Come si atteggia il requisito dell’essenzialità dell’errore nel caso di errore nella dichiarazione
Il regolamento dell'errore vizio, e cioè la rilevanza dell'errore quando è essenziale e riconoscibile, la semplice annullabilità del contratto nel caso di rilevanza dell'errore, il mantenimento del contratto rettificato, viene esteso, con questa disposizione, anche alla figura dell'errore sulla dichiarazione od errore ostativo.
II concetto di riconoscibilità dell'errore, precisato dal legislatore nei confronti dell'errore vizio, non muta contenuto nei confronti dell'errore ostativo. Per quanto riguarda invece il concetto di essenzialità dell'errore, in una trattazione della teoria generale del contratto si afferma che il concetto di essenzialità dell'errore assume un contenuto diverso a seconda che si tratti di errore vizio o di errore ostativo: la essenzialità dell'errore vizio consiste nel fatto che esso determina una mancanza ipotetica di volizione, l’essenzialità dell'errore ostativo nel fatto che esso determina una divergenza tra volizione e dichiarazione. Questa opinione, indubbiamente esatta per quanto riguarda l'errore vizio, lascia invece molto perplessi per cò che concerne l'errore ostativo. Il semplice fatto che l'errore ostativo produca una divergenza tra volontà e dichiarazione non sembra infatti sufficiente per qualificare tale errore come essenziale, essendo abbastanza evidente che, se la divergenza è di minima entità, il principio della conservazione del contratto e della tutela del destinatario della dichiarazione impongono che non si faccia luogo all’annullabilità del contratto stesso. Si supponga che Tizio abbia intenzione di comprare un fondo e sussistano due fondi, il Comeliano e il Tusculano, che rispondono entrambi in sostanza alle sue esigenze, ma uno di essi, ad esempio il Corneliano, presenta una lieve particolarità per cui egli, potendolo, preferirebbe acquistare quello. Avuta notizia che il proprietario di entrambi ha posto in vendita il fondo Tusculano egli, credendo che così si chiami il fondo Corneliano, stipula il relativo contratto, dichiarando di comprare il fondo Tusculano. Si faccia ancora l'ipotesi che la divergenza non concerna né l’identità della cosa o del soggetto o del negozio, ma solo una qualsiasi modalità accessoria che per il soggetto non abbia carattere decisivo, ad esempio i1 luogo del pagamento o il modo della consegna. In tutte queste ipotesi si ha indubbiamente un errore ostativo che causa una divergenza tra volontà e dichiarazione, ma non sembra che si debba ritenere essenziale, e quindi rilevante, detto errore.
Premesso ciò, non è tuttavia facile determinare con una formula generale la nozione di essenzialità dell'errore ostativo. Il più autorevele e acuto studioso dell'argomento definisce essenziale l'errore ostativo che produce uno scambio sulla concreta individualità, della persona, della cosa o del negozio avuti in mira dal soggetto. La formula non convince pienamente, soprattutto in relazione all'attuale ordinamento positivo, nel quale il legislatore, precisando il concetto di errore essenziale solo nei confronti dell'errore vizio (art. 1429 cod. civ.) e rinviando per l'errore ostativo alle norme sull'errore vizio, ha mostrato di volere che la nozione di essenzialità dell'errore ostativo sia configurata tenendo presente, sia pure con le inevitabili modificazioni dovute alla diversità della fattispecie, i criteri che presiedono alla determinazione del concetto di essenzialità dell'errore vizio.
Ora, poiché la determinazione del concetto di errore vizio essenziale avviene, di regola, esclusivamente in base ad una valutazione in concreto, la stessa valutazione deve essere tenuta presente anche nella determinazione del concetto di errore ostativo essenziale. Una divergenza anche minima tra la dichiarazione e la volizione può essere essenziale, e come tale rilevante, per il contraente in errore, e per contro una divergenza anche notevole, può non essere essenziale, e come tale irrilevante, per il contraente in errore. Si può pertanto dire che l'errore ostativo è essenziale quando il soggetto in errore, se avesse saputo che l'altro contraente intendeva concludere un contratto diverso da quello che egli intendeva concludere, non avrebbe voluto concludere questo diverso contratto, cioè non avrebbe indirizzato la volontà, in modo conforme a quello risultante dalla dichiarazione. L'essenzialità dell'errore ostativo si traduce quindi in una considerazione della mancanza di una volizione ipotetica.
Intesa in questo senso l’essenzialità dell'errore ostativo, non è chi non veda come la linea di demarcazione tra errore vizio ed errore ostativo, a prima vista così netta e salda, oscilli pericolosamente, e ciò non solo nei casi concreti, nei quali spesso il determinare se ci si trova di fronte ad un errore ostativo o ad un errore vizio rappresenta un arduo problema che richiede una delicatissima indagine psicologica, ma anche in via generale.
Giova ancora aggiungere, per completezza, che nel caso in cui l'errore ostativo cade sull’identità dell'oggetto della prestazione, la valutazione dell'essenzialità dell'errore deve essere fatta, oltreché in concreto, in abstracto, in armonia con quanto è stabilito in proposito per l'errore vizio (art. 1429, n. 2); l'errore deve cioè essere, in relazione alle circostanze o al comune apprezzamento, idoneo a determinare la suddetta mancanza di volizione ipotetica in un contraente normale.
La semplice annullabilità del contratto affetto da errore nella dichiarazione
Tra le disposizioni relative all'errore vizio che vengono estese dall'art. 1433 cod. civ. all'errore ostativo vi è quella fondamentale della semplice annullabilità del contratto. Con ciò il nuovo codice ha profondamente innovato nei confronti della passata legislazione, sotto l'impero della quale la dominante dottrina, nell'assenza di una disposizione di legge relativa all'errore ostativo in materia contrattuale, sosteneva, in omaggio al dogma della volontà a cui si ispirava il codice abrogato, la nullità del contratto concluso per errore ostativo.
Da questa innovazione, come da quella concernente il requisito della riconoscibilità dell'errore, e tenendo inoltre presente il regolamento dell'incapacità di intendere o di volere, risulta il particolare atteggiamento adottato dal nuovo codice italiano in ordine al problema fondamentale del valore della volontà, reale o ipotetica, nella fattispecie contrattuale. Questo atteggiamento consiste, per quanto riguarda la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione, nella commistione di due dei sistemi intermedi tra il dogma della dichiarazione e il dogma della volizione formulati dalla dottrina, e precisamente del sistema dell'affidamento, per cui la rilevanza della divergenza è subordinata alla malafede dell'altro contraente e del sistema della semplice annullabilità, per cui la rilevanza della divergenza consiste nell'annullabilità, anziché nella nullità, del contratto. Fa eccezione il caso della riserva mentale, nei confronti della quale, come vedremo, si applica l'altro sistema intermedio dell’autoresponsabilità. Trattandosi invece di divergenza bilaterale, vale, come risulta dal trattamento della simulazione, il puro dogma della volontà. Pertanto, nel caso di errore ostativo bilaterale non si deve ritener applicabile la norma dell'art. 1433 cod. civ. per quanto riguarda la riconoscibilità dell'errore. Più delicata è la questione se debba ritenersi inapplicabile anche la norma dell’art. 1428 cod. civ. per quanto riguarda la semplice annullabilità, e applicare invece i1 principio della nullità, esplicitamente sancito dal codice nei confronti della divergenza bilaterale consistente nella simulazione.
Quanto è stato detto vale solo per il caso in cui il doppio errore ostativo importi una divergenza non solo tra la dichiarazione di ognuno dei contraenti e la rispettiva volizione, ma anche tra le due volizioni. Se invece, nonostante il doppio errore ostativo, le due volizioni coincidono per modo che non vi è dissenso (come avviene, ad esempio, nel caso che entrambi i contraenti vogliano dare e ricevere in locazione, ma per lo stesso errore dichiarino di dare e prendere in enfiteusi), il principio della conservazione del contratto importa che il medesimo rimanga valido in conformità all'effettivo accordo delle parti. Questa particolare applicazione del principio della conservazione del contratto trova il suo fondamento nella norma dell'art. 1362 cod. civ.
L’errore nella trasmissione della dichiarazione
Nell'art. 1433 il legislatore, seguendo l’insegnamento della migliore dottrina, assimila alla figura dell'errore ostativo l'ipotesi della dichiarazione inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato. Questo tipo di errore presuppone una dichiarazione contrattuale mediata, cioè una dichiarazione contrattuale il cui oggetto è reso conoscibile ad altri non attraverso la conoscibilità di un comportamento del dichiarante, ma attraverso la conoscibilità di un'attività, estranea al comportamento del dichiarante e da quest'ultimo provocata.
Trattandosi di telegramma l'art. 2076 cod. civ. dispone che la riproduzione del telegramma consegnata al destinatario si presume sino a prova contraria conforme all'originale e che, se il mittente ha fatto collazionare il telegramma secondo le disposizioni dei regolamenti, si presume esente da colpa per le divergenze tra originale e riproduzione. Questa disposizione non va interpretata nel senso che nel caso in cui il mittente non ha fatto collazionare il telegramma, pur essendo riconoscibile l'inesattezza della trasmissione, i1 contratto non sia annullabile, giacché, come si è visto, nel nuovo codice il principio della riconoscibilità della divergenza ha sostituito il principio della responsabilità della medesima, ma nel senso che in questo caso è esclusa una responsabilità per danni derivanti dall'annullamento.
Il codice non risolve il problema dei rapporti tra il dichiarante ed il soggetto incaricato di trasmettere la dichiarazione. Nel silenzio della legge sembra di dover ammettere una responsabilità dell'incaricato della trasmissione verso il dichiarante nei limiti, trattandosi di un ufficio pubblico incaricato della trasmissione, posti dalle norme in vigore (D. r. 27 febbraio 1936, n. 645 e D. r. 28 aprile 1940, n. 689).
Il lapsus lingue vel calami
Molto vicino all'errore nella trasmissione della dichiarazione
è il caso del lapsus linguae vel calami, che consiste in una divergenza tra la volontà del contenuto materiale della dichiarazione e la dichiarazione, da cui consegue, nella quasi totalità dei casi, una divergenza tra la dichiarazione e la volontà del risultato che le parti intendono conseguire con la stipulazione del contratto. Per quanto il lapsus linguae vel calami non sia quindi, a rigore, un caso di errore ostativo, in quanto esso non riposa su di un errore del dichiarante, ma, per così dire, su di una momentanea paralisi dei centri che presiedono all'espressione, tuttavia, data la grande affinità tra questa figura e quella dell'errore ostativo ed ancor più dell'errore nella trasmissione della dichiarazione, si può, attraverso un'interpretazione estensiva della norma dell'art. 1433 cod. civ., farvi rientrare il lapsus linguae vel calami.
La riserva mentale
Più grave è il problema dell'accertamento del regolamento nel nuovo codice di quell'altro importante caso di divergenza tra la volizione e la dichiarazione che è costituito dalla riserva mentale. Di questo problema, di solito trascurato dalla dottrina del nuovo codice, si è occupato recentemente e ampiamente 1'Allara, il quale, esclusa la possibilità di risolvere il problema attraverso una considerazione normativa autonoma della riserva mentale basata sul principio della responsabilità, prospetta due soluzioni: l'applicazione analogica del regolamento dell'errore ostativo e l'applicazione analogica del regolamento della simulazione. In considerazione del fatto che tra l'elemento di analogia che intercorre fra errore ostativo e riserva mentale, per cui in entrambi i casi si ha una divergenza unilaterale tra dichiarazione e volizione, e l'elemento di analogia che intercorre fra riserva mentale e simulazione, per cui in entrambi i casi si ha una divergenza consapevole tra volizione e dichiarazione, il primo elemento è prevalente, egli conclude per la prima soluzione, per cui la riserva mentale è rilevante solo se conosciuta o riconoscibile dall'altro contraente e la rilevanza consiste nella semplice annullabilità del contratto. Questa soluzione non può tuttavia essere accolta. Il silenzio del codice in ordine ad una materia importante come la riserva mentale e che a tante controversie aveva dato luogo, nell'assenza di un esplicito regolamento, sotto l'impero del codice abrogato, non può che indicare l'irrilevanza in ogni caso della riserva mentale, cioè la piena validità del contratto con riserva mentale, sia essa riconoscibile che non riconoscibile. E’ questo un residuo nel nuovo codice di quel principio della responsabilità al quale si informava, secondo un’autorevole dottrina, il codice abrogato, principio di cui vi sono anche altre tracce nel nuovo codice, ad esempio in tema di violenza morale (v. infra).
Si deve escludere poi la possibilità di una applicazione analogica del regolamento dell'errore ostativo, giacché tale applicazione analogica non si concilia con il principio, a suo tempo illustrato, del carattere eccezionale dell'istituto dell'annullabilità.
Norme particolari relative all’errore
Giova avvertire, al termine del commento delle disposizioni relative all'errore spontaneo, che dette disposizioni valgono sempre che il legislatore non stabilisca nei confronti di singoli tipi di contratti principi diversi. Così, ad esempio, l’art. 1969 cod. civ. stabilisce la irrilevanza dell'errore di diritto nella transazione e l'art. 761 cod. civ. l'irrilevanza dell'errore in genere nella divisione ereditaria.