Della ratifica in generale
Cominciamo con il considerare la ratifica, e chiarire qual è la sua funzione nell'istituto della
negotiorum gestio. La ratifica è un istituto di carattere generale ed è ìl comune insegnamento civilistico — dall'atto mediante il quale una persona riconosce come compiuto validamente per sè un negozio conchiuso da un gestore a suo nome. E altresì pacifico che essa non è parte essenziale del negozio sul quale agisce, ma è indipendente da esso, anche se il suo effetto si esplica sul negozio ratificato. Essa è quindi per sua natura un atto essenzialmente unilaterale.
La legge nostra non prescrive, nel caso della gestione, che la ratifica abbia una forma particolare (per cui essa, oltre che espressa, può anche essere tacita); ma poiché costituisce una manifestazione di volontà che produce effetti giuridici, è pacifico in dottrina che essa importa nel ratificante i requisiti propri ad atti del genere, cioè capacità d'agire, determinazione e manifestazione della volontà. Pertanto per gli incapaci e per le persone giuridiche sarà necessario l'intervento di un rappresentante.
Riferendoci a quanto abbia o altrove affermato, è appena opportuno chiarire che la ratifica spetta al
dominus negotii, non al proprietario della cosa oggetto dell'affare.
Casi nei quali deve intervenire
Un problema centrale in ordine alla ratifica consiste nel determinare i casi nei quali essa debba intervenire a convalidare gli atti del gestore.
Generalmente si suoi dire che quando il gestore ha agito in nome dell’interessato (nel caso, cioè, di quella, che si suole chiamare
gestione rappresentativa), il negozio da lui conchiuso non produce effetto nei riguardi dell'interessato, ma resta in uno stato di pendenza fino a quando non interviene la ratifica di lui, per modo che, se questi non lo ratifichi, il negozio dovrebbe aversi come non fatto.
L'affermazione, esatta per il diritto romano, non trova però base alcuna nel nostro diritto positivo, nel quale gli effetti della gestione e gli obblighi dell'interessato derivano dalla legge e prescindono dalla volontà di quest'ultimo a meno che questa volontà non si sia concentrata in una preventiva
prohibitio. Il fatto che l'affare altrui sia stato utilmente intrapreso costituisce titolo al sorgere di una rappresentanza, che per nascere dalla legge, è, in certo
senso, coattiva.
È quindi chiaro cha la ratifica ci porta di per sè stessa fuori della teoria della gestione degli affari altrui, costituendo, per così dire, una specie istituto sussidiario. I casi in cui essa può avere applicazione sono quelli nei quali la legge non dispone che gli effetti della gestione si riversino automaticamente sull'interessato. Al quale, in questo caso, la legge fornisce un mezzo per fare suoi parimenti gli effetti dell'azione del gestore, servendosi della ratifica. Così, per esempio, se la gestione non sarà stata intrapresa utilmente essa non sarà vincolante per il
dominus, il quale cionondimeno potrà farne suoi i risultati risultati ratificandoli.
Così nel caso della
prohibitio domini abbiamo visto che non sorgono gli obblighi dell’interessato, il quale potrà peraltro ricorrere alla ratifica per profittare dei risultati di questa illegittima gestione.
Da quanto si è detto appare altresì chiaro che la ratifica di cui parla l’
art. 2032 del c.c. è cosa ben diversa dalla ratifica degli atti annullabili; e ciò per il fatto che anche prima della ratifica il negozio gestorio è in sé e per sè un negozio perfetto. Per cui, mentre nel caso di atti annullabili, si avrà la cosiddetta «
ratifica-rinuncia », perché con la ratifica si rinunzia a servirsi del diritto di annullamento, nel caso della gestione abbiamo invece la cosiddetta «
ratifica-appropriazione» perché con la ratifica il
dominus fa propri i risultati di un negozio che, senza di questa, resterebbe estraneo alcuni problemi, che qui alla sua sfera giuridica.
Problemi che sorgono in tema di ratifica
Queste conclusioni danno luogo ad alcuni problemi, che qui brevemente verranno analizzati.
Innanzitutto, la ricerca della dottrina è svolta nel senso di determinare l'indole nel negozio giuridico concluso dal gestore, a nome del dominus, sembra la più accettabile prima che sia seguita la ratifica.
Fra le altre teorie enunciate in proposito la più accettabile appare quella che, partendo dal concetto di indipendenza del negozio di ratifica rispetto al negozio ratificato, ha conchiuso che il negozio giuridico intrapreso dal gestore col terzo esiste già prima della ratifica ed ha una figura giuridica sua propria. Non ci pare, pertanto, esatta la conclusione di coloro che affermano questo negozio nuovo, e annullabile, o un semplice negozio in formazione. II negozio giuridico concluso dal gestore è in sè un negozio perfetto, che in mancanza della ratifica del dominus, provoca effetti giuridici fra il gestore e il terzo, i quali pertanto non possono da esso singolarmente recedere, ma ben possono recedere da esso di comune accordo. Sono solo gli effetti dalla ratifica.
La dottrina, tanto discorde per quanto riguarda il precedente problema, è invece concorde nel ritenere che la morte del gestore non pregiudichi menomamente la facoltà di ratificare che ha il
dominus. Questa conclusione, che poggia sull'autorità dei giureconsulti romani, può essere, a nostro avviso, senz'altro accolta.
Più dibattuto è il problema relativo alla morte del
dominus prima della ratifica. Pare tuttavia più accettabile l'opinione di chi ritiene che, come principio, debba ammettersi che gli eredi del
dominus possono ratificare come poteva egli stesso, per la ragione che il rapporto giuridico posto in
. essere
. dal gestore può ritenersi voluto normalmente così per lui come per i suoi eredi. Nel caso, però, che gestore e terzo abbiano conchiuso un negozio per il
dominus personalmente, pare indubbio che nessuna efficacia dovrebbe riconoscersi alla ratifica dei suoi eredi.
Naturalmente che ritiene che il negozio gerito sia, prima della ratifica, un rapporto giuridico in via di formazione, non ammette che questo rapporto possa passare agli eredi.
Ratifica, gestione degli affari altrui e procura si pongono, pertanto, nel nostro diritto positivo sullo stesso piano come titoli atti a costituire la rappresentanza.
La ratifica può essere sottoposta a condizione, termine o modo. Non è però ammissibile una ratifica parziale: ciò è evidente se si riflette che una ratifica parziale costituirebbe non già una condizione di efficacia del negozio, ma una creazione di nuovo negozio.
Efficacia della ratifica
Altro problema, che merita particolare esame è quello relativo ana efficacia della ratifica. La comune dottrina riconosce alla ratifica efficacia retroattiva. Naturalmente questa retroattività non andrebbe però intesa in senso assoluto, ma troverebbe un limite insuperabile relativamente a quei terzi che, nel periodo che corre fra la gestione dell'affare e la ratifica, abbiano acquistato dal
dominus o da chi contrattò col gestore diritti che sarebbero pregiudicati dall'effetto retroattivo della ratifica. Si conchiude, pertanto, che nel conflitto tra il negozio gestorio ed il negozio stipulato con i terzi, questa debba avere la prevalenza su quello.
Il tema merita un esame.
Abbiamo già visto come, a nostro avviso, sia da accogliersi la teoria di chi ritiene essere possibile nella gestione solo il recesso bilaterale dei contraenti prima della ratifica del
dominus. Pertanto, colui che, dopo aver contrattato col gestore, concede a terzi diritti incompatibili col negozio gestorio in sostanza manifesta con ciò la volontà di recedere dal negozio gestorio.
Ma abbiamo nel contempo visto che questa volontà unilaterale non è la sola efficace, e pertanto pensiamo debba conchiudersi che i negozi con-chiusi medio tempore dal dominus o da chi contrattò col gestore non siano validi. Naturalmente colui che, astretto al vincolo del precedente contratto conchiuso col gestore, avrà contrattato medio tempore con i terzi, dovrà rispondere verso di loro in base ai principi generali.
La gestione di un affare che si ritiene improprio
L'articolo in esame dispone che la ratifica dell'interessato produce i suoi effetti anche se la gestione è stata compiuta da persona che credeva di gerire un affare proprio. In altri termini questo articolo ammette la possibilità che la ratifica abbia efficacia nel negozio gestorio, anche se manchi l'
animus negotia aliena gerendi.
La norma non aveva riscontro nel vecchio codice, mentre i progetti italo-francese e della Commissione reale introducevano il principio in termini conformi a quelli dell'articolo in esame.
L'articolo sarebbe difficilmente inseribile nella teoria generale della gestione d'affari altrui, e non è da considerarsi priva di fondamento la preoccupazione di coloro che (Tumedei), nella Commissione delle Assemblee legislative, affermava che la formulazione di questo articolo poteva introdurre una non desiderabile confusione di concetti.
In effetti non pare dubbio che la ratifica di negozio giuridico che altri ha gestito credendolo proprio non ha nulla a che vedere con l'istituto della gestione. Sí tratta di un istituto giuridico nuovo, dal quale pertanto, è lecito prescindere nella costruzione dommatica della teoria della gestione. La stessa relazione al libro delle obbligazioni ammette ciò implicitamente osservando che in via generale è da ricordare che, per l'art. 871 (2032), ogni caso he fugge dall'ambito della gestione può rientrarvi per effetto della ratifica del
dominus . La configurazione legislativa di esso consente, ed è volta al fine di estendere l'operatività della ratifica, finora prevista per il solo caso di gestione rappresentativa senza poteri (v. ora art.
1399 di questo codice), anche all' ipotesi di gestione di affari alieni (in senso non tecnico), compiuta senza
l'animus negotia aliena gerendi, e pertanto, per definizione, non rappresentativa.
Istituti affini alla gestione
Le cose anzidette permettono agevolmente di distinguere la gestione dagli istituti affini.
Così, non bisogna confondere la gestione d'affari altrui propriamente detta con quella che suole chiamarsi «
gestione d'affari impropria». Infatti, nella gestione d'affari propriamente detta il gestore agisce non solo in nome, ma anche nell' interesse del
dominus mentre nella gestione impropria il gestore agisce nel proprio interesse. Naturalmente può avvenire che l'interesse proprio del gestore coincida con quello del
dominus, e allora sarà possibile a questo ratificare l'operato del gestore.
Così, non bisogna confondere il nostro istituto con la promessa del fatto del terzo. La promessa infatti non ha efficacia nei confronti del terzo, mentre nella gestione il gestore impegna validamente il
dominus.
Nè si deve confondere la gestione con gli atti compiuti per conto di chi spetta, perché nella gestione campeggia l'istituto della rappresentanza, che esula invece dall'altro istituto.