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Articolo 2479 ter Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Invalidità delle decisioni dei soci

Dispositivo dell'art. 2479 ter Codice Civile

Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci(1). Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.

Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.

Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite(2).

Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377, primo, quinto, settimo, ottavo e nono comma, 2378, 2379 bis, 2379 ter e 2434 bis.

Note

(1) Il socio può impugnare la delibera di approvazione del bilancio se dimostra l'esistenza di un danno direttamente provocato dalla irregolarità della deliberazione.
In ogni caso, la qualità di socio, necessaria per impugnare la decisione, deve sussistere dal momento della proposizione della domanda sino alla decisione della controversia.

(2) Comma così modificato dall'art. 22, D. Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310.

Ratio Legis

La disciplina riguardante l'invalidità delle decisioni assembleari è volta a garantire certezza al traffico giuridico e stabilità all'attività sociale: in ciò può rinvenirsi la ragione atta a giustificare la diversa regolamentazione della nullità e dell'annullabilità rispetto alla disciplina generale dei contratti, nonché il motivo per il quale, alla base, la categoria della nullità assume carattere residuale rispetto a quella dell'annullabilità.

Spiegazione dell'art. 2479 ter Codice Civile

La norma disciplina le ipotesi di invalidità delle decisioni dei soci, sia che si tratti di decisioni assembleari, sia che si tratti di decisioni extra-assembleari.
Va osservato che il legislatore non impiega in tal caso i concetti di annullabilità e di nullità, approntando semmai una diversa disciplina a seconda del tipo di vizio che intacca la validità della decisione.

La prima categoria di vizi enunciati dal legislatore ricomprende sostanzialmente i vizi che comportano l’annullabilità delle delibere di s.p.a.:
  • non conformità della decisione a norme di fonte legale
  • non conformità della decisione a norme di fonte statutaria
  • decisione assunta con la partecipazione determinante di un socio in conflitto d’interessi, purché pregiudizievole per la società: per essere impugnata, tuttavia, il danno deve potenziale e non necessariamente di natura patrimoniale.
Con riferimento a queste ipotesi, fermo quanto disposto dall’art. 2377, co. 5, la decisione potrà essere impugnata dagli amministratori, dai sindaci, dai soci dissenzienti che non abbiano concorso all’approvazione nel termine di decadenza di novanta giorni dalla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Ad ogni modo, al fine di evitare l’annullamento, è consentito al Tribunale adito in sede di impugnazione di assegnare alla società un termine massimo di trenta giorni per la sostituzione della decisione ritenuta invalida.

La seconda categoria di vizi corrisponde sostanzialmente alla categoria di vizi che determina la nullità delle delibere di s.p.a.:
  • oggetto illecito o impossibile
  • mancanza di qualsiasi preventiva informazione del socio (assoluta mancanza di convocazione dell’assemblea)
In questi casi la legittimazione attiva è estesa a chiunque ne abbia interesse e l’impugnazione dovrà essere esercitata entro tre anni dalla trascrizione della decisione nel libro delle decisioni dei soci.

Infine, un ulteriore categoria di vizi invalidanti racchiude le ipotesi nelle quali le decisioni abbiano ad oggetto la modifica dell’oggetto, mediante introduzione di attività impossibili o illeciti. In queste circostanze, l’impugnazione potrà essere esercitata da chiunque vi abbia interesse senza alcun limite di tempo.

Restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione impugnata prima dell'iscrizione della sentenza di annullamento.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2479 ter Codice Civile

Cass. civ. n. 22987/2019

In tema di società a responsabilità limitata, la deliberazione dell'assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell'art. 2479 ter, comma 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese "in assenza assoluta di informazioni" non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull'avvio del procedimento deliberativo.

Cass. civ. n. 16265/2013

Attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all'impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabile anche di ufficio dal giudice, cui sono equiparate, ai sensi dell'art. 2479 ter c.c., quelle prese in assoluta mancanza di informazione, sicché la controversia che abbia ad oggetto l'interpretazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, in cui si discuta esclusivamente se concerna le dimissioni del ricorrente dalla carica di amministratore delegato o anche da quella di componente del consiglio di amministrazione, in quanto suscettibile di transazione, può essere deferita ad arbitri.

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Consulenze legali
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Alessio U. chiede
lunedì 18/09/2017 - Toscana
“Devo impugnare un verbale assembleare si s.r.l. contenente nomina di Tizio ad amministratore unico e sua accettazione e la iscrizione alla CCIA della carica sociale. Entrambi gli atti sono affetti da falsità materiale, ossia è falsa la firma dell'interessato, nominato amministratore a sua insaputa. Domanda 1: chi è il convenuto nel procedimento? La CCIAA? La società? Domanda 2: se l'amministratore unico deve citare la società per la falsa nomina a chi notifica? All'amministratore precedente?”
Consulenza legale i 25/09/2017
La prima cosa da chiarire è che la C.C.I.A.A. non va per certo coinvolta nel giudizio: quest’ultima, infatti, si limita a prendere atto dei documenti che le vengono presentati ma non ha un potere di controllo nel merito degli stessi, vale a dire che non è tenuta a verificare la conformità del contenuto formale degli stessi rispetto alla sostanza.

Ciò premesso, è evidente che si pone, nel caso di specie, un problema di nullità della delibera in questione, perché contraria non tanto allo Statuto (formalmente, in effetti, il procedimento di nomina è stato corretto, fatta salva la regolare costituzione dell’assemblea, questione alla quale non si accenna nel quesito), quanto piuttosto alla legge.
Nel caso in esame, è stata apposta al verbale, alla presenza degli intervenuti in assemblea nonché a sua insaputa, la firma di una persona che non era presente.
Il tutto è stato verbalizzato e sottoscritto anche e soprattutto dal Presidente dell’Assemblea.

Il Presidente, ai sensi dell’art. 2479 bis-bis del cod. civ., “verifica la regolarità della costituzione, accerta l’identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale”: “La funzione del Notaio, intervenuto all'assemblea di una società, è essenzialmente quella di certificare le attività avvenute in sua presenza (operazioni di voto, esito delle stesse, maggioranze, etc.) e non quella di verificare la legittimazione degli intervenuti nell'assemblea stessa (funzione, quest'ultima, spettante (…) al Presidente dell'assemblea, al quale compete il potere-dovere di verificarne la regolarità della costituzione e di accertare l'identità e la legittimazione dei presenti)” (Tribunale Roma, Sez. spec. Impresa, 15/06/2015, n. 13061).
Il Presidente è titolare di poteri originari ed autonomi, che non gli derivano dall’assemblea, per cui egli risponde personalmente dei suoi atti qualora abbia violato la legge o l’atto costitutivo, e ciò a titolo di responsabilità contrattuale nei confronti della società o extra contrattuale verso i singoli soci eventualmente danneggiati.
Ad avviso di chi scrive, dunque, il primo convenuto in giudizio sarà la persona designata a presiedere l’assemblea e che dunque, in quel frangente, aveva svolto il ruolo di Presidente.

L’art. 2479-ter poi recita quanto segue: “Le decisioni dei cosi che non sono prese in conformità alla legge o all’atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
Il soggetto convenuto in giudizio per l’impugnazione di una delibera (come in questo caso) contraria alla legge è la società stessa.
In persona di chi, in questo caso?
Ad avviso di chi scrive andrà convenuta in persona del rappresentante attuale, anche se nominato illegittimamente, il quale – se sarà anche colui che ha promosso il giudizio (dal quesito pare evincersi questo, ma non è chiaro) – dovrà avanzare istanza di nomina di un curatore speciale ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 78, 2° comma, c.p.c., che recita: “Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza, e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all'incapace, alla persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatore speciale che li rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza. Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante”.
Quest’ultima norma, in buona sostanza, viene in aiuto quando in causa gli interessi del soggetto rappresentante e quelli del soggetto rappresentato (in questo caso, la società) confliggono, perché l’esito sperato della lite è diverso.

Con riferimento alla s.r.l., non esiste, in realtà, una norma come l’art. 2375 cod. civ., il quale detta il contenuto del verbale di assemblea di s.p.a. e stabilisce, tra le altre cose, che esso deve indicare l’identità dei partecipanti.
In ogni caso, si ritiene che la norma, nella sostanza, sia valevole anche per la s.r.l., nel senso che il verbale di assemblea fa fede fino a querela di falso delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il notaio attesta essere avvenuti in sua presenza: “L'art. 2375, comma 1, c.c. (per il quale l'identità dei partecipanti all'assemblea deve risultare dal verbale o da un allegato allo stesso e dal verbale devono anche risultare le modalità e il risultato delle votazioni nonché l'indicazione — anche per allegato — dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti) è diretto ad assicurare la concreta e immediata conoscenza di quanto avvenuto in sede di assemblea (…) e rappresenta lo strumento attraverso cui quest'ultimo è posto nelle condizioni di apprezzare se ricorrano le condizioni per impugnare la delibera assunta (perché, ad esempio, essa è stata approvata in mancanza della maggioranza richiesta o con il voto determinante di un socio in conflitto di interessi)”. (Cassazione civile, sez. I, 12/01/2017, n. 603).

Se dunque, in corso di causa, dovesse essere prodotto dalla società quale documento di prova il verbale contenente la nomina illegittima, sarebbe possibile (e necessario) presentare – appunto – la querela di falso, che apre un procedimento incidentale al processo principale, ed è finalizzata a far accertare, precisamente, la falsità del documento stesso.
La querela di falso, si noti bene, può anche essere presentata in via autonoma, ovvero prima ed indipendentemente da un giudizio: tuttavia, nel caso di specie, si ritiene più opportuna e corretta l’impugnazione della delibera di nomina prima ancora che la querela di falso, la quale inciderebbe sicuramente sul documento ma – se dovesse trascorrere troppo tempo – impedirebbe di procedere contro la società per intervenuta decadenza dei termini.

Non si dimentichi, infine, che la falsità (in questo caso, materiale) in atti costituisce reato: di conseguenza, la situazione potrebbe presentare altresì dei risvolti penali.

Alfredo C. chiede
mercoledì 21/09/2016 - Lazio
“Buon giorno, vorrei chiederLe un parere in merito alla seguente problematica:
Una società srl, proprietaria di un terreno di circa 200 ha agricoli, costituita circa 30 anni fa con quattro socie di cui tre (parenti) che posseggono l'88% delle quote
recentemente in sede di approvazione del bilancio con all'ordine del giorno
- approvazione bilancio e deliberazioni inerenti e conseguenti
- varie ed eventuali
quando si è passati alla discussione di varie ed eventuali l'assemblea ha deliberato:
"in conclusione di assemblea, un socio tramite il suo delegato richiede che alla luce delle difficoltà finanziarie della società e delle incombenti e pesanti pendenze legate a contenziosi da definirsi, per vendere il terreno di proprietà della società si affianchi all'agenzia ..... Immobiliare di proprietà di un socio anche un'altra agenzia immobiliare per aumentare le probabilità di successo".
Dopodiché l'amministratore unico conferisce incarico per la vendita del terreno societario ad un socio della società non in via esclusiva ma affiancata da altra società.
Recentemente il socio di minoranza, che non ha mai partecipato alle assemblee, ha scritto una lettera alla società:"la sottoscritta fa presente di non aver mai saputo dell'esistenza di un mandato per la vendita del terreno della società, conferito al socio....Immobiliare, ed inoltre non è stata mai messa a conoscenza del prezzo di vendita per la cessione del terreno".
A questo punto vorrei sapere:
- se l'Amministratore Unico, munito di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria, poteva conferire tale "incarico per la vendita" non in esclusiva;
- se doveva avvertire il socio di minoranza che non era presente;
- se comunque dobbiamo rispondere al socio di minoranza.
Grazie e cordiali saluti.

Consulenza legale i 27/09/2016
L’amministratore di s.r.l. (che sia unico oppure costituito in forma collegiale) ha una discreta autonomia rispetto all’assemblea dei soci: gli amministratori hanno, infatti, un potere gestorio generale concernente tutti gli argomenti relativi alla gestione della società che non siano riservati (dalla legge o dall’atto costitutivo) all’assemblea (art. 2475 bis-bis c.c.).

Egli non ha, dunque, il dovere di sottoporre a preventiva approvazione le proprie iniziative, anche se particolarmente rischiose ed innovative.
Esorbitano dalle sue funzioni soltanto gli atti di disposizione o alienazione suscettibili di modificare la struttura dell’ente e, perciò, non sussumibili all’interno dell’oggetto sociale (Cass. Civ., 3 marzo 2010, n. 5152). In parole più semplici, dovrà avere l’approvazione assembleare solo nel caso in cui vengano in rilievo operazioni suscettibili di modificare – direttamente o indirettamente – l’oggetto sociale (ad es. radicale mutamento del tipo di attività d’impresa fissato nell’atto costitutivo).

Nel caso di specie, mancano alcuni elementi di rilievo al fine di dare risposta esauriente al quesito posto: infatti occorrerebbe leggere il contenuto dell’atto costitutivo della società al fine di capire se la vendita del terreno di cui si parla costituisca o meno per quella specifica società un atto che determina una modifica sostanziale dell’oggetto sociale o meno oppure se incida notevolmente sui diritti dei soci.

Poiché, tuttavia, la decisione inerente il conferimento di un ulteriore mandato a vendere è stata adottata nell’ambito dell’assemblea sull’approvazione del bilancio, benché sotto la voce “varie ed eventuali”, e si racconta, sostanzialmente, che l’Amministratore si è limitato ad eseguire la volontà assembleare, è legittimo pensare che si rientri nell’ipotesi eccezionale sopra descritta (casi in cui l’amministratore non decide autonomamente).

L’amministratore, nel caso concreto, non ha sbagliato né ha agito con eccesso di potere, dal momento che ha ricevuto espresso mandato dall’assemblea per agire nel modo descritto.

Il socio di minoranza – da quel che si evince dal quesito – è sempre stato regolarmente avvisato della convocazione delle assemblee nonché informato sull’ordine del giorno: se ha deciso consapevolmente di non presenziare, egli dovrà dunque sottostare alle decisioni della maggioranza, ovviamente nel rispetto delle norme sui quorum costitutivi e deliberativi (art. 2479 bis bis cod. civ.).

Va evidenziato, tuttavia, che in questo caso particolare il socio di minoranza non poteva sapere di che contenuti si sarebbe riempita la voce “varie ed eventuali” e pertanto, sotto questo profilo, egli ha pienamente diritto di conoscere il contenuto delle decisioni assunte dall’assemblea, al fine di esercitare il diritto di controllo che gli garantisce la legge.

Infatti, l’unico elemento atto a contemperare le ampie prerogative riconosciute all’organo amministrativo è rappresentato dal diritto di controllo spettante ai soci. L’art. 2476 cod.civ., 2° comma, recita testualmente: «i soci che non partecipano all’amministrazione della società hanno il diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche per il tramite di professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione». Ai soci non amministratori è pertanto attribuita la facoltà di assumere specifiche informazioni.
E’ stato ritenuto che il diritto di ciascun socio di partecipare alle decisioni implica l’impossibilità che il procedimento decisionale sia concluso prima che ogni socio sia stato informato dell’iniziativa deliberativa, con la conseguente possibilità di intervenire per influenzare il voto degli altri soci e determinare la revoca di eventuali decisioni già formalizzate, quindi esercitare il diritto di opposizione.

In questo senso, la risposta alla domanda se gli altri soci debbano rispondere al socio di minoranza è senz’altro positiva nella misura in cui la delibera, per il suo contenuto, possa essere impugnata.

I casi e le tempistiche sono quelli dettati dall’art. 2479 ter-ter cod. civ., il quale recita: “Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.
Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.
Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. (…)”.

La mancanza di informativa, dunque, legittima l’impugnazione delle delibere assembleari da parte del socio, non solo dissenziente ma altresì assente.

Non è così chiaro se la carenza di informazione relativa al contenuto della deliberazione sia riconducibile all’ipotesi della carenza di informazione “assoluta”, sanzionabile con la nullità e soggetta a termine di impugnazione triennale, oppure se rientri nelle meno gravi ipotesi di annullabilità, con conseguente termine breve di novanta giorni per l’impugnazione.

Parte degli studiosi di diritto ritengono che risulti più aderente allo spirito delle norme che governano il funzionamento delle società la prima soluzione, ovvero è viziata da carenza “assoluta” di informazione l’assunzione di una decisione senza il coinvolgimento anche di un solo socio, perché ciò consente di salvaguardare il diritto di partecipare alle decisioni sociali (intervento e voto) e, più in generale, a porre rimedio alle “asimmetrie” informative a tutela delle minoranze.

Tuttavia, nel caso di specie, la decisione non riguarda la vendita del terreno (che era già stata decisa ed approvata da tutti in precedenza), ma più semplicemente l’affidamento del mandato ad una seconda agenzia, da affiancare alla prima: trattasi quindi di decisione di rilevanza non sostanziale, che ad avviso di chi scrive può rientrare, eventualmente, nelle ipotesi di illegittimità soggette a termine di impugnazione breve.