Cass. civ. n. 11520/2010
In tema di concordato preventivo con cessione dei beni, il giudizio promosso dal debitore per la riscossione di un proprio credito prima dell'ammissione alla procedura e proseguito dopo l'omologazione, non richiede l'integrazione del contraddittorio nei confronti del commissario liquidatore dei beni nominato dal tribunale, non determinandosi in capo agli organi della procedura il trasferimento della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma esclusivamente dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, con la conseguenza che il debitore conserva il diritto di esercitare in proprio le azioni e resistervi nei confronti dei terzi a tutela del suo patrimonio.
Cass. civ. n. 3270/2009
L'art. 2941, n. 6, del codice civile, che dispone la sospensione della prescrizione tra le persone i cui beni siano sottoposti per legge o per provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui l'amministrazione è esercitata, non è applicabile estensivamente ai rapporti tra debitore e creditori del concordato preventivo con cessione dei beni, perché la titolarità dell'amministrazione dei beni ceduti spetta esclusivamente al liquidatore, il quale la esercita non in nome o per conto dei creditori concordatari, bensì nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale; peraltro, esclusa l'interpretazione analogica in materia di cause di sospensione della prescrizione, nemmeno l'interpretazione estensiva potrebbe giustificarsi sul piano logico-sistematico, atteso che le cause di sospensione si ricollegano a situazioni di impossibilità di fatto o di difficoltà ad esercitare il diritto, in ragione di particolari rapporti tra le parti, mentre, nella specie, il liquidatore (o il collegio dei liquidatori), pur operando nell'interesse dei creditori, non è tenuto ad osservare eventuali direttive da questi provenienti.
Cass. civ. n. 4728/2008
Il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno «spossessamento attenuato» in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento), l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita al commissario liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione analoga a quella dettata dall'art. 43 legge fall. per il fallimento. Ne consegue che, come il debitore è parte in senso sostanziale di tutti gli atti che concernano il suo patrimonio, così lo rimane anche per i rapporti tributari, che pertanto a lui fanno direttamente capo, e sui quali è legittimato processualmente a interloquire. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, rilevando che nel giudizio di primo grado, aperto su ricorso presentato da liquidatore, legittimato in quanto agente nella veste qualificata di mandatario dei creditori, non era stato integrato il contraddittorio nei confronti del debitore).
Cass. civ. n. 13759/2007
I pagamenti di crediti sorti anteriormente all'ammissione a concordato preventivo devono ritenersi inefficaci quando eccedano l'ordinaria amministrazione, in mancanza dell'espressa autorizzazione del giudice delegato, anche se relativi ad un contratto di appalto, la cui prosecuzione venga autorizzata dagli organi della procedura.
Cass. civ. n. 6211/2007
Il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno « spossessamento attenuato» in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento), l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni la legittimazione a disporne viene attribuita al commissario liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione analoga a quella dettata dall'art. 43 L. fall. per il fallimento. Ne consegue che, come il debitore è parte in senso sostanziale di tutti gli atti che concernano il suo patrimonio, così lo rimane anche per i rapporti tributari, che pertanto a lui fanno direttamente capo, e sui quali è legittimato processualmente a interloquire.
Cass. civ. n. 578/2007
I pagamenti effettuati in esecuzione di contratti in corso dall'imprenditore ammesso alla procedura di concordato preventivo non si sottraggono alla regola dell'inefficacia — soprattutto se relativi a debiti sorti anteriormente all'inizio della procedura — a meno che siano stati autorizzati dal giudice delegato ai sensi dell'art. 167 legge fallim.
Cass. civ. n. 23796/2006
Ai fini della opponibilità alla massa del relativo credito del professionista, l'incarico conferito ad avvocato dall'imprenditore in amministrazione controllata non è da annoverare automaticamente nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione e dunque da autorizzarsi dal giudice delegato, ma vanno applicati i seguenti principi: a) escluso che criterio discretivo utile sia quello del rapporto proporzionale tra spese e condizioni dell'impresa, viene in evidenza il solo criterio per cui è atto di ordinaria amministrazione quello connotato dalla pertinenza e idoneità dell'incarico stesso — anche se di costo elevato — allo scopo di conservare e/o risanare l'impresa; b) il criterio di proporzionalità, che pertanto non va ridotto al vaglio della crisi aziendale (ché, anzi, a grave crisi ben può correlarsi, come necessario, un radicale intervento disegnato da elevata competenza tecnico-legale), deve invece riferirsi al merito della prestazione, in termini di rapporto di adeguatezza funzionale (o non eccedenza) della stessa alle necessità risanatorie dell'azienda e con giudizio da formulare ex ante; c) si deve escludere comunque l'ammissione tra le passività concorsuali le volte in cui l'incarico sia conferito per esigenze personali e dilatorie dell'impresa (auspicante il mero allontanamento della dichiarazione di fallimento).
Cass. civ. n. 23271/2006
È inammissibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso il decreto con cui il giudice delegato, durante l'esecuzione del concordato preventivo, impartisce direttive generali per una corretta gestione della procedura nella fase liquidatoria, in quanto inidoneo a pregiudicare in modo definitivo e con carattere decisorio i diritti soggettivi delle parti; infatti, una volta esauritasi, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto i diritti dei singoli creditori e che attengono all'esecuzione del concordato danno luogo a controversie del tutto sottratte al potere decisionale degli organi fallimentari, mentre invece costituiscono materia di ordinario giudizio di cognizione, nessuna preclusione operando nè la sentenza di concordato nè i successivi provvedimenti emessi nel corso della procedura per assicurarne il corretto svolgimento.
Cass. civ. n. 17159/2006
In caso di intervenuta ammissione del debitore al concordato preventivo con cessione dei beni, se il creditore agisce proponendo non solo una domanda di accertamento del proprio diritto, ma anche una domanda di condanna o comunque idonea ad influire sulle operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato, alla legittimazione passiva dell'imprenditore si affianca quella del liquidatore giudiziale dei beni, quale contraddittore necessario. Questo principio, che muove dall'esigenza di coordinare la conservazione della legittimazione del debitore con la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato, non può essere esteso alle procedure di arbitrato rituale o irrituale, che si svolgono tra le parti identificate dall'atto negoziale. A tal fine è necessaria l'autorizzazione del giudice delegato per la decisione del debitore di non avvalersi del potere di opporsi alla procedura arbitrale che sia stata assunta dopo l'apertura della procedura di concordato. Infatti l'atto di accettazione della procedura arbitrale configura strumento idoneo a realizzare la ricognizione di diritti di terzi e va ascritto alla categoria degli atti di straordinaria amministrazione, pur costituendo attuazione di impegni assunti con atti negoziali precedenti. (Nella specie la sentenza confermata dalla S.C., che ne ha corretto la motivazione, aveva ritenuto inopponibile alla liquidazione giudiziale un lodo emesso dal collegio arbitrale per i licenziamenti dei dirigenti industriali, in quanto il credito era insorto in epoca successiva alla ammissione della procedura concorsuale e di conseguenza era necessaria l'autorizzazione prevista dall'art. 167 legge fall.).
Cass. civ. n. 20291/2005
In tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell'atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, ai fini della eventuale dichiarazione di inefficacia dell'atto stesso ai sensi dell'art. 167 legge fall., deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l'acquisizione di utilità reali prevalenti su questi ultimi. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato inefficace una cessione di credito effettuata dall'imprenditore assoggettato a concordato preventivo, non autorizzata dal g.d., valorizzando esclusivamente l'importo del credito, senza considerare la possibilità di qualificarla come atto di ordinaria amministrazione, in quanto mezzo di pagamento di una fornitura di materiale resasi necessaria per l'esecuzione di un precedente contratto di appalto, che permetteva di acquisire alla massa il relativo corrispettivo).
Cass. civ. n. 15484/2004
In tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell'atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, ai fini della eventuale dichiarazione di inefficacia dell'atto stesso ai sensi dell'art. 167 legge fall., deve essere compiuta dal giudice di merito con riferimento all'interesse della massa dei creditori - preso in considerazione, appunto, dall'art. 167 cit. - non già dell'imprenditore insolvente, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio di un'impresa in bonis possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nell'ambito di una procedura concordataria laddove gli stessi dovessero investire interessi del ceto creditorio o incidere negativamente sulla procedura concorsuale perché, ad esempio, sottraggono beni alla disponibilità della stessa ovvero ostacolano o ritardano la procedura di liquidazione nel caso di concordato con cessione dei beni. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di appello, che aveva valutato come rientrante nell'ordinaria amministrazione il contratto di locazione infranovennale di un bene immobile, rientrante nell'attivo concordatario, prendendo in considerazione il solo interesse dell'imprenditore-locatore, ma non quello dei creditori).
Cass. civ. n. 12286/2004
La norma di cui all'art. 167 R.D. n. 267 del 1942, dettata per la procedura di concordato preventivo, nel porre il principio secondo cui gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dal debitore concordatario senza l'autorizzazione del giudice delegato, sono affetti da inefficacia (relativa) rispetto ai creditori anteriori al concordato, non inficia la validità dell'atto, ma opera esclusivamente a favore dei creditori. Ne consegue che soltanto costoro possono far valere l'inefficacia dell'atto compiuto senza la prescritta autorizzazione.
Cass. civ. n. 9643/2004
Nella procedura concordatoria, a differenza di quanto accade nel fallimento, il debitore è l'unico legittimato passivo in ordine alla verifica dei crediti dopo l'omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, sussistendo la legittimazione del liquidatore solo nei giudizi che investono lo scopo liquidatorio della procedura; tuttavia, pur non essendo il liquidatore legittimato passivo, né litisconsorte necessario del debitore nei giudizi relativi alla verifica dei crediti, ove egli intervenga in tali giudizi, trattandosi di interventore adesivo che si inserisce nel processo tra altre persone lasciando invariato l'oggetto della controversia nonostante l'ampliamento del numero dei partecipanti, deve necessariamente ipotizzarsi un litisconsorzio processuale nei successivi gradi di giudizio, non esaurendosi in un solo grado l'interesse dell'interventore ad influire con la propria difesa sull'esito della lite e configurandosi, diversamente, la possibilità di un conflitto di giudicati per il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti dell'interventore rimasto estraneo ai successivi gradi di giudizio; ne consegue che, ove al liquidatore, intervenuto nel giudizio d'appello non sia stato notificato il ricorso per Cassazione, deve essere integrato il contraddittorio nei suoi confronti ai sensi dell'art. 331 c.p.c.
Cass. civ. n. 14472/2001
Ove il debitore sia ammesso al concordato preventivo con cessione dei beni, mentre permane la legittimazione dell'imprenditore nelle azioni indicate nell'art. 167, primo comma, L. fall., ad essa si affianca quella del liquidatore giudiziale dei beni, quale contraddittore necessario, nelle domande di condanna o comunque idonee ad influire sulle operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato; il liquidatore non è legittimato a resistere alle domande aventi ad oggetto diritti dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro (nella specie, la Suprema Corte ha affermato la carenza di legittimazione del liquidatore ad appellare la sentenza resa su una domanda di accertamento della violazione di un accordo sindacale e dell'illegittimità della conseguente sospensione del rapporto di lavoro).
Cass. civ. n. 12216/1993
Il debitore sottoposto a concordato preventivo con cessio bonorum conserva il possesso, inteso in senso civilistico, dei beni oggetto della cessione, con conseguente sua assoggettabilità all'Ilor per il reddito di un fabbricato che faccia parte di tali beni.