La norma disciplina la revoca espressa, riproducendo sostanzialmente l’art. #917# del vecchio codice del 1865.
È noto che, sotto la vigenza della legislazione precedente, si dubitava che potesse valere come testamento, ai fini della revoca, un negozio che avesse contenuto soltanto la revoca o disposizioni di carattere non patrimoniale. Il nuovo legislatore non ha ritenuto di dover risolvere espressamente la questione, essendosi reputato sufficiente l’implicito riferimento all’art.
587 secondo comma, che offrirebbe un più ampio concetto del testamento, il quale potrebbe essere costituito anche da disposizioni di carattere non patrimoniale.
Su questo punto, la cui delicatezza si era rivelata già agli interpreti della legislazione precedente, non sembra si possa essere del tutto tranquilli. Basterà, infatti, rilevare che l’art.
587 comma 1 definisce il testamento facendo riferimento alla disposizione “
di tutte le proprie sostanze o di parte di esse” (analogamente all’art. #759# codice 1865). Nel capoverso, poi, non amplia quel concetto, né vi contraddice, ma soltanto fa salva l'efficacia delle disposizioni di carattere non patrimoniale, anche se manchino nel testamento disposizioni di carattere patrimoniale. Se ne deduce, ragionando rigorosamente, che il testamento (in senso proprio) si ha quando l’atto contenga
disposizioni di carattere patrimoniale; ma che, tuttavia, un atto che abbia la forma del testamento è sufficiente perché abbiano efficacia le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento (si badi al tenore di queste espressioni del testo legislativo).
Il dubbio, dunque, sussiste: a) perché
l’art. 680 parla di testamento e non di atto avente la forma del testamento; b) perché
la revoca non può considerarsi come disposizione non patrimoniale che possa essere contenuta in un testamento.
Sul primo punto non c’è dubbio: il testo è chiaro. Per superare l’ostacolo, bisognerebbe interpretare estensivamente il termine “testamento”.
Sul secondo punto, è agevole rilevare che, anche se la revoca si consideri come disposizione, essa è sempre in eccesso e in difetto, rispetto a quelle delle quali si tratta, poiché: 1) ha carattere patrimoniale, ma contenuto soltanto negativo; 2) è atto tra vivi e non mortis causa.
D'altra parte, sarebbe stato opportuno mantenere la disposizione riferentesi espressamente ed esclusivamente al testamento fittizio, per risolvere, a contrario, ogni questione relativa all’ipotesi di caducità o di inefficacia del testamento posteriore contenente la revoca, nel senso della validità della revoca medesima.
Sull'opportunità di mantenere le garanzie formali, non pare si possa dubitare, essendo molto più facile, nell'imminenza della morte, indurre una persona a fare un atto di estrema semplicità piuttosto che portarla a compiere un atto che determini in modo preciso il suo volere.