Cass. civ. n. 25927/2022
In tema di esclusione del socio dalla società di persone, la presenza nello statuto di una clausola compromissoria, non comporta l'attribuzione agli arbitri del potere di decidere l'esclusione del socio, ma solo la devoluzione a questi ultimi della cognizione sulla controversia conseguente all'adozione della delibera di esclusione, poiché la previsione di tale clausola è cosa ben diversa dalla deroga alle disposizioni di legge che, come nel caso dell'art. 2287 c.c., attribuiscono alla maggioranza dei soci determinati poteri nei confronti della minoranza, regolandone l'esercizio.
Cass. civ. n. 4779/2020
In tema di società di persone, nell'ambito del giudizio pendente fra i due unici soci, la decisione sulla ricorrenza di una causa di esclusione dell'uno è pregiudiziale rispetto a quella sull'avvenuto scioglimento della società, considerato che l'eventuale pronuncia di esclusione, di natura costitutiva, spiega effetto dal passaggio in giudicato e che da tale momento il socio superstite ha sei mesi per ricostituire la pluralità dei soci, così evitandone appunto lo scioglimento.
Cass. civ. n. 17490/2018
La delibera di esclusione di un socio di una società di persone, per la cui validità è richiesta, ex art. 2287 c.c., la maggioranza dei soci, non deve necessariamente esprimersi attraverso una delibera unitaria, né è necessario che siano consultati tutti i soci, essendo sufficiente che siano raccolte le singole volontà idonee a formare la richiesta maggioranza e che tale delibera sia comunicata al socio escluso, in modo tale che egli possa esercitare la facoltà di proporre opposizione alla delibera avanti al tribunale.
Cass. civ. n. 18844/2016
In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, ex art. 2287, comma 3, c.c., esclusivamente ove la società sia composta soltanto da due soci, trovando altrimenti applicazione l'art. 2287, comma 1, c.c., ai sensi del quale detta esclusione può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti e che il socio da escludere, in virtù del conflitto d'interessi nel quale versa, non possa esercitare il diritto di voto, dovendosi, in tal caso, la maggioranza necessaria computarsi non già sull'intero capitale sociale, bensì sulla sola parte che fa capo all'avente diritto al voto.
Cass. civ. n. 8570/2009
Nel giudizio di opposizione avverso l'espulsione del socio di una società di persone, la legittimazione passiva compete esclusivamente alla società, in persona del legale rappresentante, anche se è consentita, come modalità equipollente d'instaurazione del contraddittorio, la citazione di tutti i soci, notificata nel termine di decadenza previsto dall'art. 2287 c.c. Ne consegue che la citazione tempestiva soltanto di alcuni dei soci non impedisce la decadenza dall'azione, non essendo ravvisabile un'ipotesi di litisconsorzio necessario.
Cass. civ. n. 5019/2009
In tema di controversie tra soci di una società in accomandita semplice, per le quali l'atto costitutivo preveda, con clausola compromissoria, la conseguente devoluzione ad arbitri, sussiste la legittimazione in capo al socio escluso (nella specie con delibera, assunta dai soci accomandanti) a promuovere il procedimento arbitrale, volto a contestare la legittimità della privazione di tale qualità, giacchè, trattandosi dell'esercizio di un potere che pur dipende dal citato "status", esso non può essere negato al socio la cui qualifica sia venuta meno per diretta conseguenza proprio dell'atto che intende impugnare, posto che la legittimazione sta o cade a seconda che la delibera impugnata risulti o meno legittima e della quale il socio vorrebbe veder eliminati gli effetti tramite lo strumento di reazione apprestato dall'atto costitutivo.
Cass. civ. n. 20255/2006
In tema di società di persone, il ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di esclusione del socio è ammissibile, a norma dell'art. 2287, terzo comma, c.c., nel solo caso in cui la società sia composta soltanto da due soci, mentre in ogni altro caso trova applicazione l'art. 2287, primo comma, c.c., ai sensi del quale l'esclusione del socio può essere deliberata a maggioranza, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che all'interno della compagine sociale siano eventualmente configurabili due gruppi di interesse omogenei e tra loro contrapposti, e che l'esclusione possa in tal caso rivelarsi impossibile, in virtù del conflitto d'interessi che impedisce di computare nella maggioranza il socio da escludere: la posizione del socio che non possa avvalersi né del procedimento di cui primo comma, né del ricorso all'autorità giudiziaria, ai sensi del terzo comma, non resta infatti priva di tutela, essendo sempre possibile il recesso per giusta causa, ai sensi dell'art. 2285, secondo comma, c.c., il quale rappresenta una forma di tutela reputata adeguata dal legislatore, senza che possa al riguardo prospettarsi alcun dubbio di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
Cass. civ. n. 16150/2000
L'annullamento della deliberazione di esclusione di un socio in esito ad opposizione proposta a norma dell'art. 2287, secondo comma c.c., opera
ex tunc e comporta la reintegrazione del socio stesso nella sua posizione anteriore e nella pienezza dei diritti da essa derivati.
Cass. civ. n. 153/1998
La previsione di cui all'art. 2287 comma terzo c.c., secondo la quale nelle società di persone composte da due soli soci l'esclusione di uno di essi può essere disposta solo dal tribunale a conclusione di un ordinario giudizio di cognizione, è previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica, con la conseguenza che resta applicabile la regola generale di cui al comma primo del citato art. 2287 in tutti i casi in cui i soci siano più di due, anche se all'interno della compagine sociale siano configurabili due gruppi di interessi omogenei e fra loro contrapposti. (Il suesposto principio è stato affermato in relazione ad una società di persone con quattro soci legati da rapporto di coniugio, di modo che ciascuna coppia era titolare del 50% delle quote societarie; sussistendo in ogni caso la pluripersonalità, la S.C. ha escluso che nella fattispecie l'esclusione del socio dovesse essere richiesta giudizialmente).
Cass. civ. n. 6394/1996
Ai fini della esclusione del socio di società di persone, l'art. 2287 c.c. non prevede la convocazione dell'assemblea dei soci, ma stabilisce soltanto che tale esclusione deve essere deliberata «dalla maggioranza dei soci, non comprendendosi nel numero di questi il socio da escludere». Pertanto la legittimità della delibera di esclusione prescinde non solo dalla convocazione dell'assemblea, ma anche dalla preventiva convocazione del socio, che ha soltanto il diritto di ricevere comunicazione della deliberazione stessa al fine di poter proporre opposizione.
Cass. civ. n. 2657/1995
Il termine di trenta giorni, entro il quale, a norma dell'art. 2287 c.c., il socio escluso dalla società può fare opposizione davanti al tribunale, è disponibile (siccome inserito in una materia altrettanto disponibile, ai sensi dell'art. 2968 c.c.) ed è incompatibile con la struttura del procedimento arbitrale, la cui instaurazione presuppone il necessario espletamento delle formalità inerenti alla nomina degli arbitri secondo termini appropriati e necessariamente più lunghi del suddetto. Pertanto, la stipulazione tra i soci di una società in nome collettivo di una clausola compromissoria, per la decisione anche delle controversie derivanti dal provvedimento sociale di esclusione dalla società, nel sostituire al giudizio ordinario di opposizione (previsto dall'art. 2287 c.c.) un giudizio arbitrale, comporta il superamento e l'eliminazione del termine di decadenza previsto da detta disposizione per l'inizio dell'azione davanti al tribunale.
Cass. civ. n. 5958/1993
L'annullamento della deliberazione di esclusione di un socio (nell'ipotesi, accomandatario di una società in accomandita semplice), in esito ad opposizione proposta a norma dell'art. 2287, secondo comma, c.c., opera
ex tunc e comporta la reintegrazione del socio stesso nella sua posizione anteriore e nella pienezza dei diritti da essa derivanti. Pertanto, in pendenza della opposizione avverso la delibera di esclusione, sussiste l'interesse del socio escluso ad agire (e a resistere) in giudizio per l'accertamento di una causa di scioglimento della società (quale la sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale).
Cass. civ. n. 1781/1977
L'opposizione del socio di una società di persone, avverso la delibera di esclusione (art. 2287 c.c.), va proposta nei confronti della società, in persona del legale rappresentante, ovvero, in via equipollente, nei confronti di tutti gli altri soci, la cui presenza in giudizio configura presenza della società, difettando questa di distinta personalità. Pertanto, ove detta domanda sia stata proposta tanto nei confronti della società, quanto nei confronti degli altri soci, l'estromissione dal giudizio della società, disposta dal giudice di primo grado, non incide sull'integrità del contraddittorio, né può far insorgere necessità di integrazione del medesimo in sede di gravame, a norma dell'ars. 331 c.p.c. La «comunicazione» al socio escluso della delibera di esclusione, che l'art. 2287 c.c. prevede per fissare il
dies a quo del termine di trenta giorni per proporre opposizione, si concretizza in un atto o fatto che porti a conoscenza dell'interessato la deliberazione medesima, e non richiede l'adozione di specifiche formalità o mezzi di trasmissione. Ne consegue che la presenza del socio escluso alla assemblea che ha emesso la delibera in questione, in condizioni tali da assicurargli la percezione della volontà maggioritaria degli altri soci, integra gli estremi di quella comunicazione, e fa iniziare il decorso del termine per l'opposizione.