Cass. civ. n. 41670/2021
La clausola di deroga della competenza territoriale contenuta in un contratto concluso da una società in accomandita semplice è vincolante anche per i singoli soci, agli effetti dell'art. 2267 c.c., operando, pertanto, nei confronti della società e dei soci responsabili per le obbligazioni sociali il medesimo foro convenzionale pattuito come esclusivo. (Fattispecie relativa a procedimento d'ingiunzione promosso nei confronti di socio accomandatario di s.a.s. cancellata dal registro delle imprese). (Regola competenza).
Cass. civ. n. 3022/2015
La responsabilità illimitata del socio illimitatamente responsabile di una società di persone per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di socio e si configura come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale. Pertanto, l'atto con cui il socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può considerarsi costitutivo di garanzia per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria.
Cass. civ. n. 4528/2014
È valida la fidejussione prestata dal socio illimitatamente responsabile in favore della società di persone che, pur se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; ne consegue che la predetta garanzia rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l'art. 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata "ex lege" dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invero sussistere altri interessi che ne giustificano l'ottenimento - alla stregua di garanzia ulteriore - in capo al creditore sociale ed essendo lo stesso "beneficium excussionis", di cui all'art. 2304 c.c., posto a tutela dei soci ma disponibile, senza alterazioni del tipo legale di società.
Cass. civ. n. 12765/2011
Allorché l'accertamento ai fini IRPEF ed ILOR nei confronti dei pretesi soci sia fondato sull'esistenza di una società di fatto, l'eventuale annullamento dell'accertamento, per l'insussistenza della società stessa, non determina l'automatico annullamento dell'accertamento in questione, dovendo il giudice accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state compiute dai soci singolarmente od anche solo da alcuno di essi. Infatti, dal coordinato disposto dell'art. 5 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 e degli artt. 1 e 2 del. d.p.r. 29 settembre 1973, n. 599 discende che, in ipotesi di società di fatto tra due o più soggetti, l'ILOR fa carico alla società e l'IRPEF (o l'IRPEG, se uno dei soci di fatto è una società regolare) al singolo socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Pertanto, allorché sia accertata esistenza di una società di fatto, i soci sono soggetti passivi, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, unicamente dell'imposta sui redditi, in quanto è la società il soggetto passivo dell'ILOR; mentre, quando sia accertata l'inesistenza della società di fatto, il soggetto passivo di entrambe le imposte per il reddito prodotto dall'attività economica ascritta (in origine) alla società, risultata inesistente, va individuato nella persona cui sia riconducibile quell'attività; ed invero, la mancanza, nella società di fatto di una personalità distinta da quella dei pretesi soci impone di ritenere comunque riferito, già nella contestazione dell'Ufficio, individualmente ad ogni ipotizzato socio l'avvenuto svolgimento di quell'attività economica produttiva di reddito imponibile, con la conseguenza dell'assunzione "ex lege", da parte del medesimo, della qualità di soggetto passivo di entrambe le imposte.
Cass. civ. n. 6734/2011
Il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall'esistenza dell'obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell'art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato e risolvendosi, altresì, l'imperfetta personalità giuridica della società di persone in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società; ciascun socio, pertanto, ha l'onere di proporre opposizione contro detto titolo, con la conseguenza che, in difetto, in ragione della conseguita definitività del provvedimento monitorio anche nei confronti del socio, questi non può più opporre l'eventuale prescrizione maturata in precedenza.
Cass. civ. n. 19946/2004
La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale; ne consegue che in caso di opposizione del socio contro cui sia stato azionato il credito il giudice deve specificamente procedere all'accertamento della sua effettiva qualità. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva omesso di considerare i fatti allegati dal ricorrente per dimostrare di aver perduto la qualità di socio).
Cass. civ. n. 18653/2004
Il rapporto di sussidiarietà che lega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società, che per prima può essere chiamata a rispondere dei debiti sociali, non esclude che sia i soci che la società possano essere debitori solidali rispetto alla stessa obbligazione, seppure in grado diverso.
Cass. civ. n. 8305/2003
Se un socio di una società di persone emette in proprio assegni in favore di un creditore della società, deve presumersi che il pagamento sia effettuato al fine di estinguere il debito della stessa. Egli ha, infatti, in polo socio solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali (salvo, il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale
ex art. 2304 c.c.), un interesse diretto ad adempiere le obbligazioni gravanti sulla società, e, pertanto, il suo pagamento non può essere considerato come proveniente da un terzo. Ne consegue che, a fronte della eccezione di pagamento sollevata dalla società, incombe al creditore l'onere di dimostrare la diversa causale del pagamento ricevuto.
Cass. civ. n. 12310/1999
La posizione del socio illimitatamente responsabile di una società personale non è assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure
ex lege, poiché mentre quest'ultimo garantisce un debito altrui e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso per l'intero nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore (artt. 1949 e 1950 c.c.), il socio illimitatamente responsabile risponde con il proprio patrimonio di debiti che non possono dirsi a lui estranei, in quanto derivanti dall'esercizio dell'attività comune (al cui svolgimento, data l'assenza di un'organizzazione corporativa, partecipa direttamente: artt. 2257 e 2258 c.c.), ed è anzi tenuto, ove i fondi sociali risultino insufficienti, a provvedere anche mediante contribuzioni aggiuntive a quelle effettuate all'atto dei conferimenti (art. 2280 c.c.) onde l'impossibilità di ammettere (
ex art. 1954 c.c.) un'azione di regresso contro la società del socio che abbia provveduto al pagamento di un debito sociale e l'inapplicabilità degli artt. 1953, 1955 e 1957 c.c., che hanno la loro giustificazione nell'esigenza di salvaguardare la possibilità del regresso del fideiussore. Tali conclusioni non trovano ostacolo nel fatto che anche le società personali costituiscano centri di imputazione di situazioni giuridiche distinti dalle persone dei soci, posto che siffatta soggettività ha carattere transitorio e strumentale, essendo i diritti e gli obblighi ad esse imputati destinati a tradursi in situazioni individuali in capo ai singoli membri.
Cass. civ. n. 4768/1999
Il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività della stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società, ed impegna tutti i soci solidalmente ed illimitatamente, salvo che la responsabilità del socio operatore sia personale, in quanto correlata ad un atto diretto alla lesione dell'altrui diritto, e non coinvolga, quindi, gli altri soci. Tale principio conserva validità anche nella ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza penale di assoluzione (per non aver commesso il fatto) nei confronti di uno dei soci, in quanto, operando le statuizioni del giudice penale e di quello civile su piani diversi, l'assoluzione non esclude che la società ed i soci, cui, congiuntamente ed unitariamente è imputato dall'ordinamento l'evento dannoso, ne rispondano civilmente di fronte ai terzi: in tal caso, nei rapporti interni, le conseguenze che da tale affermazione di responsabilità derivano si ripartiscono tra i soci secondo il criterio della partecipazione di ciascuno alle sorti dell'attività collettiva.