L'
intimazione di
sfratto per
morosità non è altro che l'esercizio in forma speciale dell'azione costitutiva di risoluzione per
inadempimento e di quella di condanna al
rilascio dell'immobile, anche se parte della dottrina è dell’idea che, poiché a seguito dell’inadempimento del conduttore la detenzione dell'immobile diverrebbe automaticamente illegittima, lo sfratto per morosità non può più configurarsi come esercizio di un'azione di risoluzione del rapporto.
Per quanto concerne il rapporto tra intimazione di sfratto per morosità e finita locazione, occorre osservare che è inammissibile richiedere una nuova risoluzione del rapporto con la convalida dello sfratto per morosità nel caso in cui la cessazione del rapporto di locazione sia già stata accertata con un
provvedimento,
ordinanza di convalida o sentenza, passato in giudicato.
Nel caso in cui, invece, sia stata accertata la futura scadenza del rapporto (licenza per finita locazione) con provvedimento passato in giudicato, nulla vieta di richiedere la
convalida di sfratto per una morosità verificatasi successivamente a tale pronuncia, in quanto non può esservi alcuna incompatibilità logica tra quell'accertamento ed il verificarsi di una causa di risoluzione successiva, a seguito della quale l’intimante può chiedere un'anticipata risoluzione del rapporto.
L'unico inadempimento che consente di richiedere lo sfratto è quello derivante dal mancato pagamento del
canone; in presenza di altre violazioni degli obblighi contrattuali che gravano sul conduttore (ad esempio, il mutamento della destinazione d'uso, la perdita della cosa, l'omessa manutenzione, la
sublocazione vietata), ci si dovrà avvalere del giudizio ordinario.
Ai fini della valutazione della rilevanza dell’inadempimento (tale da legittimare l’intimazione di sfratto per morosità), occorre fare riferimento a quanto statuito dall’
art. 5 della l. equo canone, norma che ha fissato un requisito quantitativo (solo per gli oneri accessori un importo superiore a due canoni, mentre per l'
obbligazione principale è rilevante il mancato pagamento anche di un solo canone) ed un requisito temporale (la protrazione dell'inadempimento per almeno venti giorni oltre la scadenza).
E’ stato, tuttavia, precisato in dottrina che tale riferimento normativo possa farsi valere solo per le locazioni abitative, mentre negli altri casi ci si deve affidare alla valutazione discrezionale del giudice sulla gravità dell'inadempimento.
Per quanto riguarda, poi, il mancato pagamento degli oneri
accessori, il ricorso alla procedura in esame si ritiene ammissibile solo per quelli previsti dall’
art. 9 della l. equo canone, mentre il ricorso al giudizio di convalida va escluso per gli altri obblighi accessori gravanti sul conduttore, quali la spesa per la registrazione del
contratto, il deposito cauzionale, ecc..
Nel procedimento di convalida trova frequente applicazione l'istituto della sanatoria della morosità ex
art. 55 della l. equo canone.
Trattasi di norma che è sempre stata considerata quale una deroga al principio desumibile dall'ultimo comma dell’
art. 1453 del c.c. secondo cui il debitore non può più adempiere dopo la notifica della domanda giudiziale.
Essa ha natura sia sostanziale che processuale, in quanto l'istanza del conduttore da vita ad un sub-procedimento all'interno della fase speciale della convalida. La sanatoria può realizzarsi secondo due diverse modalità, e precisamente: con il pagamento all'
udienza di convalida ovvero per mezzo della concessione del c.d. termine di grazia.
Sia per la prima modalità che per la seconda, non è possibile fruire della sanatoria per più di tre volte nel corso di un quadriennio, da intendersi in termini naturalistici e non contrattuali (ossia con riferimento ad un periodo contrattuale di quattro anni).
Eccezionalmente è possibile, tuttavia, beneficiare dell'istituto anche una quarta volta, qualora l'inadempimento non si sia protratto per oltre due mesi e sia dovuto alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto, riconducibili a disoccupazione, malattie o gravi e comprovate condizioni di difficoltà .
Legittimato al pagamento è l'intimato, se costituito personalmente, o il suo
difensore; si ammette, tuttavia, anche la possibilità che il pagamento sia effettuato anche da un terzo, quale un parente o un vicino, in quanto il terzo comma dell’
art. 1180 del c.c. consente il pagamento da parte di persona diversa dal
debitore anche contro la volontà del
creditore, se quest'ultimo non ha un interesse a ricevere la prestazione dal debitore.
Legittimato a ricevere il pagamento è il difensore dell'intimante ed il suo rifiuto renderebbe l'inadempimento non più imputabile al conduttore, con conseguente impossibilità di procedere alla convalida.
Accade spesso nella pratica che il conduttore richieda il termine di grazia e, nello stesso tempo, contesti di essere in tutto o in parte inadempiente; è questo il caso in cui l'istanza di sanatoria è accompagnata dalla espressa riserva di ripetere le somme in caso di esito favorevole del giudizio.
L'ammissibilità di un'istanza con riserva risponde alla facoltà concessa ad ogni debitore di formulare una riserva di ripetizione e si fonda sull'esistenza di una duplice volontà di sanare la morosità con riserva e di contestarne la fondatezza.
Se non sorgono contestazioni sulla sanatoria, il giudizio potrà così proseguire:
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se all'udienza di verifica non compaiono entrambe le parti, si avrà l'estinzione del giudizio ex art. 662 del c.p.c.;
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se compaiono entrambe le parti ovvero il solo intimante dando atto che la morosità è stata sanata, il giudice dovrà dichiarare l'avvenuta purgazione ed il procedimento verrà definito con ordinanza avente natura sostanziale di sentenza e potenziale attitudine al giudicato.
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se compare il solo intimato, la mancata comparizione dell'intimante non può che intendersi come rinuncia agli atti, conseguente all'avvenuto pagamento, e pertanto potrà con ordinanza dichiararsi estinto il giudizio.
Se, al contrario, la sanatoria non è avvenuta o se sorgono contestazioni sull'avvenuto pagamento, potranno aversi i seguenti effetti:
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se le parti compaiano ed è pacifico l'avvenuto mancato pagamento di tutta o di parte della mora, il giudice dovrà convalidare l'intimazione di sfratto;
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se, pur risultando pacifica tra le parti la mancata purgazione, l'intimato insiste nell'opposizione che aveva formulato, chiedendo la sanatoria con riserva, il giudice non deve convalidare, ma può emettere l'ordinanza provvisoria di rilascio;
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se tra le parti insorge controversia proprio sull'avvenuta purgazione della mora, non sarà possibile definire il giudizio con l'ordinanza di convalida, ma nel giudizio di merito dovrà accertarsi la sussistenza della sanatoria (è sempre possibile l’emanazione dell'ordinanza provvisoria di rilascio).