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Articolo 2257 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Amministrazione disgiuntiva

Dispositivo dell'art. 2257 Codice Civile

L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri(1).

Se l'amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all'operazione [2317] che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta.

La maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull'opposizione [2261, 2266].

Note

(1) Comma così sostituito dal D. Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147.

Ratio Legis

La norma delinea il modello legale di amministrazione delle società semplici, prevedendo che, in assenza di diversa opzione dei soci, la società debba essere amministrata disgiuntamente da coloro che siano investiti della facoltà di amministrare. Il modello di amministrazione disgiuntiva è difatti considerato dal legislatore quale sistema di governo in grado di rispondere alle esigenze di snellezza e velocità che caratterizzano le società di persone.


Spiegazione dell'art. 2257 Codice Civile

La norma in commento delinea il modello legale di governance delle società di persone, in base al quale, salvo diversa previsione del contratto sociale, i poteri gestori spettano disgiuntamente a ciascun socio illimitatamente responsabile. In dottrina e giurisprudenza ci si è chiesto inoltre se la disposizione fissi altresì il principio inderogabile per cui l’attribuzione di tali poteri presupponga necessariamente la qualità di socio. Secondo la tesi maggiormente condivisa, la nomina di un amministratore esterno non sarebbe tuttavia ammissibile nelle società personali, in quanto il legislatore avrebbe voluto investire del potere gestorio solo coloro che risultino gravati da responsabilità illimitata per i debiti sociali, sulla scorta del principio di corrispondenza tra potere e rischio. Nel senso opposto, si è tuttavia osservato che la legittimità della nomina di un amministratore esterno sarebbe implicitamente confermata dall’art. 2361, laddove ammette la partecipazione di società di capitali a società di persone.

Nel modello legale i poteri gestori sono esercitati disgiuntamente da ciascun socio amministratore (amministrazione disgiuntiva). Ciò implica che, in caso di pluralità di amministratori, ciascuno sia legittimato a compiere le operazioni ritenute necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, senza la necessità di ottenere il preventivo consenso degli altri amministratori. A questi ultimi, tuttavia, è riconosciuto il diritto di opposizione avverso delle decisioni proposte e non ancora eseguite dal singolo amministratore (c.d. ius prohibendi). Si tratta di un diritto insopprimibile del socio amministratore, non limitabile o rinunciabile per mezzo di apposite clausole del contratto sociale.
L’esercizio dell’opposizione comporta la devoluzione ai soci della decisione non tanto sull’opportunità dell’atto proposto, ma sulla fondatezza dell’opposizione, in merito alla quale dovrà esprimersi la maggioranza dei soci, determinata secondo il criterio della partecipazione agli utili. Qualora la collettività dei soci respinga l’opposizione la competenza in merito alla decisione ed esecuzione dell’operazione rimarrà pertanto in capo all’amministratore che la abbia proposta.

Nonostante la ripartizione delle competenze gestorie tra soci e amministratori sia generalmente rimessa all'autonomia privata, il Codice della Crisi ha modificato la norma, disponendo che l'istituzione degli assetti organizzativi spetti esclusivamente ai soci-amministratori. In ragione della affermata competenza esclusiva degli amministratori sulla istituzione degli assetti organizzativi, si è dubitato tuttavia della compatibilità del sistema di amministrazione disgiunta con l’assunzione delle decisioni di natura organizzativa.

Massime relative all'art. 2257 Codice Civile

Cass. civ. n. 2962/2017

Nelle società di persone, se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, i soci amministratori non addetti ad una specifica attività o settore hanno il diritto di avere dall’amministratore che vi è preposto notizia sullo svolgimento dei relativi affari, di consultarne i documenti di gestione e, all’esito, di ottenere il rendiconto, che non coincide con la mera informazione conseguente al bilancio, e cioè al documento generale sull'attività economica della società, che è unico, ma si determina in ragione dell'altrui amministrazione.

Cass. civ. n. 8538/2004

In tema di società irregolare, in base al chiaro tenore letterale dell'art. 2257 c.c. relativo alle società semplici ed applicabile ex art. 2297 del codice medesimo , il potere di amministrazione disgiuntiva è derogabile solo mediante diversa pattuizione in concreto intervenuta, con la conseguenza che l'amministrazione deve ritenersi congiuntiva solo ove tale fatto positivo sia stato dimostrato e non anche se sia mancata la prova del fatto negativo, cioè dell'inesistenza di pattuizioni derogatrici.

Cass. civ. n. 2301/1994

L'amministratore di una società di persone, che in forza della legge o del patto sociale compia disgiuntamente dagli altri amministratori negozi giuridici, acquistando beni che intesta a sé medesimo, è tenuto a rimettere alla società i beni mobili o immobili che siano stati oggetto, nell'esercizio delle sue funzioni, della compravendita. Ne consegue che nel caso in cui il suddetto amministratore non rimetta alla società i detti beni, questi non possono considerarsi parte del patrimonio sociale fin quando a seguito dell'esercizio dell'azione ex art. 1706 c.c. non sia ottenuto un titolo giudiziale che dichiari e o costituisca il diritto di proprietà della società su di essi.

Cass. civ. n. 4018/1992

La norma dell'art. 2257 c.c. (dettata per la società semplice, ma applicabile anche a quella in nome collettivo attraverso il richiamo di cui all'art. 2293 c.c.), secondo cui, quando l'amministrazione spetti disgiuntamente a più soci, ciascuno può opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che essa sia, compiuta, e sull'opposizione decide la maggioranza dei soci, va intesa nel senso che il contrasto può appuntarsi soltanto su singole operazioni e deve trovare soluzione nell'ambito del sodalizio societario; ne consegue che costituisce grave inadempienza, che giustifica l'esclusione dalla società a norma dell'art. 2286 c.c., il comportamento del socio il quale nei rapporti con i terzi (nella specie con l'invio alle banche di una lettera) disconosca in toto l'operato dei soci amministratori, incidendo così negativamente sulle attività della società.

Cass. civ. n. 142/1985

Allorquando in base a una clausola dell'atto costitutivo l'amministrazione di una società semplice sia affidata a un consiglio di soci è configurabile non l'ipotesi dell'amministrazione disgiuntiva di cui all'art. 2257 c.c. ma dell'amministrazione congiunta dei soci designati (art. 2258 c.c.) con la conseguenza che per le relative decisioni è necessaria l'unanimità dei consensi, non trovando applicazione — in assenza di una specifica previsione pattizia — l'amministrazione fondata sul principio maggioritario, come indicato dall'art. 2388 c.c. per la società per azioni.

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Angelo B. chiede
giovedì 08/01/2015 - Lombardia
“snc con 2 soci socio A di maggioranza non amministratore socio B di minoranza amministratore Faccio riferimento art 2257 nella parte finale dove dice che sull'opposizione decide chi ha la quota di maggioranza . In una situazione conflittuale tra socio A e B chi decide”
Consulenza legale i 08/01/2015
Con riferimento al quesito proposto e all'articolo in esso indicato, va prima di tutto precisato che l'art. 2257, secondo comma, regola i rapporti fra più soci amministratori in sede di amministrazione disgiuntiva: si deduce, a contrario, che il singolo socio non amministratore non ha il potere di opposizione nei confronti di un socio amministratore; a maggior ragione, il socio non amministratore non ha il potere di dare allo stesso istruzioni o direttive affinché tenga determinati comportamenti.
L'articolo in esame, inoltre, non tocca il problema dei poteri spettanti alla collettività dei soci non amministratori rispetto al socio amministratore.

Nella vicenda esposta vi sono solo due soci della s.n.c., di cui uno amministratore, mentre l'altro non lo è: di conseguenza, non appare applicabile l'art. 2257, perché solo il socio amministratore ha il diritto di opposizione di cui al secondo comma.
Si dovrà quindi comprendere che tipo di conflitto è sorto tra i due soci e di conseguenza applicare l'adeguata disciplina. Ad esempio, in base all'art. 2261 del c.c., il socio non amministratore ha un diritto di informazione e un diritto al rendiconto nei confronti degli amministratori della società: diritti che, qualora lesi, possono essere fatti valere innanzi all'autorità giudiziaria.
Per poter dare una riposta più compiuta al quesito, sarebbe necessario esaminare in maniera più approfondita i fatti ed essere ragguagliati su tutti i dettagli del caso.

Ad ogni modo, per rispondere alla domanda circa l'interpretazione da dare al terzo comma dell'art. 2257 c.c., si può rilevare come in questa fattispecie è previsto espressamente che la maggioranza si determini per quote (la maggioranza è "determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili"), in deroga al criterio accolto per gli altri casi di applicazione del principio maggioritario (di regola la maggioranza va computata per capi, ossia per teste). Quindi, supponendo che il socio A sia amministratore e trovi applicazione l'art. 2257, egli avrebbe la possibilità di esprimersi sull'opposizione in quanto detentore della quota di maggioranza. Si deve in ogni caso precisare che alla maggioranza dei soci (o, in questo caso, al socio A) compete solo il potere di decidere sull'opposizione, non il potere di decidere sull'operazione e di compiere quindi un atto di amministrazione.