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Articolo 186 quater Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione

Dispositivo dell'art. 186 quater Codice di procedura civile

(1) Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l'ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.

L'ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio (2).

Se, dopo la pronuncia dell'ordinanza, il processo si estingue, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza (3).

L'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza (4).

Note

(1) Articolo inserito con D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito con modificazioni in l. 20 dicembre 1995, n. 534.
(2) L'ordinanza prevista dall'articolo in commento si differenzia da quelle disciplinate agli artt. 186 bis e 186 ter in quanto essa non è revocabile o modificabile ex art. 177 del c.p.c. (che, infatti, non è richiamato dalla norma): essa è revocabile esclusivamente dalla sentenza che definisce il giudizio. Una preclusione di tal genere si giustifica con la circostanza che tale ordinanza di condanna viene emessa solo al termine della fase istruttoria: il giudice è, quindi, in possesso di tutto il materiale probatorio raccolto nel corso del processo e non solo di sommarie informazioni.
Il legislatore non precisa se l'istanza sia proponibile anche quando la causa sia stata rimessa già al collegio per la decisione. Seguendo il dettato normativo, poiché organo competente a pronunciare l'ordinanza è il giudice istruttore, si deve ritenere che la rimessione della causa al collegio non spogli quest'ultimo della possibilità di accogliere l'istanza ed emettere l'ordinanza de qua.
(3) La norma dice che, se il processo si estingue, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile. Essa sottointende un possibile interesse dell'intimato ad evitare l'aggravio di spese conseguente al proseguimento del giudizio fino all'emissione della sentenza. Per cui, viene previsto che l'ordinanza possa essere impugnata sull'intero oggetto dell'istanza, e non limitatamente alla parte accolta dal provvedimento.
(4) La l. 263/2005 ha modificato l'ultimo comma dell'articolo, prevedendo che l'ordinanza in commento acquisti efficacia di sentenza qualora, entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione di essa, la parte non manifesti, con ricorso, la volontà che sia pronunciata sentenza. Pertanto, decorso il predetto termine, inizia a decorrere il termine "lungo" per l'appello.

Ratio Legis

Le ordinanze previste agli artt. 186 bis, 186ter e 186quater costituiscono i c.d. provvedimenti anticipatori di condanna, pronunciati dal giudice istruttore nel corso del processo, prima della sentenza definitiva, ma sullo stesso oggetto della domanda principale. Il fine di tali provvedimenti è quello di anticipare il soddisfacimento dell'istanza dedotta in giudizio, scoraggiando la prosecuzione di liti meramente pretestuose. Pur trattandosi di normali ordinanze istruttorie, modificabili e revocabili ex art. 177 del c.p.c. (tranne quella prevista dall'art. 186 quater), esse possiedono un carattere decisorio, i cui effetti sopravvivono all'estinzione del processo.

Spiegazione dell'art. 186 quater Codice di procedura civile

L'ordinanza disciplinata dalla presente norma viene pronunciata non in corso ma al termine dell'istruttoria, ciò che evidenzia i suoi caratteri di pronuncia anticipata, provvisoria ed esecutiva, destinata a sostituirsi alla decisione finale.
Essa in nessun caso acquista natura di sentenza non definitiva, in quanto o mantiene il carattere di ordinanza (cioè di provvedimento di natura non decisoria, quindi revocabile con la sentenza conclusiva del giudizio), ovvero, nel caso di rinuncia da parte dell'intimato alla pronuncia della sentenza, si converte, a seguito del deposito della rinuncia notificata, in sentenza direttamente appellabile, il che esclude in radice che possa parlarsi di sentenza non definitiva.

Secondo quanto previsto al quarto comma della norma, l'atto con il quale la parte intimata manifesta la propria volontà di rinunciare alla pronuncia della sentenza, non deve essere notificato anche alle parti rimaste contumaci, in quanto tale rinuncia non comporta alcuna modifica della domanda ex art. 292 del c.p.c., né viola o compromette il diritto di difesa degli stessi contumaci.

In ogni caso, l'ordinanza in esame sembra essere stata concepita come potenzialmente sostitutiva della sentenza definitiva, e come tale differisce dalle ordinanze disciplinate dai due articoli che precedono, in quanto trattasi di un provvedimento anticipatorio, emesso all'esito di un procedimento caratterizzato dalla cognizione piena e non sommaria, nella quale l'anticipazione si ha soltanto rispetto alla fase decisoria.

Presupposti per la sua pronuncia sono, oltre alla proposizione di una domanda di condanna, la previa istanza in tal senso della parte che ha proposto domanda di condanna, nonché la circostanza che sia stata già esaurita l'istruzione.

Si ritiene che si possa parlare di chiusura dell’istruzione nei seguenti casi:
a) se le richieste istruttorie avanzate sono state completamente espletate;
b) se il giudice istruttore ritiene che non sia necessario espletare le ulteriori attività istruttorie richieste dalle parti;
c) se le parti non abbiano formulato alcuna istruttoria.

In ogni caso, si ritiene che l’ordinanza possa essere emessa soltanto nel giudizio di primo grado, con esclusione dei giudizi di impugnazione, così come si ritiene che non possa essere pronunciata nel rito del lavoro e nei procedimenti locatizi.

Malgrado il silenzio della norma, la dottrina è concorde nel ritenere che l'ordinanza di condanna successiva alla chiusura dell'istruzione debba essere emessa sempre nel rispetto del principio del contraddittorio; in tal senso si argomenta dall’obbligo che la norma pone in capo al giudice di convocare le parti qualora l’ordinanza sia stata emessa fuori dall'udienza.

Nel regime introdotto dal legislatore del 2005, deve ritenersi inammissibile l’emissione dell'ordinanza post istruttoria, agli esiti di quella che è diventata la prima ed unica udienza di comparizione e trattazione, dovendosi almeno attendere il deposito delle memorie istruttorie eventualmente richieste dalle parti.
Tuttavia, qualora nessuna delle parti abbia chiesto la fissazione di termini per il deposito di memorie istruttorie, si ritiene che non debbano sussistere ostacoli per l'emissione di questa ordinanza, anche agli esiti della prima udienza di comparizione e trattazione.

Per quanto concerne il termine finale per la proposizione della domanda di pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione, l'orientamento predominante lo individua nel momento in cui la causa viene rimessa al collegio.
Qualora il giudice dovesse pronunciare tale ordinanza oltre il termine di proponibilità previsto dalla legge, il vizio della stessa dovrà essere fatto valere in sede di appello, non sussistendo i presupposti per la rimessione al primo giudice ai sensi dell'art. 354 del c.p.c..

Discusso è il grado di discrezionalità che deve riconoscersi al giudice istruttore nel valutare l'opportunità di decidere nel merito dell'istanza di emanazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna.
Accanto all’orientamento che gli riconosce un ampio grado di discrezionalità, si contrappone un altro orientamento secondo cui, in presenza dei requisiti di legge, il giudice non può valutare l'opportunità di decidere nel merito l'istanza ex art. 186 quater, esistendo un vero e proprio diritto processuale delle parti alla relativa decisione.

Altro tema di rilievo è quello relativo alla sua efficacia; al riguardo la dottrina ritiene concordemente che la stessa costituisca titolo esecutivo e che, in mancanza di diversa espressa previsione, la stessa non possa valere quale titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, diversamente dall'ordinanza ingiunzionale di cui all'art. 186 ter.

Avverso l'ordinanza post-istruttoria è inammissibile il reclamo ex art. 669 terdecies del c.p.c., così come deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.., in quanto il provvedimento de quo non è dotato del carattere della definitività

Massime relative all'art. 186 quater Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 27984/2019

L'emissione dell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. necessita di un'esplicita richiesta di parte e l'oggetto devoluto alla cognizione del giudice chiamato a rendere tale pronuncia anticipatoria è limitato alle domande formulate con l'istanza, non estendendosi alle altre pretese fatte valere dalla stessa parte istante ovvero ad altre domande, connesse a quella principale, proposte tra altre parti del processo, salvo che si tratti di giudizio a litisconsorzio necessario o di domande avvinte da un nesso di pregiudizialità-dipendenza o di incompatibilità-esclusione determinante l'inscindibilità dell'accertamento dei rapporti che ne formano oggetto. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto conforme a diritto la decisione del giudice di merito il quale, investito dell'istanza ex art. 186 quater c.p.c. avanzata dalla sola parte attrice al fine di ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, aveva limitato la pronuncia anticipatoria a tale domanda, disponendo, in difetto di specifica istanza ex art. 186 quater c.p.c. delle parti convenute, l'implicita separazione della causa così definita dalle domande di garanzia da queste ultime proposte nei confronti degli assicuratori chiamati in causa). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 07/01/2015).

Cass. civ. n. 18016/2019

L'esaurimento dell'istruzione, previsto quale presupposto per l'emissione dell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., si verifica allorquando il giudice ritenga la causa adeguatamente istruita alla stregua degli incombenti istruttori già compiuti, non essendo all'uopo necessario che le richieste avanzate dalle parti risultino tutte completamente espletate, né che queste ultime siano state preventivamente invitate a precisare le conclusioni.

Cass. civ. n. 9194/2017

Nel caso in cui, nell’ambito di un processo che veda la proposizione cumulativa di domande, sia stata avanzata rituale istanza ex art. 186 quater c.p.c. solo su alcune delle stesse, ove il giudice erroneamente decida anche le domande per le quali l’istanza non era stata validamente o tempestivamente presentata, il giudice di appello dinanzi al quale sia stato denunciato l’errore, una volta dichiarata l’invalidità dell’ordinanza "in parte qua", è tenuto a decidere nel merito la controversia anche per le domande non interessate da valida richiesta di emissione di ordinanza post-istruttoria, senza che sia possibile disporre per le medesime la remissione al primo giudice.

Cass. civ. n. 20693/2016

L'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. che pronuncia su alcuni capi della domanda, se è fatta rinuncia alla sentenza, produce gli effetti di una sentenza definitiva sull'intero oggetto del giudizio, con la conseguenza che le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa pronuncia ed il giudice di secondo grado, se richiesto, deve provvedere anche sui capi della domanda in relazione ai quali è mancata una decisione di merito mediante il provvedimento anticipatorio.

Cass. civ. n. 24185/2014

L'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione ex art. 186 quater cod. proc. civ., acquista natura decisoria, divenendo pertanto, impugnabile a seguito della sopravvenuta estinzione del processo nel corso del quale è stata pronunciata, sicché, in tal caso, il termine di impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ., decorre dal momento in cui si perfeziona la fattispecie estintiva e non dal passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa dell'estinzione, in quanto la sua decorrenza non può essere rimessa alla mera volontà della parte, consentendo alla stessa la proposizione di una tardiva riassunzione, finalizzata a provocare la dichiarazione di estinzione, al solo scopo di prorogare, in questo modo, il termine di impugnazione.

Cass. civ. n. 2166/2011

L'ordinanza anticipatoria prevista dall'art. 186 quater c.p.c., può essere emessa, in caso di proposizione di domanda principale e domanda riconvenzionale, solo sulla domanda principale che si presenti, sulla base degli atti, priva di esigenze istruttorie, attesa la "ratio" di semplificazione ed accelerazione del processo sottesa alla norma, salva la necessità di disporre contestualmente un provvedimento di separazione dei procedimenti finalizzato alla prosecuzione della trattazione e dell'istruzione in ordine alla domanda riconvenzionale.

Cass. civ. n. 5423/2010

L'accoglimento, con l'ordinanza prevista dall'art. 186 quater c.p.c. (nel testo anteriore alla modifica introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. m, della legge 28 dicembre 2005, n. 263), della domanda principale, nei casi di incompatibilità con la domanda riconvenzionale (la cui dichiarazione di fondatezza avrebbe richiesto una valutazione in senso diametralmente opposto degli stessi fatti accertati dal giudice), comporta implicitamente il rigetto di quest'ultima, con la conseguenza che la rinunzia alla pronuncia della sentenza ad istanza della parte diversa da quella che aveva proposto la richiesta ai sensi dell'art. 186 quater fa sì che la suddetta ordinanza assuma gli effetti della sentenza impugnabile non solo in relazione alla domanda accolta, ma anche in ordine a quella riconvenzionale implicitamente disattesa. (In applicazione dell'affermato principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con la quale era stato ritenuto ammissibile l'appello - con il conseguente accoglimento nel merito della domanda proposta come riconvenzionale in primo grado - avverso un'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., in ordine alla quale era intervenuta la rinuncia all'emissione della sentenza da parte dei convenuti, a carico dei quali dovevasi ritenere conseguita l'implicita reiezione della riconvenzionale, siccome relativa alla formulazione di una domanda di risoluzione e risarcimento danni in tema di contratto di appalto, incompatibile con quella principale dell'attore appaltatore di risoluzione e di pagamento del corrispettivo per i lavori eseguiti).

Cass. civ. n. 6042/2009

L'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186-quater c.p.c. che venga annullata dal giudice di secondo grado con rinvio al primo giudice, perde efficacia di titolo esecutivo sia in ordine alle statuizioni di merito che a quelle relative alle spese in essa contenute, in applicazione dell'art. 336 c.p.c., con la conseguenza che il giudice dell'opposizione all'esecuzione deve dichiarare l'improseguibilità del processo esecutivo e la caducazione dei relativi atti. Coerentemente con l'effetto integralmente sostitutivo della pronuncia di grado successivo, il successivo nuovo accoglimento della domanda creditoria originaria, pronunciato dal giudice del rinvio a seguito della cassazione della sentenza di secondo grado, non è idoneo a rendere nuovamente efficace il titolo esecutivo definitivamente caducato, potendo soltanto fondare il diritto ad una nuova esecuzione forzata.

Cass. civ. n. 30054/2008

In tema di impugnazione dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione di cui all'art. 186 "quater" c.p.c. - nel testo introdotto dall'art. 7 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 423, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534 - interpretato, alla luce dell'art. 111 Cost., in modo che la giusta durata del processo attraverso termini di decadenza rispetti la garanzia costituzionale del diritto di difesa - l'adempimento, da parte dell'intimato, degli oneri di notifica e di deposito della rinuncia alla sentenza, ai sensi del quarto comma dell'anzidetta disposizione, comporta che l'ordinanza stessa acquisti, dal momento del deposito, efficacia della sentenza impugnabile pubblicata, con conseguente decorrenza del termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c.; mentre, perché decorra anche il termine breve di cui all'art. 325 c.p.c., è necessaria una nuova notifica dell'ordinanza con l'attestazione del deposito in cancelleria della notifica della rinuncia all'emanazione della sentenza.

Cass. civ. n. 23313/2007

È manifestamente infondata l'eccezione d'illegittimità costituzionale relativa all'art. 186 quater c.p.c. inquadrata come norma contemplante uno strumento processuale che determinerebbe la soppressione del diritto ad ottenere una pronuncia, in violazione degli art. 24 e 25 Cost., nel caso in cui le domande siano parzialmente accolte o respinte, avendo tale provvedimento anticipatorio esclusivamente la funzione d'introdurre una forma di giudizio abbreviato ispirata a fini deflattivi che si realizza mediante il meccanismo di fare acquistare all'ordinanza (esecutiva ex lege) l'efficacia di sentenza a seguito di rinuncia alla pronuncia di merito da parte dell'intimato e rappresentando questa forma di giudizio l'estrinsecazione della potestà discrezionale del legislatore di conformare gli istituti processuali, razionalmente spiegabile in rapporto alla previsione dell'assorbimento dell'ordinanza nella sentenza o nell'acquisto dell'efficacia di sentenza impugnabile.

Cass. civ. n. 22401/2006

Nell'ipotesi di cause inscindibili (nella specie, in materia di responsabilità civile conseguente alla circolazione stradale), qualora il giudice abbia adottato l'ordinanza anticipatoria di condanna per il pagamento di una somma di denaro, ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c., nei confronti di tutti i convenuti, la rinuncia alla sentenza ritualmente effettuata anche da uno solo di essi deve ritenersi sufficiente a determinare la trasformazione dell'ordinanza in sentenza impugnabile per tutti gli intimati, anche qualora gli altri convenuti siano rimasti contumaci, rilevando a tal fine la finalità acceleratoria del processo, l'esigenza di unitaria trattazione delle cause inscindibili e l'inammissibile limitazione della facoltà di contrastare l'esecuzione dell'ordinanza, per le parti che vogliano rinunciare alla sentenza per proporre appello avverso l'ordinanza trasformata in sentenza, con contestuale richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c.

Cass. civ. n. 28419/2005

In tema di impugnazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna, con il deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza notificato dall'intimato all'altra parte, l'ordinanza si converte in sentenza direttamente appellabile; qualora non si verifichi detta sequenza procedimentale, l'ordinanza mantiene il carattere di provvedimento di natura non decisoria, revocabile con la sentenza conclusiva del giudizio. Pertanto, in nessun caso essa acquista natura di sentenza non definitiva, rispetto alla quale sia ammissibile eventuale riserva di impugnazione, la quale, se effettuata dall'intimato all'atto della rinunzia, resta senza effetto, con la conseguenza che, se il gravame avverso l'ordinanza anticipatoria non è proposto tempestivamente, essa non è più soggetta ad appello. (Nella specie, il deposito dell'atto di rinunzia alla sentenza, notificatogli dagli intimati, era stato effettuato dall'intimante e la causa davanti al tribunale si era conclusa con il rigetto in sentenza delle domande riconvenzionali dei convenuti intimati).

In tema di impugnazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna, la disposizione di cui all'art. 186 quater c.p.c., secondo la quale, con la notificazione alla controparte dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza e con il deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia notificato, l'ordinanza acquista, dalla data del suddetto deposito, l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza, va interpretata nel senso che il deposito dal quale decorre l'efficacia di sentenza dell'ordinanza anticipatoria può essere effettuato non solo dall'intimato, ma anche dall'intimante, atteso che la norma non indica espressamente quale parte deve provvedere al deposito della rinuncia, né esclude alcuna di esse dal potere di compiere detto incombente. All'intimato è riservato, in quanto unica parte incisa dall'ordinanza anticipatoria, il potere di scelta tra subire il provvedimento ovvero attendere la sentenza, ma, una volta avvenuta la rinunzia, il deposito della stessa ha la finalità di porre tale atto a disposizione del giudice e di tutte le parti del processo, per evitare che il giudice stesso pronunci la sentenza, sicché non può essere configurato come atto esclusivo dell'intimato, potendo provenire, per il principio di autoresponsabilità delle parti, anche da un soggetto diverso da quest'ultimo.

Cass. civ. n. 19602/2004

In tema di impugnazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c., l'attività posta in essere dall'intimato con la notificazione alla controparte dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza e con il deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia notificato, cui consegue l'acquisto, per l'ordinanza, dell'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza, costituisce adeguata dimostrazione della legale conoscenza del provvedimento da parte dell'intimato nonché della specifica volontà dello stesso di far acquisire all'ordinanza medesima l'efficacia della sentenza impugnabile; ne deriva che, esclusa l'applicabilità, per l'intimato, del termine lungo di impugnazione, dal momento in cui detta attività si perfeziona - ossia dal deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia, notificato, alla sentenza - decorre, per il medesimo intimato, il termine breve di impugnazione. Per la controparte, invece, il termine breve di impugnazione decorre soltanto dal momento in cui sia stata ad essa notificata anche l'ordinanza-sentenza, restando fermo che, ove poi la stessa controparte riceva dall'intimato la notificazione, in luogo dell'ordinanza-sentenza, dell'atto di impugnazione dallo stesso proposto, essa potrà, a sua volta, proporre impugnazione con le forme e nei termini dell'impugnazione incidentale.

Cass. civ. n. 17807/2004

L'art. 186 quater c.p.c., nel prevedere che il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, possa disporne con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, non subordina la pronunzia al fatto che, in ipotesi di pluralità domande, l'istruttoria debba considerarsi per tutte esaurita, sicché è ben possibile che, trattandosi di cause scindibili (ed in conformità con l'intento acceleratorio sotteso a questo come agli altri provvedimenti interinali previsti agli artt. 186 bis e 186 ter c.p.c.) l'ordinanza venga emessa in ordine ad una soltanto di esse, sempre che ne sussistano i presupposti, tra i quali vi è in effetti l'esaurimento dell'istruzione, il quale non implica — a sua volta — che le richieste formulate dalle parti risultino tutte completamente espletate, ben potendo la causa essere ritenuta dal giudice adeguatamente istruita alla stregua degli incombenti istruttori già compiuti e senza necessità (ovvero impossibilità, in caso di mancanza inammissibilità o irrilevanza) di assumerne altri.

Cass. civ. n. 13113/2004

Il termine «intimato» di cui al quarto comma dell'art. 186 quater c.p.c. va inteso in senso atecnico, ossia nel senso di destinatario dell'ordinanza di pagamento, non anche di destinatario del precetto di cui all'art. 480 c.p.c., notificato dalla controparte; la notifica del precetto, pertanto, non costituisce presupposto del procedimento che, con la notifica e il deposito dell'atto di rinuncia alla sentenza, porta ad attribuire all'ordinanza predetta l'efficacia della sentenza impugnabile.

Cass. civ. n. 11611/2004

Nei processi cumulativi, qualora il giudice emetta l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. pronunciando, oltre che sulla domanda della parte richiedente, su quella connessa proposta da altra parte e l'ordinanza venga impugnata sul presupposto che si è trasformata in sentenza, il giudice di appello non può verificare se sussistessero le condizioni per la pronunzia, ove tale questione non sia stata oggetto di censura. Per contro il giudice d'appello deve verificare, anche d'ufficio, se concorrano le condizioni in presenza delle quali l'ordinanza si trasforma in sentenza e diventa impugnabile, trattandosi di verifica relativa all'ammissibilità del gravame.

Nell'ipotesi di cause inscindibili (nella specie, in materia di responsabilità civile conseguente alla circolazione stradale), qualora il giudice abbia adottato l'ordinanza anticipatoria di condanna per il pagamento di una somma di denaro, ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c., nei confronti di tutti i convenuti, deve ritenersi sufficiente a determinare la trasformazione dell'ordinanza in sentenza impugnabile per tutti gli intimati la rinuncia alla sentenza ritualmente effettuata anche da uno solo dei destinatari della condanna, atteso che questa interpretazione della norma meglio realizza la finalità acceleratoria nella prospettiva della durata ragionevole del processo.

Cass. civ. n. 8962/2004

In tema di ordinanza anticipatoria di condanna, emessa dal giudice una volta esaurita l'istruzione, l'espressione «parte intimata» usata dall'ultimo comma dell'art. 186 quater c.p.c., non sta a designare la posizione della parte in quanto e se fatta destinataria, sulla base dell'ordinanza in questione, dell'atto di precetto ma indica la parte destinataria dell'ordinanza di condanna prevista dal primo comma, tenuta al pagamento per l'efficacia esecutiva del titolo e non per la sua definitività, stante la revocabilità dell'ordinanza con la sentenza conclusiva del giudizio, ovvero nel giudizio di appello in caso di rinunzia all'emanazione della sentenza. Ne consegue che la parte alla quale, nel provvedimento del giudice emesso ai sensi del primo comma dell'art. 186 quater viene intimato il pagamento di una somma di denaro, è legittimata immediatamente, senza che si renda necessario che le sia notificato il precetto, ad effettuare la dichiarazione di rinuncia alla pronuncia della sentenza, così determinando la trasformazione quoad effectum dell'ordinanza in sentenza impugnabile.

Cass. civ. n. 1007/2004

Qualora il processo sia caratterizzato dal cumulo della domanda principale e di quella riconvenzionale, l'autonomia e la compatibilità delle rispettive domande rende ammissibile che le istanze proposte dalle parti, ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c., in collegamento con le rispettive domande, abbiano esiti separati ed autonomi, come nel caso in cui l'una sia accolta e l'altra venga rigettata. Ne consegue che, mentre nella prima ipotesi potrà verificarsi, in presenza dei presupposti di cui all'art. 186 quater c.p.c. il meccanismo della conversione in sentenza impugnabile dell'ordinanza di accoglimento dell'istanza, nel secondo caso il processo dovrà necessariamente proseguire per concludersi con la sentenza, realizzandosi così la separazione delle cause anche senza un provvedimento formale del giudice.

Cass. civ. n. 14097/2003

È inammissibile l'appello proposto avverso l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. prima del deposito della rinunzia dell'intimato alla sentenza, ancorché detto deposito intervenga nel termine per la iscrizione a ruolo dell'impugnazione già proposta, in quanto l'effetto della conversione dell'ordinanza in sentenza impugnabile si determina soltanto a seguito del deposito dell'atto di rinunzia, ai sensi del quarto comma del citato art. 186 quater, e dunque prima di tale momento non esiste un provvedimento impugnabile.

Cass. civ. n. 4145/2003

Il giudice istruttore, ad esaurimento dell'istruzione, l'ordinanza anticipatoria di condanna di cui all'art. 186 quater c.p.c., decide con cognizione piena, senza che il suo potere decisorio possa pertanto ritenersi limitato alle situazioni di chiara, lineare ed incontestabile soluzione, ossia di prova evidente.

Cass. civ. n. 10748/2002

In tema di ordinanza anticipatoria di condanna emessa dal giudice ad esaurimento dell'istruzione, la dichiarazione di rinunzia alla pronunzia della sentenza, che ha finalità di semplificare le forme decisorie, non è necessariamente esercizio dello jus postulandi. Pertanto se la parte intimata è contumace, è rituale la rinuncia compiuta da essa personalmente.

Cass. civ. n. 9379/2002

In materia di procedimento civile, la norma posta dall'art. 186 quater c.p.c., nel richiedere che per la pronunzia dell'ordinanza anticipatoria sia esaurita l'istruzione, non fa riferimento ad un formale provvedimento di chiusura dell'attività istruttoria, onde è da ritenersi sufficiente che il giudice istruttore abbia ritenuto chiusa la fase istruttoria rinviando per la precisazione delle conclusioni, così implicitamente disattendendo istanze istruttorie formulate (come nella specie) in precedenti note autorizzate.

L'ordinanza anticipatoria ex art. 186 quater c.p.c. trova applicazione anche nel caso di giudizio in cui siano state proposte più domande nei confronti di una o più parti. In tal caso, il giudice, provvedendo solamente su una o più delle domande, non può statuire sulle spese di lite riferite all'intero oggetto della controversia, ma deve limitare la statuizione alle spese relative alla sola parte della causa che costituisce oggetto dell'ordinanza anticipatoria.

Cass. civ. n. 3434/2002

In caso di emanazione, successivamente alla chiusura dell'istruzione, dell'ordinanza anticipatoria di condanna prevista dall'art. 186 quater c.p.c., la rinuncia dell'intimato alla pronuncia della sentenza, di cui all'ultimo comma del citato articolo, non rientra tra gli atti espressamente riservati alla parte o ad un suo procuratore speciale ex art. 306, secondo comma, dello stesso codice, onde può essere compiuta dal difensore non munito di procura speciale, giacché detta rinuncia si configura, non come un atto di dismissione di un diritto sostanziale, ma come uno strumento di difesa che, determinando la trasformazione della stessa ordinanza in sentenza impugnabile, apre la via alla proposizione immediata dell'appello e dell'istanza di sospensione dell'ordinanza, costituente titolo esecutivo.

In tema di ordinanza anticipatoria di condanna, emanata dal giudice una volta esaurita l'istruzione, l'espressione «parte intimata», di cui al quarto comma dell'art. 186 quater c.p.c., indica, non già la parte cui sia stato intimato il precetto, ma, semplicemente, la parte destinataria dell'ordinanza stessa; pertanto, la parte a cui, nel provvedimento del giudice, viene ordinato il pagamento di somme ovvero la consegna o il rilascio di beni, è subito legittimata, senza dover attendere la notificazione del precetto, ad effettuare la dichiarazione di rinuncia alla pronuncia della sentenza, ciò che, determinando la trasformazione, quoad effectum, dell'ordinanza anticipatoria in sentenza impugnabile, consente la proposizione tanto dell'appello quanto dell'istanza di sospensione del titolo esecutivo.

Posto che, nei processi di litisconsorzio necessario, la dichiarazione di rinuncia alla pronuncia della sentenza è idonea a determinare la trasformazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186 quater in sentenza impugnabile anche se fatta da una sola delle parti destinatarie dell'ordine giudiziale di pagamento (ovvero di consegna o rilascio), una volta che l'assicuratore della responsabilità civile da circolazione di autoveicoli — parte intimata nell'ordinanza anticipatoria in solido con il danneggiante — abbia ritualmente effettuato tale dichiarazione, il danneggiante è legittimato a proporre appello, senza che, ai fini dell'ammissibilità di questa impugnazione, rilevi l'indagine in ordine alla eventuale irritualità della di lui dichiarazione di rinuncia, in quanto proveniente da soggetto rimasto contumace nel giudizio di primo grado.

Cass. civ. n. 3194/2002

In tema di ordinanza anticipatoria di condanna emessa dal giudice ad esaurimento dell'istruzione, la dichiarazione di rinuncia alla pronuncia della sentenza, che la parte intimata può effettuare ai sensi dell'art. 186 quater, quarto comma, c.p.c., è espressione di una scelta difensiva, diretta a determinare la trasformazione dell'ordinanza in sentenza immediatamente impugnabile, come tale rientrante tra i poteri del difensore a norma dell'art. 84, primo comma, c.p.c., mentre resta escluso che la parte, la quale stia in giudizio col ministero del difensore, possa validamente compiere di persona detta rinuncia, non essendo configurabile, là dove detto patrocinio sia obbligatorio, una fungibilità tra il potere del difensore e quello della parte personalmente né l'invalidità dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza, in quanto proveniente dalla parte intimata personalmente, può ritenersi sanata, per conseguimento dello scopo, a seguito della interposizione dell'appello ad opera del difensore della parte stessa munito di apposita procura ad litem, difettando in tal caso l'impugnazione del necessario presupposto, perché rivolta contro una ordinanza che non ha ancora acquistato l'efficacia della sentenza, efficacia conseguibile solo ed esclusivamente in conseguenza di una valida rinuncia.

L'ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186 quater c.p.c., emanata nei confronti dell'assicurato danneggiante e dell'impresa designata di cui all'art. 20 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è destinata a produrre effetti anche nei confronti del commissario liquidatore dell'impresa assicuratrice, litisconsorte necessario nel giudizio risarcitorio, stante il diritto dell'assicurato e dell'impresa designata di rivalersi contro di esso; ne consegue che il commissario liquidatore — quantunque non destinatario dell'ordine giudiziale di pagamento, operando nei suoi confronti l'ordinanza emessa a chiusura dell'istruzione soltanto come pronuncia di mero accertamento del credito, e quindi non «parte intimata» in senso tecnico — è legittimato, in forza di una interpretazione costituzionalmente orientata, conforme agli artt. 3 e 24 Cost., ad effettuare, al pari delle parti intimate, la dichiarazione di rinuncia alla pronuncia della sentenza, ai sensi del quarto comma del citato art. 186 quater, al fine di proporre appello contro l'ordinanza anticipatoria, trasformata, quoad effectum, in sentenza impugnabile.

Cass. civ. n. 2079/2002

L'ordinanza di cui all'art. 186 quater c.p.c. che pronuncia su alcuni dei danni richiesti con la domanda e rimette al collegio la decisione su altri, se è fatta rinunzia alla sentenza, produce gli effetti di questa sull'intero oggetto della domanda e così acquista gli effetti di una sentenza definitiva: le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa decisione e, se è proposto appello, il giudice di secondo grado, che ne sia richiesto con impugnazione principale o incidentale, ha il dovere di pronunciare anche circa i danni sui quali sia mancata una pronuncia di merito nell'ordinanza.

La disciplina dell'art. 186 quater c.p.c, è applicabile nei processi in cui la domanda di condanna sia proposta nei confronti di più parti e quindi anche nei processi in cui è esercitata l'azione diretta ex art. 18 della legge n. 990 del 1969, anche qualora la domanda sia proposta, oltre che nei confronti dell'assicuratore e del responsabile del danno, anche nei confronti del conducente; in tale ipotesi, a seguito di rinunzia alla sentenza di alcuni soltanto dei destinatari dell'ordine di pagamento determina, l'ordinanza acquista efficacia di sentenza ed è impugnabile con l'appello.

Cass. civ. n. 1633/2002

L'esaurimento dell'istruttoria costituisce il presupposto per l'emanazione dell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.; pertanto, l'invito del giudice istruttore, che ha esaurito l'istruttoria e ritenuto la causa matura per la decisione, a precisare le conclusioni segna il momento a decorrere dal quale può essere proposta l'istanza; questa può essere presentata sia all'udienza in cui detto invito è formulato sia nella successiva udienza eventualmente fissata per la precisazione delle conclusioni.

Cass. civ. n. 983/2002

Nei processi cumulativi, il giudice può emettere l'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. quando, in presenza di un litisconsorzio necessario e in caso di richiesta di tutte le parti istanti nei confronti di tutti i convenuti, la medesima definisca tutte le cause; diversamente, può emetterla se le cause siano scindibili, previa separazione — da considerarsi implicitamente disposta con l'ordinanza — e deve, invece, rifiutarla in ipotesi di cause inscindibili; corrispondentemente, emanata l'ordinanza, la stessa acquista efficacia di sentenza e può essere impugnata se tutti gli intimati rinunciano alla sentenza, mentre, in caso di rinuncia solo da parte di alcuni, tale effetto si produce o meno a seconda che le cause siano scindibili o inscindibili.

Cass. civ. n. 6694/2000

Il potere del G.I. di emettere l'ordinanza di condanna al pagamento di una somma di denaro a chiusura dell'istruttoria ex art. 186 quater c.p.c. non incontra limiti anche nell'ipotesi in cui, terminata l'istruttoria e precisate le conclusioni, la causa sia stata rimessa al collegio per la decisione, con la conseguenza che la relativa istanza, presentata al collegio, deve da questo essere rimessa al G.I. per la decisione.

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