L'istituto in questione è stato introdotto con la L. 26.11.1990, n. 353, prendendo a modello l'analogo istituto previsto dal primo comma dell’
art. 423 del c.p.c. in materia di processo del lavoro.
In forza di esso si attribuisce al giudice il potere di emettere, nel corso della
trattazione, un provvedimento anticipatorio di condanna, e ciò al precipuo fine di razionalizzare e decongestionare la trattazione dei processi civili di condanna, mediante la rapida acquisizione di un
titolo esecutivo.
Il legislatore del 2005 si è successivamente preoccupato di disciplinare l'ipotesi in cui l'ordinanza in questione venga emessa fuori udienza, avendo previsto che in questo caso il giudice dovrà disporre la
comparizione personale delle parti, fissando un termine per la
notifica del provvedimento.
Gli elementi che caratterizzano l’istituto sono:
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necessità di una istanza di parte;
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proponibilità di tale istanza sino al momento della precisazione delle conclusioni;
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discrezionalità del giudice nella valutazione relativa all'adottabilità o meno del provvedimento;
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l’oggetto dell’ordinanza deve essere il pagamento di somme;
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non contestazione delle parti costituite;
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l’ordinanza costituisce titolo esecutivo immediato e conserva la sua efficacia anche nel caso di estinzione del processo;
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la revocabilità e modificabilità del provvedimento nei limiti e secondo i principi espressi dal 1° e 2° comma dell’art. 177 del c.p.c. e dal 1° comma dell’art. 178 del c.p.c..
In particolare, un ruolo preminente tra i presupposti sopra visti assume la “
non contestazione” da parte di tutte le “parti costituite” del diritto che l’
attore reclama al pagamento di somme di denaro.
Tale “
non contestazione” deve:
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avvenire nel corso dello svolgimento del processo;
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integrare una consapevole rinuncia a contestare;
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avere ad oggetto le somme, ma non necessariamente i fatti costitutivi dedotti a fondamento del diritto vantato dall'attore ad ottenere tali somme.
Si è precisato che l'emissione dell'ordinanza non può essere preclusa da una contestazione puramente generica, occorrendo una contestazione specifica e capillare.
In considerazione della funzione anticipatoria della tutela esecutiva attribuita all'istituto in esame e della competenza attribuita al
giudice istruttore, si ritiene che ad esso si possa fare ricorso solo in primo grado, dovendosi di conseguenza escludere che la pronuncia di detta ordinanza possa ammettersi in grado di appello.
La norma in esame, inoltre, deve essere coordinata con il disposto di cui al primo comma dell'
art. 115 del c.p.c., norma che impone al Giudice di porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.
Ha formato oggetto di discussione l'ammissibilità dell'ordinanza qui prevista nel corso del giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo, ed in dottrina sembra prevalere l'orientamento che ritiene preferibile distinguere a seconda che il decreto ingiuntivo opposto sia o meno dotato di efficacia esecutiva, in quanto se immediatamente esecutivo si verrebbe di fatto a realizzare una duplicazione di titoli esecutivi per il medesimo diritto sostanziale.
Considerato che la legge individua espressamente la
revoca come unico rimedio avverso le ordinanze di pagamento, deve escludersi l'esperibilità del
reclamo di cui all'
art. 669 terdecies del c.p.c., e ciò anche per il fatto che trattasi di istituto del tutto estraneo ai provvedimenti cautelari in senso proprio.