Cass. civ. n. 623/2016
In tema di opposizione allo stato passivo nell'ambito di un fallimento dichiarato dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006, benché su ricorso depositato anteriormente, la pronuncia del tribunale, che abbia deciso all'esito di un procedimento camerale ed in composizione collegiale pur avendo ritenuto applicabile la disciplina ante riforma, è direttamente ricorribile per cassazione, attese le concrete modalità con cui si é svolto il giudizio, qualora la forma del provvedimento decisorio non sembri il frutto di una meditata valutazione del giudicante. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, dichiarativa dell'improcedibilità di un'opposizione allo stato passivo perchè il deposito del corrispondente ricorso non era stato seguito dalla costituzione dell'opponente prevista dall'art. 98 l.fall. ante riforma, ritenendo correttamente proposto il ricorso diretto per cassazione, alla stregua dell'art. 99 l.fall. novellato dal d.lgs. n. 5 del 2006, e che quest'ultima norma non prevede più la predetta costituzione, perché ormai contestuale al deposito del ricorso in opposizione e del fascicolo di parte).
Cass. civ. n. 15200/2015
Qualora, nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, sia invocata l'ammissione al passivo, contestata con opposizione ex art. 98 legge fall., di un credito il cui accertamento è già devoluto alla giurisdizione di un arbitro straniero, permane il potere del giudice concorsuale di ammettere il credito con riserva, considerandolo come condizionale rispetto all'esito del processo pendente dinanzi al giudice competente, senza che sussista, in tal caso, una questione di giurisdizione proponibile con lo strumento del regolamento ex art. 41, primo comma, c.p.c..
Cass. civ. n. 7407/2013
In tema di procedure concorsuali, non sussiste - anche nel regime intermedio di cui al d.l.vo n. 5 del 2006 ed anteriore al d.l.vo n. 169 del 2007 - la legittimazione del fallito ad impugnare i provvedimenti adottati dal giudice delegato in sede di formazione dello stato passivo, non solo perché privi di definitività e con efficacia meramente endoconcorsuale, ma anche per quanto disposto dall'art. 43 legge fall., che sancisce, per i rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento, la legittimazione esclusiva del curatore, nonché per l'espressa previsione di cui all'art. 98 legge fall., a tenore del quale il decreto con cui il giudice rende esecutivo lo stato passivo non è suscettibile di denunzia con rimedi diversi dalle impugnazioni tipiche ivi disciplinate, esperibili soltanto dai soggetti legittimati, tra i quali non figura il fallito.
Cass. civ. n. 5167/2012
Il giudizio di opposizione allo stato passivo avendo natura impugnatoria ed essendo retto dal principio dell'immutabilità della domanda, non possono essere introdotte domande nuove o modificazioni sostanziali delle domande già vanzate in sede d'insinuazione al passivo. È, pertanto, inammissibile la richiesta di riconoscimento della prededucibilità del credito, insinuato originariamente in via privilegiata, implicando tale richiesta l'introduzione nel giudizio di un diverso tema di discussione e d'indagine, in quanto credito privilegiato e credito prededucibile hanno presupposti differenti.
Cass. civ. n. 3082/2011
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza al curatore, secondo quanto previsto dall'art. 99 legge fall., nel testo come sostituito dall'art. 6 del d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169, "ratione temporis" applicabile, ha natura perentoria e tuttavia la sua osservanza presuppone che alla parte opponente sia stato previamente comunicato il decreto presidenziale di fissazione dell'udienza, non essendo sufficiente il suo mero deposito in cancelleria e pertanto non producendosi, in difetto, alcuna decadenza. (Nell'affermare detto principio, la S.C. ha cassato con rinvio il decreto con cui il tribunale aveva rigettato il ricorso in opposizione in quanto notificato al curatore oltre il termine di rito, computato dal predetto deposito, anziché dalla comunicazione, mai attuata dalla cancelleria).
Cass. civ. n. 365/2011
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo di un fallimento, dichiarato dopo l'entrata in vigore del d.l.vo n. 5 del 2006, benchè su ricorso anteriore, ma prima dell'entrata in vigore del d.l.vo n. 169 del 2007, la previsione per cui, ai sensi dell'art. 99 legge fallim. "ratione temporis" vigente, il relativo ricorso va notificato anche a tale soggetto, non trasforma il fallito medesimo in un litisconsorte necessario, attribuendogli la norma solo la facoltà di essere sentito, correlata ad un potere discrezionale e motivato del giudice, secondo un principio di audizione riproduttivo di quello vigente, ex art. 485 c.p.c., nel processo esecutivo singolare; ne consegue che, avendo il predetto adempimento il valore di semplice "denuntiatio litis", la prova assunta (nella specie, per testimoni) in assenza della citata notifica non è inficiata da nullità per lesione del contraddittorio.
Cass. civ. n. 25819/2010
In tema di impugnazioni dello stato passivo fallimentare, la disciplina transitoria contenuta nell'art. 22 del d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169 si applica ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore (1° gennaio 2008) ed alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte dopo tale data; ne consegue che, così come il ricorso per opposizione allo stato passivo depositato dopo l'entrata in vigore del d.l.vo 9 gennaio 2006, n. 5 ma in data anteriore al 1° gennaio 2008 deve essere notificato anche al fallito, secondo la previsione della sola disciplina normativa del d.l.vo n. 5 cit., pure la corrispondente impugnazione, ai sensi dell'art. 99 legge fallim. "ratione temporis" vigente, va notificata a tale soggetto, che, tuttavia, non è un litisconsorte necessario del curatore, essendo la sua presenza unicamente finalizzata all'eventuale apporto volontario di elementi utili alla decisione. Ne consegue che, avendo il predetto adempimento il valore di semplice "denuntiatio litis", la sua omissione, in difetto di specifica diversa disposizione, non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione, dovendo il tribunale disporre unicamente la rinnovazione dell'atto mancante.
Cass. civ. n. 11301/2010
In tema di fallimento, la disciplina transitoria contenuta nell'art. 22 del d.l.vo n. 169 del 2007 prescrive che le disposizioni del predetto decreto si applichino ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore (1 gennaio 2008) e alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte dopo tale data; ne consegue che il ricorso per opposizione allo stato passivo depositato dopo l'entrata in vigore del d.l.vo n. 5 del 2006 ma in data anteriore al 1 gennaio 2008 deve essere notificato anche al fallito, come previsto nella sola disciplina normativa del d.l.vo n. 5 cit., non trattandosi di procedimento assimilabile a quello relativo alla dichiarazione di fallimento.
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Nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza al fallito, secondo quanto previsto dall'art. 99 della legge fall., nel testo novellato dall'art. 84 del d.l.vo n. 5 del 2006, non ha natura perentoria, e, conseguentemente, la sua inosservanza non rende inammissibile l'opposizione, restando sanata ai sensi dell'art. 156 c.p.c., se alla nuova udienza fissata dal giudice delegato l'opponente dimostri di aver provveduto all'adempimento prescritto nel termine a tal fine assegnatogli. (Fattispecie disciplinata dall'art. 99 cit., nella formulazione precedente la modifica introdotta dall'art. 6 del d.l.vo n. 169 del 2007, in vigore dal 1 gennaio 2008, che esclude l'obbligo di notifica al fallito).
Cass. civ. n. 6623/2010
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, ai sensi degli artt. 98 e 99 legge fall. (nel testo applicabile "ratione temporis"), trovano applicazione le norme del codice di rito che disciplinano il giudizio di primo grado, a parte le espresse deroghe contenute nella disciplina speciale, per cui il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo dovuto ad inerzia endoprocessuale delle parti e disposto ex artt. 181 e 307 c.p.c., non determina l'estinzione del processo, nel caso in cui il creditore opponente si sia costituito tempestivamente nel termine perentorio, disposto dal medesimo art. 98, di cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato per la comparizione delle parti. Ne consegue che, a seguito della predetta cancellazione, il processo può essere riassunto nel termine di un anno dalla data della relativa ordinanza, e, in caso di riassunzione tardiva, l'estinzione può essere dichiarata solo se eccepita dalla parte.
Cass. civ. n. 559/2010
È inammissibile un'impugnazione autonoma del decreto con cui il giudice delegato non ammette un singolo credito al passivo fallimentare ovvero lo ammette in via chirografaria, anziché con la causa di prelazione richiesta, essendo tale atto modificabile, fino alla data di deposito dello stato passivo, con il decreto di esecutività ex art. 97 della legge fall.; l'esigenza di definizione unitaria di tutte le questioni concernenti lo stato passivo, che ha indotto il legislatore a configurare l'opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva, di cui all'art. 98 della legge fall., come rimedio impugnatorio avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, esclude infatti la proponibilità di un'opposizione al passivo anticipata; nè la collocazione dei crediti nel passivo fallimentare si configura alla stregua di una fattispecie sostanziale generatrice del diritto o di una condizione dell'azione, non potendo utilmente sopravvenire alla formulazione della domanda.
Cass. civ. n. 25494/2009
In tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale 22 aprile 1986, n. 102 e 30 aprile 1986, n. 120, con cui fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 98 della legge fall., nella parte in cui faceva decorrere il termine per l'opposizione dal deposito dello stato passivo in cancelleria e non prevedeva la comunicazione al curatore del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, al termine concesso dal giudice delegato, ai sensi del secondo comma dell'art. 98 (nel testo originario, "ratione temporis" applicabile), per la notifica al curatore del ricorso e del conseguente decreto di fissazione dell'udienza, deve attribuirsi natura ordinatoria, anche perché finalizzato a permettere la costituzione del curatore; ne consegue che la sua inosservanza non determina l'inammissibilità dell'opposizione, restando sanata, ex art. 156 c.p.c., se alla nuova udienza fissata dal giudice delegato il curatore sia comparso e abbia svolto l'attività cui la notifica del ricorso e del decreto era strumentale.
Cass. civ. n. 12985/2009
Anche nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale "dal titolo dedotto in giudizio dall'attore", che giustifica la trattazione simultanea delle cause, si configura non già come identità della "causa petendi" (richiedendo, appunto, l'art. 36 c.p.c. un rapporto di mera dipendenza), ma come comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale con quello posto a base di una eccezione, sì da delinearsi una connessione oggettiva qualificata della domanda riconvenzionale con l'azione o l'eccezione proposta.
Cass. civ. n. 5294/2009
Qualora il fallimento sia stato dichiarato successivamente al 16 luglio 2006 (data di entrata in vigore del D.L.vo n. 5 del 2006), ancorché in accoglimento di un ricorso depositato anteriormente, la procedura è regolata dalla nuova normativa, ai sensi degli artt. 150 e 153 del D.L.vo citato, essendo la pendenza del fallimento ricollegabile non già al ricorso per la dichiarazione di fallimento, che dà luogo ad un autonomo procedimento, ma alla sentenza dichiarativa, la quale costituisce, da un lato, l'epilogo del procedimento avviato con l'iniziativa del creditore o del debitore o del P.M. e, dall'altro, l'inizio della procedura liquidatoria; ne consegue che l'opposizione allo stato passivo è disciplinata, anche quanto ai termini per la sua proposizione, dall' art. 99 legge fall., nel testo modificato dal D.L.vo n. 5 cit., senza che possa prospettarsi alcun dubbio di illegittimità costituzionale, in relazione all'art. 24 Cost., in quanto, pur avendo la novella abbandonato il principio inquisitorio nel procedimento di formazione dello stato passivo, il regime probatorio del giudizio, permette, salvo il contemperamento con le esigenze di speditezza, di dedurre eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché indicare e proporre mezzi di prova.
Cass. civ. n. 20622/2007
L'impugnazione del provvedimento del giudice delegato ex art. 98 legge fallimentare non implica l'automatica applicazione delle norme che disciplinano il giudizio di appello; ne consegue che non opera la preclusione di cui all'art. 345 c.p.c., laddove il curatore, che nel giudizio di opposizione allo stato passivo assume la posizione di convenuto abbia sollevato un'eccezione non proposta in sede di adunanza ex art. 96 legge fall.
Cass. civ. n. 6/2006
L'art. 421 c.p.c. sui poteri istruttori ufficiosi del giudice, è norma relativa al rito del lavoro e non trova applicazione nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, ai sensi dell'art. 98 l. fall., che è retto dalle norme che regolano il giudizio ordinario, anche se si facciano valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato con l'impresa assoggettata alla procedura concorsuale.
Cass. civ. n. 17829/2005
A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 102 del 1986, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 98 legge fall. nella parte in cui stabilisce che il termine di quindici giorni per l'opposizione allo stato passivo del fallimento decorre dalla data del suo deposito, detto termine decorre dal giorno della ricezione della lettera raccomandata con cui il curatore deve dare comunicazione dell'avvenuto deposito; l'onere di dimostrare il ricevimento della raccomandata, mediante la produzione del relativo avviso, grava sul curatore, avendo comunque il tribunale, quale giudice dell'opposizione, il potere-dovere di acquisire d'ufficio il fascicolo fallimentare, allo scopo di accertare se esso sia allegato agli atti di detto fascicolo, in quanto ha il dovere di verificare pure d'ufficio l'esistenza di siffatto presupposto processuale, con la conseguenza che, qualora detto avviso non sia rinvenuto tra gli atti del fascicolo fallimentare, deve ritenersi tempestiva l'opposizione proposta entro l'anno dal deposito.
Cass. civ. n. 1495/2005
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, l'opponente deve, a pena di improcedibilità, costituirsi in giudizio almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato (art. 98, comma terzo, legge fall.), e le modalità della sua costituzione (non espressamente disciplinate dalla legge fall., ma comunque ricavabili dalla disposizione generale del'art. 165 c.p.c., pur con gli adattamenti resi necessari dalla circostanza che il giudizio di opposizione è introdotto con ricorso, e non con citazione), consistono nel deposito in cancelleria del fascicolo di parte contenente il ricorso notificato, la procura e i documenti offerti in comunicazione, mentre non è necessaria la presentazione della nota di iscrizione a ruolo (essendo qui il rapporto attore-giudice instaurato con l'iniziale deposito del ricorso). (Nella fattispecie, la Corte Cass. ha escluso che il ricorrente potesse dirsi validamente costituito mediante l'iniziale deposito in cancelleria del ricorso, unitamente alla procura e ai documenti, e con il deposito, soltanto in udienza, del ricorso notificato).
Cass. civ. n. 19605/2004
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, che ha natura impugnatoria ed è retto dal principio dell'immutabilità della domanda, la domanda di risarcimento del danno (nel caso extracontrattuale) integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale in cui si sostanzia la richiesta di pagamento del prezzo formulata con l'istanza di insinuazione al passivo in primo grado, una domanda nuova, come tale inammissibile ai sensi dell'art. 345 c.p.c.
Cass. civ. n. 8344/2004
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 legge fall., al quale sono legittimati solo i soggetti il cui credito sia stato parzialmente o totalmente respinto, la deduzione della pretesa creditoria deve necessariamente contenere la indicazione dello stato passivo oggetto della opposizione, ai fini della verifica della identificazione dei titoli di credito per i quali si è dedotta la illegittima esclusione dallo stato passivo, non essendo possibile in tale sede far valere un credito diverso o di diverso ammontare.
Cass. civ. n. 8095/2004
La decadenza dal potere di insinuazione tardiva nello stato passivo del fallimento, per abbandono dell'istanza, da parte di un creditore, ai sensi dell'art. 98, terzo comma, l. fall., applicabile anche alla domanda tardiva, ne preclude la riproposizione ai sensi dell'art. 101 l. fall., senza che - a sua giustificazione - rilevi una ipotetica causa di nullità che il giudice della prima istanza avrebbe potuto o dovuto rilevare. (Nella specie, la Cassazione ha affermato che la nullità della prima istanza, per il difetto di procura dovuta al fatto che il mandato e la sua autentica, non sarebbero avvenuti nel territorio dello Stato, non poteva essere rilevato dal giudice innanzi al quale era stata proposta la seconda istanza).
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Non contrasta con la Costituzione, come ha già affermato la Corte costituzionale (nelle sentenze nn. 1045 del 1988, 1124 del 1988 e 274 del 1994), escludendo il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, la sanzione della decadenza dal potere di insinuazione tardiva nello stato passivo del fallimento, per abbandono dell'istanza, da parte di un creditore, ai sensi dell'art. 98, terzo comma, l. fall., applicabile anche alla domanda tardiva in virtù del richiamo operato nel secondo comma dell'art. 101 l. fall., né esso contrasto è ipotizzabile in riferimento all'art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 5729/2004
In tema di fallimento, deve ritenersi inapplicabile al giudizio di opposizione allo stato passivo, quanto alla costituzione del curatore, il sistema di preclusioni emergente dal combinato disposto degli artt. 166 e 167 del codice di rito (così come risultante dalla novella 353/1990 e successive integrazioni), atteso che, pur in assenza di una specifica disciplina enucleabile dal dettato dell'art. 98 della legge fallimentare, non è a dubitarsi della regolarità della costituzione del curatore medesimo anche nel corso dell'udienza di comparizione fissata dal giudice delegato, senza bisogno (al fine di proporre domande riconvenzionali senza incorrere in decadenze) di costituirsi, invece, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione, come imposto dal rito ordinario.
Cass. civ. n. 1230/2004
Appartiene alla giurisdizione ordinaria, e non a quella tributaria, la controversia relativa all'ammissione al passivo di un credito di natura tributaria vantato dall'Amministrazione finanziaria (nella specie: per imposta di registro), richiesto in via privilegiata ex art. 2758 c.c., ma ammesso allo stato passivo, dal giudice delegato, solo in via chirografaria (per mancato rinvenimento del bene sul quale il privilegio dovrebbe esercitarsi), ove l'atto impositivo non sia in contestazione, ma si ponga come titolo di ammissione al passivo, recepito dal decreto con cui il giudice delegato dichiara l'esecutività dello stato passivo.
Cass. civ. n. 3719/2003
In tema di fallimento, il decreto con il quale il giudice delegato dichiari esecutivo lo stato passivo non è suscettibile di denunzia con rimedi diversi dalle impugnazioni tipiche dello stato passivo — tassativamente previste dagli artt. 98, 100, 102 della legge fall. —, esperibili soltanto dai soggetti legittimati, tra i quali non figura il fallito, privo di legittimazione sostanziale e capacità processuale funzionali a contestare le pretese creditorie, non essendo egli parte del procedimento concorsuale, senza che possa, in senso opposto, argomentarsi dalle disposizioni di cui agli artt. 94 e 95 stessa legge — che ne prevedono l'intervento nelle operazioni di accertamento dei crediti —, norme che, lungi dall'attribuire al fallito stesso veste di legittimato sostanziale e/o formale in seno al sub-procedimento de quo, sono caratterizzate soltanto dalla necessità di consentire la partecipazione, a tale fase della procedura concorsuale, di tutti i soggetti coinvolti nel fallimento (nell'esercizio di un'attività di cooperazione a tutela dell'interesse generale, del ceto creditorio e dello stesso fallito all'esatta individuazione della massa passiva), non introducendo tale collaborazione, sul piano giuridico, alcun vero e proprio contraddittorio tra fallito e singolo creditore, nè attribuendo al fallito stesso un potere autonomo di azione.
Cass. civ. n. 2476/2003
Nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, in cui il commissario liquidatore dispone di un potere officioso per la formazione dello stato passivo (senza, cioè, che vi sia necessità di apposita domanda di ammissione da parte dei creditori), al fine di stabilire in concreto quale sia il rimedio di cui dispone il creditore, il cui credito non venga ammesso per intero (come nel caso di mancata ammissione degli interessi), occorre verificare se il creditore stesso abbia proposto domanda di ammissione o anche soltanto formulato le sue osservazioni ai sensi dell'art. 207 legge fall.: in tal caso, egli non ha altro rimedio che l'opposizione ai sensi dell'art. 98 legge fall., perchè il provvedimento di esclusione, assunto anche implicitamente dal commissario, ha valore di rigetto, contro cui, per evitare la preclusione endofallimentare, occorre reagire ai sensi della norma da ultima richiamata; al di fuori di tali ipotesi, e cioè quando il credito non sia stato dedotto dal creditore, ovvero, anche in mancanza di domanda o osservazioni, non sia stato espressamente escluso d'ufficio, la proponibilità della domanda tardiva non incontra preclusione, perché il credito non è stato preso in considerazione.
Cass. civ. n. 5869/2002
In tema di fallimento, ove siano disconosciute, in sede di ammissione allo stato passivo, le ragioni di prelazione di un credito per omessa specificazione dell'oggetto del pegno su titoli, l'azione del creditore di accertamento negativo della nullità del pegno può essere fatta valere esclusivamente con l'opposizione allo stato passivo, atteso che l'art. 52, secondo comma, legge fall. sottopone alla verifica fallimentare non solo l'esistenza e l'entità del credito, ma anche la sua garanzia, stante la rilevanza, ai fini del concorso, dell'esistenza di un diritto di prelazione; ne consegue che, avverso la sentenza che definisce il secondo grado del relativo giudizio, il ricorso per cassazione deve essere proposto entro il termine - dimidiato rispetto a quello ordinario - di trenta giorni dalla notifica della sentenza stessa, ai sensi dell'art. 99, quinto comma, legge fall
Cass. civ. n. 15715/2001
In sede di opposizione allo stato passivo fallimentare, con riguardo a credito di imposta sul valore aggiunto del quale si deduca l'estinzione per effetto della presentazione di dichiarazione integrativa, la valutazione di insussistenza di tale effetto estintivo, per la mancata impugnazione dell'avviso di rettifica innanzi alla commissione tributaria, rientra nelle attribuzioni del giudice ordinario, in quanto la relativa pronuncia resta nell'ambito del controllo sull'esistenza ed efficacia del titolo addotto dall'amministrazione finanziaria a base della domanda di insinuazione.
Cass. civ. n. 6465/2001
Il giudice dell'opposizione allo stato passivo può acquisire il fascicolo fallimentare e da esso eventualmente desumere elementi o argomenti di prova, ma trattasi di facoltà (non sostitutiva dell'onere della prova che incombe alla parte), il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 15779/2000
Una causa connessa per una delle ipotesi previste dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. con una causa di opposizione allo stato passivo può trasmigrare dinanzi al giudice competente a decidere quest'ultima sia perché in tali casi la diversità del rito, ai sensi dell'art. 40, comma terzo, c.p.c., non ostacola il simultaneus processus, sia perché comunque, ai sensi dell'art. 99 L. fall., il giudice delegato, dopo l'istruttoria, rimette la predetta opposizione per la decisione ai sensi dell'art. 189 c.p.c., sì che la medesima non è soggetta al rito speciale.
Cass. civ. n. 1091/2000
La sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale non si applica, ai sensi dell'art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, al giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, qualora esso concerna un credito da rapporto di collaborazione di cui all'art. 409 n. 3 c.p.c. L'esclusione, infatti, che si correla alla specifica natura della anzidetta controversia, permane anche se non sia stato applicato il rito speciale del lavoro, deve intendersi riferita all'intero corso del procedimento e quindi riguarda anche i termini per proporre ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 11071/1993
L'opposizione del creditore escluso dal passivo fallimentare, ai sensi dell'art. 98 del R.D.L. 16 marzo 1942 n. 267, apre, in ordine all'esistenza del diritto allegato, un giudizio di cognizione, il quale ha come contraddittori non soltanto i creditori ammessi, ma anche il fallito, processualmente rappresentato dal curatore. Tale opposizione, pertanto, nel rapporto con l'obbligato, a norma dell'art. 2943 primo comma c.c., è atto interruttivo della prescrizione del credito e delle sue componenti accessorie, come gli interessi.
Cass. civ. n. 9056/1992
Qualora un credito venga ammesso al passivo fallimentare con riserva di produzione dei documenti giustificativi, a norma dell'art. 95, secondo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, il diritto di ottenere l'ammissione medesima, in difformità della decisione del giudice delegato, senza la produzione di quei documenti, può essere fatto valere esclusivamente tramite opposizione allo stato passivo, ai sensi e nei termini di cui all'art. 98 legge citata, in difetto della quale il creditore resta definitivamente escluso.
Cass. civ. n. 246/1987
Nella controversia che il creditore promuova davanti al tribunale fallimentare, per sentir riconoscere un debito contrattuale del fallito ed ammetterlo al passivo, deve negarsi la giurisdizione del predetto giudice, sulla domanda che il medesimo creditore proponga contro una società straniera, con sede all'estero, facendo valere ragioni risarcitorie in forza di un autonomo e distinto rapporto contrattuale fra il fallito ed essa società (nella specie, trattavasi di una vendita «a catena», avendo la società straniera fornito la materia prima per la merce poi rivenduta dal fallito al creditore istante), in considerazione della mancanza di criteri di collegamento idonei all'affermazione di detta giurisdizione, compreso quello dell'art. 5, comma terzo della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con L. 21 giugno 1971, n. 804), riguardante il diverso caso delle obbligazioni da fatto illecito, nonché quelli fissati dal successivo art. 6 della Convenzione stessa, in difetto dei requisiti di connessione soggettiva ed oggettiva contemplati da tale ultima disposizione (alla stregua dell'estraneità, nell'ambito della procedura concorsuale, della pretesa avanzata contro il terzo).
Cass. civ. n. 4208/1981
Nel giudizio d'opposizione allo stato passivo fallimentare è ammissibile l'intervento di chi, pur non essendo creditore, abbia uno specifico interesse a contrastare la pretesa di credito altrui, non avendo l'art. 98 ultimo comma della legge fallimentare (secondo cui nel detto processo «possono intervenire... gli altri creditori») significato limitativo, ma la ben diversa funzione d'ampliare il campo degli interventi anche a favore d'altri creditori non opponenti. (Fattispecie in cui è stato dichiarato ammissibile l'intervento dell'ex amministratore di un consorzio fallito, per contrastare il riconoscimento di un credito, al fine d'escludere la sua personale responsabilità anche di carattere patrimoniale.