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Articolo 36 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute

Dispositivo dell'art. 36 Codice Civile

L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.

Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, è conferita la presidenza o la direzione.

Ratio Legis

La disciplina degli enti non riconosciuti è espressione del principio costituzionale della libertà di associazione ex art. 18 Cost., che riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente e senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale: inoltre, sono proibite le associazioni segrete e quelle a carattere militare che perseguono, anche se indirettamente, scopi politici. La libertà di associazione è volta a favorire e tutelare lo sviluppo della persona umana, nonché del suo coinvolgimento nella vita economica, politica e sociale del Paese.
Declinazioni specifiche di tali libertà si riscontrano all'art. 19 Cost., sulla libertà di associazione religiosa; all'art. 39 Cost. su quella sindacale; all'art. 49 Cost., in materia di associazione in partiti politici.
E proprio i partiti politici ed i sindacati rappresentano l'archetipo delle associazioni prive di personalità giuridica: la scelta di organizzarsi secondo tale schema è giustificata dall'assenza di qualsiasi controllo ex lege in relazione alla costituzione dell'ente e alla successiva gestione - anche economica - dell'attività associativa.
Ad ogni modo, gli enti di fatto vedono riconosciuta (non una personalità, bensì) una certa soggettività che li rende destinatari dell'attribuzione di diritti ed obblighi (Trabucchi).

Spiegazione dell'art. 36 Codice Civile

Come per le norme dettate per le associazioni riconosciute, di cui al precedente capo II, la normativa non disciplina dettagliatamente i requisiti essenziali per l'ordinamento e l'amministrazione degli enti di fatto. Di tal guisa, rivestiranno primaria importanza gli accordi intercorsi tra gli associati esplicitati nell'atto costitutivo e nello statuto (v. 14-16 c.c.). Per tali atti non è pertanto previsto alcun requisito di forma né viene richiesto un determinato contenuto, fatta eccezione per l'indicazione dello scopo, che deve essere espressamente indicato, al fine di differenziare l'ambito di attività dell'associazione. Viene così espressa una preferenza del legislatore per l'autonomia degli associati nella disciplina dell'organizzazione interna dell'ente.
La disciplina dettata in materia di associazioni riconosciute sarà comunque applicabile nel caso di assenza di espressa pattuizione tra gli associati.

Il comma secondo precisa che la rappresentanza legale (ovvero la possibilità di agire o essere convenuti in giudizio) degli enti di fatto può essere conferita al presidente o all'organo direttivo dei medesimi, che devono essere risultare dagli accordi tra gli associati.
In mancanza di precise indicazioni nello statuto o nelle deliberazioni, le qualifiche indicate dalla legge vanno riferite alla più alta carica associativa.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

60 Taluno ha creduto di ravvisare nella norma dell'art. 41 del progetto, che rimette l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute agli accordi degli associati, una situazione di privilegio, e da ciò la proposta di aggiungere agli accordi degli associati anche le norme che valgono per l'organizzazione, l'amministrazione, lo scioglimento e la liquidazione delle associazioni registrate. Ma occorre chiarire, innanzi tutto, che le associazioni di fatto, per effetto della norma dell'art. 41 del progetto, vengono a trovarsi in una condizione giuridica più costretta di quella stabilita per le persone giuridiche. E' invero da tener presente che delle obbligazioni assunte nell'interesse dell'associazione di fatto rispondono, non soltanto i singoli associati nei limiti del fondo comune, ma anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito per conto della associazione. Perciò i terzi sono garantiti maggiormente nei confronti delle associazioni di fatto di quel che non siano di fronte alle associazioni riconosciute. Ma, prescindendo da ciò, l'estensione alle associazioni di fatto delle norme che disciplinano le associazioni riconosciute porterebbe, in sostanza, a una equiparazione fra i due tipi di organizzazione e svaluterebbe conseguentemente l'importanza stessa del riconoscimento. Non può infatti dimenticarsi che la differenza sostanziale fra associazioni riconosciuto e associazioni di fatto è data appunto dal riconoscimento, che eleva l'associazione alla dignità di persona giuridica e le dà la qualità di soggetto di diritto. Né sembra abbia importanza l'osservazione che l'estensione delle norme predette avrebbe una utilità pratica, in quanto eviterebbe che, in mancanza di accordi, tali associazioni possano rimanere senza disciplina: invero gli accordi degli associati debbono necessariamente esistere, perché si possa parlare di una entità organizzata. Per queste considerazioni è stata mantenuta immutata nello art. 36 del testo, la formula del primo comma dell'art. 41 del progetto. Riguardo alla capacità processuale, è stato proposto di attribuire tale capacità all'associazione stessa. E' stata accolta la proposta, ma si è precisato che l'associazione può stare in giudizio soltanto nella persona di coloro ai quali, secondo gli accordi, è conferita la presidenza o la direzione, omettendosi la menzione dei rappresentanti. E' chiaro che, se esiste uno speciale mandato a favore di determinate persone nell'interesse dell'associazione, tali rappresentanti avranno naturalmente capacità processuale.

Massime relative all'art. 36 Codice Civile

Cass. civ. n. 898/2023

Il legale rappresentante ex art. 36 c.c., è colui che assume in via principale la qualità di soggetto passivo di imposta perchè su di lui gravano gli obblighi tributari riferibili all'associazione che rappresenta. Si esclude quindi che il rappresentante legale possa andare esente, a fini fiscali, da responsabilità solidale con l'ente semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione del medesimo, poiché il rappresentante legale partecipa alle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell'associazione. Ai fini tributari ciò che rileva è l'effettiva direzione delle attività nel periodo fiscale oggetto degli atti impositivi impugnati e le specifiche obbligazioni tributarie derivanti dagli stessi. In tal caso però, l'onere della prova grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità dell'agente, volto a dimostrare l'esistenza di elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell'attività dell'associazione, mentre, sul rappresentante legale, grava dare prova della sua estraneità alla gestione dell'ente.

Cass. civ. n. 22955/2022

Lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, con la conseguenza che il giudice di merito, che sia chiamato a decidere in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale, ove accerti che gli accordi tra gli associati prevedono l'attribuibilità degli incarichi professionali anche all'associazione e la spettanza ad essa dei compensi per gli incarichi conferiti ai soci, è tenuto ad individuare il soggetto cui, a prescindere dalla procura ad litem, sia stato conferito l'incarico professionale, oltre a verificare, sulla base del contenuto degli accordi tra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza del singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito.

Cass. civ. n. 2953/2022

Il rappresentante legale di un'associazione non riconosciuta non può andare esente, a fini fiscali, da responsabilità solidale con l'ente, semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione del medesimo. Egli, infatti, è, ex lege (la rappresentanza fiscale dell'ente spetta, per definizione, al legale rappresentante ex art. 36 c.c.), il soggetto passivo di imposta, sicché, quand'anche non si sia ingerito nell'attività dell'ente, sebbene civilisticamente non risponda delle obbligazioni assunte da altri, stante il principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile, egli comunque resta condebitore verso il fisco, a meno che non dimostri di aver assolto agli adempimenti tributari.

Cass. civ. n. 24214/2019

In tema di associazioni non riconosciute, gli organi legittimati ad esprimere la volontà dell'ente permangono in carica, in applicazione analogica dell'art. 2385 c.c. e salvo che sia diversamente stabilito dallo statuto o dall'assemblea, fino alla sostituzione dei loro componenti, dovendosi presumere che tale "perpetuatio" sia conforme all'interesse dei membri di dette associazioni perché volta a consentire il normale funzionamento delle stesse. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il soggetto al quale era stato conferito il potere di agire in giudizio in nome di un'associazione sindacale non decadesse automaticamente dall'incarico allo scadere del periodo per il quale era stato nominato, in assenza di norme statutarie o delibere assembleari che disponessero in maniera differente).

Cass. civ. n. 15497/2018

Non è configurabile a carico dei coordinatori e del presidente di un partito politico una responsabilità per la mancata attuazione di una promessa di candidatura verso un militante, trattandosi di una promessa priva di carattere negoziale, sicchè quest'ultimo non può pretendere nè il risarcimento del danno per la mancata candidatura promessa nè il rimborso degli oneri sostenuti per la partecipazione al progetto politico. L'attività politica, infatti, è improntata a libertà decisionale il cui corretto od infedele esercizio è rimesso esclusivamente al giudizio degli elettori, mentre diversamente opinando si finirebbe per condizionare l'attività dei partiti, interferendo nella formazione delle liste elettorali e, in definitiva, nella libera espressione del voto alla quale i partiti "concorrono" esercitando, unitamente alle altre formazioni sociali, una funzione strumentale di proposta e di raccordo tra i cittadini e le istituzioni ex art. 49 Cost. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 15/04/2015)

Cass. civ. n. 8768/2018

Lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, dotati di capacità di stare in giudizio in persona dei loro componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l'art. 36 c.c.. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO REGGIO CALABRIA, 28/11/2013)

Cass. civ. n. 92/2018

A norma dei regolamenti parlamentari, il gruppo parlamentare è costituito all'inizio di ogni legislatura e non può, quindi, ritenersi continuazione o prosecuzione di un gruppo della precedente legislatura, con la cui fine si verifica la sua estinzione, sicché va escluso ogni fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto venuto ad esistenza successivamente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di appello, che aveva escluso la responsabilità di un gruppo parlamentare per le obbligazioni, quale datore di lavoro, nei confronti di una lavoratrice subordinata assunta da un precedente gruppo). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/04/2012)

Cass. civ. n. 19695/2016

L'assunzione di una carica elettiva nell'ambito di un'associazione sindacale, ancorché comporti funzioni dirigenziali e rappresentative, è compatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l'associazione medesima e l'eletto. L'indagine in ordine alla effettiva sussistenza o meno del suddetto rapporto di lavoro va compiuta, da parte del giudice di merito, tenendo conto del concreto atteggiarsi del rapporto e della eventualità che esso, nel corso del tempo, possa modificare la sua natura da autonomo a subordinato o viceversa. (Rigetta, App. Trieste, 19/08/2013)

Cass. civ. n. 15417/2016

L'art. 36 c.c. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, sicché, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici - rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi.

Cass. civ. n. 23401/2015

L'associazione non riconosciuta, quale centro di imputazione di situazioni giuridiche e, come tale, soggetto di diritto distinto dagli associati, beneficia della tutela della propria denominazione, che si traduce nella possibilità di chiedere la cessazione di fatti di usurpazione (cioè di indebita assunzione di nomi e denominazioni altrui quali segni distintivi), la connessa reintegrazione patrimoniale, nonché il risarcimento del danno ex art. 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione dei diritti immateriali della personalità, compatibile con l'assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono il diritto al nome, all'identità ed all'immagine dell'ente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto il risarcimento del danno all'Associazione italiana contro le leucemie ed alla sua affiliata locale di Pescara, ritenendo usurpativa la protrazione dell'utilizzo della denominazione "AIL" effettuato dalla sezione regionale abruzzese nonostante la pregressa esclusione).

Cass. civ. n. 10220/2010

Nei consorzi di urbanizzazione - consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione od al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi - la natura, affermabile di regola, di associazione non riconosciuta si coniuga con un forte profilo di realità, sicché la complessità della loro struttura, affidata all'autonomia privata, rende necessario accertare quale sia la volontà manifestata nello statuto, da cui dipende l'applicabilità della normativa in materia di associazione ovvero di quella in tema di comunione.

Cass. civ. n. 6361/2003

La delibera di una assemblea, sia essa di soci, di condomini o di associati (nel caso di specie, assemblea di un Fondo pensioni tra ex dipendenti di banca) può essere annullata per abuso o eccesso di potere solo quando, anche se adottata nelle forme legali e con le maggioranze prescritte, risulti arbitraria e fraudolentemente preordinata al solo perseguimento, da parte della maggioranza, di interessi diversi da quelli della compagine associativa oppure volutamente lesivi degli interessi degli altri soci, e sia priva di una propria autonoma giustificazione causale sulla base dei legittimi interessi dei soci di maggioranza; grava su chi impugna la delibera l'onere di fornire la dimostrazione dell'effettiva sussistenza dell'abuso o dell'eccesso di potere.

Cass. civ. n. 8435/2000

Lo statuto e l'atto costitutivo di un'associazione non riconosciuta costituiscono espressione di autonomia negoziale, nell'ambito di un fenomeno (quello associativo) in cui il perseguimento di comuni interessi costituisce oggetto di un impegno contrattualmente assunto dai singoli associati; ne consegue che l'interpretazione dei suddetti atti è soggetta alla disciplina prevista per i contratti e che l'accertamento della volontà degli stipulanti costituisce indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale.

Cass. civ. n. 410/2000

L'esistenza di un'associazione non è condizionata ad alcuna formalità e per la sua costituzione non è quindi necessario né l'atto pubblico, prescritto soltanto per il conseguimento della personalità giuridica e neppure, salvo i casi specificamente disciplinati, l'atto scritto. La circostanza che quest'ultimo sia necessario per procedere alla trascrizione degli acquisti di diritti reali immobiliari, non incide sulla validità di questi ultimi ma solo sulla loro opponibilità a terzi.

Cass. civ. n. 1681/1982

La natura privatistica di un'associazione costituta al solo scopo di attribuire vantaggi morali o materiali ai suoi soci, quale il circolo sottufficiali di Roma dell'aeronautica militare, non viene meno per il fatto dell eventuale coincidenza di quello scopo con finalità di ordine generale dello Stato, né per il fatto che lo statuto, in relazione alla qualità di pubblici dipendenti degli associati, riconosca ai loro superiori determinati poteri d'intervento. Anche in tale situazione, pertanto, deve escludersi che le deliberazioni degli organi di detta associazione configurino atti amministrativi, e deve conseguentemente affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande rivolte ad impugnare le deliberazioni medesime.

Cass. civ. n. 3773/1981

La limitata capacità delle associazioni non riconosciute di essere titolari di un patrimonio, entro l'ambito in cui è positivamente prevista dalla legge e, quindi, in base all'art. 37 c.c., con esclusivo riferimento ai contributi degli associati ed ai beni acquistati con tali contributi (ma senza l'obbligo dell'autorizzazione governativa), riguarda solo gli acquisti a titolo derivativo, e non esclude la possibilità di acquisti a titolo originario, come l'usucapione, in relazione alla quale, in particolare, non può essere disconosciuta l'efficacia, propria del possesso, ove questo con le modalità previste dall'art. 1158 c.c., venga esercitato su di un bene dagli associati non uti singuli bensì come appartenenti all'associazione e con la volontà di riferire a questa gli atti di possesso compiuti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 36 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

I. C. chiede
martedì 29/01/2019 - Abruzzo
“Buonasera ,
un quesito. Una Associazione, che ha migliaia di iscritti, che devono rinnovare annualmente la quota, può mandare
un MAV a tutti gli iscritti dell'anno precedente e /o a quelli degli anni precedenti ?
E' il sistema più comodo perchè non ha scadenza.
Sarebbe scorretto inviarlo anche agli iscritti di tre anni prima ?
Grazie infinite”
Consulenza legale i 05/02/2019
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato definisce il MAV come un “servizio di pagamento effettuato mediante un bollettino che contiene le informazioni necessarie alla banca del creditore (banca assuntrice) e al creditore stesso per la riconciliazione del pagamento. Esso viene inviato [...] al debitore, che lo utilizza per effettuare il pagamento presso la propria banca (banca esattrice). La banca del debitore, ricevuto il pagamento, provvede a riconoscerne l’importo alla banca del creditore tramite l’apposita procedura interbancaria elettronica, entro il termine massimo di due giorni lavorativi successivi. In base alla procedura interbancaria, la banca esattrice riceve dalla banca assuntrice una commissione definita a livello multilaterale in sede ABI.”
Nel bollettino sono indicati: il nome e cognome di chi deve pagare, l’importo da versare, la causale del pagamento e la scadenza entro cui effettuarlo, oltre un codice di 17 cifre che lo identifica in modo univoco.

Ciò posto, inviare un MAV presuppone in primo luogo essere in possesso dei dati relativi al destinatario (se non altro, il nome e cognome).
Quindi, il primo problema che si potrebbe presentare è relativo alla privacy ed al corretto trattamento dei dati personali.
Infatti, quando ci si iscrive ad una associazione viene di norma compilato un modulo di richiesta di adesione con indicazione -tra l’altro- dei dati anagrafici nonché una sottoscrizione relativa alla informativa sulla privacy per la gestione dei dati personali.
Pertanto, chi riceve il MAV se non è iscritto all’associazione potrebbe legittimamente chiedere l’origine dei dati, la loro cancellazione ed ogni altra informazione ai sensi del recente GDPR.
Da questo punto di vista, riteniamo dunque non legittimo inviare MAV a soggetti che non hanno mai dato alcuna autorizzazione.
Quindi, per evitare qualsiasi problema, suggeriamo pertanto di NON inviare MAV a persone non iscritte all’associazione.

Per quanto riguarda invece i soggetti già iscritti all’associazione, si osserva quanto segue.

Come previsto dall’art. 36 del codice civile “l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.” Quindi, occorre verificare se via sia una disposizione all’interno dello statuto in ordine al pagamento tramite MAV.

Appurato ciò, l’ultimo scoglio da superare riguarda quello della prescrizione.
Infatti, come previsto dall’art. 2948 c.c., tutto ciò che si deve pagare a scadenze periodiche di un anno o meno di un anno si prescrive in cinque anni.
Il termine decorre dal momento in cui la somma poteva essere richiesta.
Sono atti idonei ad interrompere la prescrizione la raccomandata a/r e la pec.

Alla luce di ciò, è possibile inviare MAV anche agli iscritti alla associazione tre anni prima, a meno che non abbiano nel frattempo esercitato il diritto di recesso ai sensi e secondo le modalità previste dal secondo comma dell’art. 24 c.c.

Thomas B. chiede
giovedì 28/06/2018 - Toscana
“Buon pomeriggio
sono a richiedere un vostro parere in ordine al fatto che in un'associazione NON riconosciuta (dove il presidente non è eletto dall'assemblea degli associati ma assume la carica per il suo ruolo rivestito in altra associazione) il comitato direttivo possa votare in sede di approvazione del rendiconto annuale. Al riguardo preciso che lo statuto prevede tale possibilità.
Laddove tale previsione statutaria sia nulla in quanto contro la legge la delibera è annullabile? e il singolo associato può richiedere l'accesso agli atti e far valere tale difetto della deliberazione?”
Consulenza legale i 06/07/2018
Riguardo alle associazioni non riconosciute il codice civile detta una disciplina piuttosto scarna, evidente espressione dell’intento di privilegiare, in questa materia, l’autonomia negoziale.
In particolare, l’art. 36 del c.c., comma 1, stabilisce che l’ordinamento e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi degli associati.
Qui trova particolare realizzazione anche il principio della libertà di associazione, sancito dall’art. 18 Cost., secondo cui i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Nel nostro caso, la lettura dello statuto dell’associazione non riconosciuta ha evidenziato quanto segue:
- è prevista la presenza di un organo “amministrativo”, denominato "comitato direttivo", composto da un presidente di nomina esterna più due membri eletti, invece, dall’assemblea dei delegati;
- al comitato direttivo spettano “tutti i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione”, tra i quali la formazione del bilancio annuale da sottoporre all’approvazione dell’assemblea dei delegati;
- i membri del comitato direttivo fanno altresì parte (sempre per esplicita previsione statutaria) dell’assemblea dei delegati, unitamente ai delegati che vengono eletti dagli associati;
- tra le competenze dell’assemblea dei delegati c’è appunto l’approvazione del bilancio annuale sottopostale dal consiglio direttivo.
Da quanto sopra deriva che, in base agli “accordi degli associati” espressi nello statuto, i membri del comitato direttivo hanno diritto di voto nell’approvazione del bilancio annuale che essi stessi hanno predisposto.
Si tratta forse di una contraddizione, se si ritiene che si debba attuare una separazione tra l’organo amministrativo, che appunto compie gli atti di amministrazione, e l’organo collegiale formato dagli associati che esercita, viceversa, un controllo sull’operato degli amministratori, anche attraverso - per la questione che qui specificamente interessa - l’approvazione del bilancio di esercizio.
Peraltro, è facile intuire come l’incidenza pratica del voto degli amministratori dipenda molto anche dal numero dei delegati eletti dagli associati, che ai sensi dello statuto è stabilito da un separato regolamento.
Tuttavia, ciò non sembra configurare una violazione di legge, tale da comportare una annullabilità della delibera assembleare (nella fattispecie, di approvazione del bilancio).
Si pensi al fatto che nelle stesse società per azioni non è previsto in generale che gli amministratori non possano votare. In particolare, ai sensi dell’art. 2373 del c.c., comma 2, gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità.
Un limite può essere costituito, semmai, dall’esistenza di un conflitto d'interessi. Il secondo comma del medesimo art. 2373 c.c. stabilisce che “la deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno”. Occorrono quindi tre presupposti:
1) sussistenza in concreto di un conflitto di interessi tra socio o amministratore, da un lato, e società dall’altro;
2) sussistenza di un danno, anche solo potenziale, per la società, collegato da nesso causale all’approvazione della delibera;
3) necessità che la deliberazione sia stata approvata con il voto determinante dei soggetti che sono portatori del conflitto di interessi.
In ogni caso, anche qualora volesse sostenersi l’applicazione analogica di tale ultima norma, occorrerebbe caso per caso accertare il verificarsi dei relativi presupposti.
Inoltre, bisogna pur sempre tener presente il principio dell’autonomia negoziale e la precedenza data dal menzionato art. 36 c.c. agli accordi tra gli associati.

In conclusione, ad avviso di chi scrive, appare difficilmente sostenibile che, nella fattispecie in esame, la delibera assembleare di approvazione del bilancio adottata - conformemente allo statuto - anche con il voto dei componenti il comitato direttivo, possa essere per ciò stesso considerata invalida.

GIORGIO C. chiede
lunedì 18/12/2017 - Lombardia
“CORREZIONE TIPOLOGIA CLIENTE
Una Associazione di cui all'art. 36 e segg.Cod.Civ. ha chiesto alla A2A, azienda fornitrice del gas a Milano, la correzione sulle bollette della TIPOLOGIA CLIENTE da "altri usi" ad "uso domestico non residente", la quale ha risposto negativamente "in quanto l'intestatario della fornitura è una persona giuridica e non una persona fisica" CONFONDENDO l'Associazione con un ente di cui al titolo 2 capo 1 codice civile.
La A2A cita l'art. 2 del "Testo Integrato delle Attività di Vendita al Dettaglio di Gas" reperibile sul sito internet.
Sembra che l'A2A confonda con l'art. 2 la "tipologia dei punti di riconsegna" mentre la correzione richiesta attiene alla "tipologia d'uso della fornitura" pure confondendola con la "destinazione d'uso".
Ovviamente la "tipologia cliente" definisce l'intestatario del contratto, la "tipologia d'uso della fornitura" e la "destinazione d'uso" è "domestica a destinazione d'uso civile" e la "tipologia dei punti di riconsegna" di cui al citato comma 2.1 let a riguarda la "regolazione del servizio" che abbia per titolare una persona fisica, precisando alla lettera d) che è da qualificare "per usi diversi" quando il gas sia utilizzato "per usi diversi da quelli riconducibili alle lett. a, b e c del presente comma".
Poichè l'unico punto di riconsegna non ha per titolare una persona fisica e quindi l'Associazione non rientra nella previsione inibitiva di cui al detto art. 2 let. a nè è da qualificarsi "per usi diversi" ai sensi del punto d) della medesima norma non rientrando tra quelli "riconducibili alle lett. a,b c della stessa disposizione, SI DOMANDA se sia fondato il diniego all'Associazione della correzione della "tipologia cliente" da "altri usi" ad "uso domestico non residente" con proposta della A2A di conseguentemente modificare il contratto di fornitura gas ed, in caso negativo, quali iniziative debbano essere intraprese.
In attesa porgo i migliori saluti.”
Consulenza legale i 09/04/2018
Per il mercato del gas naturale (metano) sono previste le seguenti tipologie di contratto:
Cliente domestico: persona fisica, che utilizza il gas per alimentare un’abitazione da un unico punto di prelievo PDR;
Condominio con uso domestico, ossia il punto di riconsegna PDR che alimenta un intero edificio, diviso in più unità catastali, in cui ci sia almeno una unità abitativa con utilizzi analoghi a quelli di un cliente domestico. Il contratto per tale punto di riconsegna può anche essere intestato ad una persona giuridica a patto che svolga le funzioni di amministratore del condominio e non sia una società che fornisce servizi di gestione calore o energia;
- Usi diversi: clienti che usano il gas per usi diversi da quelli elencati ai punti precedenti.

La destinazione d’uso indica per cosa viene impiegato il gas e sono: civile (utenza domestica), tecnologica.
Il punto di riconsegna (PDR) è un codice alfanumerico composto da un prefisso di due caratteri che indica la nazione (per esempio IT per Italia) e 14 numeri che identifica il punto fisico in cui il gas naturale viene consegnato dal fornitore e prelevato dal cliente finale. Poiché identifica un punto fisico sulla rete di distribuzione, il codice non cambia anche se si cambia fornitore. Molto spesso questo codice viene richiesto dalle società di vendita del gas per effettuare modifiche contrattuali. Il punto di riconsegna può alimentare sia una persona fisica sia un condominio per uso domestico oppure anche un utilizzo "per usi diversi" a seconda della tipologia di contratto.
Queste sono, dunque, le definizioni di cui alla normativa avente ad oggetto la vendita al dettaglio di gas.
Venendo al caso in esame, il cliente che ha sottoscritto il contratto di fornitura del gas è un’associazione di cui all’art. 36 c.c.. L’associazione non riconosciuta si configura come un ente collettivo costituente un centro autonomo di interessi fornito da un patrimonio distinto da quello dei singoli soci e, seppur priva di personalità giuridica, rappresenta comunque un soggetto di diritto.
Anche se ha base personale, l’associazione non può essere qualificata come persona fisica e, come tale, riteniamo che correttamente la tipologia di contratto debba rientrare in “usi diversi” e non quello di “uso domestico”.
Il cliente uso domestico è solo la persona fisica che utilizza il gas per alimentare la propria abitazione.
Nell’uso diverso vi rientrano, invece, tutte quei clienti ( persone fisiche o giuridiche) che utilizzano il gas per fini diversi da quelli domestici .
Il punto di riconsegna per usi diversi è definito, infatti, come “il punto di riconsegna nella titolarità di un cliente che utilizza il gas naturale per usi diversi da quelli riconducibili alle lettera a (cioè cliente domestico), b (cioè condominio con uso domestico), c( struttura pubblica o privata che svolge attività di assistenza)”.

Riteniamo, pertanto, anche alla luce della documentazione esaminata, che correttamente la fattispecie in esame sia stata collocata, quanto alla tipologia di contratto da applicare, in “usi diversi”, non essendo l’associazione una persona fisica o un condominio con uso domestico. Per quanto riguarda la destinazione d’uso, riteniamo corretta la destinazione ad uso civile, in quanto il gas sarà sicuramente utilizzato per uno o più dei seguenti scopi: riscaldamento, cottura cibi, produzione di acqua calda sanitaria, condizionamenti. Non si può invece far rientrare la fattispecie in argomento nell’uso tecnologico in quanto non sembra trattarsi di gas utilizzato nell’ambito di attività produttive industriali o artigianali.


Gianpaolo G. chiede
venerdì 06/11/2015 - Emilia-Romagna
“Stimatissimi Avvocati buongiorno, è circa 1 mese che frequento 1 corso di pittura ad olio, l'insegnante Pittrice è brava, frequento il corso 1 volta alla settimana, e pago regolarmente la lezione, e mi viene rilasciata la ricevuta.
L'ultima volta la Pittrice mi propone di diventare socio tesserato della sua Associazione Culturale (no profit), e mi chiede di portargli 1 mio documento (carta d' identità).
Mi dice lei che è meglio per eventuali controlli,...
Ora il quesito è questo: io diventando socio del' Associazione Culturale rischio di essere responsabile sia Civilmente che Penalmente, di eventuali problematiche future, tipo multe della Guardia di Finanza, multe della S.I.A.E, multe del' Ufficio delle Entrate, o eventuali debiti verso i creditori, fornitori, Banche, o altro?”
Consulenza legale i 11/11/2015
L'associazione è una persona giuridica disciplinata dal codice civile e da alcune leggi speciali, emanate in relazione ad alcuni tipi di associazioni (come la legge 383/2000, che contiene la disciplina delle associazioni di promozione sociale).

Nel quesito non si specifica quale tipo di associazione sia stata fondata dalla pittrice che tiene il corso, ma è del tutto plausibile immaginare che, trattandosi di una piccola associazione culturale a carattere locale, ci si trovi dinnanzi a una associazione non riconosciuta, atteso che il riconoscimento della personalità giuridica presuppone la presenza di una serie di requisiti importanti, che vengono verificati a livello regionale (è di norma richiesto un consistente patrimonio iniziale, costituito da un deposito monetario, che ad esempio, nella regione Veneto, non può essere inferiore nel minimo a € 15.000,00).

Fermo questo, analizziamo cosa stabilisce il codice civile agli articoli 36 e seguenti.

Il concetto fondamentale che emerge dalle norme (in particolare dal secondo comma dell'art. 38 del c.c.) è che l'associazione non riconosciuta gode di una autonomia patrimoniale imperfetta, in quanto la garanzia delle obbligazioni di volta in volta assunte dall'associazione viene estesa al patrimonio di coloro che abbiano agito in nome e per conto dell'associazione, intendendosi come tali i soggetti che abbiano concretamente svolto l'attività negoziale, anche se non titolari del potere di rappresentanza.
Dell'adempimento di tale obbligazione accessoria, gli amministratori risponderanno personalmente e solidalmente con il fondo comune, alla pari del fideiussore (artt. 1936 ss. c.c.).

Quindi, il singolo socio dell'associazione, che si limita a versare il contributo annuale e a godere dei servizi offerti dall'ente, non risponde delle obbligazioni assunte dalla stessa se non ha personalmente agito. Ad esempio, se l'associazione ordina un certo quantitativo di materiale per la pittura e poi non paga, l'azienda fornitrice potrà escutere il patrimonio dell'ente e quello della persona che ha concluso il contratto (di regola, si tratta delle persone incaricate dell'amministrazione dell'associazione, quindi i membri del direttivo o il presidente, che ha anche la legale rappresentanza della persona giuridica), ma non quello di tutti i singoli soci.

Lo stesso vale per eventuali sanzioni amministrative che dovessero essere comminate all'associazione.

Dal punto di vista penalistico, la responsabilità è sempre della persona fisica che ha agito, quindi, di nuovo, l'associato che non agisce mai in nome e per conto dell'associazione non si espone ad alcun particolare pericolo.

In ogni caso, l'iscrizione come associato ha di regola un limite temporale (normalmente annuale), quindi l'associato rimane tale solo per un periodo di tempo e può decidere in ogni momento di revocare la propria iscrizione. Il fatto che sia stato chiesto un documento di identità è del tutto normale, visto che l'associazione deve raccogliere i dati anagrafici dei propri iscritti, a fini istituzionali.

Per completezza va precisato che, se l'associazione risulta riconosciuta, la tutela del socio non amministratore né rappresentante dell'associazione è ancora più elevata, visto che l'ente risponde delle obbligazioni sociali solamente con il proprio patrimonio (si parla di autonomia patrimoniale perfetta).

Giusy chiede
venerdì 07/10/2011 - Calabria
“Salve, vorrei sapere quali sono i requisiti che un'associazione di promozione sociale deve avere per poter richiedere il riconoscimento, e quali adempimenti si devono eseguire a tale scopo. Grazie!”
Consulenza legale i 19/11/2011

I registri delle associazioni di promozione sociale operanti a livello locale sono tenuti dall'ente regionale, ai sensi della l. n. 383 del 7/12/2000. E' possibile chiedere alla Presidenza della Giunta della propria regione tutte le informazioni necessarie a conseguire la registrazione.

E' possibile chiedere l'iscrizione al registro nazionale delle associazioni di promozione sociale solo per quelle associazioni che svolgano attività in almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale (art. 7, comma 2, l. 383/2000).


Monia chiede
mercoledì 27/07/2011 - Veneto
“Buonasera. Il mio quesito è un pò complesso da porre: sono Vicepresidente in un comitato di Gestione di una Scuola dell'infanzia gestita da una associazione di Genitori.
Il comitato è composto da vari membri di diritto èpiù 3 genitori per ogni sezione attiva all'interno della scuola.
L'attuale comitato è stato eletto nel Novembre 2009 (con 2 sezioni) e rimarrà in carica 3 anni.
Nel settembre 2010 le sezioni sono passate a 3 e quindi abbiamo provveduto ad eleggere altri 3 membri.
A settembre 2011 le sezioni torneranno 2 ... è obbligatorio che tre persone del comitato si dimettano??? C'è qualche norma che regola situazioni di questo tipo???
Qualcuno vorrebbe le dimissioni ... mi piacerebbe capire se esiste qualche legge che regolamenta queste cose.
Grazie per l'aiuto.
Monia”
Consulenza legale i 11/10/2011

La legislazione codicistica in materia di associazioni non riconosciute è piuttosto scarna. Bisogna pertanto avere principalmente riguardo alle convenzioni degli associati, che si stabiliscono nell'atto costitutivo e nello statuto art. 14 del c.c.-art. 16 del c.c..

Lo Statuto, in particolare, regolamenta l'ordinamento interno e l'amministrazione dell'ente, mentre l'atto costitutivo, che è una particolare figura di contratto plurilaterale, contiene gli accordi degli associati relativamente alla costituzione e alle modalità di adesione.

Qualora mancasse una espressa pattuizione tra gli associati riguardo il funzionamento del recesso potranno trovare applicazione analogica le disposizioni dettate per le associazioni riconosciute, in particolare l'art. 24 del c.c. che disciplina l'esercizio del recesso e l'esclusione dell'associato , previa deliberazione dei competenti organi associativi.
Corre l'obbligo di precisare che l'esclusione è una extrema ratio, vista con disfavore dal legislatore, che infatti l'ha circondata di cautele, prevedendo espressamente che devono ricorrere gravi motivi per poterla agire.


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