(massima n. 2)
Rientra nei poteri del giudice chiamato a decidere in sede di appello ex art. 310 c.p.p. - al pari di ogni altro giudice - accertare la ricorrenza, nell'ambito della concreta fattispecie, degli elementi previsti dalla legge per l'applicabilitą di una determinata norma, indipendentemente dal fatto che una tale doverosa indagine sia stata trascurata nel precedente grado o, pił semplicemente, che il rigetto dell'istanza abbia trovato altra motivata giustificazione sģ da rendere superfluo l'approfondimento di altri aspetti normativi. (Nella fattispecie il tribunale, in sede di gravame ai sensi dell'art. 310 c.p.p., aveva rigettato l'appello proposto nell'interesse dell'indagato - tendente ad ottenere la rimessione in libertą di quest'ultimo in applicazione dell'art. 89 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, in materia di provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti - sulla base di argomentazione estranea all'impugnato provvedimento del Gip, e precisamente avendo ritenuto inapplicabile, nel caso concreto, la disposizione del secondo comma del citato art. 89 del detto D.P.R., secondo cui la misura cautelare in carcere deve essere revocata quando si tratti di indagato o imputato tossicodipendente che intenda sottoporsi ad un programma di recupero, stante il divieto previsto dal quarto comma del medesimo articolo. La Suprema Corte, pur annullando con rinvio, per un diverso motivo, l'impugnato provvedimento, ha disatteso, in applicazione del principio di cui in massima, l'assunto del ricorrente sul punto relativo alla denunciata violazione del principio devolutivo, stabilito dal primo comma dell'art. 597 del codice di procedura penale).