(massima n. 2)
In tema di vendita o di promessa di vendita di cosa altrui, da cui derivano effetti obbligatori, qualora sia stata pronunciata sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore — passata in cosa giudicata — nonostante l'acquisto della proprietà compiuto dal medesimo nelle more di quel giudizio, il compratore non può invocare — rispettivamente l'acquisto della proprietà ai sensi del secondo comma dell'art. 1478 c.c., o, il diritto al trasferimento da eseguire con la sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 c.c., atteso che, in considerazione dell'efficacia retroattiva della risoluzione, è venuta meno la fonte dell'obbligazione posta a carico del venditore. Nella specie gli attori, nel chiedere l'accertamento ai sensi dell'art. 1478 c.c. dell'avvenuto acquisto della proprietà nel frattempo compiuto dal venditore, facevano presente che il convenuto era diventato proprietario del bene successivamente alla sentenza di risoluzione del contratto emessa in primo grado (ed in pendenza di appello) con cui era stata accolta la domanda proposta in un precedente giudizio dagli stessi attori che ai sensi dell'art. 1453 c.c. avevano dedotto l'inadempimento del venditore, impossibilitato a trasferire il bene risultato di proprietà di terzi. (La Corte, nel confermare la decisione dei giudici di appello, ha ritenuto corretta la motivazione del rigetto della domanda degli attori in considerazione dell'efficacia retroattiva della risoluzione dei titolo su cui si fondava l'obbligazione dedotta in giudizio).