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Articolo 2462 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità

Dispositivo dell'art. 2462 Codice Civile

Nella società a responsabilità limitata [2250, 2498, 2500, 2500 ter, 2500 sexies, 2500 octies] per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio [2325, 2513, 2514, 2546, 2614](1).

In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l'intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall'articolo 2464, o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall'articolo 2470.

Note

(1) E' pertanto esclusa ogni responsabilità diretta dei soci che hanno agito in nome e per conto della società stessa.

Ratio Legis

La norma ribadisce anche per le società a responsabilità limitata il principio, comune a tutte le società di capitali, in virtù del quale l'ente societario gode di autonomia patrimoniale perfetta. In base a tale principio, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.

Spiegazione dell'art. 2462 Codice Civile

La rubrica dell'articolo "Responsabilità" ha sostituito il termine "Nozione". Ciò perché il legislatore, con la riforma operata dal d.lgs. 6/2003, ha voluto evidenziare gli elementi caratterizzanti il tipo della s.r.l..

In particolare, deve notarsi che la norma replica esattamente quanto prescritto per la s.p.a. all'art. 2325.
Anch’essa gode dunque di piena personalità giuridica e, di conseguenza, di autonomia patrimoniale perfetta. Ciò sta a significare che gli atti compiuti nell’esercizio dell’attività societaria debbano essere imputati esclusivamente all’ente societario e che, pertanto, solo la società sarà responsabile delle obbligazioni assunte da coloro che siano investiti del potere gestorio.
Vi è dunque anche in questo caso una separazione assoluta tra il patrimonio dei soci e il patrimonio della società, tale per cui:
  • il socio non può essere chiamato a rispondere personalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali. Più propriamente, può dirsi che i soci siano responsabili nei limiti di quanto corrisposto o promesso alla società a titolo di conferimento, trattandosi pur sempre di responsabilità verso l’ente societario e mai di responsabilità diretta nei confronti dei creditori sociali, i quali possono agire unicamente in via surrogatoria
  • il socio non può agire direttamente nei confronti dei terzi in virtù di rapporti imputabili alla società. Ad esempio, il socio non potrà agire per il risarcimento del danno causato da un terzo alla società, in quanto danneggiato solo in via indiretta.

Come disposto per le s.p.a., inoltre, il secondo comma della norma prevede dei casi di attenuazione della regola della limitazione di responsabilità del socio, nell’ipotesi in cui la s.r.l. sia unipersonale e ne sia accertata (anche in seguito) l’insolvenza.
Nello specifico, si dispone che in tal caso il socio unico sia gravato da una responsabilità personale per le obbligazioni sociali assunte nel periodo in cui la società risultava unipersonale, qualora:
- egli non abbia adempiuto all’obbligo di esecuzione del conferimento ai sensi dell’art. art. 2464 del c.c.,
- non siano stati adempiuti gli obblighi pubblicitari previsti dell’art. art. 2470 del c.c.
In ogni caso, va detto che si tratta di responsabilità sussidiaria del socio. Al ricorrere delle condizioni indicate, pertanto, la personalità giuridica e l’autonomia patrimoniale riconosciuti all’ente non subiscono alcuna attenuazione, dovendosi configurare il socio come fideiussore ex lege della società.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2462 Codice Civile

Cass. civ. n. 7473/2017

In materia di società consortile costituita secondo il tipo delle società di capitali (nella specie, s.r.l.), la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato ove la loro applicazione sia incompatibile con profili essenziali del fenomeno consortile, fermo restando che siffatta deroga non può giustificare lo stravolgimento dei principi fondamentali che regolano il tipo di società di capitali scelto, al punto da renderlo non più riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale; tra i principi inderogabili rientra quello recato dall'art. 2472, comma 1, c.c., in virtù del quale nella s.r.l., per le obbligazioni sociali, risponde soltanto la società con il suo patrimonio - fatta eccezione del caso disciplinato dall'art. 2497, comma 1, c.c. - con conseguente inapplicabilità alla società consortile a responsabilità limitata dell'art. 2615, comma 2, c.c., che prevede la responsabilità solidale dei singoli consorziati con il fondo consortile per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio. Tale disposizione, tuttavia, non costituisce espressione di una regola generale, poiché la normativa speciale in tema di appalti pubblici (artt. 21, ultimo comma, della l. n. 584 del 1977, e 23, comma 7, del d.lgs. n. 406 del 1991), ha previsto la responsabilità illimitata e solidale dei consorziati per le obbligazioni assunte verso i terzi dalla società consortile nei confronti dell'ente appaltante, e, quindi, con l'art. 13, comma 2, della l. n. 109 del 1994, anche nei confronti di subappaltanti e fornitori.

Cass. civ. n. 7734/2016

Alla società consortile a responsabilità limitata costituita per l'esecuzione delle opere pubbliche appaltate alle imprese consorziate, pur se già riunite in raggruppamento temporaneo di imprese, si applica la regola dettata dall'art. 2472, comma 1, c.c., in virtù della quale nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Invero, in caso di consorzio costituito in forma di società di capitali, la causa consortile giustifica la deroga delle norme che disciplinano il tipo di società scelto, ma non anche a quelle che fissano le regole fondamentali del tipo; e la personalità giuridica propria delle società di capitali costituisce un diaframma tra i singoli soci e i terzi creditori della società, che è il tratto essenziale della disciplina "in subiecta materia".

Cass. civ. n. 18113/2003

In materia di società consortile costituita secondo il tipo delle società di capitali (nella specie, Sri), la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, qualora la loro applicazione sia incompatibile con profili essenziali del fenomeno consortile, fermo restando che siffatta deroga non può giustificare lo stravolgimento dei principi fondamentali che regolano il tipo di società di capitali scelto, al punto da renderlo non più riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale; tra i principi inderogabili rientra quello recato dall'art. 2472, primo comma, c.c., in virtù del quale nella Srl, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio fatta eccezione nel caso disciplinato dall'art. 2497, secondo comma c.c., con conseguente inapplicabilità alla società consortile R1 dell'art. 2615, secondo comma, c.c. che prevede la responsabilità solidale dei singoli consorziati con il fondo consortile per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio salvo che la responsabilità dei consorziati consortile sia prevista da specifiche norme, come nel caso di società consortile Rl appaltatrice di lavori pubblici (artt. 21, legge n. 584 del 1977; art. 23, comma settimo, D.L.vo n. 406 del 1991; art. 13, comma secondo, legge n. 109 del 1994). (Fattispecie alla quale ratione temporis non era applicabile la disciplina stabilita dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6).

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Consulenze legali
relative all'articolo 2462 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Fabio L. chiede
giovedì 28/06/2018 - Lazio
“salve,
sono socio di capitali di una srl che è stata dichiarata fallita. il curatore ha chiuso il procedimento in breve tempo, non rilevando nulla da dover recuperare.

oggi mi trovo a dover chiedere un prestito per una macchina e mi viene negato proprio per il fallimento della srl ( nonostante voglia intestare l'autovettura alla mia nuova srl che non ha debiti e produce ingenti utili ogni anno).

sono bollato a vita o esiste un modo per "ripulire" questa macchia? segnalo che siamo falliti per non aver incassato da alcuni appalti, ovviamente non è stata ravvisata condotta scellerata dei soci. ( segnalo che un altro socio con normalissima busta paga da impiegato ha ottenuto un mutuo di 120.000 per acquisto prima casa).

grazie

Consulenza legale i 05/07/2018
Non esiste alcuna ragione perché debba essere negato il finanziamento all’ex socio di s.r.l. un tempo fallita.

E’ bene premettere innanzitutto che, ai sensi dell’art. 2462 c.c., se fallisce una s.r.l. non falliscono anche i suoi soci.
Soci e società di capitali sono considerate due entità differenti. Il curatore del fallimento quindi, può agire solo nei limiti del capitale societario e mai nei confronti del capitale personale del singolo socio.
I soci, infatti, non rispondono mai con il proprio patrimonio personale se non entro i limiti della quota di capitale che hanno inizialmente sottoscritto. La società pagherà i propri debiti, quindi, con il proprio capitale, consistente nel valore degli immobili e dei crediti da riscuotere, nonché negli eventuali utili conservati in riserva.

Unica eccezione riguarda l’organo amministrativo (quand’anche composto da un amministratore unico): se infatti quest’ultimo ha agito in buona fede, allora non risponderà con il suo patrimonio personale, se viceversa gli amministratori hanno agito in mala fede o commettendo un atto illecito, allora i creditori sociali potranno esperire azione di responsabilità nei loro confronti e quindi, aggredire anche il loro patrimonio personale per soddisfare i loro crediti (Cassazione civile sez. I n. 13465/2010, Cassazione Civ. n. 27036/2007).
La s.r.l., al termine della procedura fallimentare, viene cancellata dal registro delle imprese: è quindi definitivamente chiusa e non si può riaprire, neanche se emergono nuovi creditori. Se infatti, dopo la chiusura, subentrano dei nuovi creditori, costoro potranno aggredire il patrimonio personale dei soci, ma solo limitatamente alla quota che essi hanno percepito in sede ed a titolo di liquidazione.

Risulta evidente, in conclusione, per tornare al quesito, che sotto il profilo strettamente normativo (legge fallimentare), quando la procedura concorsuale si chiude - e quando, come nel caso di specie, a quanto pare di capire leggendo la descrizione dei fatti, non esistono debiti residui di cui anche l’organo amministrativo debba rispondere - gli ex soci sono assolutamente esenti da conseguenze /o effetti di qualunque tipo derivanti dal precedente fallimento.

In ogni caso, la richiesta di prestito comporta sempre un’analisi – da parte del soggetto che dovrebbe concedere il finanziamento (ragionevolmente una banca oppure una società finanziaria privata) – della situazione debitoria pregressa del soggetto richiedente il denaro.

Più precisamente, come per qualunque altro soggetto che avanzi tale richiesta, la decisione di chi deve o meno erogare il finanziamento è del tutto discrezionale. Se è vero, insomma, che non sarebbe teoricamente legittimo negare un finanziamento per il solo fatto che la persona che lo richiede era socia di società precedentemente fallita (non vi sono preclusioni, come detto sinora, né nella legge fallimentare né in nessun’altra norma) è altrettanto vero che ogni privato che deve decidere se concedere o meno credito può liberamente rifiutarsi di farlo.

Potrebbe anche essere che, una volta saputo il nome della società della quale l’ex socio richiedente il finanziamento faceva parte, la banca o l’ente cui egli si è rivolto abbia cercato informazioni sulla fallita nei sistemi di monitoraggio del credito (come la Centrale rischi della Banca d’Italia oppure i Sistemi di informazioni Creditizie, cosiddetti SIC), i quali raccolgono i dati su tutti i contratti di prestito che banche e finanziarie stipulano con i clienti.
Questi sistemi servono a chi eroga il credito per valutare il merito creditizio e contenere il rischio – attraverso le segnalazioni che gli stessi istituti inviano ogni mese – di concedere nuovi prestiti a quanti non siano in grado di rimborsarli.
Sono gli istituti finanziari a consultare i dati contenuti nei SIC per verificare l’affidabilità creditizia del cliente prima di decidere se concedergli o meno il finanziamento. Banche e finanziarie devono, infatti, essere certe di potersi fidare e conoscere come si è comportato in passato il consumatore rispetto alla restituzione di un altro prestito.
I SIC, poi, conservano le informazioni ricevute per un determinato periodo di tempo (dai 12 mesi ai 36 mesi, a seconda del tipo di informazione), dopodiché le cancellano automaticamente.
E’ possibile, lo si ripete, che l’istituto cui l’ex socio della s.r.l. si è rivolto per ottenere il denaro abbia acquisito informazioni sul richiedente e che abbia verificato l’esistenza di un precedente fallimento che ha coinvolto la società di cui egli faceva parte.

La riprova del fatto che l’esistenza di un pregresso fallimento non preclude alcunché sta proprio in quanto accaduto nel caso analogo segnalato nel quesito: l’altro ex socio non ha avuto alcun problema nell’ottenere il denaro.
In buona sostanza, ed in conclusione, la risposta al quesito è che non vi è alcuna “macchia” da togliere. Semplicemente bisognerà rivolgersi a diverso soggetto.


Gaetano O. chiede
martedì 22/05/2018 - Campania
“Salve, sono titolare della X srl Unipersonale (commerciale) e della Y srl Unipersonale (immobiliare) quest'ultima con immobili intestati.
Quesito:
Eventuali problematiche della X srl (fornitori, dipendenti, equitalia, etc.) possono aggredire la Y srl e quindi gli immobili di sua proprietà?
Ribadisco che trattasi di due srl unipersonali.
Quindi la responsabilità rimane nell'ambito di ciascuna compagine o, visto che sono l'unico socio ad entrambi le parti, le problematiche possono essere portate all'altra parte?
Saluti

Consulenza legale i 25/05/2018
La ragione per cui il legislatore ha deciso di introdurre la s.r.l. unipersonale è stata proprio quella di permettere ad un imprenditore singolo di operare sul mercato con una responsabilità circoscritta al capitale conferito, realizzandosi in tal modo una valida alternativa alla responsabilità illimitata propria dell’impresa esercitata in forma individuale.
Ciò trova una spiegazione nel fatto che con la s.r.l., pur se ad unico socio, si viene sempre a creare uno schermo tra socio e società, realizzandosi una netta separazione del patrimonio personale dell’imprenditore da quello appartenente alla sfera aziendale.

Per poter conseguire tale beneficio, tuttavia, è necessario prestare attenzione al rispetto di alcune norme codicistiche; in particolare il riferimento va fatto all’art. 2462 c.c., norma di apertura del capo dedicato alla società a responsabilità limitata, e rubricata appunto “Responsabilità”.
Essa comincia con il dettare la regola secondo cui nelle società a responsabilità limitata per le obbligazioni socialirisponde soltanto la società con il suo patrimonio, per poi precisare che, in caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l’intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, questa beneficia della responsabilità limitata soltanto se vengono rispettate le seguenti condizioni:
  1. se i conferimenti in denaro per la costituzione del capitale sociale sono stati effettuati per l’intero ammontare ex art. 2464 c.c.;
  2. ovvero da quando si è provveduto a depositare nel Registro delle imprese una dichiarazione che indica i dati anagrafici dell’unico socio, per come previsto dall’art. 2470 c.c.
Si tratta di presupposti alternativi, nel senso che per beneficiare della responsabilità limitata è sufficiente che almeno uno dei due venga rispettato.

Occorre altresì attenersi ad un’ulteriore regola: l’appartenenza della s.r.l. ad un unico socio, seppure non debba essere inserita nella ragione sociale, va indicata negli atti e nella corrispondenza della società, pur non essendo richiesta l’indicazione del nominativo del singolo socio.
Soltanto il rispetto delle regole sopra delineate consente di poter realizzare appieno quello schermo tra socio e società di cui si è detto prima e di far sì che il patrimonio personale del singolo socio non possa essere in alcun modo intaccato dalle vicende societarie.
Alla luce di ciò si può affermare che nessuna interferenza può esservi tra le due società, seppure entrambe riconducibili al medesimo socio persona fisica.

Diverso sarebbe il discorso se non venissero rispettare i requisiti formali appena visti anche per una sola delle due società, in quanto l’unico socio decadrebbe dal beneficio della responsabilità limitata e sarebbe tenuto a rispondere delle obbligazioni sociali anche con il suo patrimonio, tra cui deve intendersi compresa anche la quota di partecipazione alla seconda società che, in quanto tale, potrebbe tranquillamente essere soggetta ad espropriazione forzata ex art.2471 c.c.
Solo in questi termini la seconda società potrebbe subire le conseguenze di una situazione di crisi della prima società, mentre in ogni caso deve escludersi che i creditori sociali dell’una possano divenire automaticamente creditori sociali dell’altra società.

Va infine precisato che non è invece più prevista come causa di perdita del beneficio della responsabilità limitata l’ipotesi in cui l’unico socio sia una persona giuridica ovvero socio unico di altra società di capitali, e ciò per come prevedeva il vecchio testo dell’art. 2497 c.c.[1]


[1] Il vecchio testo dell’art. 2497 c.c. così disponeva:
Allo scioglimento e alla liquidazione della società si applicano le disposizioni degli artt. 2448 e 2457. La maggioranza necessaria per la nomina e la revoca dei liquidatori è quella richiesta dall’art. 2486 per l’assemblea straordinaria.
In caso d’insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le quote sono appartenute ad un solo socio, questi risponde illimitatamente:
  1. quando sia una persona giuridica, ovvero sia socio unico di altra società di capitali;
  2. quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall’art. 2476, secondo e terzo comma;
  3. fino a quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall’art. 2475 bis”


Nicola D.S. chiede
sabato 11/11/2017 - Puglia
“Buongiorno
Avrei bisogno di sapere quali sono le responsabilita' per il socio unico di una srls in caso di fallimento della societa' stessa.”
Consulenza legale i 16/11/2017
L'articolo 2463 del Codice Civile dispone espressamente che la società a responsabilità limitata semplificata (S.r.l.s.) può essere costituita con contratto, ossia da due o più persone fisiche, oppure con atto unilaterale, cioè da una sola persona fisica come socio unico.

Lo stesso articolo prevede inoltre, all'ultimo comma, che alla società a responsabilità limitata semplificata si applicano le norme che disciplinano la società a responsabilità limitata ordinaria, cioè la S.r.l.; ciò significa che anche alla S.r.l.s. si applica, in particolare, il principio dell'autonomia patrimoniale perfetta, previsto per le S.r.l. dall'art. 2462 c.c.. Tale articolo dispone espressamente che nella S.r.l. per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Ciò significa che i soci della S.r.l.s., così come i soci della S.r.l., sono responsabili per i debiti contratti dalla società solo nei limiti della quota sociale di cui sono titolari, e questo principio vale sia per la pluralità dei soci, sia quando si tratta di socio unico.
L'articolo prevede, al secondo comma, l'unica eccezione al principio di autonomia patrimoniale perfetta, che è quella dell'ipotesi in cui se la società è in stato di insolvenza (fallimento o altre procedure concorsuali), per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l'intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, il socio unico risponde illimitatamente, ossia anche con il proprio patrimonio personale, quando i conferimenti non siano stati effettuati a norma di legge, cioè non sia stato versato l'intero importo del loro ammontare al momento della sottoscrizione dell'atto costitutivo (come previsto dall'art. 2464 c.c.), quarto comma, c.c., oppure comunque fin quando non sia stata attuata la pubblicità tramite la registrazione della società presso il registro delle imprese ex art. 2470 c.c..

Quindi, la regola è che, anche nella società a responsabilità limitata semplificata, il socio unico non risponde con il proprio patrimonio, ma solo con quanto conferito in società quale patrimonio sociale; l'eccezione, nel senso che il socio unico risponde illimitatamente (anche con il proprio patrimonio) per le sole obbligazioni contratte dalla società nel periodo in cui c'è stato il socio unico, nelle seguenti ipotesi:
  1. quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall'art. 2464 quarto comma c.c., ossia quando non sia stato versato l'intero importo dell'unica quota sociale (cioè il 100% del capitale);
  2. oppure quando comunque non è stata effettuata la pubblicità prevista dall'art. 2470 c.c., ossia l'iscrizione della società presso l'ufficio del Registro delle Imprese del luogo in cui la società ha la sede sociale.
Il socio, dunque, una volta costituita la società secondo le predette regole, gode della sua responsabilità limitata al solo patrimonio sociale.