Secondo la disposizione in commento, l’institore che non abbia speso il nome del
dominus rimarrà
obbligato nei confronti dei terzi per gli atti compiuti, ferma restando in ogni caso la
responsabilità dell’imprenditore, qualora gli atti compiuti dall’institore afferiscano alla gestione dell’attività imprenditoriale.
La norma disciplina la fattispecie della c.d.
contemplatio domini presunta o implicita. La giurisprudenza, con tale locuzione, si riferisce allo svolgimento di affari pertinenti all'esercizio dell'impresa senza che sia speso il nome del
dominus.
L’estensione della responsabilità all’imprenditore, anche in assenza della
contemplatio domini, costituisce una deroga al diritto comune, giustificata dal principio dell’
apparenza giuridica e dall’esigenza di tutelare l’
affidamento riposto dai terzi nella implicita riferibilità dell’atto al titolare dell’impresa.
Ciononostante, si ritiene che la norma
non si applichi qualora l'institore abbia agito nel proprio interesse, oltre che in proprio nome, anche nel caso in cui l'atto rientri astrattamente fra quelli pertinenti all'esercizio dell'impresa. In tale ipotesi sarà esclusivamente l'institore a rispondere verso i terzi.
Nonostante in passato la disposizione sia stata valorizzata per dimostrare la fondatezza della teoria dell’
imprenditore occulto e sia stata pertanto ritenuta applicabile anche al caso del c.d.
institore segreto, secondo l’opinione oramai prevalente la norma presuppone che la preposizione institoria sia
palese.
Nei
rapporti interni il preponente avrà comunque
diritto di regresso nei confronti dell'institore, qualora quest'ultimo abbia agito per proprio conto.
L'institore avrà invece diritto di regresso verso l'imprenditore, nel caso in cui quest'ultimo abbia fatto proprio il risultato dell'affare.