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Articolo 2468 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Quote di partecipazione

Dispositivo dell'art. 2468 Codice Civile

Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari(1).

Salvo quanto disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento.

Resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo e salvo in ogni caso quanto previsto dal primo comma dell'articolo 2473, i diritti previsti dal precedente comma possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci.

Nel caso di comproprietà di una partecipazione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e 1106. [Nel caso di pegno, usufrutto o sequestro delle partecipazioni si applica l'articolo 2352.](2)

Note

(1) Comma così modificato dall'art. 5 D. Lgs. 28 marzo 2007, n. 51.
Il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dal D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 30, ha disposto (con l'art. 100-ter, comma 1) che "In deroga a quanto previsto dall'articolo 2468, primo comma, del codice civile, le quote di partecipazione in società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso le piattaforme di crowdfunding, nei limiti previsti dal regolamento (UE) 2020/1503".
(2) Periodo soppresso dall'art. 21 D. Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310.

Ratio Legis

La norma individua i caratteri distintivi della quota di s.r.l., i quali marcano i tratti personalistici della s.r.l. rispetto alla s.p.a.

Spiegazione dell'art. 2468 Codice Civile

In considerazione della rilevanza attribuita all’elemento personalistico nell’ambito di tale tipo societario, nella s.r.l. il capitale sociale non è suddiviso in unità minime standardizzate, bensì in quote di partecipazione il cui numero varia in base al numero dei soci: infatti, il numero iniziale delle quote corrisponde al numero dei soci che partecipano alla costituzione della società e ciascun socio diventa titolare di un'unica partecipazione (CAMPOBASSO).

La norma pone un esplicito divieto di rappresentazione delle partecipazioni mediante azioni, ciò stando a significare da una parte che le partecipazioni non potranno essere incorporate in titoli di credito, dall’altra che le partecipazioni sono contraddistinte dal carattere di unitarietà. Il principio di unitarietà va inteso in senso relativo ed implica che il socio possa essere titolare esclusivamente di una sola quota, rispetto alla quale eserciterà i propri diritti sociali in modo uniforme. A differenza della s.p.a., dunque, il socio non potrà esercitare il diritto di voto in maniera diversificata per ogni frazione della partecipazione, né potrà dall’altro lato esercitare il diritto di recesso per una sola porzione della partecipazione.
L’unitarietà della partecipazione, secondo l’orientamento prevalente, non esclude in ogni caso la sua divisibilità in sede di trasferimento per atto tra vivi o mortis causa, a patto che l'atto costitutivo non ne affermi l’inscindibilità.

Le quote, oltre a non poter essere rappresentate da azioni, non possono nemmeno costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, sicché alla s.r.l. è precluso il ricorso al mercato dei capitali di rischio. Tuttavia, va notato che la legge reca una deroga specifica al divieto per le start-up e le PMI costituite in forma di s.r.l., le quali possono creare categorie di quote oggetto di offerta al pubblico.

La giurisprudenza ha definito la quota come un bene mobile immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro.

Analogamente a quanto previsto per le società di persone, anche nella s.r.l. sono ammessi i conferimenti non proporzionali. Infatti l'atto costitutivo può prevedere che il valore del conferimento non sia non proporzionale al valore della partecipazione sociale.

A differenza delle s.p.a., l’atto costitutivo, al fine di valorizzare l’elemento personalistico, può disporre l’attribuzione al singolo socio di diritti particolari in tema di:
  • amministrazione della società: ad esempio, può attribuirsi al socio il potere di nominare o revocare i membri del consiglio di amministrazione o l’amministratore unico così come il potere di nominare/revocare i membri dell’organo di controllo;
  • distribuzione degli utili: può prevedersi, ad esempio, una ripartizione degli utili non proporzionale al valore della partecipazione oppure la postergazione del socio nella partecipazione alle perdite.

Il Comitato Triveneto dei Notai ha precisato che i diritti particolari possono essere attribuiti ai singoli soci individuati nominativamente oppure ai singoli soci individuati per appartenenza a categorie omogenee (massima I.I.9).
I diritti particolari non possono essere invece attribuiti a chi non è più socio o è in procinto di diventarlo.

Salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, i diritti particolari del socio possono essere modificati solo all'unanimità e il trasferimento della partecipazione ne determina l’estinzione.

Nell'ipotesi di comunione di quote deve essere nominato un rappresentante comune. Tale nomina serve per regolare i rapporti interni tra comproprietari, ma l'esercizio dei diritti processuali compete a ciascun comproprietario singolarmente.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2468 Codice Civile

Cass. civ. n. 22349/2015

La pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale, spettante a tutti i soci proporzionalmente alle partecipazioni da essi possedute, non può legittimare il recesso del socio alla stregua del combinato disposto degli artt. 2473, comma 1, e 2468, comma 4, c.c., riferendosi questi ultimi alla sola ipotesi in cui vengano attribuiti a singoli soci, dall'atto costitutivo, «particolari diritti in materia di amministrazione della società o distribuzione degli utili», ovverosia diritti diversi, quantitativamente o qualitativamente, da quelli normalmente spettanti a ciascun socio sulla base della partecipazione detenuta.

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V. A. chiede
lunedì 11/07/2016 - Abruzzo
“Quesito B: la (mia) società scrivente, insieme ad altri 3 soci (a me coesi) detiene il 50% di una SRL (ALFA SRL - Allego visura).
Siamo soci non amministratori e non operativi.
L'altro 50% è rappresentato dal dominus (nonché gestore di fatto 39%) e dall'amm. unico (11% - solo mera testa di legno del dominus). Insieme fanno il 50%

Durante l'assemblea del 30.06.16 - Approvazione bilancio ed altri ODG (prego vedere da fine pag.6 a pag.9 dell'allegato ) - abbiamo revocato ad nutum l'amministratore unico, escludendo la quota dell' AU dal voto (per ovvio conflitto di interesse).

I soci, nonostante varie proposte, non sono riusciti a votare per un nuovo amministratore e quindi, visto anche la tarda ora, abbiamo rimandato ad una prossima assemblea

Poichè siamo in un caso di deadlock e stallo decisionale (e tale sarà la situazione nell'assemblea di domani)
oltre le opzioni di messa in liquidazione e/o di rivolgersi con procedura d'urgenza al giudice per la nomina di un amministratore giudiziario (opzione che finirebbe di depauperare le casse della società con conseguente messa in liquidazione), vorremmo sapere se, nel caso di deadlock, abbiamo noi 4 soci qualche facoltà di nomina di un nuovo amministratore unico o C.D.A. basato sul principio della maggioranza di teste.
Ho letto che in alcuni casi i giudici, nella ratio di lasciare una certa autonomia ai soci di risolversi tra di loro le questioni societarie (di una srl) , hanno fatto decidere alla maggioranza di teste votanti.
Vi chiedo nel caso fosse possibile, di citarmi qualche riferimento normativo.

Diversamente le chiedo di consigliare a noi 4 soci cosa poter fare, visto che i due soci operativi sono davvero degli sciagurati e non si fanno tante remore nel chiudere questa società ed aprirne da soli una nuova, depauperando gli ultimi fondi disponibili.”
Consulenza legale i 11/07/2016
La riforma del diritto societario (Dl.gs. n. 6/2003), ha introdotto importanti elementi di novità nella disciplina delle S.r.l. in materia di amministrazione eliminando il richiamo alle norme sulle S.p.A.
Alla luce di ciò non è più consentito applicare queste ultime alle S.r.l. per analogia ma si dovrà necessariamente fare riferimento allo statuto della singola società a responsabilità limitata, verificando sempre che quest'ultimo permetta o non vieti ciò che si decide di porre in essere. Sarebbe quindi utile ed opportuno al fine di poter entrare maggiormente nel dettaglio della questione ed essere più precisi, analizzare lo statuto della Srl.
In linea generale, nel caso specifico, esistono dubbi di legittimità circa la delibera di revoca dell'amministratore posto che per la sua validità era necessario un quorum del 50%+1 degli aventi diritto, diversamente da quanto sembrerebbe essere accaduto, a causa della mancata votazione dell'Amministratore.
Ad ogni modo, la situazione di stallo, laddove non risolvibile dagli stessi soci, può essere superata rivolgendosi al tribunale, al fine di ottenere la nomina di un Amministratore giudiziale.

Circa la possibilità di nominare un nuovo Amministratore o C.D.A. applicando il principio della “maggioranza di teste”, si dubita della compatibilità di tale criterio con il modello organizzativo proprio della S.r.l.. Ciò in quanto questo tipo di società è caratterizzato dalla prevalenza dell’elemento capitalistico su quello personale.
Infatti, la maggioranza per teste si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 2468, comma secondo, Cod. Civ., secondo cui i diritti sociali spettano ai soci proporzionalmente alla partecipazione da ciascuno posseduta, con l’unica eccezione rappresentata dagli eventuali diritti, attribuiti dall’atto costitutivo. Inoltre, si è individuata un’ulteriore conferma di tale interpretazione nella formulazione del quinto comma dell’art. 2479, Cod. Civ, che ribadisce la regola del voto proporzionale alla partecipazione senza fare salva la diversa pattuizione dei soci.
E' da notare comunque che secondo una pronuncia del Tribunale di Genova (ord., 8.7.2004), sarebbe però valido un sindacato di voto deliberante a maggioranza per teste.
Si tratta tuttavia di un modesto e circoscritto orientamento giurisprudenziale.

Recentemente, peraltro, il Consiglio Notarile di Milano ha emesso una interessante (e controcorrente) massima del seguente tenore:
"L'atto costitutivo delle s.r.l. può derogare, per tutte o alcune delle decisioni di competenza dei soci, al principio di proporzionalità del diritto di voto sancito dall'art. 2479, comma 5, c.c.
Ciò può avvenire: (i) con clausole applicabili in via generale e astratta a tutti i soci (ad esempio: tetto massimo di voto, voto scalare, voto scaglionato, voto capitario, etc.), nonché (ii) con clausole che attribuiscono a taluni soci particolari diritti che comportano una "maggiorazione" del diritto di voto (ad esempio: voto plurimo, casting vote, voto determinante, etc.) o che lo limitano (ad esempio: voto limitato, voto condizionato, etc.); non trovando in ogni caso applicazione il limite e il divieto di cui all'art. 2351, comma 2, ultimo periodo, e comma 4, c.c.
Le clausole sub (i), applicabili in via generale e astratta a tutti i soci, costituiscono normali clausole "statutarie", la cui introduzione, modificazione e soppressione può essere decisa, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, con la maggioranza richiesta dall'art. 2479-bis, comma 3, c.c. Le clausole sub (ii), invece, danno luogo a diritti particolari ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c., e possono essere introdotte, modificate e soppresse, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, solo con il consenso unanime di tutti i soci" (si legga l'intero documento al seguente link:
http://www.consiglionotarilemilano.it/documenti-comuni/massime-commissione-societa/138.aspx).

La decisione "per teste", quindi, sembrerebbe ammissibile, almeno secondo la massima appena citata, laddove esista una specifica regola che lo preveda nell'atto costitutivo della società.
La massima, a cui si rimanda, dà puntuale ed estesa spiegazione delle ragioni a sostegno di tale tesi.