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Articolo 1882 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Nozione

Dispositivo dell'art. 1882 Codice Civile

(1)L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro(2), ovvero a pagare un capitale o una rendita [1872] al verificarsi di un evento attinente alla vita umana [1919](3).

Note

(1) L'assicurazione è un contratto consensuale (1376 c.c.), ad effetti obbligatori ed aleatorio (1467 c.c.). Inoltre, esso deve essere provato per iscritto (1888 c.c.).
(2) Tale inciso fa riferimento alla prima categoria di assicurazioni private, cioè quella contro i danni (1904 ss. c.c.), nella quale, oltre ai pregiudizi prodotti all'assicurato da un sinistro, rientra anche l'assicurazione per i danni a terzi. In tali ipotesi, l'obbligo di pagamento dell'assicuratore sorge quando l'assicurato subisce il danno ovvero quando lo provoca al terzo.
(3) L'ultima parte della norma fa riferimento all'altra tipologia di assicurazioni private, cioè quelle sulla vita (1919 ss c.c.), nelle quali l'obbligo di pagamento sorge al verificarsi dell'evento dedotto in contratto che può essere la morte o la sopravvivenza dell'assicurato.

Ratio Legis

Il funzionamento del contratto di assicurazione si basa sul seguente meccanismo: l'assicurato trasferisce il rischio economico (l'alea) di un dato evento sull'assicuratore, il quale è in grado di sopportare tale rischio perché il calcolo delle probabilità gli permette di suddividere tra gli altri assicurati l'alea stessa ed anche di ottenere un vantaggio economico. Così, a fronte del pagamento di una modesta somma l'assicurato ha diritto, se quel rischio si concretizza, ad un ingente indennizzo.

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Mala gestio

Spiegazione dell'art. 1882 Codice Civile

In generale

In conformità del principio adottato dal cod. comm. 1882, dai progetti e dalle più moderne leggi straniere, il nuovo codice tenta — come per gli altri contratti - una definizione del contratto di assicurazione. Ma, come per altre legislazioni, si limita ad una descrizione dualistica imperniata sui due sottotipi fondamentali (ass. contro i danni, ass. sulla vita), rinunciando a porre un concetto unitario che, data la sua difficoltà, abbandona alla dottrina.

Occorre quindi svolgere una più approfondita indagine. In linea generale il concetto di un negozio giuridico, tale da comprendere tutte le sue specie e da distinguerlo da negozi affini deve basarsi su due elementi : a) la sua causa giuridica, o funzione economica obbiettiva riconosciuta dall'ordinamento giuridico e dalla sua struttura. Esaminiamo dunque questi due elementi rispetto al contratto di assicurazione.


Causa del contratto di assicurazione. Teoria indennitaria: critica

La causa del contratto di assicurazione. La più antica dottrina è quella della funzione indennitaria. L'assicurazione sorge con una funzione di risarcimento del danno cioè con funzione di indennità; e lo svilupparsi dell'assicurazione sulla vita nel senso moderno frantuma questo concetto. Non vale cancellare, come si è tentato, l'assicurazione vita dal territorio dell'assicurazione, perché la vita dei traffici e tutte le leggi la qualificano tale. D'altro canto, non è possibile costringere l'assicurazione sulla vita nel letto di Procuste della funzione indennitaria. La morte non sempre provoca un danno (si pensi era all’assicurato economicamente passivo) ; la sopravvivenza non lo provoca quasi mai (assicurato economicamente attivo) ; nell'assicurazione a benefizio di terzi o in quella della vita di un terzo non si richiede alcun interesse economico od anche soltanto morale del beneficiario o dello stipulante alla vita dell'assicurato; infine anche quando l'evento assi-curato si presenta net caso concreto come realmente dannoso, la prestazione dell'assicuratore ha per oggetto una somma o rendita prede-terminata in contratto e non già commisurata al danno subito.

La teoria indennitaria ha il torto — ciò vale anche per le assicurazioni contro i danni — di attribuire al contratto una causa (risarcimento danni) che esigerebbe solo al verificarsi del sinistro: sì che tutte le volte che il sinistro non si verifica, il contratto sarebbe senza causa.


Teoria del bisogno eventuale: critica

Una teoria oggi più frequentemente accolta è quella che attribuisce all'assicurazione la funzione di porre a disposizione di una persona una ricchezza nel caso che si verifichi un evento provocatore di bisogno, cioè più brevemente di soddisfare un bisogno eventuale. Sebbene di più ampio respiro della precedente, questa teoria non sfugge innanzitutto all'obiezione già rivolta alla teoria indennitaria, che, svolgendo il contratto la sua funzione soltanto al verificarsi dell'evento provocatore di bisogno, tutte le volte che l'evento non si verifica il contratto sarebbe senza causa.

D'altro canto, anche quando si verifica, l'evento non sempre provoca un bisogno, ancorché impostato su una pretesa base oggettiva. Specialmente nell'assicurazione vita, la morte e la sopravvivenza non sempre provocano un bisogno. Nè vale in tal caso parlare di bisogno concreto nell'assicurazione danni o bisogno astratto nell'assicurazione vita : bisogno astratto, come già danno tipico, è un vano gioco di parole.


Teoria dello scopo patrimoniale: critica

Una più recente teoria, riconoscendo che non sempre si ha danno o bisogno, attribuisce all'assicurazione la funzione di permettere che un determinato scopo patrimoniale — conservazione dello status quo, ovvero incremento (assicurazione profitto sperato) — che senza il verificarsi di un determinato evento che incide sui singoli elementi del patrimonio ovvero sull'intero patrimonio (ass. patrimonio), ovvero sull'organizzatore del patrimonio (ass. vita), si sarebbe realizzato, si realizzi con certezza, si verifichi o meno l'evento.

Ma questa teoria, se può valere per l'assicurazione contro i danni, non può più valere in molte forme di assicurazione sulla vita (nell'assicurazione a termine fisso ; nell'assicurazione a vita temporanea; nell'assicurazione sopravvivenza ; nell'assicurazione sulla vita di terzi o a favore di terzi, quando manchi interesse dello stipulante o del beneficiario sulla vita del terzo) e nelle altre assicurazioni di persona nelle quali, essendo l'indennità stabilita in via forfetaria, l'assicurazione pub permettere il raggiungimento di uno scopo (incremento patrimoniale), che non e detto the senza i1 sinistro si sarebbe verificato.

D'altro canto e da osservare che questa teoria, mentre non pub comprendere tutte le specie di assicurazioni, comprende tutti gli altri contratti e sono molti (contratti condizionati, contratti di garanzia reale, fideiussione) volti ad adempiere la stessa generica funzione.


Altre teorie: critiche

Altre teorie prescindono dalla causa del negozio ma non giungono a risultati apprezzabili. Così non vale constatare che il concetto si imposta su di uno scambio tra la prestazione del premio da parte dello stipulante e la prestazione (taluni aggiungono condizionata) dell’assicuratore in corrispettivo, e che tale scambio e caratteristico di molti contratti : in tutti i contratti bilaterali una parte effettua una prestazione in corrispettivo e proporzione di una controprestazione; e in alcuni contratti, di fronte ad una obbligazione pura sta una obbliga-acne condizionata (gioco).

Altri affermano che la caratteristica dell'assicurazione e l'assunzione e sopportazione del rischio da parte dell'assicuratore : ma, a parte che esistono altri contratti sul rischio, in tal modo non si risolve, ma anzi si pone il problema: se per rischio si intenda la possibilità di un evento provocatore di bisogno evento dannoso, siamo in piena teoria indennitaria ; se si intende possibilità di un evento provocatore di bisogno siamo in piena teoria del bisogno eventuale, ecc.

Da ultimo non vale affermare che la caratteristica dell'assicurazione e l'organizzazione ad impresa dell'assicuratore : questo è soltanto un elemento estrinseco al contratto ; nè essenziale, nè sufficiente, da solo, a determinare il concetto e a distinguere dei contratti affini (gioco, scommessa).


Teoria dello scopo di previdenza

L'errore comune alle teorie finora avanzate e di avere spostato la causa del contratto alla fase successiva al sinistro. Con ciò non ci si è preclusi in via irrimediabile il concetto unitario, giacché in questa fase la divergenza tra ass. contro i danni (alle quali le tre principali teorie si attagliavano abbastanza bene) e ass. vita e irriducibile. Dall'altro, si e resa impossibile la soluzione del problema del sinallagma del contratto, giacché tutte le volte che non si verifica il sinistro il contratto sarebbe sine causa e il pagamento del premio rimarrebbe senza giustificazione. Perché concetto e struttura del contratto di assicurazione possano chiarirsi occorre dunque ovviare a questo errore di prospettiva : occorre cioè identificare la causa del contratto al momento della con­clusione del contratto stesso e per tutta la durata del rapporto.

Ora, è stato già esattamente osservato che per effetto dello spirito di previdenza la possibilità di un bisogno eventuale si traduce sempre in un bisogno attuale e precisamente nel bisogno che qualora, per il verificarsi di un evento incerto si presenta un bisogno futuro, questo venga con certezza soddisfatto. Bisogna però precisare : da un lato che il bisogno attuale non è istantaneo bensì di durata, e dura precisamente fino a che non si verifichi o non scompaia la possibilità del bisogno eventuale o futuro ; dall'altro che, per sua stessa natura, questo bisogno esiste sempre quando l'evento incerto sia tipicamente o almeno normalmente ovvero nel caso concreto tale da provocare il bisogno futuro eventuale, il quale bisogno poi, nel caso concreto, potrà o meno verificarsi. Il bisogno iniziale e di durata esiste in tutti i contratti di assicurazione : poiché, anche se poi di fatto il bisogno eventuale non si verificherà, la morte e la sopravvivenza sono eventi che normalmente possono provocare dei bisogni.

Invece tale bisogno non esiste quando l'evento dedotto in contratto e tipicamente favorevole o indifferente (gioco, scommessa). Abbiamo così individuato il bisogno the l'assicurazione soddisfa e possiamo ormai identificare la funzione economica, cioè la causa giuridica del contratto di assicurazione : soddisfare il bisogno attuale e di durata dell'assicurato di potere con certezza soddisfare quei bisogni che eventualmente verranno provocati dal verificarsi di un evento incerto. Questa funzione potremo chiamarla più brevemente : previdenza, termine che dal campo economico passa al campo giuridico sub specie dalla causa del contratto.


Struttura del rapporto assicurativo. Rapporto oneroso

La causa del contratto non è sufficiente a determinare il concetto e a distinguerlo da altri tipi contrattuali affini the tendono alla stessa funzione di previdenza. Occorre perciò determinare anche la struttura del contratto.

a) Il rapporto assicurativo è sempre un rapporto oneroso. — I due corrispettivi sono costituiti dalla promessa (o assunzione dell'obbligo) del pagamento del premio, ovvero talora dallo stesso pagamento, da parte del contraente, e dalla promessa (o assunzione dell'obbligo) del pagamento di una somma o rendita predeterminata (ass. vita) ovvero, nei limiti del contratto, proporzionata al danno (risarcimento del danno : ass. danni) da parte dell'assicuratore.

L'obbligo dell'assicuratore, spogliato di una vieta fraseologia invano elevata a dottrina (assunzione del rischio, sopportazione del rischio, assunzione di responsabilità ecc.), non ha una struttura unitaria : talora è subordinato ad un termine finale (ass. rendita vitalizia con pagamento immediato) ; più spesso è subordinato ad un termine iniziale ; altre volte infine è subordinato ad un presupposto necessario (condizione).

Lo scadere del termine iniziale e il verificarsi del presupposto dicesi caso di assicurazione o — ma l'espressione si adatta solo all'evento nell’ass. contro i danni o nell'ass. per il caso di morte non a termine fisso —sinistro ; la pendenza del termine o del presupposto chiamasi rischio.


Rapporto sinallagmatico

Il rapporto assicurativo è di solito un rapporto sinallagmatico o bilaterale. Poiché nulla ostando che un sinallagma possa intercorrere tra l'assunzione di un'obbligazione pura e l'assicurazione di una obbligazione subordinata ad un evento incertus quando od anche incertus an, la promessa del contraente e la promessa subordinata ad un termine o ad un presupposto necessario incertus an dell'assicuratore sono in relazione sinallagmatica in senso tecnico.

Al rapporto quindi si applicano tutte le norme proprie dei contratti bilaterali.

Naturalmente, per quanto riguarda l'exceptio inadimpleti contractus e la risoluzione per inadempimento, poiché esse presuppongono l'inadempimento, il contraente potrà avvalersene verso l'assicuratore solo quando questi sia inadempiente, dopo la scadenza del termine da cui dipende la scadenza del debito, o dopo il verificarsi del presupposto da cui dipende il sorgere e lo scadere dell'obbligo. In altri casi di risoluzione invece il contraente potrà avvalersi della facoltà di risolvere il contratto ancorché non si sia verificato il caso di assicurazione, quando presupposto per la risoluzione non l'inadempimento, ma il timore di inadempimento.

Non sempre però il rapporto assicurativo è, o è soltanto, sinallagmatico. Talvolta, infatti, i due corrispettivi sono in relazione condizionale : l’assicuratore promette (a termine o subordinatamente al verificarsi di un presupposto incertus an) Ia sua prestazione, perché il contraente ha effettuato la sua prestazione (una prestazione in obligatione ; l'altra in condicione): ciò accade quando l'assicurazione è a premio unico e la sua efficacia viene fatta dipendere dal pagamento di detto premio. Altre volte, infine, la relazione tra i due corrispettivi è in parte condizionale, in parte sinallagmatica : ciò accade quando il premio è periodico, ma dal pagamento della prima rata di premio vien fatta dipendere l’efficacia del contratto : in tal caso tra la prima rata di premio e la promessa dell'assicuratore la relazione e condizionale ; tra la promessa delle rate successive e la promessa dell'assicuratore la relazione e sinallagmatica.


Rapporto aleatorio

Perché infatti un rapporto possa dirsi aleatorio non e necessario che, come accade in alcune forme di giuoco, da un evento incerto dipenda quale delle due parti sia obbligata ad effettuare la prestazione, ovvero, essendo già obbligata una delle parti, dipenda se anche l'altra sia obbligata : può bastare che dall'evento dipenda la proporzione dell 'ammontare delle prestazioni che costituiscono l'oggetto delle due obbligazioni. Perciò e aleatorio non soltanto il rapporto assicurativo in cui l'obbligazione dell'assicuratore e subordinata ad un eventus incertus an, ma anche quello in cui l'obbligazione dell'assicuratore è soltanto a termine : perché dal momento dello scadere del termine stesso, se questo è incertus quando, dal momento della morte dell'assicurato, che fa cessare il pagamento del premio, se il termine e certus quando, dipende la proporzione tra l'ammontare della prestazione dell'assicurato e quello della prestazione del contraente.

Esistendo questa incertezza, ad eliminare it carattere aleatorio del rapporto non valgono ne la funzione antialeatoria che esso riveste per l'assicurato, ne l'eliminazione dell'alea nell'industria da parte dell'assicuratore, mediante la conclusione sistematica dei contratti di assicurazione.


Rapporto di durata. Distinzione da contratti affini

La dottrina più autorevole qualifica di durata (o ad esecuzione continuata o a tratto successivo) quel rapporto in cui non il tempo è stabilito in funzione della prestazione ma questa in funzione di quello e che perciò si estingue non per l'adempimento, ma per il decorso del tempo o per la disdetta : sarebbero così di durata quei rapporti in cui la prestazione di una delle parti consiste in un facere continuato (ad es. locatio operarum), in un dare continuato (ad. es. locatio rerum), ovvero in un dare periodico. In base a questo criterio l'assicurazione sarebbe certo un rapporto di durata, ove si individuasse la prestazione dell'assicuratore nella sopportazione del rischio la quale, secondo i sostenitori di questa teoria, consisterebbe appunto in un facere continuo. Il criterio però si dimostra insufficiente a far rientrare l'assicurazione tra i rapporti di durata, ove si individui la prestazione dell'assicuratore nel pagamento della somma assicurata, (quando non consista in rendita) o dell'indennità, giacché questa prestazione è indubbiamente ad esecuzione istantanea. Potrebbe invero dirsi sempre di durata quando il contraente si obbliga al pagamento di un premio periodico, perché abbiamo un dare periodico da parte del contraente; anche quando è contro i danni, perché, potendo durante la vita del rapporto verificarsi più sinistri, l’assicuratore può essere tenuto ad effettuare più prestazioni, ma senza dubbio dovrebbe negarsi il carattere della durata dell’ass. a premio unico in cui l'assicuratore sia tenuto ad effettuare una sola prestazione una volta tanto (ass. di capitale sulla vita a premio unico).

Su questo problema ci si limita ad un cenno. Nel porre il criterio tra contratto e vita istantanea e contratto di durata, la dottrina invece di soffermarsi, come ha fatto, a mio avviso a torto, nella prestazione, avrebbe dovuto fare perno sulla causa del contratto, cioè sulla funzione economica oggettiva riconosciuta e tutelata dal diritto oggettivo e precisare che è a vita istantanea a contratto la cui causa si soddisfa istantaneamente e di durata invece quel contratto la cui causa si soddisfa, la cui funzione si esaurisce, solo col decorso del tempo E in base a questo criterio, anche se la prestazione dell'assicuratore e il solo pagamento di una summa, e quella del contraente il pagamento di un premio unico, l'assicurazione appare sempre un rapporto di durata perché, come ho già accennato, la sua funzione di soddisfare il bisogno di sicurezza dell'assicurato non si esplica al momento del sinistro ma si esplica per tutta la durata del rapporto.


Distinzione dal gioco e scommessa; dalla fideiussione; dalla rendita vitalizia. Classifica

La causa e la struttura del rapporto assicurativo, come sopra delineati, sono sufficienti a distinguerlo da rapporti affini e precisamente :

a) il contratto di assicurazione in genere si distingue dal gioco e dalla scommessa perché adempie ad una funzione di previdenza per l'assicurato, mentre questi ultimi rispondono ad una funzione di lucro puramente dipendente dalla sorte. Mentre nell'assicurazione, in-fatti, l'evento da cui dipende l'alea contrattuale pub influire sul patrimonio dell'assicurato indipendentemente dal contratto, e cessa di influirvi (in toto o pro quota) per effetto del contratto, nel giuoco e nella scommessa invece l’evento come tale è economicamente indifferente ed è per effetto del contratto che influisce sul patrimonio del giocatore ;

b) il contratto di assicurazione del credito o contro l'insolvenza del debitore si distingue dal contratto di fideiussione, non soltanto perché è necessariamente oneroso, mentre questa pub essere ed è normalmente gratuita, ma anche soprattutto perché ha la funzione di risarcire il danno provocato dall'insolvenza del debito, mentre la fideiussione, secondo la dottrina più recente e più acuta, non ha ne la funzione di risarcire i danni derivanti al creditore dall'inadempienza del debitore, ne quella di garantire l'adempimento del debitore principale, bensì quella di aggiungere al primo, un secondo debitore, il quale adempie al debitore principale mediante una prestazione fungibile con quella che forma l'oggetto della obbligazione del primo debitore ;

c) il contratto di assicurazione di rendita vitalizia in caso di so vivenza dell'assicurato si distingue invece dalla costituzione di rendita vitalizia soltanto perché è necessariamente oneroso mentre questa può essere gratuita. Nella funzione non esiste invece alcuna differenza, sì che, quando è onerosa, la costituzione di rendita coincide con l’assicurazione. L’organizzazione ad impresa del promittente potrà qui giudicare come elemento di presunzione a favore dell’assicurazione.


Classazione delle varie specie del contratto di assicurazione. Criteri distintivi

Sotto molti aspetti si possono classificare i contratti di assicurazione : secondo la natura del rapporto (assic. a premio e assic. mutua) ; secondo il mode di contrarre (assic. singola e assic. in abbonamento); secondo la persona assicurata (assic. per conto proprio, assic. per conto di terzi, assoc. per conto di chi spetta) ecc. La distinzione pia importante è però quella per rami, fondata di solito sulla diversa natura del rischio assicurato.

Il nuovo codice in conformità della dottrina tradizionale seguita da van legislatori divide il contratto di assicurazione in due gruppi fondamentali : assicurazioni contro i danni e assicurazioni sulla vita. Le assicurazioni marittime e quelle aeronautiche pur avendo norme peculiari rientrano nel primo gruppo. La posizione delle altre assicurazioni di persona, diverse dalla ass. sulla vita (ass. infortuni. invalidità, malattia, ecc.), non è invece formalmente chiarita : ma in conformità della dottrina pia autorevole, e dalla lettera stessa della legge evento attinente alla vita umana .) e soprattutto dell' art. 1916 del c.c. esse devono ritenersi escluse dal novero delle assicurazioni sulla vita, è compreso invece in quelle contro i danni (cfr. infra sub art. 1916). Il codice dedica infine una sezione separata (sez. IV. artt. 1928-1931) alla riassicurazione. Ma ciò è stato fatto tenendo conto del suo usuale modo di conclusione per trattati e dei rapporti peculiari che questi costituiscono tra assicuratori e non perché abbia voluto negare la sua appartenenza alle assicurazioni contro i danni.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1882 Codice Civile

Cass. civ. n. 12981/2022

Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", quale deroga convenzionale all'art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell'art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto - sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l'osservanza, da parte dell'impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle "claims made") e quella dell'attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale "on claims made basis" vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall'assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso, considerandola non meritevole di tutela, l'operatività della clausola "claims made", sul presupposto che essa non solo limitava la garanzia nei limiti della vigenza contrattuale - così escludendo gli esiti delle lungolatenze, tipici dei danni da responsabilità medica - ma affiancava detto limite ad una retroattività solo a "secondo rischio").

Cass. civ. n. 29583/2021

Nell'assicurazione sulla vita "per il caso di vita", l'assicuratore è obbligato a pagare se, ad un determinato momento, una data persona è ancora in vita; per converso, ove l'assicurazione sulla vita sia stipulata "per il caso di morte", l'assicuratore è obbligato a pagare se, in un dato momento, una certa persona sia deceduta. La polizza può essere peraltro stipulata anche nella forma cd. mista sulla vita di un terzo e, cioè, tanto "per il caso di vita", quanto "per il caso di morte".

Le polizze vita a contenuto finanziario - caratterizzate, per l'appunto, dal rischio finanziario che, in quelle cd. "linked" "pure", grava interamente sull'assicurato, non garantendo la compagnia la restituzione del capitale, né eventuali rendimenti minimi - conferiscono all'impresa di assicurazioni, al posto dell'obbligo restitutorio, una sorta di mandato di gestione del denaro investito, rispetto al quale l'investitore matura il diritto al mero risultato di detta gestione, che varia in base ad una serie di fattori, quali l'andamento del mercato o dei titoli (polizze cd. "unit linked" ed "index linked", il cui rendimento è parametrato, rispettivamente, all'andamento di fondi comuni di investimento e ad indici di vario tipo, generalmente consistenti in titoli azionari). In esse la componente vita ed investimento risulta, pertanto, preponderante rispetto a quella demografico-previdenziale tipica delle assicurazioni sulla vita cd. "tradizionali" ex art. 1882 c.c., con la stipulazione delle quali l'assicurato mira, generalmente, a garantire la disponibilità di una somma ai familiari ovvero a terzi al momento della propria morte ed il rischio di perdita del capitale è pari a zero, essendo predeterminato l'importo da erogare al contraente o al beneficiario alla scadenza del contratto.

Cass. civ. n. 22160/2021

L'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile è ammissibile soltanto se il sinistro è avvenuto in un'area pubblica o in un'area privata ad essa equiparata, in quanto aperta alla circolazione di un numero indeterminato di persone diverse dai titolari di diritti su di essa, mentre l'estensione pattizia della copertura assicurativa anche ai danni causati da sinistri su aree private rileva soltanto tra le parti del contratto ed è inopponibile al danneggiato.

Cass. civ. n. 15630/2018

In tema di assicurazione della responsabilità civile, qualora l'assicuratore, convenuto per l'adempimento del contratto, alleghi l'esclusione della garanzia, come delimitata alla luce dei criteri normativi di interpretazione del contratto, risolvendosi detta allegazione non nella proposizione di un'eccezione in senso proprio, ma nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, egli non assume riguardo all'oggetto della copertura assicurativa alcun onere probatorio, che resta, perciò, immutato a carico dell'attore.

Cass. civ. n. 11757/2018

Nel contratto di assicurazione contro i danni la clausola con la quale si pattuisce che l'assicurato sia indennizzato mediante la riparazione in forma specifica del danno occorsogli in conseguenza di un sinistro stradale (nella specie, mediante riparazione del veicolo presso carrozzeria autorizzata) non è da considerarsi clausola limitativa della responsabilità agli effetti dell'art. 1341 c.c., ma delimitativa dell'oggetto del contratto, in quanto non limita le conseguenze della colpa o dell'inadempimento e non esclude, ma specifica, il rischio garantito, stabilendo i limiti entro i quali l'assicuratore è tenuto a rivalere l'assicurato.

Cass. civ. n. 1558/2018

Nel giudizio promosso dall'assicurato nei confronti dell'assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell'indennizzo assicurativo è onere dell'attore provare che il rischio avveratosi rientra nei "rischi inclusi" e, cioè, nella categoria generale dei rischi oggetto di copertura assicurativa; tuttavia, qualora il contratto contenga clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali), spetta all'assicuratore dimostrare il fatto impeditivo della pretesa attorea e, cioè, la sussistenza dei presupposti fattuali per l'applicazione di dette clausole.

Cass. civ. n. 9140/2016

Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (cd. clausola "claims made" mista o impura), non è vessatoria, ma, in presenza di determinate condizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero - ove applicabile la disciplina del d.lgs. n. 206 del 2005 - per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali; la relativa valutazione va effettuata dal giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità quando congruamente motivata.

Cass. civ. n. 2996/2016

Nell'assicurazione contro i danni, la clausola di polizza che devolve a terzi l'accertamento o il rilievo, tramite "perizia contrattuale", di dati tecnici (nella specie la misura dell'indennizzo) non impedisce alle parti di agire in giudizio per la soluzione di controversie implicanti questioni giuridiche inerenti l'esistenza, la validità o l'efficacia del contratto, sottratte alla competenza dei periti, cui è demandata dalle parti una dichiarazione di scienza.

Cass. civ. n. 10596/2010

L'interpretazione di un contratto di assicurazione deve procedere, in ragione della natura sinallagmatica del vincolo, alla luce del principio di necessaria corrispondenza tra ammontare del premio dovuto dall'assicurato e contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore, sicché proprio la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell'individuazione del tipo e del limite massimo del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l'equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, con motivazione carente e contrastante con gli ordinari canoni ermeneutici, aveva attribuito insufficiente rilievo alla circostanza costituita dalla corrispondenza del premio corrisposto dall'assicurato per una polizza-furto al tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto", che la compagnia assicuratrice aveva asserito non essere coperta dallo stipulato contratto di assicurazione contro i danni).

Cass. civ. n. 27458/2006

La causa del contratto di assicurazione privata consiste nel trasferimento del rischio dall'assicurato all'assicuratore e, pertanto è indubbio che il rischio stesso debba preesistere alla stipula del contratto, pena la sua nullità. Quello che, invece, deve essere successivo alla conclusione di siffatto contratto, e sempre al fine di evitare la configurabilità della sua nullità per essersi l'eventualità di un fatto sfavorevole (nel quale consiste, appunto, il rischio) già verificata, è l'evento. Peraltro, nelle assicurazioni private è consentito alle parti convenire la copertura di aggravamenti di malattie preesistenti, che, nel momento in cui si realizzano e vengono accertati, configurano l'evento protetto che legittima l'avente diritto che ne sia stato colpito all'ottenimento dell'indennizzo previsto dalla polizza stipulata. (Nella specie, la S.C., alla stregua dei richiamati principi generali, ha accolto il ricorso, cassando con rinvio l'impugnata sentenza, con la quale era stata rigettata la domanda di indennizzo proposta da un lavoratore marittimo in relazione all'operatività di una polizza assicurativa, stipulata per effetto della sua obbligatorietà prevista dal contratto collettivo per l'imbarco degli equipaggi dei piroscafi e delle motonavi da carico superiori a 3000 T.S.L. 24 luglio 1991, per ritiro di libretto di navigazione conseguente a malattia od infortunio professionale od extraprofessionale, disattendendosi la circostanza che l'evento protetto era quello riconducibile all'accertamento delle condizioni fisiche rilevanti ai fini della inidoneità alla navigazione e non quello relativo all'insorgenza della patologia di base).

Cass. civ. n. 7597/2006

L'interpretazione delle clausole in ordine alla portata ed all'estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, poiché il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solamente l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, rilevandone l'adeguatezza e la logicità in punto di diritto con riguardo all'interpretazione del complessivo tenore delle clausole della polizza assicurativa che copriva i rischi riconducibili all'attività professionale di un medico ginecologo, in virtù della quale era risultato, in modo chiaro ed univoco, la concreta estensione e portata del rischio assicurato da ritenersi circoscritto all'attività del suddetto medico specialista che effettuava interventi chirurgici, con esclusione anche dei danni provocati da persone non in rapporto di dipendenza con l'assicurato, così ravvisandosi la mancata copertura dell'evento dannoso sostanziatosi nella trasmissione di una grave forma di talassemia alla figlia di una donna sottoposta alla pratica dell'inseminazione artificiale, a cui era stato iniettato, come scaturito dalla prova del D.N.A. e dalle indagini esperite in sede penale, liquido seminale di persona diversa dal marito).

Cass. civ. n. 1991/2005

Secondo il disposto dell'art. 1 della legge 28 novembre 1984 n. 792, nell'ambito delle attività proprie del broker si distingue quella della collaborazione intellettuale con l'assicurando per la copertura dei rischi e la assistenza alla determinazione del contenuto dei futuri contratti, seguita logicamente e cronologicamente dall'eventuale intermediazione nella conclusione e gestione dei contratti assicurativi; nel contempo la medesima disposizione normativa riporta il broker al ruolo di mediatore di assicurazione e riassicurazione, legittimando il rinvio alle norme codificate sulla mediazione. Conseguentemente, il conferente l'incarico è libero di concludere o meno l'affare, senza che, in caso negativo, al mediatore spetti altro che il rimborso delle spese, di cui all'art. 1756 c.c., e rimanendo escluso anche il diritto al risarcimento del danno da perdita del compenso. 

Cass. civ. n. 8467/1998

Il broker, anche prima della L. 28 novembre 1984, n. 792, che ne contiene la disciplina, è un incaricato di fiducia dell'assicurando, con il compito prioritario di consigliarlo nella scelta per la collocazione sul mercato dei rischi alle migliori condizioni ed assisterlo nella stipula del contratto di assicurazione o riassicurazione, e successivamente di mettere in contatto a tal fine le parti di questo, con la conseguenza che la stipula diretta da parte della società assicuratrice e l'attribuzione delle polizze dell'agenzia indicata dall'assicurato, non viola il diritto di esclusiva nei confronti degli agenti di essa, né la obbliga a corrispondere loro una percentuale delle previste provvigioni, non essendo i brokers assimilabili ai produttori stabili di affari per conto dell'assicuratore.

Cass. civ. n. 4612/1997

Qualora, in un contratto di assicurazione, venga inserita una clausola di cosiddetta «regolazione del premio» (in virtù della quale l'assicurato è tenuto, oltre che al pagamento di un premio minimo da versarsi in via provvisoria ed anticipata, alla corresponsione di un maggior premio definitivo, alla scadenza di ciascun periodo assicurativo, in funzione di elementi variabili, da trasmettersi periodicamente all'assicuratore), la comunicazione degli elementi variabili in essa prevista integra una vera e propria obbligazione accessoria, rispetto a quella del pagamento del premio, derivando, da ciò, a carico dell'assicurato che invochi la copertura assicurativa, l'onere di fornire la prova di aver adempiuto anche alla detta obbligazione e, in difetto, la sospensione della garanzia assicurativa nonché la successiva, eventuale risoluzione del contratto. Non può, ex adverso rilevare, neppure sotto il profilo dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali secondo buona fede, il mancato esercizio, da parte dell'assicuratore, della facoltà di sollecitare, all'assicurato, la trasmissione dei dati, concedendogli un ulteriore termine per tale comunicazione.

Cass. civ. n. 7300/1991

Con riguardo all'assicurazione contro i danni (nella specie, inerenti a trasporti marittimi di merci) cosiddetta in abbonamento, cioè rivolta a tutelare interessi non ancora determinati al momento della sua stipulazione e da specificarsi successivamente con una dichiarazione «di alimento» dell'assicurato, occorre distinguere a secondo che le parti abbiano convenuto l'automatica insorgenza della copertura assicurativa al verificarsi della concreta esposizione a rischio, ovvero l'abbiano subordinata ad un'ulteriore manifestazione di volontà. Nel primo caso (abbonamento obbligatorio), quella dichiarazione dell'assicurato integra una mera comunicazione di scienza, non influente sulla nascita della garanzia assicurativa, mentre nel secondo (abbonamento facoltativo) la dichiarazione medesima, nel momento in cui giunge a conoscenza dell'assicuratore, segna il sorgere del rapporto assicurativo, con riferimento all'interesse che ne costituisce l'oggetto.

Cass. civ. n. 2727/1991

Le convenzioni stipulate da associazioni o ordini professionali con compagnie di assicurazione, al fine di prestabilire le condizioni contrattuali da praticare ai propri iscritti o associati sono caratterizzate da reciproca autonomia rispetto alle pattuizioni individuali, onde è da escludere che le vicende inerenti alla convenzione stessa (nella specie, risoluzione) possano riverberare effetti sul singolo contratto assicurativo che, pur essendo a questa ispirato, detta un'autosufficiente disciplina del rapporto.

Cass. civ. n. 1225/1990

In tema di assicurazione dei crediti commerciali, qualora il rapporto si articoli in una Convenzione-quadro, la quale preveda, in relazione ad ogni nuova esposizione creditoria dell'assicurato verso terzi, una comunicazione dell'assicurato medesimo ed un'accettazione dell'assunzione del relativo rischio da parte dell'assicuratore, si configura una pluralità di contratti assicurativi, per ciascuna operazione commerciale, senza che rilevi che la suddetta comunicazione sia obbligatoria e che il premio per l'assicurazione del singolo credito vada commisurato all'ammontare complessivo di tutte le operazioni. Ne consegue che l'inadempimento dell'assicurato, in ordine al corrispettivo dovuto per la copertura di un credito, non può implicare, in difetto di specifico fatto, la liberazione o la sospensione degli impegni di garanzia dell'assicuratore inerente agli altri crediti.

Cass. civ. n. 350/1988

Le clausole aggiunte al contratto di assicurazione contenute nell'appendice della polizza non hanno una distinta autonomia avulsa dal contesto della convenzione di cui costituiscono parte integrante, cosicché il giudice del merito, ai sensi dell'art. 1363 c.c., deve tenerne conto dovendo ricostruire la comune intenzione delle parti alla stregua di tutte le pattuizioni, ancorché intervenute in momenti diversi; ed il relativo accertamento non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Cass. civ. n. 4218/1985

La polizza, con la quale una compagnia di assicurazioni garantisca l'adempimento del debito di un terzo, od assuma un'obbligazione sussidiaria per il caso della sua insolvenza (cosiddetta assicurazione fideiussoria o cauzionale), assolve, in via esclusiva o prevalente, alla stessa funzione del contratto di fideiussione, e resta conseguentemente soggetta alla relativa disciplina, considerando che il contratto di assicurazione, ancorché sotto forma di assicurazione di credito, presuppone la copertura di un rischio e l'assunzione di un'obbligazione di tipo indennitario, e non è quindi configurabile in presenza di un'obbligazione obiettivamente e quantitativamente coincidente con quella del terzo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1882 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

U. D. chiede
giovedì 11/04/2024
“Spett. Studio, sono un pensionato Inps proprietario dell'appartamento in cui abito. Celibe, senza figli naturai. Ho stipulato un Prestito Personale di 12.000 euro con Agos coperto da Assicurazione in caso non possa più pagare le rate. Ho stipulato un altro Prestito Personale di 12.000 euro son Unicredit coperto anche questo con Assicurazione. Ho fatto Cessione del Quinto con Società Prestito24 per 25.000 euro coperto da Assicurazione. Ho intenzione di sposare una mia amica d'infanzia, nubile, la quale beneficerà della reversibilità della mia pensione.
Mi chiedo e Vi chiedo, in caso di mia morte cosa avverrà dei prestiti e della mia pensione?
Le Assicurazioni pagheranno le Società creditrici oppure queste si rivaranno direttamente sulla mia casa?
La mia pensione, oggi decurtata alla fonte, tornerà piena (salvo poi calcolare la reversibilità) oppure servirà a pagare l'esposizione residua?
Ringrazio

Consulenza legale i 20/04/2024
Ciò che si chiede attiene essenzialmente alle modalità operative dei contratti di assicurazione collegati ai contratti di prestito stipulati nel corso degli anni con le diverse società finanziarie.
La risposte che vengono qui fornite si fondano su un contratto tipo di assicurazione sul prestito, non essendovi stata possibilità di analizzare le specifiche clausole che in concreto sono state sottoscritte e accettate in occasione della conclusione di tali contratti.

Ebbene, in linea generale l’assicurazione è quel contratto in forza del quale si prevede che l'assicuratore, in cambio del pagamento di un premio da parte dell'assicurato, si obblighi a indennizzarlo per i danni sostenuti a causa di un sinistro (art. 1882 c.c.)
Nel particolare caso del prestito si prevede che in cambio sempre del pagamento di un premio da parte del soggetto assicurato, l’altra parte, ovvero l’assicuratore, assuma su di sé gli impegni legati al prestito per il caso di imprevisti di diversa natura, indicati specificatamente nel contratto, che potranno colpire il soggetto assicurato.

Tali coperture assicurative sul prestito, definite anche assicurazioni sul credito, prevedono in genere il rimborso delle rate residue per il periodo durante il quale il finanziato non può provvedervi, per il caso di:
  • Decesso;
  • invalidità totale permanente;
  • inabilità temporanea totale da infortunio o malattia;
  • ricovero ospedaliero;
  • perdita involontaria dell'impiego.

E’ anche previsto che, in caso di decesso per qualsiasi causa dell'assicurato, l’assicurazione si obblighi a rimborsare alla parte creditrice una somma pari al capitale residuo del finanziamento al momento del decesso, prevendendosi spesso anche un tetto massimo della somma rimborsabile.

Ora, nel caso di specie non si è a conoscenza del fatto se sia stata inserita o meno nei diversi contratti di assicurazione stipulati una clausola di questo tipo, ovvero volta a fissare un tetto massimo della somma garantita e, dunque, rimborsabile da parte della società assicuratrice.
Se non vi è traccia di questo tipo di clausola è evidente che, nel caso in cui dovesse verificarsi il decesso della persona assicurata, l’impresa assicuratrice sarà tenuta ad estinguere integralmente il debito residuo a garanzia del quale il contratto di assicurazione fu concluso.

In caso contrario, la parte creditrice riceverà solo una percentuale del debito residuo, mentre per la somma non coperta da assicurazione lo stesso soggetto finanziatore manterrà il pieno diritto di agire per il recupero del suo credito.
In tal caso, considerato l’intervenuta morte del debitore, troveranno applicazione le norme dettate in materia di successione, ed in particolare sarà chi acquista la qualità di erede a dover rispondere dei debiti contratti in vita dal defunto
In caso di successione mortis causa, infatti, l’erede acquista l’asse ereditario comprensivo di eventuali debiti, con la conseguenza che se questi dovessero essere superiori al valore dell’eredità, sarà necessario che lo stesso erede in qualche modo si preoccupi di tutelarsi.
A tal fine due sono in particolare gli strumenti che il codice civile mette a disposizione di chi che si trova nella posizione di chiamato all’eredità, ovvero:
  1. la rinuncia all’eredità stessa;
  2. l’accettazione con beneficio di inventario.

I due strumenti producono effetti diametralmente opposti in quanto, con il primo, il chiamato all’eredità rimane totalmente estraneo all’eredità, mentre con il secondo accetta l’eredità, ma risponde dei debiti ereditari entro i limiti di quanto ricevuto.

Pertanto, se l’assicurazione sul prestito non dovese coprire l’intero importo dei debiti residui e se quest’ultimo dovesse superare il valore complessivo dei beni lasciati dal de cuius, sarà conveniente per il chiamato a succedere rinunciare all’eredità del defunto ovvero accettarla con beneficio di inventario, in modo tale che i creditori potranno soddisfarsi solo sul patrimonio ereditario (ovvero sulla casa, se questo è il solo bene che lo compone).

Non potrà essere, invece, attaccata la pensione di reversibilità, in quanto, come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 268/1987, la stessa non ha natura successoria, ma costituisce una forma di tutela previdenziale, in cui assume rilievo il decesso quale fatto naturale che crea una situazione di bisogno per i familiari del defunto.
Si tratta, in particolare, d una prestazione economica di natura assistenziale, erogata dall’INPS ai familiari superstiti in caso di decesso del pensionato o del soggetto assicurato che abbia maturato i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia o di invalidità.
Conseguenza di tale sua natura è che, il chiamato a succedere che decide di rinunciare all’eredità non perde il diritto a tale pensione, appunto perché si tratta di un diritto che spetta indipendentemente dall’eredità.


A. A. chiede
domenica 19/12/2021 - Lazio
“Buonasera, faccio parte di un condominio con un dipendente, il portiere, ma non ha la messa a terra, ossia ce l’ha ma solamente nel vano ascensori e nel locale caldaia. E’ obbligatorio averla? Nel caso di sinistri, l’assicurazione puo’ avvelersi del fatto che l’impianto elettrico non e’ a norma per non coprire eventuale danni o richiesta di risarcimenti? Grazie”
Consulenza legale i 23/12/2021
Se l’impianto non è conforme alla normativa dell’epoca in cui fu costruito è molto alto il rischio che in caso di sinistro l’assicurazione possa sollevare obiezioni arrivando potenzialmente anche a negare la liquidazione del danno.

Si tenga anche conto che il condominio ha un dipendente assunto: in questo caso la conformità dell’impianto è ancora più importante, in quanto in caso di infortuni si potrebbe entrare nell’insidioso campo delle norme antinfortunistiche sui luoghi di lavoro e degli infortuni sul lavoro in genere.

Se si ha il dubbio della non conformità dell’impianto elettrico, quindi, è opportuno che l’assemblea incarichi l’amministratore di verificarne la conformità per mezzo di un tecnico specializzato, il quale potrà dire se si necessita dell’installazione di una messa a terra in più.


Gabriele G. chiede
martedì 16/07/2019 - Emilia-Romagna
“Una compagnia di assicurazioni ha ritenuto non risarcibile un infortunio ( Frattura ad un piede)di un suo assicurato con polizza infortuni in quanto l'assicurato ha dichiarato di essere inciampato in seguito ad un malore dovuto al suo stato febbrile.L'articolo che comunica le esclusioni recita "La società corrisponde l'indennità per le conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio che siano indipendenti da condizioni fisiche o patologiche preesistenti o sopravvenute : pertanto l'influenza che l'infortunio può aver esercitato su tali condizioni ,come pure il pregiudizio che esse possono portare all'esito delle lesioni prodotte all'infortunio ,SONO CONSEGUENZE INDIRETTE E QUINDI NON INDENNIZZABILI. A mio parere non comportano l'esclusione dal risarcimento dell'assicurato , ma vorrei conoscere il vostro autorevole parere.”
Consulenza legale i 20/08/2019
Il capitolo I delle condizioni generali di contratto oggetto della presente consulenza contiene le definizioni relative ai termini utilizzati nel contratto stesso.
In particolare, in esse si definisce “infortunio” - ai fini dell’assicurazione di cui trattasi - “l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che abbia per conseguenza diretta ed esclusiva lesioni fisiche oggettivamente constatabili”.
Vi è poi la clausola, riportata nel quesito, sulla base della quale la compagnia negherebbe la corresponsione dell’indennizzo. Tale clausola si rivela, in effetti, di non facile comprensione e avrebbe potuto, senz’altro, essere formulata in maniera più chiara.

In ogni caso essa ci dice alcune cose: le conseguenze dell’infortunio, per le quali sorge il diritto al pagamento dell’indennità, devono essere “dirette ed esclusive”: in altre parole le lesioni causate dall’infortunio devono derivare direttamente - ed esclusivamente - da quest’ultimo.
Tali conseguenze dirette ed esclusive, precisa la clausola contrattuale, devono essere “indipendenti da condizioni fisiche o patologiche preesistenti o sopravvenute”.
È qui che sorge l’equivoco nell’interpretazione della clausola contrattuale: infatti nel nostro caso le conseguenze (lesioni) derivanti dall’infortunio (caduta), non dipendono direttamente dallo stato febbrile, ma sono, appunto, conseguenze dirette dell’infortunio stesso.

Il vero senso della previsione contrattuale si comprende meglio leggendone il prosieguo: “pertanto l’influenza che l’infortunio può aver esercitato su tali condizioni, come pure il pregiudizio che esse possono portare all’esito delle lesioni prodotte dall’infortunio, sono conseguenze dirette e quindi non indennizzabili”. In altre parole, ai fini dell’indennizzo, non è consentito tenere conto né di eventuali aggravamenti, derivanti dall’infortunio, di condizioni fisiche o patologiche preesistenti, né di eventuali pregiudizi causati, appunto, “portati” non dall’infortunio in sé ma dalle predette condizioni fisiche o patologiche, “all’esito” - e quindi con il concorso causale - delle lesioni prodotte dall’infortunio. Siamo fuori, come si vede, dall’interpretazione sostenuta dall’impresa assicuratrice.
Conviene quindi rivolgersi ad un legale di fiducia al fine di “approfondire” la questione con la compagnia stessa.

Franco M. chiede
domenica 09/09/2018 - Emilia-Romagna
“Una compagnia assicurativa assicura contro gli incendi un grande stabilimento industriale. Questo viene distrutto da un incendio appiccato dolosamente da un concorrente non parente dell'assicurato
La compagnia assicurativa deve risarcire del danno l'assicurato? Se no, può il danneggiato rivalersi nei confronti di chi dolosamente ha appiccato l'incendio?
Che altra soluzione è possibile?”
Consulenza legale i 11/09/2018
Il contratto di assicurazione è disciplinato dagli articoli 1882 e seguenti del codice civile.
L’assicurazione contro gli incendi fa parte della tipologia di assicurazione contro i danni con la quale l’assicuratore si obbliga a rimborsare l’assicurato, dietro il pagamento di un corrispettivo periodico (il cosiddetto premio assicurativo), il danno economico subito a causa di un determinato evento.

In base al primo comma dell’art. 1900 c.c. l'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave.
E’ onere dell’assicurato, che agisce nei confronti dell’assicuratore per il pagamento del risarcimento, di provare che l’evento dannoso rientri tra quelli inclusi nella copertura assicurativa, mentre l’assicuratore, qualora eccepisca un’esclusione di polizza, deve provare che il fatto rientri fra quelli non compresi in garanzia. Ciò risponde al più generale principio dell’onere della prova sancito nell’art. 2697 c.c. secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si e' modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

Ciò premesso in linea generale, passando allo specifico del caso in esame si osserva quanto segue.

Il parere viene fornito all'autore di un romanzo per scopi letterari, e quindi senza riferimenti a documenti o contratti realmente esistenti. Si tratta, peraltro, di fatti che si immaginano siano accaduti negli Usa.
Sulla base di ciò, possiamo affermare che se applicassimo la legge italiana, l’assicuratore potrebbe comunque essere tenuto al risarcimento, in quanto l’art. 1900 c.c. sopra citato esclude il pagamento da parte della assicurazione solo se l’azione dolosa sia stata compiuta dal contraente, dall’assicurato o dal beneficiario della polizza.
Nel nostro caso, invece, l’azione criminosa è riconducibile a un terzo che non rientra in nessuna di tali categorie. A tal proposito, va precisato però che spesso (ma non sempre) le polizze escludono il pagamento se l’incendio abbia origine dolosa, a prescindere dall’autore del fatto.
Poiché la trama del romanzo prevede proprio quest’ultima ipotesi, è corretto affermare che i danni, in mancanza di copertura assicurativa per incendio doloso, possano essere richiesti direttamente a chi li ha causati, e cioè al perfido concorrente che ha dato fuoco allo stabilimento industriale.
Chiaramente, ciò presuppone la prova della responsabilità dell’autore (che nel caso in esame sussiste, visto che nel romanzo il tribunale accerta in via definitiva la responsabilità dell’autore del gesto criminoso).
A tal proposito, con riguardo proprio l’aspetto della tutela risarcitoria, precisiamo che negli USA vi è l’istituto giuridico dei cd. punitive damages, previsto dalle normative della maggior parte degli Stati americani, attraverso il quale i giudici possono condannare il colpevole a pagare al danneggiato (in aggiunta a quanto dovutogli quale risarcimento nel senso tradizionale del termine) una somma, spesso molto superiore all'entità effettiva del danno, per punirlo (punitive) della malefatta.
Al perfido concorrente potrebbe costare molto, molto cara la brutta azione compiuta.

Angelo D. M. chiede
lunedì 27/07/2015 - Lazio
“Il 29 dicembre 2013, nell’abitazione del sottoscritto, regolarmente assicurato con la G. S.p.A. - Casa, ebbe luogo la rottura accidentale di una tubazione fissa centrale, collegata al rubinetto di chiusura, con una consistente fuoriuscita di acqua (in assenza di allagamento vero e proprio). Il servizio della E. A. (che lavora per G. S.p.A.), allertato dall’assicurato, autorizzò per il giorno dopo, 30/12/13, l’intervento di un idraulico, che provvide nell’immediato a ridurre la perdita di acqua e successivamente, il 21 gennaio 2014, a sostituire la tubazione incidentata (con relativo rubinetto di chiusura).
Il 2 gennaio 2014, nel ricevere la denuncia del sottoscritto, G. inviò al medesimo una conferma della pratica aperta, in cui il sinistro veniva rubricato sotto il titolo “Garanzia Altri danni al fabbricato”, che nelle condizioni generali del Contratto assicurativo corrisponde alla Sez. 2, art. 2, comma 1, lettera B, capo “j”, e ad esso veniva assegnato il n. 23/750/2299898.
Il sottoscritto non ha mai pagato alcunché per il lavoro eseguito, in quanto nel suddetto capo “j” è previsto un indennizzo per le spese di riparazione e sostituzione della tubazione fissa, sino al limite di Euro 1.000 per sinistro.
Tuttavia lo scrivente rilevò, nei giorni successivi al secondo intervento dell’idraulico, una persistente fuoriuscita di acqua dalle condutture sostituite, ragion per cui, oltre a notificare l’accaduto a G. richiese la consulenza di un perito della stessa Assicurazione.
Nella sua relazione scritta quest’ultimo affermò che “Il caso di cui è denuncia riguarda la fuoriuscita di acqua dalle tubazioni annesse al contatore idrico installato nel bagno … perdita che ad oggi necessita ancora di riparazione perché non risolutivo il primo intervento eseguito”.
Nel corso dello stesso sopralluogo, il 5 febbraio 2015, detto perito di G. S.p.A. fece notare altresì a me che il contatore era stato montato in senso opposto al flusso dell’acqua.
Tale erroneo posizionamento del contatore, che non è stato a tutt’oggi corretto dal sottoscritto, per non distruggere la prova dell’erroneo montaggio, oltre ad essere la probabile causa della persistente perdita idrica, produce un’anomalia nella rilevazione del consumo di acqua: i metri cubi conteggiati si riducono, anziché aumentare, proprio perché il sensore del contatore si oppone al flusso idrico invece di assecondarlo, come dovrebbe.
La richiesta - più volte avanzata a G. S.p.A. - che venisse completata la riparazione della tubazione fissa, con la contestuale correzione del montaggio mal eseguito, non ha sortito alcun effetto positivo; nei suoi riscontri l’Assicurazione ha affermato che:
- Il sinistro occorso inizialmente (il 29/12/2013) non era meritevole di indennizzo in quanto non aveva avuto luogo un allagamento causato dalla rottura di una tubazione fissa e pertanto non si giustificava un intervento urgente dell’idraulico;
- il contatore era stato montato correttamente.
A nulla sono servite le repliche del sottoscritto volte a chiarire che:
a) se correttamente il sinistro, in assenza di allagamento, non andava rubricato nella Sez. 7 (“Garanzia Assistenza all’abitazione”), art. 7, comma 1, lett. “A” delle condizioni generali del contratto, pur tuttavia esso risultava meritevole di indennizzo rientrando nella “Garanzia Danni al Fabbricato”, rubricandosi il medesimo incidente nell’ambito dell’art. 2, comma 1, lett. B, capo “j” (“Fuoriuscita di acqua condotta a seguito di rottura accidentale di impianti al servizio del Fabbricato”, leggi di una tubazione fissa centrale).
L’idraulico non è intervenuto in urgenza, a causa di un allagamento, come prevede l’art. 7, co. 1, lett. “A”, bensì per eseguire una riparazione e poi una sostituzione programmate (il 1° dei due interventi dell’idraulico avvenne il giorno 30 dicembre, e non il 29, data del sinistro).
D’altronde il fatto che l’Assicurazione non richieda al sottoscritto alcuna somma di denaro per il lavoro eseguito è una dimostrazione indiretta che il sinistro ha una sua copertura assicurativa.
b) Il contatore è stato effettivamente montato dall’idraulico in senso contrario alla norma, il che è ancora perfettamente verificabile mediante un sopraluogo.
Il sottoscritto, in data 27 dicembre 2014, ha presentato un esposto al Comando dei Carabinieri competente per territorio, chiedendo che venga fatta giustizia in relazione all’episodio de quo, soprattutto in considerazione (vista la competenza prevalentemente penalistica dell’Arma) del mancato riconoscimento, da parte di G. S.p.A. e contestualmente, da parte dell’idraulico, dell’erroneo montaggio del contatore: la negazione di un tal fatto evidente e verificabile configura il reato di falso ideologico.

Quesito: Come posso procedere per ottenere quanto mi spetta (riparazione completa e/o risarcimento)? Grazie.”
Consulenza legale i 30/07/2015
Nel caso di specie si palesa più importante il risvolto civilistico di quello penalistico: la tutela concreta dell'assicurato, infatti, si ha con la riparazione e il risarcimento del danno, rimedi tipici del giudizio civile.

Poiché l'assicurazione non accoglie le istanze stragiudiziali dell'assicurato, sembra, quindi, necessario dare corso ad un processo civile per ottenere l'accertamento del fatto che il danno rientra tra quelli coperti dalla polizza assicurativa e il conseguente diritto ad ottenere la riparazione definitiva del danno, con richiesta del risarcimento del pregiudizio eventualmente prodottosi nel tempo a causa dell'erronea installazione del contatore.

Si tratterà di un giudizio ordinario civile.
Tuttavia, è assolutamente consigliabile procedere previamente con il deposito di un ricorso per chiedere all'autorità giudiziaria una consulenza tecnica preventiva. L'art. 696 del c.p.c. sancisce la possibilità, per chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, di chiedere che sia disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale: l'accertamento tecnico potrà comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica. Esito del procedimento, da instaurare davanti al tribunale o al giudice di pace (a seconda che il valore della causa superi o meno i 5.000 euro), sarà l'elaborazione di una perizia ottenuta nel contraddittorio tra le parti, che potrà essere usata come base per una trattativa e conciliazione stragiudiziale o come prova in un futuro giudizio, se le parti non si accordano.

Si può ricorrere anche alla consulenza tecnica a fini conciliativi, prevista dall'art. 696 bis del c.p.c..
Il procedimento, a grandi linee, prevede il deposito di un ricorso presso il tribunale o il giudice di pace e la nomina di un perito, che avrà un certo periodo di tempo per redigere la consulenza (di norma, circa tre mesi); ciascuna parte potrà nominare un proprio perito, che potrà fare osservazioni puntuali sulla perizia del c.t.u. Il consulente d'ufficio tenterà una conciliazione tra le parti, preferibilmente a seguito di un sopralluogo in cui riesca a comprendere in linea di massima a chi spettino le responsabilità nel caso di specie. Se la conciliazione non avrà luogo, il consulente depositerà la perizia e questa assumerà valore di prova nel futuro giudizio che le parti vorranno instaurare per chiedere il risarcimento del danno (identicamente a quanto avviene nell'A.T.P. ai sensi dell'art. 696 c.p.c.).
Come si comprende, si tratta di una strada a metà fra l'intento conciliativo - che dovrebbe sempre prevalere - e la legittima volontà di determinare in modo oggettivo di chi siano le responsabilità nella fattispecie concreta.

Si consiglia pertanto di contattare un legale per dare corso all'azione civile.

Dal punto di vista penalistico, il reato di falso ideologico è di difficile configurazione: manca il "documento" oggetto del reato di falso, e anche i soggetti coinvolti non sembrano avere la legittimazione a commettere il suddetto reato (l'assicurazione non è un pubblico ufficiale; in quanto privato, la falsità rileva solo se attinente ad un atto pubblico o una scrittura privata, ex art. 485 c.p.). Potrebbe, casomai, ravvisarsi una fattispecie di truffa (art. 640 del c.p.), anche se comunque non appare pacifico che vi siano stati artifizi e raggiri (la circostanza andrebbe provata).

Si ribadisce la maggiore idoneità, per il caso di specie, della soluzione civilistica.

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