Cass. civ. n. 35891/2022
In tema di imposta di registro, la vendita di bene dichiaratamente altrui ex art. 1478 c.c., comportando l'obbligo per il venditore di procurare l'acquisto al compratore e differendo l'effetto reale al momento in cui il venditore acquista dal terzo la proprietà del bene venduto, va registrata, analogamente alla vendita sottoposta a condizione sospensiva, con il pagamento dell'imposta fissa e, al momento dell'avveramento della condizione, con l'imposta proporzionale, dovendosi escludere che sussista un doppio trasferimento, poiché la doppia trascrizione degli atti è finalizzata a dare attuazione al principio di continuità delle trascrizioni.
Cass. civ. n. 26803/2019
Nella vendita di cosa altrui mediante scrittura privata non autenticata, l'ulteriore atto preordinato al compimento delle formalità immobiliari ed alla pubblicità nei confronti dei terzi, costituendo una riproduzione meramente formale dell'accordo già concluso, non incide sul momento di produzione dell'effetto reale, destinato a realizzarsi automaticamente a seguito dell'acquisto della cosa da parte del venditore in forza del contratto originario. In tal caso, le iscrizioni ipotecarie intervenute contro il venditore nelle more della trascrizione della scrittura privata prevalgono rispetto al diritto dell'acquirente (pur se di data successiva rispetto al suo acquisto), il quale, venendosi a trovare in una condizione assimilabile a quella del terzo acquirente di immobile ipotecato, agli effetti dell'azione di risarcimento dei danni, deve dimostrare di avere effettivamente tenuto una delle condotte di cui all'art. 2858 c.c., dovendosi distinguere tra pericolo di danno e pericolo che determina un danno attuale (come nel caso di impossibilità o di ritardo nel rivendere il bene a terzi), poiché solo quest'ultimo gode di tutela risarcitoria.
Cass. civ. n. 27364/2016
L'erede che accetta con beneficio d'inventario, ai sensi dell'art. 490, comma 2, n. 2), c.c., è responsabile per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati nei limiti del valore dei beni costituenti il patrimonio ereditario ("intra vires") e con i soli beni ereditari ("cum viribus hereditatis"), sicché, in caso di vendita di cosa altrui da parte del "de cuius", anche se il bene venduto viene a trovarsi nel patrimonio dell'erede beneficiario, non può trovare applicazione il disposto di cui all'art. 1478, comma 2, c.c., - secondo cui il compratore diventa proprietario allorquando il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa - in quanto, in tal modo, si verrebbe ad assicurare il soddisfacimento dell'obbligazione ex art. 1478, comma 1, c.c. mediante beni estranei al patrimonio ereditario, in deroga al principio della limitazione della responsabilità "cum viribus".
Cass. civ. n. 24144/2015
In tema di vendita di cosa altrui, la fattispecie acquisitiva prevista dall'art. 1478, comma 2, c.c., si verifica anche se la coincidenza delle posizioni di venditore e proprietario della cosa venduta sopravviene "mortis causa", la norma non distinguendo tale ipotesi da quella della coincidenza sopravvenuta per atto "inter vivos", né avendo l'obbligo di fare ex art. 1478, comma 1, c.c., natura personale incompatibile con la trasmissibilità "iure successionis". (Rigetta, App. Catania, 07/01/2009).
Cass. civ. n. 7515/2007
Perché si abbia vendita di cosa altrui è rilevante non il convincimento che l'alienante abbia o meno dell'altruità della cosa, ma l'effettiva appartenenza ad altri della stessa.(Nel caso di specie, la S.C. ha confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva qualificato il contratto intercorso tra le parti come vendita di cosa altrui, in quanto l'amministratore di una società semplice era intervenuto nella vendita dei beni sociali in proprio, dichiarandosi unico proprietario dei beni, mentre dalla motivazione risultava chiaramente che i beni oggetto del contratto erano, in forza dei titoli di provenienza richiamati dalla scrittura privata di vendita, di proprietà esclusiva della società). (Rigetta, App. Torino, 3 Giugno 2002).
Cass. civ. n. 14751/2006
Nel caso di vendita di cosa altrui, l'obbligo posto a carico del venditore di procurare al compratore l'acquisto della proprietà della cosa può essere adempiuto sia mediante l'acquisto della proprietà della cosa da parte sua, con l'automatico trapasso al compratore, sia mediante vendita diretta della cosa stessa dal terzo al compratore, purché tale trasferimento abbia luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso venditore nell'ambito dei suoi rapporti con il proprietario e che quest'ultimo manifesti, in modo chiaro e inequivoco, la volontà di vendere il bene al compratore; e l'eventuale diritto alla risoluzione del contratto e all'eventuale risarcimento del danno spetta sia al compratore che ignori l'altruità della cosa secondo la previsione dell'art. 1479 c.c., sia al compratore che ne sia consapevole (art. 1478 c.c.). Peraltro, mentre in quest'ultima ipotesi il compratore deve attendere la scadenza del termine convenzionalmente stabilito o fissato dal giudice per l'adempimento del venditore, nell'ipotesi considerata dall'art. 1479 c.c. l'acquirente può agire
illico et immediate per la risoluzione, salvo che, prima della domanda di risoluzione, la situazione sia stata sanata con l'acquisto del diritto da parte del venditore o con la vendita direttamente effettuata dal terzo a favore del compratore. (Nella specie, la sentenza impugnata, nel pronunciare la risoluzione della vendita di cosa di cui l'acquirente ignorava l'altruità, aveva ritenuto l'impossibilità dell'esecuzione del contratto, a nessuno dei contraenti essendo imputabile l'inadempimento; la S.C., nel cassare la decisione, ha statuito che il giudizio sull'inadempimento era stato formulato con riferimento esclusivamente al momento della conclusione del negozio mentre sarebbe stato necessario prendere in esame la successiva condotta tenuta dal venditore che, prima della domanda di risoluzione, aveva invitato il compratore alla stipula del rogito di acquisto con il terzo proprietario senza peraltro ottenerne la partecipazione all'atto che avrebbe perfezionato la vendita in questione).
Cass. civ. n. 11624/2006
In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela.
Cass. civ. n. 11572/2004
Nel caso in cui il bene promesso in vendita appartenga a terzi, l'acquisto della relativa proprietà da parte del promittente venditore costituisce condizione dell'azione di esecuzione in forma specifica
ex art. 2932 c.c., ed è sufficiente che risulti avvenuto in capo al medesimo al momento della decisione.
Cass. civ. n. 4024/2004
In tema di vendita o di promessa di vendita di cosa altrui, da cui derivano effetti obbligatori, qualora sia stata pronunciata sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore — passata in cosa giudicata — nonostante l'acquisto della proprietà compiuto dal medesimo nelle more di quel giudizio, il compratore non può invocare — rispettivamente l'acquisto della proprietà ai sensi del secondo comma dell'art. 1478 c.c., o, il diritto al trasferimento da eseguire con la sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 c.c., atteso che, in considerazione dell'efficacia retroattiva della risoluzione, è venuta meno la fonte dell'obbligazione posta a carico del venditore. Nella specie gli attori, nel chiedere l'accertamento ai sensi dell'art. 1478 c.c. dell'avvenuto acquisto della proprietà nel frattempo compiuto dal venditore, facevano presente che il convenuto era diventato proprietario del bene successivamente alla sentenza di risoluzione del contratto emessa in primo grado (ed in pendenza di appello) con cui era stata accolta la domanda proposta in un precedente giudizio dagli stessi attori che ai sensi dell'art. 1453 c.c. avevano dedotto l'inadempimento del venditore, impossibilitato a trasferire il bene risultato di proprietà di terzi. (La Corte, nel confermare la decisione dei giudici di appello, ha ritenuto corretta la motivazione del rigetto della domanda degli attori in considerazione dell'efficacia retroattiva della risoluzione dei titolo su cui si fondava l'obbligazione dedotta in giudizio).
Cass. civ. n. 12410/2001
Nella vendita o nella promessa di vendita di cosa altrui, la quale non integra una promessa del fatto del terzo, in quanto con essa il venditore (o il promittente venditore) assume in proprio l'obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto ed all'eventuale risarcimento del danno spetta non soltanto al compratore (o al promittente compratore) che ignori l'altruità del bene, secondo la previsione dell'art. 1479 c.c., ma anche al compratore (o al promittente compratore) che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218, 1223 e 1453 c.c., qualora sia scaduto il termine fissato dal contratto o dal giudice, entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, salvo che il venditore (o il promittente venditore) non provi che il suo inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Cass. civ. n. 12953/2000
Il diritto di chiedere la risoluzione del contratto non è precluso all'acquirente consapevole dell'alienità (o parziale alienità) della cosa al momento della conclusione del contratto, essendo tale diritto riconducibile alla mancata attuazione dell'effetto traslativo, cioè all'inadempimento di una delle obbligazioni principali ed essenziali del venditore, ovvero quella di far acquistare al compratore la proprietà della cosa o il diritto, così come prescrive l'art. 1476, n. 2 c.c. Tuttavia, il diritto dell'acquirente consapevole dell'altruità della cosa venduta alla risoluzione ed al risarcimento del danno è subordinato all'avvenuto decorso di un termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto.
Cass. civ. n. 4260/1996
Il promittente venditore di una cosa altrui è obbligato a procurare nel termine fissato l'acquisto della proprietà della cosa medesima al promittente compratore anche quando questo era a conoscenza dell'altruità della cosa ed è, pertanto, inadempiente se non si sia posto nella condizione di stipulare il contratto traslativo con effetti reali entro la data prevista acquistando la cosa o procurando la partecipazione al contratto del proprietario del bene perché vi manifesti il suo consenso a favore del promissario.
Cass. civ. n. 7054/1990
Nel caso di vendita di cosa altrui avente effetti meramente obbligatori, l'obbligazione del venditore di far acquistare al compratore la proprietà della cosa può essere adempiuta non solo mediante l'acquisto della cosa da parte del soggetto obbligato con l'effetto legale (art. 1478, secondo comma, c.c.) di far divenire proprietario l'acquirente, ma anche con il procurare la stipulazione della vendita direttamente con il terzo proprietario al compratore, inserendo all'uopo nel contratto apposita clausola che preveda come obbligatoria la cooperazione del compratore (il quale in mancanza non sarebbe tenuto a prestarla), senza che tale clausola possa ritenersi contraria a norme imperative in materia fiscale (con riguardo all'imposta di registro dovuta per ogni trasferimento del bene) operando sul diverso piano dell'adempimento dell'obbligo del venditore di cosa altrui ed inserendosi in funzione strumentale in uno dei modi di adempimento del suddetto obbligo.
Cass. civ. n. 1676/1982
Nella vendita di cosa altrui, la quale non integra una promessa del fatto del terzo, in quanto con essa il venditore assume in proprio l'obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto ed all'eventuale risarcimento del danno spetta non soltanto al compratore che ignori l'altruità del bene, secondo la previsione dell'art. 1479 cod. civ., ma anche al compratore che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218, 1223 e 1453 cod. civ., in relazione all'art. 1476 n. 2 cod. civ., qualora, scaduto il termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, il venditore medesimo non superi la presunzione di colpa nell'inadempimento, fornendo la prova che lo stesso sia determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.