Cass. civ. n. 8962/2019
Non è consentito il recesso "ad nutum" del socio di una società a responsabilità limitata contratta a tempo determinato, in considerazione sia della previsione letterale di cui all'art. 2473 c.c., che limita la possibilità di recedere al solo caso di società contratta a tempo indeterminato, sia della valutazione sistematica dipendente dalla diversa disposizione dettata per le società di persone, sia, infine, in relazione all'esigenza di tutela dei creditori che, facendo affidamento sul patrimonio sociale, hanno interesse al mantenimento della sua integrità.
Cass. civ. n. 28987/2018
In caso di recesso del socio di s.r.l. esercitato successivamente alla trasformazione in s.p.a., in considerazione del rafforzamento della tutela del diritto al disinvestimento dei soci di minoranza, rispetto a quella della stabilità del vincolo associativo, dovuto alle nuove caratteristiche personalistiche del tipo societario della s.r.l. configurato dalla riforma del 2003, la disciplina del diritto di recesso è quella dettata per le s.r.l. dall'art. 2473, comma 2, c.c. che non prevede termini di decadenza, essendo contrario alla lettera del comma 1 della citata norma, nonché alla "ratio legis" e alla buona fede, assoggettare il socio dissenziente ai ridotti termini di esercizio del recesso fissati per le s.p.a. dall'art. 2437 bis c.c., da ritenersi non applicabile analogicamente per la diversità di presupposti del recesso nei due tipi societari; pertanto, in detta ipotesi, il diritto di recesso del socio va esercitato nel termine previsto nello statuto della s.r.l., prima della sua trasformazione in s.p.a., e, in mancanza di detto termine, secondo buona fede e correttezza, quali fonti di integrazione della regolamentazione contrattuale, dovendo il giudice del merito valutare di volta in volta le modalità concrete di esercizio del diritto di recesso e, in particolare, la congruità del termine entro il quale il recesso è stato esercitato, tenuto conto della pluralità degli interessi coinvolti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso dei soci della s.r.l. trasformata in s.p.a., il cui statuto sociale era stato approvato nel 1987 senza previsione delle modalità di recesso, comunicato, in concreto non entro il termine di 15 giorni previsto per le s.p.a. dall'art. 2437 bis c.c. ma poco oltre i 60 giorni).
Cass. civ. n. 22349/2015
La pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale, spettante a tutti i soci proporzionalmente alle partecipazioni da essi possedute, non può legittimare il recesso del socio alla stregua del combinato disposto degli artt. 2473, comma 1, e 2468, comma 4, c.c., riferendosi questi ultimi alla sola ipotesi in cui vengano attribuiti a singoli soci, dall'atto costitutivo, «particolari diritti in materia di amministrazione della società o distribuzione degli utili», ovverosia diritti diversi, quantitativamente o qualitativamente, da quelli normalmente spettanti a ciascun socio sulla base della partecipazione detenuta.
Cass. civ. n. 9662/2013
In tema di società a responsabilità limitata, la previsione statutaria di una durata della società per un termine particolarmente lungo (nella specie, l'anno 2100), tale da superare qualsiasi orizzonte previsionale anche per un soggetto collettivo, ne determina l'assimilabilità ad una società a tempo indeterminato; ne consegue che, in base all'art. 2473, comma secondo, cod. civ., compete al socio in ogni momento il diritto di recesso, sussistendo la medesima esigenza di tutelare l'affidamento del socio circa la possibilità di disinvestimento della quota da una società sostanzialmente a tempo indeterminato.
Cass. civ. n. 13760/2009
È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111, settimo comma, Cost. avverso il decreto pronunciato dal giudice designato dal presidente del tribunale, ai sensi dell'art. 28 del D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 5, con il quale sia stato nominato, su istanza del socio, l'esperto per la valutazione della sua partecipazione sociale, ai sensi dell'art. 2473, terzo comma, c.c., essendo tale decreto un atto di volontaria giurisdizione privo dei caratteri della decisorietà e della definitività, da un lato perchè la stima operata dall'esperto non ha valore decisorio fra le parti ed è sindacabile dal giudice ove sia manifestamente erronea od iniqua (art. 1349 c.c., richiamato dall'art. 2473 c.c.), dall'altro perchè il decreto può essere revocato o modificato in presenza di nuove circostanze, ai sensi dell'art. 26 del D.L.vo citato; né la conclusione muta ove il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, atteso che la pronuncia sull'osservanza delle norme sul processo ha la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato, e non può dunque avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo.