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Articolo 14 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Atto costitutivo

Dispositivo dell'art. 14 Codice Civile

Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite [16] con atto pubblico [2699] [3].

La fondazione può essere disposta anche con testamento.

Note


Brocardi

Universitas bonorum

Spiegazione dell'art. 14 Codice Civile

L'atto costitutivo è il fondamentale negozio giuridico preposto alla costituzione dell'ente; esso è un contratto plurilaterale con comunione di scopo, in genere aperto all'adesione di altri soggetti, necessario e prodromico (se nelle forme dell'atto pubblico) al riconoscimento; diversamente, l'associazione non riconosciuta ben potrà costituirsi senza l'osservanza della forma dettata dal presente articolo.

L'atto costitutivo delle fondazioni, oltre alla forma dell'atto pubblico unilaterale, può rivestire la forma del testamento (atto di ultima volontà del fondatore). Essenziale risulta essere l'atto di dotazione, con cui il fondatore costituisce il patrimonio necessario, destinato alla realizzazione dello scopo.
Inoltre, le fondazioni devono essere riconosciute (nel nostro ordinamento non sono ammissibili le fondazioni non riconosciute).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

45 E' stato osservato che le regole contenute nell'art. 14 del progetto definitivo potevano agevolmente desumersi dai principi generali. L'osservazione è esatta per ciò che riguarda l'impugnativa dell'atto di fondazione per lesione della legittima o per frode, ma non sembra che possa dirsi altrettanto per ciò che riguarda la intrasmissibilità agli eredi della facoltà di revoca, perché, nel silenzio della legge, siffatta facoltà si dovrebbe considerare trasmissibile. Sono stati mantenuti pertanto nell'art. 15 del c.c. i due primi commi dell'articolo 14 del progetto, salvo un lieve miglioramento formale. E' stato osservato che le disposizioni del primo e del terzo comma dell'art. 15 del progetto definitivo circa il riconoscimento di associazioni e di fondazioni, avendo una portata puramente regolamentare, troverebbero più appropriata sede nelle norme di attuazione. La proposta è apparsa fondata ed è stata accolta. Chè anzi, anche il secondo comma deve avere una stessa sorte, in quanto che stabilisce una modalità nella procedura per la concessione del riconoscimento, che non contrasta col principio affermato nel primo comma dell'art. 12 del c.c. del testo, e ne può costituire un ulteriore svolgimento.

Massime relative all'art. 14 Codice Civile

Cass. civ. n. 28611/2022

Il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni realizzate a seguito dell'attuazione di un piano di lottizzazione costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora in tali atti manchi una disciplina specifica sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, trovando applicazione l'art.1118, comma 2, c.c. e non l'art. 1104 c.c., il consorziato non può, attraverso il c.d. abbandono liberatorio, rinunziare al diritto sui beni in comune, sottraendosi al contributo delle spese necessarie alla loro conservazione.

Cass. civ. n. 22955/2020

L'ente associativo dedito esclusivamente all'attività di formazione professionale sulla base di progetti predisposti dalla regione, dalla quale riceva contributi per la copertura integrale dei costi di organizzazione, non è assoggettabile a fallimento, atteso che la gratuità di una simile attività, concretamente assicurata con l'erogazione dei predetti contributi, esclude che l'ente operi in modo che siano remunerati, anche solo in parte, i fattori di produzione con i propri ricavi. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la corte di appello, respingendo il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di un ente di formazione, aveva ricollegato il carattere imprenditoriale della sua attività, al solo dato oggettivo dell'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, considerando irrilevante la gratuità del servizio reso agli allievi). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO PALERMO, 13/01/2016)

Cass. civ. n. 24214/2019

In tema di associazioni non riconosciute, gli organi legittimati ad esprimere la volontà dell'ente permangono in carica, in applicazione analogica dell'art. 2385 c.c. e salvo che sia diversamente stabilito dallo statuto o dall'assemblea, fino alla sostituzione dei loro componenti, dovendosi presumere che tale "perpetuatio" sia conforme all'interesse dei membri di dette associazioni perché volta a consentire il normale funzionamento delle stesse. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il soggetto al quale era stato conferito il potere di agire in giudizio in nome di un'associazione sindacale non decadesse automaticamente dall'incarico allo scadere del periodo per il quale era stato nominato, in assenza di norme statutarie o delibere assembleari che disponessero in maniera differente).

Cass. civ. n. 20764/2018

ll Fondo Pensioni per il Personale della Banca di Roma ha natura di fondazione e, in quanto tale, è assoggettato alle relative disposizioni codicistiche, sicché l'azione per far valere eventuali violazioni di norme imperative, da parte di una delibera assembleare modificativa dello statuto, è assoggettata a prescrizione quinquennale, trattandosi, ai sensi dell'art. 23, comma 1, c.c., di una speciale forma di annullabilità che deroga al principio generale dell'art. 1418 c.c., il quale detta, per i negozi contrari a norme imperative, il diverso regime della nullità. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 10/08/2012)

Cass. civ. n. 17481/2018

Per l'accettazione dei legati da parte dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (O.N.M.I.), non è necessaria la preventiva autorizzazione governativa prevista dal previgente art. 1, comma 4, del r.d. n. 2316 del 1934, abrogato dall'art. 13, comma 1, della l. n. 127 del 1997, e ciò anche quando la relativa disposizione testamentaria sia precedente a tale abrogazione, poiché l'art. 1 della l. n. 192 del 2000, di modifica del citato art. 13, ha esteso la rimozione della summenzionata preventiva autorizzazione alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore all'entrata in vigore della l. n. 127 del 1997, salvi i casi di rapporti già definiti mediante intervenuta autorizzazione prima di detta data. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, 20/12/2013)

Cass. civ. n. 16409/2017

L'atto pubblico costitutivo di una fondazione, ai sensi dell'art. 14 c.c., avendo struttura di negozio unilaterale ed autonoma causa, consistente nella destinazione di beni per lo svolgimento in forma organizzata dello scopo statutario, non dà luogo ad un atto di donazione e non rientra, pertanto, fra gli atti per i quali è sempre necessaria la presenza di due testimoni, agli effetti dell'art. 48 della l. n. 89 del 1913, nella formulazione antecedente alla sostituzione operata dalla l. n. 246 del 2005.

Cass. civ. n. 21477/2007

L'atto col quale taluno eriga una fondazione, disponendo che i beni ed i redditi di essa siano destinati, dopo la morte del fondatore, ad un proprio erede legittimario, costituisce un legato disposto con un testamento assimilabile a quello olografo, a nulla rilevando che l'atto costitutivo della fondazione non sia stato scritto di pugno del testatore, ove comunque sia incontestabile l'autenticità della sua sottoscrizione. Ne consegue che, nel suddetto caso, l'acquisto effettuato dal beneficiario ha natura successoria ed è assoggettabile all'imposta sulle successioni.

Cass. civ. n. 16600/2007

La creazione di un'associazione presuppone un contratto (normalmente) plurilaterale, caratterizzato dal fatto che le prestazioni sono dirette al perseguimento di uno scopo collettivo, da realizzarsi attraverso lo svolgimento, in comune, di un'attività, ogni contraente trovando il corrispettivo della propria prestazione nella partecipazione al risultato a cui tende l'intera associazione; la formazione dell'atto costitutivo può essere non solo simultanea, ma anche continuata o successiva, secondo un procedimento nel quale il vincolo associativo si forma, progressivamente, attraverso le adesioni al programma, essendo escluso che la semplice possibilità di adesioni successive renda configurabile un'associazione (fattispecie in cui la S.C., in applicazione di tali principi, ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza del requisito della pluralità di soggetti nel caso di ente costituito unilateralmente con deliberazioni comunali, senza che ad esso avessero aderito, neppure successivamente, altri enti o soggetti).

Cass. civ. n. 3892/2004

La controversia circa la validità o l'efficacia dell'atto costitutivo di una fondazione (nella specie impugnato per simulazione e per frode alla legge) rientra, anche dopo che sia intervenuto il provvedimento di riconoscimento della personalità giuridica, nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso che il negozio di fondazione integra un atto di autonomia privata, che non partecipa della natura del provvedimento amministrativo di riconoscimento, ma è regolato in relazione alla sua validità ed efficacia dalle norme privatistiche e genera rapporti di diritto privato e posizioni di diritto soggettivo. Nè, ove si tratti di una fondazione ecclesiastica, ciò è di ostacolo la disposizione dell'art. 20, primo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, giacchè talé norma si limita a disciplinare le modalità con le quali viene recepito nell'ordinamento statuale il provvedimento dell'autorità ecclesiastica competente che sopprime l'ente o ne dichiara l'avvenuta estinzione, senza in alcun modo incidere sulla distinzione tra atto negoziale di costituzione dell'ente e provvedimento ecclesiastico che crea o sopprime la persona giuridica nell'ambito di quell'ordinamento, dovendosi d'altra parte escludere che il sindacato sulla validità o sull'efficacia del primo, da svolgere secondo le norme civilistiche, menomi il potere riservato all'autorità ecclesiastica di pronunciare sulla soppressione dell'ente. (Principio espresso in fattispecie disciplinata dalla normativa anteriore alla riforma di cui al regolamento approvato, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, con D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto).

Cass. civ. n. 8435/2000

Lo statuto e l'atto costitutivo di un'associazione non riconosciuta costituiscono espressione di autonomia negoziale, nell'ambito di un fenomeno (quello associativo) in cui il perseguimento di comuni interessi costituisce oggetto di un impegno contrattualmente assunto dai singoli associati; ne consegue che l'interpretazione dei suddetti atti è soggetta alla disciplina prevista per i contratti e che l'accertamento della volontà degli stipulanti costituisce indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale.

Cass. civ. n. 11046/1997

Lo statuto dell'associazione nazionale podologi (ente di diritto privato) ha natura indiscutibilmente negoziale, e la sua interpretazione, da parte del giudice di merito, è censurabile, in sede di legittimità, soltanto per difetto di motivazione o per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale previste dagli art. 1362 ss. c.c. (nella specie, la corte territoriale, nell'escludere che lo statuto "de quo" contenesse una deroga al disposto di cui all'art. 24 c.c. in tema di organi competenti a decidere sulla espulsione agli appartenenti all'associazione, aveva ritenuto che l'art. 8 del detto statuto - secondo il quale le decisioni per le controversie tra soci ed associazioni erano rimesse alla valutazione finale del consiglio direttivo - non fosse applicabile anche all'ipotesi dell'espulsione, in considerazione della "tipicità" di tale sanzione, richiamando, a conforto di tale interpretazione, il disposto del precedente art. 3, contenente espressa previsione della sanzione della espulsione per i soli atti "contrari alle finalità all'associazione". La S.C., nel confermare tale decisione, ha enunciato il principio di diritto di cui in massima).

Cass. civ. n. 3980/1997

Il quadro generale della disciplina delle associazioni (riconosciute o meno) è caratterizzato dall'assenza di qualsiasi previsione normativa che valga a configurare, a carico di un'associazione, un obbligo di accogliere le domande di ammissione di volta in volta presentate da chi si dimostri in possesso dei requisiti richiesti. Pertanto, nell'assenza di qualsivoglia obbligo di tal genere, l'ammissione resta, pur sempre, sia da parte dell'associazione, sia da parte di chi aspiri ad entrarvi, un atto di autonomia contrattuale, sicchè l'adesione ad un ente già costituito non si sottrae al requisito dell'accordo delle parti, necessario per la conclusione di ogni contratto. Nè ha pregio richiamare la disciplina dell'obbligo a contrarre che l'art. 2597 c.c. pone a carico del monopolista legale, ed invocarne l'applicazione analogica nel caso in esame. Una tale norma, infatti, prende in considerazione l'ipotesi dell'impresa che goda dell'esclusiva dell'offerta di beni o servizi, o in virtù di legge, o in base ad una concessione amministrativa, e, in armonia con il principio dell'utilità sociale di cui all'art. 41 Cost., fissa, a tutela del consumatore, l'obbligo di contrattare del monopolista. Ma, ovviamente, una tale disciplina - che già non può essere applicata analogicamente all'ipotesi del monopolista di fatto - meno che mai può trovare applicazione in una materia - quale quella delle associazioni - che si rende del tutto estranea alla tematica del monopolio.

Cass. civ. n. 1806/1997

L'atto di dotazione, correlato al negozio istitutivo di una fondazione contenuto, a norma dell'art. 14, secondo comma, c.c., in un testamento, può consistere non solo nell'attribuzione alla istituenda fondazione di un legato, ma anche in lascito di beni a titolo ereditario. (Nella specie peraltro, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva qualificato come legato l'attribuzione patrimoniale relativa alla nuova fondazione, dando rilievo alla parte della motivazione della medesima sentenza basata sull'interpretazione della specifica volontà testamentaria).

Cass. civ. n. 1737/1996

Nel caso di fondazione costituita con testamento, le disposizioni del fondatore, le quali prevedano la destinazione a favore di terzi degli utili dei beni che costituiscono la dotazione dell'ente, determinano lo scopo della fondazione medesima e non prevedono, invece, a carico della stessa un modo, inteso nel senso di onere o peso che il gratificato di una liberalità subisca per volontà di chi ha fatto l'attribuzione e consistente nell'erogazione di una parte del vantaggio patrimoniale a favore del disponente o di terzi.

Cass. civ. n. 5192/1991

La norma dettata dall'art. 24 c. c. - secondo cui gli organi associativi possono deliberare l'esclusione dell'associato per gravi motivi - è applicabile anche alle associazioni non riconosciute ed implica per il giudice, davanti al quale sia proposta l'impugnazione della deliberazione di esclusione, il potere dovere di valutare, ex art. 1455 c. c., ove si tratti di fatti imputabili a titolo di dolo o di colpa dell'associato escluso, se essi siano gravi e non di scarsa importanza, non anche di valutare l'opportunità intrinseca della deliberazione stessa, dovendosi l'accertamento giudiziale ritenere limitato alla risoluzione della questione se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall'atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo.

Cass. civ. n. 6725/1988

In tema di associazioni, riconosciute o non riconosciute, il principio secondo il quale la deliberazione di esclusione dell'associato è di pertinenza dell'assemblea a norma dell'art. 24 3° comma c. c., è derogabile con lo statuto (atto contrattuale soggetto alle ordinarie regole di ermeneutica negoziale), il quale può attribuire il relativo potere ad organi diversi, salvo restando la facoltà dell'interessato di impugnare il provvedimento di esclusione con ricorso all'autorità giudiziaria.

Cass. civ. n. 2601/1986

L'associazione non riconosciuta, inquadrabile nello schema dell'art. 36 c. c., si configura come un ente collettivo costituente un centro autonomo di interessi fornito di un patrimonio distinto da quello dei singoli soci e, se pur priva di personalità giuridica, rappresenta comunque un soggetto di diritto, disciplinato dagli accordi stipulati dagli associati, la cui esistenza e contenuto possono essere provati anche per testi, richiedendosi la forma scritta solo limitatamente alle pattuizioni che conferiscono il godimento di beni immobili o di altri diritti immobiliari per un tempo eccedente i nove anni od indeterminato, ai sensi dell'art. 1350, n. 9 c. c.

Cass. civ. n. 4024/1984

In materia successoria le controversie relative (e limitate) alla validità ed efficacia del negozio di fondazione, inserito nel testamento, rientrano nella giurisdizione dell'ago, trattandosi di negozio avente natura privatistica, cui afferiscono posizioni di diritto soggettivo.

Cass. civ. n. 6683/1982

L'interpretazione delle clausole statutarie di un'associazione non riconosciuta è riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione aderente ai criteri legali di ermeneutica contrattuale, dettati dagli art. 1362 e segg. c. c., ed immune da vizi (nella specie: la sentenza impugnata aveva ritenuto che l' del presidente del club promotore del giudizio, con riferimento alla quale l'art. 44 dello statuto prevedeva l'attribuzione del potere di rappresentanza al vicepresidente, fosse comprensiva anche dell'ipotesi, non espressamente contemplata, della della carica; la suprema corte ha giudicato corretta tale interpretazione, ritenendo, conseguentemente, non invocabile l'art. 78 c. p. c., che prevede la nomina di un curatore speciale nel caso in cui manchi la persona cui spetta la rappresentanza).

Cass. civ. n. 654/1968

Al negozio di fondazione, che è atto di privata autonomia, sono applicabili tutte le regole sancite per i contratti compatibili con il suo specifico contenuto e, quindi, anche quelle che regolano l'inserzione di clausole condizionali. Nell'atto di fondazione può essere posta come condizione di efficacia del negozio anche la concordanza tra lo statuto predisposto dal fondatore e quello approvato con l'atto amministrativo di riconoscimento, concordanza la cui sussistenza o mancanza si pone, nei confronti dell'atto del fondatore come evento estraneo all'autonomia di questi, ed il cui verificarsi è possibile sia in un senso che nell'altro.

Qualora sia posta come condizione di efficacia dell'atto di fondazione di una persona giuridica, la conformità dello statuto approvato dall'autorità amministrativa a quello predisposto dal fondatore, il difetto di essa assume una duplice rilevanza: quella di difetto di un presupposto e quindi di invalidità dell'atto di riconoscimento, e quella di difetto di efficacia dell'atto di fondazione (quanto meno con riguardo all'attribuzione patrimoniale). Di conseguenza si offre al fondatore la possibilità di esercizio di una duplice pretesa; quella di invalidazione del provvedimento amministrativo, esercitabile dinanzi alla giurisdizione amministrativa, e quella di caducazione del negozio privato la quale, in quanto concerne l'attuazione di un negozio di diritto privato, l'efficacia o meno di questo e le conseguenze dell'asserita inefficacia (restituzione dei beni trasferiti per difetto dell'atto traslativo), è proponibile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.

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Consulenze legali
relative all'articolo 14 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G.H. chiede
venerdì 01/03/2024
“Una volta convocata assemblea dei soci in una Asd per elezione del nuovo consiglio direttivo,si possono accettare domande di ammissione di nuovi membri?O tale procedura viene congelata fino a nuova elezione?”
Consulenza legale i 14/03/2024
La procedura di ammissione dei nuovi soci in un’associazione è, di norma, regolata dallo statuto.
Nel caso di specie, l’art. 5 disciplina detta procedura, prevedendo che l’ammissione di un nuovo socio, previa richiesta di questo, sia subordinata all’accettazione della domanda da parte del consiglio direttivo.
Solo con l’accettazione della domanda il richiedente acquista ad ogni effetto la qualifica di socio.

Ciò risponde alle caratteristiche socio-centriche di un’associazione, in quanto la decisione di ammettere un nuovo socio incide sull’equilibrio organizzativo, determinato dalle azioni intraprese dall’assemblea alla quale hanno diritto di partecipare e votare tutti i soci in regola con la quota associativa.

Una volta che l’assemblea ha nominato il nuovo consiglio direttivo, è possibile ammettere nuovi soci; a tal fine sarà necessario che questo si riunisca per valutare tutte le domande pervenute e decidere sull’eventuale ammissione, redigendo l’apposito verbale e, in caso di valutazione positiva, iscrivendo i nuovi nominativi all’interno del libro soci.

S. P. chiede
sabato 13/01/2024
“Sono consigliere di una sede territoriale di una associazione datoriale e per motivi personali non posso più adempiere al mio ruolo. Qual è l'iter da seguire per preparare e consegnare delle valide dimissioni rispetto a questa tipologia di associazione?”
Consulenza legale i 24/01/2024
Quando un membro del consiglio direttivo intende presentare le dimissioni dalla propria carica, dovrà inviare una comunicazione scritta contenente la domanda di dimissioni tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno (o PEC) all'associazione, al presidente e al consiglio direttivo stesso; nella stessa sarà opportuno chiedere che si provveda all'elezione di un nuovo consigliere.

Generalmente lo statuto delle associazioni contiene un articolo in cui viene disciplinata la procedura di dimissioni, le tempistiche di efficacia delle stesse (cioè dopo quanto tempo dalla ricezione della comunicazione il consigliere dimissionario si consideri sollevato dal proprio incarico) e l’elencazione dei motivi che potrebbero portare alle dimissioni dei componenti (motivi personali, malattia, problemi interni all'associazione…).
Il consiglio direttivo, in seguito alla ricezione della comunicazione, dovrà comunicare le dimissioni a tutti gli associati e convocare l'assemblea per la nomina di un nuovo consigliere, posto che l'elezione dei consiglieri rientra proprio tra le attribuzione dell'assemblea ordinaria.

La comunicazione di dimissioni dovrebbe avere il seguente tenore:
“Io sottoscritto _____________________ intendo con la presente rassegnare le dimissioni dalla carica di consigliere dell’Associazione ____________________, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. ___ dello Statuto, per le seguenti motivazioni: ______________________________.
Si invita il consiglio direttivo a convocare un’assemblea al fine di nominare un nuovo consigliere in sostituzione del sottoscritto.”


Nel caso in cui, oltre alla carica di consigliere dovesse rivestire contemporaneamente anche la qualità di associato dell’associazione stessa, si consiglia di specificare che non intende recedere, ai sensi dell’art. 24 del c.c., da tale posizione.

Di certo, può richiedere una copia dello statuto presso la sede dell’associazione (ne ha diritto, tanto in qualità di membro del consiglio direttivo, quanto in quella eventuale di associato), al fine di verificare le modalità e le tempistiche dell’iter relativo alle dimissioni dalla carica di consigliere.

ENRICO M. chiede
martedì 11/08/2020 - Marche
“Con riferimento alla situazione di seguito descritta si richiede il Vostro parere legale circa la correttezza dei passaggi seguiti.

Antefatto: in una Associazione culturale si dimette, per ragioni personali, un componente del Consiglio Direttivo che riveste anche la carica di Vice Presidente, il quale chiede comunque di rimanere come socio.

La questione viene affrontata nel seguente modo:

1) Il Direttivo a maggioranza accetta le dimissioni e comunica all'interessato con lettera l'accettazione delle dimissioni; nulla in contrario al mantenimento della veste di socio dell'Associazione.

2) Il Direttivo sostituisce il dimissionario con il primo dei non eletti ed elegge al proprio interno il nuovo Vice Presidente.

Quanto deciso ai precedenti punti 1 e 2 verrà portato alla prossima Assemblea annuale ordinaria dei soci.
Qui però, in assenza di precise disposizioni statutarie, sorgono i seguenti dubbi:

a) se nei confronti dell' Assemblea ci debba essere solo una semplice comunicazione e quindi una mera presa d'atto oppure se, con particolare riferimento all'avvicendamento tra il dimissionario e il primo dei non eletti, vi debba essere l'approvazione dell'Assemblea e quindi, in ipotesi, anche la richiesta da parte dell'Assemblea stessa di procedere alla sostituzione non mediante semplice cooptazione ma con una votazione (si fa presente che fra sette mesi il Direttivo andrà a scadenza statutaria e pertanto dovrà essere rinnovato);

b) se, nelle more dell'Assemblea, la delibera di sostituzione del dimissionario si possa considerare immediatamente esecutiva, cioè se il nuovo componente possa fin da subito entrare a far parte del Direttivo.

Si ringrazia per l'attenzione e per la risposta.”
Consulenza legale i 31/08/2020
L’assenza di una specifica disciplina statutaria in punto di sostituzione di un membro del Consiglio Direttivo di una associazione rende possibile (e quindi legittima) la possibilità procedere alla sostituzione del membro dimissionario del Consiglio Direttivo da parte dell’Associazione per mezzo della nomina al suo interno del primo dei non eletti, così come risulta essere stato fatto nel caso di specie. Non v’è, pertanto, alcun obbligo di procedere ad una successiva delibera dell’Assemblea di nomina di detto nuovo membro.

In relazione, invece, al quesito di cui alla lettera b), si evidenzia come l’efficacia della nomina del nuovo membro del Consiglio Direttivo è da rinvenirsi nel momento in cui quest’ultimo accetta detta nomina.

Lorena P. chiede
martedì 01/03/2011 - Puglia

“Esiste una regolamentazione nel Codice Civile in base alla quale è fatto obbligo di distribuire a tutti i soci di una associazione i verbali delle assemblee?
Grazie”

Consulenza legale i 02/03/2011

Esiste una norma nel codice civile che riguarda, però, le società di capitali ed è l'art. 2422 del c.c. rubricato "diritto di ispezione dei libri sociali" che permette ai soci di esaminare e di ottenere copia anche dei verbali grazie al rinvio operato al punto 3 dell'art. 2421 del c.c..
Sennonchè nella disciplina codicistica delle Associazioni non si rinviene una norma analoga che detti una precisa prescrizione concernente il diritto di accesso agli atti e ai provvedimenti dell’ente, comprensiva, dunque, della facoltà di richiedere in qualsiasi momento copia dei verbali delle sedute dell’Assemblea o di un altro organo di gestione o degli atti formali assunti.
Si evidenzia, comunque, che l’art. 16 del c.c. prescrive che l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente devono stabilire i diritti e gli obblighi degli associati, tra i quali dovrebbe essere comunque annoverato una forma di diritto di accesso agli atti.


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