Questa norma disciplina il procedimento monitorio avente ad oggetto la consegna di un determinata quantità di cose fungibili, disponendo che il ricorso deve tra l’altro contenere la dichiarazione della somma di denaro che il
ricorrente è disposto ad accettare, a definitiva liberazione dell’altra parte, in mancanza della
prestazione in natura.
La finalità di tale dichiarazione è duplice, in quanto da un lato si concede al
debitore la possibilità di liberarsi versando la somma che il
creditore è disposto ad accettare in luogo dell’originaria prestazione e dall’altro si dà al creditore la possibilità di procedere ad
espropriazione forzata di tale somma qualora il debitore ingiunto non ottemperi all’ordine di consegna.
Occorre, tuttavia, precisare che, secondo una tesi prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza, la mancata indicazione della somma non è causa di nullità dell’ingiunzione, ma determina soltanto una limitazione dell’ambito dell’eventuale
azione esecutiva, circoscrivendolo alla sola esecuzione per consegna, con esclusione di quella per espropriazione.
Pertanto, può farsi rientrare nella facoltà del creditore limitare la propria istanza non inserendo tale dichiarazione e ridurre gli effetti della domanda alla sola consegna delle cose dovute.
La seconda parte della norma si occupa del caso in cui il creditore decida di inserire nel ricorso tale dichiarazione, attribuendo al giudice il potere, qualora dovesse ritenere la somma dichiarata non proporzionata e prima di pronunciare sulla domanda, di invitare il ricorrente a produrre un certificato della
Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Secondo una tesi prevalente in dottrina, è possibile fornire la giustificazione dell'importo indicato non solo attraverso certificati camerali, ma a mezzo di qualsiasi altro documento, che possa attestare inequivocabilmente il controvalore
dei beni (es. fatture di acquisto, listini prezzi, ecc.), restando comunque esclusa la possibilità di ricorrere a prove non precostituite.
È evidente il collegamento sussistente tra questa norma e la disciplina del contenuto dell'ingiunzione di cui al successivo
art. 641 del c.p.c., secondo cui, se il credito ha ad oggetto la consegna di una quantità di
beni fungibili, il decreto di accoglimento deve disporre la condanna a consegnare “
la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all'art. 639”.
Attraverso l’imposizione al ricorrente di dichiarare la somma di danaro che è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura e mediante la previsione che l'eventuale pagamento della somma oggetto dell'emittendo provvedimento avverrà con effetto pienamente liberatorio del debitore, la legge ha di fatto introdotto un meccanismo di automatica trasformazione dell'
obbligazione, la quale da semplice diventa
ope judicis alternativa ex artt.
1285 e ss. c.c., con attribuzione al debitore di una insindacabile facoltà di scelta, ex
art. 1286 del c.c. comma 1, scelta che eventualmente si trasferisce in capo al creditore allorché l'ingiunto non abbia ottemperato alla condanna nel termine fissato ex art. 641, eseguendo una delle due prestazioni alternative.