì 19/07/2018 - Piemonte
“Buonasera, avrei bisogno di una risposta al seguente quesito:
ho un credito nei confronti di una persona che ha conferito dei beni in una società semplice non iscritta alla CCIAA e quindi al registro imprese. I suoi beni personali sono insufficienti a pagare il mio credito.
Vorrei sapere se posso chiedere la liquidazione della sua quota nella società semplice e quindi far chiudere la società o se la società semplice non può essere chiusa , quindi lui rimane socio e la società semplice deve far fronte e pagare il debito nei miei confronti oppure io posso sostituirmi a lui nel possesso della sua quota nella società?
Nell'attesa di una gentile risposta , porgo distinti saluti.

Consulenza legale i 24/07/2018
La soluzione al problema è presto individuata nelle norme del codice civile che disciplinano la società semplice.

L’art. 2270 c.c., relativo al creditore particolare del socio, stabilisce che quest’ultimo, finché dura la società, può far valere i propri diritti sugli utili che spettano al debitore e compiere atti conservativi sulla quota che spetta a quest’ultimo nella liquidazione.

Ciò significa che il creditore particolare del socio non ha il diritto di far “chiudere” la società, come si ipotizza nel quesito, ma può però sfruttare la partecipazione sociale del proprio debitore e soddisfarsi sugli utili sociali e sulla quota di quest’ultimo.

In particolare, “far valere” il diritto sugli utili significa che è possibile ottenere il pignoramento del diritto di credito del socio agli utili che gli spettano dalla società: il pignoramento, com’è noto, consente sostanzialmente di “bloccare” le somme pignorate e vincolarle a favore del creditore, che potrà ottenerle in pagamento direttamente dal terzo (in questo caso la società) a mezzo di un ordine del giudice.

Per quanto riguarda la quota, secondo l’opinione prevalente è possibile chiedere ed ottenere su di essa il sequestro conservativo: in buona sostanza, si tratta di un vincolo sulla quota a garanzia del creditore (per cui, ad esempio, la quota non può essere alienata a terzi).
Controversa, invece, è la possibilità di chiedere il pignoramento della quota.
Gli studiosi del diritto ritengono che ciò non sia possibile (per una serie di ragioni legate alla natura della società semplice che qui non è il caso di approfondire ed alle quali si accennerà brevemente nel prosieguo), mentre la giurisprudenza prevalente ritiene che – anche prima che la società si sciolga e salvo il diritto di prelazione degli altri soci – le quote possano essere espropriate a seguito di pignoramento e vendute.

Questo, attenzione, solo se nell’atto costitutivo sia scritto che le quote sono liberamente trasferibili con il solo consenso del cedente e del cessionario (a tal proposito, dunque, nel caso in esame occorrerebbe visionare il documento in questione).

Se il pignoramento della quota fosse consentito, come in tutti i casi di esecuzione forzata, anche il creditore procedente potrebbe chiedere, in alternativa alla vendita a terzi, l’assegnazione della quota per sé stesso: in questa eventualità - per rispondere al quesito - il creditore si sostituirebbe senz’altro al debitore nel rapporto sociale.

E’ proprio per evitare questo, tuttavia, che molti non ritengono possibile il pignoramento della quota (i soci di società di persone non sono liberamente “interscambiabili” ed è comunque richiesto il consenso degli altri per la modifica della compagine sociale), pertanto si sconsiglia di intraprendere questa strada: oltre che complessa, infatti, come già detto essa si presta facilmente ad eccezioni di nullità.

La norma in commento prosegue, in ogni caso, attribuendo al creditore particolare del socio un altro importante diritto: se la società non è entrata in liquidazione e gli altri beni del debitore (diversi dalla quota: ciò significa che prima vanno aggrediti gli altri beni del debitore/socio e, solo se questi siano insufficienti, si potrà procedere come previsto dalla norma) siano insufficienti a soddisfare il credito, il creditore potrà chiedere in qualsiasi momento la liquidazione della quota del proprio debitore.
La liquidazione dovrà essere effettuata entro tre mesi dal giorno della domanda.
Quando si verifica, poi, questa eventualità il socio viene escluso di diritto dalla società (art. 2288 c.c.).