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Articolo 2203 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Preposizione institoria

Dispositivo dell'art. 2203 Codice Civile

È institore(1) colui che è preposto dal titolare all'esercizio di un'impresa commerciale [425, 2195, 2196, n. 5].

La preposizione può essere limitata all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell'impresa [2197, 2205].

Se sono preposti più institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia diversamente disposto [1716], 2257].

Ratio Legis

Si tratta della norma di apertura della disciplina dedicata alla rappresentanza commerciale, la quale deroga alla disciplina generale della rappresentanza nell'ottica di tutelare l'affidamento riposto dai terzi nei poteri rappresentativi assegnati ai collaboratori dell'imprenditore.

Spiegazione dell'art. 2203 Codice Civile

Gli articoli da 2203 a 2213 dettano la disciplina del potere di rappresentanza dei c.d. ausiliari subordinati dell'imprenditore commerciale, da distinguersi dagli ausiliari autonomi (es: agenti, mediatori). La previsione di un’apposita disciplina al riguardo si fonda sull’esigenza di tutelare la certezza delle contrattazioni d’impresa (CAGNASSO). Lo scopo è quello di garantire ai terzi un accettabile grado di sicurezza circa i poteri rappresentativi degli ausiliari, da considerarsi pieni in relazione alla posizione che questi ultimi rivestono nell’organizzazione aziendale, fatte salve apposite limitazioni indicate in un'eventuale procura.

Tra gli ausiliari subordinati vanno annoverati:
  1. l'institore;
  2. il procuratore;
  3. il commesso.

L'institore è il soggetto preposto dall’imprenditore all’esercizio dell'impresa o di una sua unità organizzativa, che può consistere in un suo ramo o sede secondaria. L’incarico affidato all’institore non si risolve dunque nel compimento di atti specificamente determinati, bensì nella gestione della complessiva attività d’impresa o di quella sua parte riferibile all’unità organizzativa al quale risulta preposto.
Nonostante esso sia stato definito come un alter ego dell’imprenditore, per la posizione di vertice occupata nell’organizzazione aziendale, va in ogni caso osservato che la preposizione institoria non può comportare la rinuncia dell’imprenditore ad ogni potere gestorio.
Di contro, l'institore deve dipendere unicamente dall'imprenditore e non può, pertanto, dipendere da persone che a loro volta siano subordinate all'imprenditore.

La norma fa riferimento al ramo d'impresa che va identificato con un settore dell'attività dell'impresa con autonomia gestionale.
Non è ammissibile la nomina di un institore da parte di un piccolo imprenditore.

L’attribuzione del potere di rappresentanza deriva ex lege dall'atto stesso della preposizione e non dal rilascio di una procura, la quale è però necessaria per apporre eventuali limitazioni al potere di rappresentanza.
Di conseguenza, non si ritiene necessario l'atto scritto, potendosi provare la sussistenza del rapporto institorio con ogni mezzo di prova, ad inclusione delle presunzioni.

E’ discusso in dottrina se la disciplina dell’institore possa essere applicata anche all’impresa agricola (v. art. 2138) e, soprattutto, alla piccola impresa. In quest’ultimo caso, secondo l’orientamento prevalente la figura dell'institore sarebbe incompatibile con i caratteri della piccola impresa, la cui articolazione organizzativa deve essere basata prevalentemente sul lavoro del titolare e/o dei suoi familiari.

E’ inoltre discusso se la preposizione institoria presupponga l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra imprenditore e institore. In senso affermativo si è espressa la dottrina maggioritaria, ritenendo per tale ragione inammissibile la preposizione di persone giuridiche.
Ad opinione della giurisprudenza, tuttavia, la rappresentanza institoria potrebbe fondarsi su di un contratto diverso da quello di lavoro subordinato.

Massime relative all'art. 2203 Codice Civile

Cass. civ. n. 16532/2016

La qualità di institore è da porre in correlazione con la preposizione, operata dall'imprenditore, all'esercizio dell'impresa commerciale, indipendentemente dall'inquadramento professionale del preposto dal punto di vista della carriera, dal conferimento di procura o comunque dall'utilizzo di forme solenni, sicché il preposto ad una sede secondaria dell'impresa (nella specie, la succursale di una banca) è per ciò stesso institore, salva prova contraria, acquisendone automaticamente i relativi poteri rappresentativi e divenendo, pertanto, destinatario della notificazione di atti processuali indirizzati al preponente.

Cass. civ. n. 21811/2015

La costituzione di un rapporto di natura institoria ex art. 2203 c.c., pur potendo desumersi da elementi presuntivi anche in assenza di un formale atto di conferimento di qualifica e procura da parte dell'imprenditore, deve tuttavia essere accertata con specifico riferimento alla fattispecie concreta e mediante applicazione degli ordinari criteri di ripartizione dell'onere probatorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non potersi desumere la qualità di institore in capo ad una società dalla sua autonoma personalità giuridica, né dalla qualità di agente generale dell'imprenditore e neppure dal rapporto di controllo o collegamento tra la società e quella asseritamente preponente, trattandosi di elementi inconferenti ai fini della prova circa la sussistenza di una preposizione institoria, solitamente riferibile alla persona fisica legata all'imprenditore da un rapporto di subordinazione organica, sebbene al massimo livello di autonomia gestionale).

Cass. civ. n. 8976/2011

L'attività posta in essere dalle filiali o succursali di una banca, in quanto prive di personalità giuridica, così come indicato nella Direttiva CEE n. 780 del 12 dicembre 1977 ed espressamente ribadito dall'art. 1, lett. e), del d.l.vo 1 settembre 1993, n. 385, deve essere imputata all'istituto di credito di cui costituiscono un'emanazione periferica, non essendo tali stabilimenti sottratti al regime generale delle sedi secondarie delle imprese operanti in forma societaria. Ai dirigenti preposti a tali filiali e succursali, peraltro, è, di regola, riconosciuta la qualità di institore, ai sensi dell'art. 2203 c.c., dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente con imputazione a quest'ultima dell'attività giudiziaria da essi svolta.

Cass. civ. n. 8973/2011

L'attività posta in essere dalle filiali o succursali di una banca, in quanto prive di personalità giuridica, così come indicato nella Direttiva CEE n. 780 del 12 dicembre 1977 ed espressamente ribadito dall'art. 1, lett. e), del d.l.vo 1 settembre 1993, n. 385, deve essere imputata all'istituto di credito di cui costituiscono un'emanazione periferica, non essendo tali stabilimenti sottratti al regime generale delle sedi secondarie delle imprese operanti in forma societaria. Ai dirigenti preposti a tali filiali e succursali, peraltro, è, di regola, riconosciuta la qualità di institore, ai sensi dell'art. 2203 c.c., dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente con imputazione a quest'ultima dell'attività giudiziaria da essi svolta.

Cass. civ. n. 3022/2003

La preposizione institoria non richiede l'adozione di forme solenni, né la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l'institore e l'imprenditore. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, a fronte di una procura generale rilasciata da un imprenditore al proprio figlio per motivi di salute, aveva ritenuto realizzata non una preposizione institoria bensì una forma di trasferimento dell'impresa ed aveva perciò dichiarato nullo per vizio di forma il licenziamento intimato oralmente dal procuratore e per iscritto dall'imprenditore, ritenendo che quest'ultimo, col trasferimento, avesse perso il poter di direzione dell'impresa).

Cass. civ. n. 9131/1997

Determinati ausiliari dell'imprenditore, e precisamente gli institori, i procuratori e i commessi, sono investiti in quanto tali, indipendentemente da uno specifico conferimento di procura, di Un potere di rappresentanza commisurato, quanto alla sua ampiezza, alle mansioni loro affidate dall'imprenditore, salvo il potere di quest'ultimo di limitare (ma non escludere) detta sfera rappresentativa, con le modalità e con gli effetti, per quanto riguarda gli institori e i procuratori, di cui agli artt. 2206, 2207 e 2209 c.c. Ne consegue che deve ritenersi organico il rapporto alla base dei poteri del procuratore dell'imprenditore e quest'ultimo, se viene prodotta in giudizio contro di lui una scrittura privata sottoscritta a nome dell'impresa da un suo procuratore, ha il potere di disconoscerne in giudizio la sottoscrizione a norma dell'art. 214 c.p.c.

Cass. civ. n. 2020/1993

La preposizione institoria, essendo caratterizzata dall'ampiezza dei poteri rappresentativi che fanno dell'institore lo alter ego dell'imprenditore, postula la volontà di quest'ultimo di delegare al preposto poteri di gestione del tutto coincidenti con i propri, e, pertanto, mentre è insita, a norma dell'art. 2203 c.c., nella preposizione ad una sede o ad un ramo dell'attività dell'impresa, non è di per sé evincibile dalla preposizione a singoli uffici (nella specie: ufficio-vendite), ancorché dotati di una certa autonomia operativa nell'ambito dell'organizzazione imprenditoriale.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2203 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Mauro M. chiede
giovedì 14/05/2020 - Lombardia
“Buongiorno, sono un Agente generale di assicurazioni , mi hanno proposto di entrare a far parte di una Agenzia (con ragione sociale SRL) molto più grande della mia con la qualifica di Agente institore e socio della SRL appunto con una percentuale minoritaria, proporzionata al portafoglio che io porterei. Saremmo 6 soci di cui, me compreso, 3 agenti, 1 con maggioranza assoluta di quote . Gli altri 3 soci sono dipendenti di agenzia con quote minime.
Vorrei sapere cosa comporta a livello operativo questo inquadramento rispetto al mio attuale , se continuerò ad avere la paternità del portafoglio clienti a me assegnato e da me acquisito con conseguente maturazione della liquidazione sul mio Portafoglio a fine mandato / rapporto; se essere agente institore preclude l’essere delegato assicurativo ; se ci sono differenze a livello pensionistico con Cassa previdenza agenti e FPA ; se in un eventuale giudizio io risponderei in proprio o in nome e per conto della Compagnia o dell’imprenditore.
In sintesi non conoscevo questa qualifica di institore e vorrei capire come può impattare applicato al mio ruolo di Agente perché non riesco a valutare se le differenze sono solo formali o sostanziali.
Grazie”
Consulenza legale i 22/05/2020
La risposta al quesito è complessa e richiederebbe la disamina dell’eventuale atto costitutivo della srl per analizzare approfonditamente tutti gli aspetti.

In ogni caso, per quanto riguarda la figura dell’institore, l'art 2204 c.c. recita: "L'institore può compiere tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia, non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato. L'institore può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è preposto”.
L’agente institore ha quindi funzioni direttive e di preposizione. Tuttavia, come si evince dalla definizione, non è possibile stabilire quali siano i limiti dell’attività promozionale e di gestione del portafoglio clienti dello stesso prescindendo dalla procura.

Il potere di rappresentanza processuale dell’institore è disciplinato anche dall’art. 77, secondo comma, c.p.c. La legittimazione processuale non è limitata agli atti compiuti dall’institore, ma riguarda i giudizi dipendenti da qualsiasi atto da chiunque compiuto nell’esercizio dell’impresa o della sede o del ramo cui l’institore è preposto. Ciò tuttavia non comporta che l’institore risponda in proprio.

Invece, ai sensi dell’art. 2208 c.c. l'institore è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente; tuttavia il terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall'institore, che siano pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto.

La configurazione dei rapporti tra compagnia di assicurazione, agenzia sotto forma di s.r.l. e soci agenti andrà determinata in base all’atto costitutivo, allo statuto della società e ai dettagli del mandato.
Bisognerà stabilire se esiste un solo socio amministratore, o un consiglio di amministrazione con più soci amministratori.

Nel caso in cui il mandato sia conferito alla agenzia in forma di s.r.l., il rapporto della stessa con i soci agenti si configurerebbe come un rapporto di subagenzia, in quanto il socio diventerebbe agente dell’agenzia s.r.l. Si instaurerebbe un rapporto nel quale l'agenzia s.r.l. è il preponente e il subagente è l'agente della prima. Tra contratto di agenzia e contratto di subagenzia si realizza perciò un collegamento contrattuale tipico in forza del quale ciascuno di tali contratti mantiene un'autonoma causa anche se, nel loro insieme, mirano ad attuare un'unitaria e complessa organizzazione economica.
Ma potrebbe anche accadere che il mandato sia conferito al socio agente, che potrebbe anche assumere la qualifica di delegato amministrativo.

Per quanto riguarda la responsabilità del socio agente, si deve innanzitutto considerare che, ai sensi dell’art. 2462 c.c. “Nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio”.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 2476 c.c., “Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per l'amministrazione della società. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del proprio dissenso.
L'art. 2476, comma 7, c.c., infine, stabilisce che i soci della s.r.l. siano solidalmente responsabili con gli amministratori quando abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci, i terzi.

Nel passaggio da agente persona fisica ad agente società a responsabilità limitata si dovrà fare particolare attenzione agli aspetti previdenziali.
Infatti, nonostante le mandanti versino un contributo previdenziale sulla base delle loro provvigioni, questo contributo va a favore di un generico fondo assistenza di cui però non usufruiranno i soci della srl.
Inoltre, nel caso in cui l’attività di agenzia sia svolta in forma societaria, l’indennità suppletiva di clientela e più in generale tutte le indennità di cessazione del rapporto di agenzia, devono essere liquidate alla società e non ai singoli soci, in quanto il mandato conferito alla società costituisce un rapporto di agenzia autonomo nell’ambito del quale il singolo socio non assume rilevanza.
Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 8008 del 2018, con la quale ha stabilito che il recesso dal mandato operato dalla società di rappresentanza sulla base del raggiungimento dell’età pensionabile da parte del socio/amministratore non si potesse annoverare tra quei casi di recesso non imputabili all’agente. Invero, prosegue la Cassazione, il pensionamento del socio amministratore deve reputarsi un fatto interno alla società, che ben avrebbe potuto proseguire l’attività avvalendosi di altra persona, diversa rispetto al soggetto che abbia maturato il requisito pensionistico.

Tutto ciò dovrà essere tenuto in considerazione nel momento in cui si definiranno i rapporti tra agenzia in forma societaria e socio agente, eventualmente sotto forma di contratto di subagenzia.



Andrea B. chiede
venerdì 05/01/2018 - Sardegna
“Buongiorno,
Vorremmo capire quali e se ci sono dei margini per poter conferire l'amministrazione generale della società o parziale ad un socio che non è facente del consiglio di amministrazione. In caso affermatico come verrebbe retribuita questa figura, come avverrebbe tale conferimento? Non si tratterebbe di una procura?
Abbiamo la necessità di avere un amministratore, non di fatto, non facente parte del consiglio con poteri stabiliti in statuto per 5 anni legati ad un business plan.
Preciso che la società è una s.r.l.
Ringraziando anticipatamente porgo Distinti saluti”
Consulenza legale i 09/01/2018
Leggendo le norme dettate dal codice civile in materia di s.r.l., ci si può rendere conto del fatto che l’ultima riforma del diritto societario ha connotato la s.r.l. di un particolare carattere personalistico, tanto che qualcuno ha anche scritto che la s.r.l. è diventata quasi una società di persone a responsabilità limitata.

Questo carattere personalistico lo ritroviamo soprattutto in quella norma che consente all’atto costitutivo di distribuire le competenze gestorie tra i soci e l’organo amministrativo, tendendosi a legittimare clausole statutarie che prevedano un diretto coinvolgimento dei soci nelle decisioni amministrative.
In particolare, l’art. 2475 c.c. lascia all’autonomia contrattuale ampia libertà di scelta sia per quanto concerne l’individuazione delle persone cui l’amministrazione medesima può essere affidata sia con riferimento al metodo secondo il quale dovranno agire.

A questo riguardo si ritiene interessante evidenziare quanto stabilito al comma 3 dell’art. 2468, il quale consente addirittura che l’atto costitutivo possa prevedere “l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società”.
Dunque, l’amministrazione della società può essere, in tutto o in parte, materia sottratta sia all’organo amministrativo che ai soci nel loro complesso e attribuita solamente ad alcuni di essi.
Non è, del resto, un caso, come fa notare A. Busani, che la normativa in tema di S.r.l. non riproponga l’espressione che il legislatore della riforma ha invece dedicato alla Spa, secondo cui “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori …” (art. 2380 bis, comma 1, C.C.).

Fatta questa necessaria premessa, vediamo attraverso quale istituto giuridico può realizzarsi l’obiettivo che ci interessa, tenendo pur sempre presente che occorre prestare massima attenzione nel non violare il rapporto fiduciario esistente fra assemblea e amministratori, eludendo le norme inderogabili che stabiliscono le competenze esclusive dell'organo amministrativo e le relative responsabilità, con la creazione di figure fittizie di amministratori, destinati a costituire uno schermo nei confronti degli amministratori effettivi.

E’ naturale intanto che l’imprenditore (e come tale si intende anche l’impresa esercitata in forma societaria) abbia normalmente bisogno, nello svolgimento della sua attività, della collaborazione di altre persone: parliamo, per essi, di ausiliari o collaboratori dell’imprenditore.
Particolare importanza rivestono quegli ausiliari muniti anche di potere di rappresentanza, cioè del potere di sostituirsi all’imprenditore nel compimento di atti giuridici, con conseguente produzione degli effetti giuridici in capo a quest’ultimo.

I collaboratori dell’imprenditore muniti del potere di rappresentanza si distinguono, a loro volta, in rappresentanti generali e rappresentanti particolari.
I primi, che sono quelli che ci interessano, hanno il potere di compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, con eccezione di quelli espressamente esclusi dalla legge o dalla procura; sono tali gli institori ed i procuratori.
Ed è proprio della figura dell’institore che si ritiene ci si possa avvalere per raggiungere l’obiettivo desiderato; egli costituisce una sorta di rappresentante generale dell’imprenditore, preposto da quest’ultimo all’esercizio dell’intera impresa commerciale o di un ramo particolare o di una sede secondaria di essa (nel quesito si prospetta di voler conferire l’amministrazione generale o parziale della società).

Il negozio giuridico con il quale il consiglio di amministrazione potrà nominare l’institore prende il nome di preposizione o procura institoria; per effetto di tale negozio, l’institore assumerà un ampio potere di gestione e rappresentanza, che si estenderà per legge a tutti gli atti di esercizio dell’impresa a cui è preposto, con eccezione di quelli espressamente esclusi dalla procura (art. 2204 c.c.).
A titolo puramente esemplificativo può dirsi che l’institore avrà il potere di acquistare materie prime, assumere e licenziare operai, sottoscrivere cambiali in nome dell’imprenditore, vendere prodotti finiti, e così via.

Rientra nei suoi poteri anche la rappresentanza processuale del preponente (il Consiglio di amministrazione), potendo dunque anche stare in giudizio in nome della società per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto.
Al solo fine di tutelare i terzi, la legge dispone che la procura institoria debba essere iscritta nel registro delle imprese, e ciò qualora l’imprenditore (sempre il Consiglio di Amministrazione nel nostro caso) voglia limitare i poteri del suo rappresentante; in mancanza di iscrizione, la rappresentanza si reputa generale.
In questo modo si può peraltro soddisfare l’ulteriore obiettivo desiderato, ossia evitare la creazione della figura di un amministratore di fatto.

Quanto alle responsabilità assunte dall’institore, la legge dispone che questi è personalmente responsabile nei casi in cui viene stipulato un atto pertinente all’esercizio dell’impresa senza consentire al terzo di accertare se ha agito per conto proprio o per conto del preponente (art. 2208 c.c.), mentre la sua responsabilità non sussiste in presenza di circostanze (si fa l’esempio anche del semplice uso di carta intestata al preponente) che consentano al terzo di comprendere che l’institore ha agito per conto dell’imprenditore, il quale sarà perciò il solo ad essere obbligato nei confronti del terzo (tale previsione consente di non incappare nel divieto di creare, in frode alla legge, figure fittizie di amministratori).

Per quanto concerne il profilo retributivo dell’institore, va detto che si tratta di figura normalmente legata all’azienda da rapporto di lavoro subordinato; parte autorevole della dottrina e della giurisprudenza ritiene ammissibile anche un rapporto di lavoro autonomo, mentre altra parte della dottrina considera possibile avvalersi di una collaborazione a progetto.

Trattandosi poi di rappresentanza che ha natura volontaria, sarà sicuramente possibile fissare la sua durata in cinque anni e predeterminare il suo contenuto nel raggiungimento di un determinato business plan, potendo perfino configurarsi il mancato raggiungimento di tale risultato quale condizione per la revoca anticipata della preposizione institoria (si consiglia di allegare il documento di pianificazione allo stesso contratto di preposizione institoria, così da conferirgli natura di parte integrante dello stesso).

Infine, e per concludere, si ritiene opportuno accennare sinteticamente al problema che potrebbe porsi circa l’ammissibilità di un socio che rivesta anche la figura di lavoratore dipendente della società; al riguardo va precisato che, affinché possa validamente instaurarsi un rapporto di lavoro subordinato tra società e socio, è necessaria la sussistenza della c.d. etero-direzione, ossia la sua dipendenza assoluta da un soggetto diverso (nel nostro caso il soggetto diverso potrà chiaramente identificarsi nel consiglio di amministrazione).

In conseguenza di ciò, risulta evidente che un amministratore unico di una società non potrà mai essere allo stesso tempo anche dipendente della stessa (in quanto non soggetto al potere di direzione e di controllo della società), così come è impensabile configurare un socio lavoratore dipendente nel caso in cui partecipi al capitale sociale in misura tale da assicuragli la maggioranza o nel caso in cui possegga una quota rilevante in grado di condizionare palesemente le deliberazioni assembleari.