(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
346 Giustamente è stato proposto di formare un articolo a sè con il secondo comma dell'art. 257 del progetto, poiché questo trattava della vendita dei beni mobili per il pagamento dei debiti, argomento che è del tutto distinto da quello del diritto dei coeredi ad avere i beni in natura. Non ho invece accolto la proposta di chiarire che la vendita è subordinata alla mancanza di danaro nel patrimonio ereditario, poiché ciò è implicito nel fatto che vi sia necessità della vendita per il pagamento dei debiti. Quanto alla proposta di sopprimere la disposizione dell'ultimo periodo del secondo comma del'art. 257 del progetto, che prevedeva l'opposizione dei creditori e dei legatari alla vendita dei beni mobili in forma privata fra i soli condividenti, non mi sono sembrati convincenti i motivi addotti a sostegno di essa. E' vero che ai creditori è aperto il rimedio della revocatoria; ma deve ammettersi che, indipendentemente da questa, essi possano impedire una vendita in forma privata, senza le garanzie dei pubblici incanti, che può riuscire pregiudizievole ai loro diritti. Tale criterio era seguito anche dal codice del 1865 che, nell'art. 680, concedeva ai creditori dei singoli condomini la facoltà di opporsi alla divisione, salva restando la revocatoria quando la divisione fosse stata già effettuata. Ho pertanto mantenuto la disposizione.
348 L'art. 267 del testo precedente, che avrebbe dovuto dettare le norme relative al trattamento degl'immobili non divisibili, considerava, in realtà, due ipotesi ben differenti: quella che nell'eredità fossero compresi immobili non comodamente divisibili; e l'altra, che, per pagare i debiti ereditari, i condividenti concordassero nella vendita d'immobili. All'una e all'altra si applicava la disposizione, dettata nell'articolo 266 per la vendita di mobili, che prescriveva di procedere all'incanto o, secondo i casi, a vendita fra i condividenti senza pubblicità. Nel primo e nell'ultimo comma dell'art. 274, poi, si contemplava l'ipotesi di fabbricati o fondi rustici, considerati non divisibili perché il loro frazionamento sarebbe riuscito pregiudizievole alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene: in questo caso era disposto che tali beni dovessero preferibilmente esser compresi per intero nella quota di uno dei condividenti o attribuiti congiuntamente a più condividenti, se insieme ne avessero richiesta l'attribuzione. In mancanza, si sarebbe proceduto a vendita secondo l'art. 267. Riesaminata in sede di coordinamento la materia, mi è sembrato opportuno darle una sistemazione più armonica, raggruppando insieme le ipotesi identiche o affini e unificandone, dove era diverso, il regolamento. Ho, pertanto, fuse nell'
art. 719 del c.c. le disposizioni concernenti la vendita degli immobili e dei mobili fatte per pagare i debiti dell'eredità e disciplinato in un solo articolo, estendendo la norma dell'art. 274, gl'immobili non divisibili, sia che la non divisibilità derivi da difficoltà del frazionamento, sia che essa derivi dall'esigenza di non recar pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene.