La funzione, però, almeno in senso lato, è
funzione di controllo. L'assistenza del curatore mira a garantire la migliore realizzazione dell'interesse dell'emancipato. Ciò induce a ritenere che l'atto di assistenza sia effettivamente da considerare come un presupposto, cioè come elemento estraneo alla intima struttura dell'atto fondamentale, legato ad esso unicamente sotto il profilo funzionale. Soltanto, per rispettare la norma positiva, bisogna ritenere che si tratti di un
presupposto di validità, anziché di un presupposto di efficacia. La mancanza di esso produce una invalidità sanabile, e, quanto alle persone, relativa (art.
396).
Per quanto riguarda la
condizione giuridica del minore emancipato, si suole dire comunemente che egli ha, sì, una capacità generale di agire, ma che tale capacità è parziale, limitata, o non è piena; che cioè il minore emancipato sia in parte incapace di agire. A proposito di tale formulazione, non è certo difficile ammettere che un soggetto sia parzialmente incapace, o meglio parzialmente capace; né la capacità parziale deve fare ritenere che il soggetto abbia a considerarsi come genericamente capace.
Appunto per questo, però, agisce in sua vece il
rappresentante legale: l'incapace viene sostituito da altro soggetto.
Ma il minore emancipato, non solo compie da sé gli atti che non eccedono la semplice amministrazione, poiché agisce personalmente anche per gli atti eccedenti la semplice amministrazione. Se agisce da sé, è capace di agire, e gli atti di controllo tendono piuttosto a garantire il risultato del suo agire, anziché ad attribuirgli la legittimità.
Però se questo può affermarsi sotto profilo negativo, assai più difficile è definire la situazione dal lato positivo. La sola idea che si possa suggerire è questa: che il minore emancipato debba considerarsi come soggetto capace a compiere anche gli atti eccedenti la semplice amministrazione, e quindi in possesso del presupposto soggettivo, che è la capacità; che l'assistenza del curatore sia una vera funzione di controllo, e l'atto in cui si concreta un presupposto (obiettivo) di validità dell'atto compiuto dall'emancipato.
Per quanto riguarda la posizione del curatore nei confronti del minore non emancipato, è da notare che il codice vigente, in parte riproducendo e in parte integrando principi già contenuti nella legislazione precedente, ha parificato, per evidenti ragioni pratiche, il curatore al
tutore, superando le differenze di carattere logico e teorico che avrebbero consigliato una diversa disciplina. Così, nascendo conflitto d'interessi tra il minore e il curatore, si procede alla nomina di un
curatore speciale; al curatore sono applicabili le disposizioni dell'art.
378. Naturalmente tali estensioni non valgono a snaturare il carattere della curatela, nei confronti della tutela.
Su tale disposizione ha inciso di recente la "Riforma Cartabia", sulla scorta della quale il legislatore ha inteso riorganizzare i procedimenti in camera di consiglio, limitando la competenza del tribunale a formare un collegio solo nei casi in cui sia previsto l'intervento del pubblico ministero o quando sia necessario valutare la validità delle stime effettuate o la gestione adeguata di questioni comuni.
In linea con questa intenzione programmatica, la competenza del tribunale in composizione collegiale per le autorizzazioni relative all'esecuzione di atti da parte di persone incapaci (sia minori che adulti soggetti a misure di protezione) è stata soppressa, concentrandola esclusivamente nel giudice tutelare.
Di conseguenza, l'articolo
374 c.c. è stato riformulato, per assegnare al giudice tutelare tutte le situazioni in cui è richiesta un'autorizzazione nell'interesse dell'interdetto, inclusi i casi precedentemente contemplati nell'articolo
375c.c. (che prevedeva l'autorizzazione del collegio) che ora è stato abrogato. Inoltre, l'articolo
376 c.c., riguardante la vendita dei beni, è stato soggetto a un intervento legislativo per renderlo coerente con le altre disposizioni.
Lo stesso approccio è stato seguito per apportare modifiche al terzo comma dell'articolo
394 c.c., qui commentato, e all'articolo
395 c.c., oltreché all'articolo
397 c.c. e all'articolo
425 c.c., sempre con lo scopo di uniformare le competenze giurisdizionali e rendere più efficiente il processo decisionale.