Cass. civ. n. 1724/2015
In tema di fallimento, poiché la disposizione di cui all'art. 44, secondo comma, legge fall. deve essere coordinata con quelle contenute negli artt. 42, secondo comma, e 46, primo comma, n. 1, della stessa legge, il pagamento ricevuto dal fallito quale corrispettivo per un'attività svolta dopo la dichiarazione di fallimento può essere acquisito dalla procedura solo previa deduzione delle passività da lui incontrate per generare quel reddito e, comunque, quanto al residuo netto, solo dopo l'emanazione del decreto di cui all'art. 46 citato, con il quale il giudice delegato fissa i limiti entro i quali ciò che il fallito guadagna con la sua attività occorre al mantenimento suo e della famiglia.
Cass. civ. n. 7468/2011
Il contratto concluso per effetto di truffa, penalmente accertata, di uno dei contraenti in danno dell'altro è non già radicalmente nullo (ex art. 1418 c.c., in correlazione all'art. 640 c.p.), sebbene annullabile ai sensi dell'art. 1439 c.c., atteso che il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente, neanche sotto il profilo dell'intensità, diverso da quello che vizia il consenso negoziale, entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall'agente e diretti ad indurre in errore l'altra parte e così a viziarne il consenso. Pertanto, con riguardo alla vendita, il soggetto attivo che riceve la cosa col consenso sia pur viziato dell'avente diritto, ne diviene effettivo proprietario, con il connesso potere di trasferirne il dominio al terzo e con la conseguenza che, a sua volta, quest'ultimo ove acquisti in buona fede ed a titolo oneroso, resta al riparo degli effetti dell'azione di annullamento, da parte del "deceptus", ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1445 (in relazione agli artt. 2652, n. 6 e 2690 n. 3) c.c.
Cass. civ. n. 5994/2011
In tema di espropriazione forzata presso terzi, l'attuazione delle ordinanze di assegnazione del giudice dell'esecuzione si compie non al momento della loro emissione, bensì quando il terzo, debitore del debitore, effettua il pagamento nei confronti del creditore assegnatario; ne consegue che se sopraggiunga la dichiarazione di fallimento del debitore esecutato il terzo deve pagare quanto dovuto al curatore del fallimento, poiché il debitore, dopo tale dichiarazione, perde, ai sensi dell'art. 44 legge fall., il diritto di disporre del proprio patrimonio e non può effettuare alcun pagamento (anche non volontario), restando irrilevante che all'epoca della pronuncia delle predette ordinanze il creditore conoscesse o meno lo stato di insolvenza dell'esecutato.
Cass. civ. n. 5230/2011
In tema di efficacia della dichiarazione di fallimento sulla capacità patrimoniale del debitore, se è vero che compete al curatore la legittimazione alla restituzione di tutte le somme affluite sul conto del fallito ed ivi pervenute dopo la predetta sentenza ai sensi dell'art.44 legge fall., tale circostanza non instaura di per sè una preclusione normativa a che altro soggetto (nella specie, le Poste Italiane) provveda da detto conto (mediante emissione e consegna di assegni) al pagamento di terzi, in ragione di pregressi rapporti giuridici con il fallito; occorre invero stabilire se vi sia stata corretta effettuazione di tale pagamento, al fine di accertare un eventuale credito restitutorio del fallimento, previa identificazione del soggetto "solvens" ovvero del beneficiario del pagamento stesso, quale legittimato all'azione della curatela, tenuto conto che l'art. 42, primo comma, legge fall. si limita a sancire la perdita della capacità del fallito di disporre dei suoi beni dalla data del fallimento.
Cass. civ. n. 21251/2010
In sede di formazione dello stato passivo nel fallimento, il conflitto fra creditori anteriori, che concorrono, e creditori posteriori, che non partecipano, è regolato dal principio di cui all'art. 44 legge fall., derivandone la riserva dei beni del fallito a favore solo dei primi e la preclusione per i creditori posteriori della possibilità di affermare il proprio diritto al concorso; l'opponibilità ai creditori degli atti del fallito solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula infatti che detti creditori, che sono terzi rispetto a tali atti, vantino una situazione di tutela in base ad un'altra norma, l'art. 52 legge fall., che va intesa come se dicesse che "apre il concorso dei creditori anteriori" sul patrimonio del fallito. Ne consegue che, in fase di verifica o di opposizione al medesimo stato passivo, la scrittura privata, allegata a documentazione di un credito, è soggetta, rispetto agli altri creditori, in qualità di terzi, alle regole dettate dall'art. 2704, primo comma, c.c., in tema di certezza e computabilità della data.
Cass. civ. n. 21246/2010
L'azione promossa dal curatore, ai sensi dell'art. 44, secondo comma, legge fall., volta ad ottenere la dichiarazione d'inefficacia del pagamento effettuato in favore del fallito dopo la dichiarazione del fallimento, ha natura del tutto autonoma rispetto all'azione causale che ha determinato il predetto pagamento. Ne consegue che la prescrizione dell'azione fallimentare non può essere soggetta alla prescrizione del rapporto causale, non potendo decorrere in un momento antecedente all' adempimento inefficace.
Cass. civ. n. 17310/2009
In caso di emissione di assegno circolare su richiesta di persona già dichiarata fallita, l'inefficacia di tale atto, al pari di quella degli atti che determinano la successiva circolazione del titolo di credito - se compiuti in pagamento di un credito o di un debito del fallito - può essere dichiarata, ai sensi dell'art. 44 legge fall., nei confronti di tutti i creditori, ma solo a seguito di azione promossa dal curatore fallimentare, trattandosi di inefficacia relativa; in difetto di detta azione del curatore, la banca non può sottrarsi al pagamento dell'assegno circolare, invocando l'inopponibilità alla procedura concorsuale dei trasferimenti per girata del titolo, poichè essa, quando emette un assegno circolare, adempie ad un'obbligazione di provvista nei confronti del richiedente e contestualmente assume, ex artt. 82 e 83 del R.D. n. 1736 del 1933, un'obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo, ma solo il primo atto è inefficace e sempre che ricorrano le citate condizioni.
Cass. civ. n. 18222/2008
Nel caso di fallimento del traente di una cambiale tratta, il trattario che al momento del fallimento non aveva ancora accettato il titolo non è liberato se lo paga nelle mani del prenditore, a nulla rilevando che abbia incolpevolmente ignorato il fallimento del traente. La dichiarazione di fallimento, infatti, produce i propri effetti "erga omnes" a prescindere dalla effettiva conoscenza che ne abbiano i terzi, e rispetto ad essa sono irrilevanti gli stati soggettivi di buona o mala fede. Ne consegue, da un lato, che il fallimento può pretendere dal trattario la restituzione degli importi pagati dopo il fallimento e, dall'altro, che il pagamento effettuato dal trattario al prenditore (o giratario) del titolo costituisce un indebito oggettivo, "ex" art. 2033 cod. civ..
Cass. civ. n. 17954/2008
In materia fallimentare, è ammissibile la compensazione legale fra il debito che la banca ha verso la curatela, conseguente ad un pagamento inefficace perché avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento, ed il credito che la stessa vanta nei confronti della curatela, a fronte dell'accettazione da parte del curatore del pagamento di un credito del fallito, da questi ceduto alla banca in data anteriore al fallimento, pagamento ratificato ex art. 1188, secondo comma, c.c. ; si tratta, infatti, in entrambi i casi di crediti e di debiti verso la massa, poiché la banca, attraverso detta ratifica, ha liberato l'originario debitore ed ha acquisito il corrispondente credito, appunto, nei confronti della massa fallimentare.
Cass. civ. n. 19165/2007
In tema di pagamenti spettanti al fallito, l'inefficacia degli stessi, se effettuati dopo la dichiarazione di fallimento ed a soggetti diversi dalla curatela, è conseguenza automatica dell'indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole erga omnes e senza rilevanza dello stato soggettivo del solvens. (Nella fattispecie, la S.C. ha affermato il principio in caso di pagamento a mani del mandatario della società fallita, dopo che il contratto di mandato si era sciolto, statuendo la non applicabilità della disciplina del pagamento al creditore apparente, dovendo escludersi oltretutto la buona fede del solvens dopo la avvenuta pubblicazione della sentenza di fallimento).
Cass. civ. n. 1544/2006
Poiché nel procedimento di espropriazione presso il terzo debitore l'effetto dell'ordinanza di assegnazione si configura come una cessione pro solvendo o una datio in solutum condizionata al pagamento della somma dovuta in favore del creditore procedente, l'effetto satisfattivo del diritto del creditore non coincide con il predetto provvedimento, che chiude il procedimento esecutivo e determina il trasferimento del credito pignorato, ma è rimesso alla successiva riscossione dell'importo assegnato. È a quest'ultimo momento, pertanto, che occorre fare riferimento, in caso di fallimento del debitore assoggettato ad esecuzione, ai fini della verifica in ordine della dichiarazione d'inefficacia dell'atto ai sensi dell'art. 44 della legge fall., ovvero alla sua revocabilità ai sensi dell'art. 67 della stessa legge, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che l'assegnazione abbia avuto luogo in epoca anteriore ai termini previsti da dette disposizioni.
Cass. civ. n. 14382/2005
In tema di inefficacia dei pagamenti ricevuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento (art. 44, secondo comma, legge fall.), ove la banca girataria per l'incasso di un assegno sbarrato, presentato da un suo cliente, non si limiti ad accreditare il titolo «salvo buon fine» o con altra formula da cui derivi l'indisponibilità dell'importo sino all'effettivo pagamento della banca trattaria, ma ne anticipi invece subito la valuta al girante, siffatta anticipazione — estranea al rapporto di mandato derivante dalla girata per l'incasso — implica necessariamente l'instaurazione (o la preesistenza) di un rapporto autonomo tra la banca ed il girante, in forza del quale il pagamento dell'assegno deve considerarsi imputabile direttamente all'istituto di credito che ne ha anticipato l'importo al proprio cliente. Pertanto, qualora detto pagamento avvenga a mani di soggetto fallito in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento, risulta ad esso applicabile la previsione di inefficacia di cui all'art. 44 legge fall., indipendentemente dal fatto che la banca fosse o meno a conoscenza dell'intervenuta dichiarazione di fallimento, opponibile erga omnes. (Nel caso di specie relativo al pagamento di due assegni sbarrati emessi a favore di una società fallita dopo la dichiarazione di fallimento e girati per l'incasso ad una banca, che ne aveva immediatamente versato l'importo a mani dell'amministratore della società stessa — la Corte di cassazione ha individuato quindi in tale versamento l'atto solutorio colpito da inefficacia, escludendo che il pagamento degli assegni dovesse considerarsi effettuato dalle banche trattarie, a seguito della successiva presentazione dei titoli in stanza di compensazione da parte della banca girataria).
Cass. civ. n. 6624/2005
Le norme della legge fallimentare sono applicabili anche ai conti correnti postali, in virtù della espressa previsione recata in tal senso dall'art. 24 del codice postale (D.P.R. n. 156 del 1973), non derogata dall'art. 82 di detto codice, con la conseguenza che devono ritenersi inefficaci ex art. 44, L. fall., gli addebiti effettuati su detto conto dopo la pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento, senza che sia necessaria la sua notificazione alla Poste Italiane s.p.a., dato che la disciplina prevista dall'art. 17, legge fall., fonda la sussistenza di una presunzione generale di conoscenza della pronuncia che dichiara aperta la procedura concorsuale.
Cass. civ. n. 5987/2005
Il fallimento del traente, intervenuto prima dell'accettazione della tratta da parte del trattario, interrompe il processo formativo della delegazione di pagamento insita nell'emissione di una cambiale tratta, onde il pagamento eseguito dal trattario che non abbia accettato la tratta, non è riferibile al traente fallito. Il curatore del fallimento non ha, pertanto, a norma dell'art. 44 della legge sulla disciplina del fallimento, azione contro il portatore della tratta per la restituzione della somma da costui ricevuta dal trattario dopo la dichiarazione di fallimento, ma può soltanto agire contro il trattario per il recupero del credito del fallito.
Cass. civ. n. 351/2005
L'azione revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati dal fallito nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento (art. 67, secondo comma, legge fall.) e l'azione diretta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia dei pagamenti eseguiti successivamente alla apertura della procedura concorsuale (art. 44, primo comma, legge fall.), costituiscono due azioni diverse in riferimento all'elemento soggettivo - in quanto soltanto nella prima è richiesta la scientia decoctionis da parte dello accipiens - ed al tempo in cui è stato eseguito il pagamento con riguardo alla data della dichiazione di fallimento, e pertanto stabilire quale delle due azioni sia stata proposta, ovvero se siano state proposte entrambe, costituisce una questione di interpretazione della domanda, incensurabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione congrua, coerente ed immune da vizi logici e giuridici.
Cass. civ. n. 12159/1993
Qualora il fallito, dopo la data dell'apertura della procedura concorsuale, intraprenda una nuova attività d'impresa, e si avvalga, per le operazioni finanziarie ad essa inerenti, di un conto corrente bancario, i relativi atti non ricadono nella sanzione di inefficacia dell'art. 44 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, la quale riguarda le diverse ipotesi in cui il fallito disponga di beni esistenti a quella data (e quindi a lui già sottratti), ma restano soggetti alle disposizioni dell'art. 42 secondo comma del citato decreto, in tema di sopravvenienze di ulteriori beni per titolo successivo al fallimento (cioè non dipendenti dalla gestione del patrimonio fallimentare o da rapporti giuridici preesistenti). Ne consegue che la curatela, in applicazione di tale ultima norma, ha facoltà di appropriarsi dei risultati positivi dell'indicata attività, al netto delle spese incontrate per la loro realizzazione, e, pertanto, può reclamare dalla banca il versamento soltanto del saldo attivo del predetto conto corrente, corrispondente all'utile dell'impresa, non anche la restituzione delle somme dal conto stesso uscite per pagamenti effettuati nell'esercizio dell'impresa medesima.