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Articolo 425 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato

Dispositivo dell'art. 425 Codice Civile

L'inabilitato [414] può continuare(1) l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se autorizzato dal giudice tutelare [100; 732 c.p.c.]. L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina (2) di un institore(3).

Note

(1) L'inabilitato potrà solamente proseguire l'attività d'impresa se autorizzato (con provvedimento avente natura costitutiva, quindi indefettibile) dal giudice tutelare.
Essendo la sua capacità di agire solo parzialmente ridotta, potrà gestire personalmente l'impresa fuorché per gli atti di straordinaria amministrazione, che richiedono l'assistenza del curatore.
(2) Con tale nomina "di raccordo tra le volontà" la gestione dell'impresa passerà interamente all'institore per ogni tipo di atto relativo alla stessa, salvo quanto precisato nell'autorizzazione giudiziale che faccia permanere in capo all'inabilitato od al curatore dello stesso.
(3) Comma riformulato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 425 Codice Civile

Diversamente rispetto al caso del minore emancipato, il quale può essere autorizzato, ex art. 397 c.c., ad intraprendere ex novo l'esercizio di un'impresa commerciale (ma la dottrina ritiene che la norma sia applicabile anche all'impresa agricola), l'inabilitato ha solo la possibilità di continuarne l'esercizio.
Inoltre, l'inabilitato non può, in ogni caso, compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.

L'autorizzazione, rilasciata adesso - in seguito alla "Riforma Cartabia" - dal giudice tutelare, può essere subordinata alla nomina di un institore, che avrà i poteri contemplati dall'art. 2204 c.c.

Il legittimato a chiedere l'autorizzazione alla continuazione dell'impresa commerciale è lo stesso inabilitato.
L'autorizzazione può essere revocata allorquando l'inabilitato non venga ritenuto più idoneo all'esercizio dell'impresa.

Su tale disposizione ha inciso di recente la "Riforma Cartabia", sulla scorta della quale il legislatore ha inteso riorganizzare i procedimenti in camera di consiglio, limitando la competenza del tribunale a formare un collegio solo nei casi in cui sia previsto l'intervento del pubblico ministero o quando sia necessario valutare la validità delle stime effettuate o la gestione adeguata di questioni comuni. In linea con questa intenzione programmatica, la competenza del tribunale in composizione collegiale per le autorizzazioni relative all'esecuzione di atti da parte di persone incapaci (sia minori che adulti soggetti a misure di protezione) è stata soppressa, concentrandola unicamente nella figura giudice tutelare.
Di conseguenza, la disposizione in commento è stata riformulata e coordinata con la novella.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

210 Nell'art. 425 del c.c. del nuovo testo si è prevista la possibilità di autorizzare l'inabilitato a continuare l'esercizio di un'impresa commerciale. La norma è stata determinata dall'opportunità di evitare, in taluni casi particolari, liquidazioni rovinose o anneconomiche. L'autorizzazione è concessa dal tribunale, su parere del giudice tutelare, e può essere subordinata, per ovvia cautela, alla nomina di un institore.

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Daniele chiede
lunedģ 05/11/2012 - Trentino-Alto Adige
“Volevo porre il quesito,in quanto io sono stato interdetto perlomeno come soggetto non sano mentalmente e se ho capito almeno parzialmente ciò che c'è qui enunciato,io potrei non avere possibilità lavorative? Cioè,essere anche assunto per un qualsiasi impiego,da dipendente d'ufficio o quanto altro di simile? Grazie per l'attenzione.”
Consulenza legale i 05/11/2012

Secondo l'ordinamento giuridico l'interdizione giudiziale può essere disposta nell'ipotesi in cui il maggiore d'età o il minore emancipato si trovino in una condizione di abituale infermità mentale tale da renderli incapaci alla cura dei propri interessi (art. 414 del c.c.). Viene disposta con sentenza, su richiesta del coniuge o della persona stabilmente convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore o del curatore, o del pubblico ministero (art. 417 del c.c.) e con tale provvedimento viene nominato un tutore scelto, preferibilmente, fra i suoi stretti congiunti, il quale assume gli stessi poteri di un legale rappresentante del tutore del minore. Pertanto, all'interdetto si applicano le norme previste per i minori.

L'interdizione determina una situazione di incapacità legale identica a quella del minore, ovvero il soggetto è privato del tutto della capacità di agire, non potendo compiere autonomamente nè gli atti di straordinaria nè quelli di ordinaria amministrazione. Di conseguenza, l'interdetto versa in una situazione di incapacità assoluta identica a quella in cui si trova il minore così che gli atti compiuti eventualmente dall'interdetto sono annullabili ex art. 427 del c.c., comma secondo.

Tuttavia, la legge n.6 del 2004 ha attenuato il regime di completa incapacità di agire della persona che viene colpita da un provvedimento giurisdizionale di interdizione, introducendo la possibilità per il giudice, all'atto della pronuncia dell'interdizione, di prevedere che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti senza l'assistenza del tutore ex art. 427 del c.c., comma primo.

Per rispondere al quesito proposto, è necessario verificare il contenuto della sentenza che ha pronunciato l'interdizione per stabilire se il giudice ha disposto atti che possono essere compiuti dall'interdetto. Inoltre, è bene ricordare che l'interdizione non significa, in linea di principio, che all'interdetto sia impedito l'inserimento nel mondo del lavoro. Infatti, visto che la sua condizione è parificata a quella del minore, si applica la disciplina disposta per quest'ultimo in base alla quale viene riconosciuta una capacità di prestare il proprio lavoro prima del compimento dei 18 anni (c.d. capacità giuridica di lavoro).

Per la stipulazione del contratto, l'interdetto sarà rappresentato dal tutore, il quale dovrà valutare se ed in quale misura lo svolgimento di un'attività lavorativa sia compatibile con la capacità dell'interdetto di adempiere la prestazione oggetto del rapporto di lavoro. Pertanto, sarà necessario verificare in concreto se la natura e la gravità dell'infermità possa consentirgli un proficuo impiego in mansioni compatibili.