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Articolo 800 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Cause di revocazione

Dispositivo dell'art. 800 Codice Civile

La donazione può essere revocata [805 c.c.] per ingratitudine o per sopravvenienza di figli [803 c.c.](1).

Note

(1) In quanto norma eccezionale (vd. ratio legis), non è ammessa l'interpretazione analogica. I casi previsti sono, dunque, tassativi.

Ratio Legis

La norma in commento costituisce un'eccezione rispetto al principio generale, che vale in materia di contratti, secondo cui solo con il consenso di entrambe le parti è possibile sciogliere il contratto. L'eccezione si spiega in considerazione della volontà del legislatore di tutelare interessi di ordine morale (nel caso della revoca per ingratitudine) o familiare (nel caso della revoca per sopravvenienza dei figli) che si considerano superiori.

Brocardi

Facultas poenitendi
Gratus esse debet qui beneficium accepit
Improbus est homo qui beneficium scit accipere et reddere nescit
Irritam facere donationem perfectam nemini licet

Spiegazione dell'art. 800 Codice Civile

Questo articolo considera le cause che rendono proponibile l’azione di revoca delle donazioni e le determina tassativamente nell’ingratitudine e nella sopravvenienza di figli. Esso non menziona più la condizione risolutiva, come già faceva l’art. #1078# del codice precedente, che, con scarsa sobrietà sistematica, riconduceva tale clausola sotto la disciplina della revocazione, laddove si trattava di un’ipotesi di risoluzione. Per convincersene basta riflettere che, mentre tutte le cause di revoca si concretano in un evento successivo alla donazione, la risoluzione, invece, ha le sue radici nello stesso contratto. Secondo il vecchio codice del 1865, costituiva un’ipotesi a parte di condizione risolutiva (espressa o tacita) l'inadempimento dei pesi imposti al donatario (il diritto giustinianeo la considerava come causa di revoca per ingratitudine). Il codice attuale non ne parla fra le cause di revoca poiché l’inadempimento dei pesi è causa di risoluzione la quale, soltanto se prevista, può essere proposta dal donante o dai suoi eredi: non esiste più, pertanto, l'inadempimento dei pesi come caso di revoca legale.
È poi il caso di porre in rilievo come, in nessuno dei casi previsti nell’articolo in esame, la revoca si verifichi per causa dipendente dal mero arbitrio del donante; il che esclude possa parlarsi di una deroga al principio dell’irrevocabilità della donazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 800 Codice Civile

Cass. civ. n. 169/2018

La revocazione della donazione è rimessa ad un'iniziativa del donante ovvero dei suoi eredi ed è assoggettata ad un breve termine di decadenza, palesandosi in tal modo come la perdita di efficacia della donazione sia ricollegata ad una specifica iniziativa individuale e che il ripensamento del donante debba intervenire in un tempo contenuto, laddove a contrario la fattispecie in esame opera di diritto, ed anche laddove il de cuius abbia potuto fruire di un termine anche ampio per procedere alla revoca del precedente testamento ed ad una eventuale nuova manifestazione di volontà (si pensi al caso in cui la sopravvenienza del figlio, successiva alla redazione del testamento, preceda di vari anni la morte del testatore).

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Consulenze legali
relative all'articolo 800 Codice Civile

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Franco L. chiede
venerdì 14/10/2016 - Toscana
“REVOCA DI UNA DONAZIONE

Antefatto :

Tre anni fa ho donato con regolare atto notarile una casa ai miei due nipoti (tra di loro fratelli).

Questa casa avrei dovuta donarla a mio figlio, ma essendo lui indebitato con Equitalia,
onde evitare “dolorose conseguenze” , ho provveduto come sopra.

Circa un anno fa mio figlio si è separato, la casa è rimasta alla moglie affidataria non esclusiva dei bambini.

Mio figlio purtroppo si sta comportando molto male , nel senso che in primis non ha mai versato le quote dovute per il mantenimento dei figli, ed in aggiunta sta “plagiando” i bambini mettendoli contro la madre in tutti i modi, e convincendoli a colpevolizzare lei per la separazione, avvenuta in realtà perché ha generato un ulteriore figlio con una altra donna.

Allo stato attuale ha una altra compagna con cui ha fatto un quarto figlio, malgrado sia disoccupato.

Conseguenze :

Dai comportamenti nemmeno tanto nascosti si presume che egli voglia arrivare a farsi affidare i bambini, in modo da riavere la casa ed ottenere il mantenimento dalla ex moglie che invece lavora.

Da qui nasce il mio desiderio di revoca, anche perché devo tenere in considerazione futura anche gli altri due bambini, benché uno non lo abbia riconosciuto malgrado il positivo test DNA, ma per il quale voglio destinare la sua giusta parte.

Ringrazio per l’attenzione”
Consulenza legale i 20/10/2016
Il concetto fondamentale da cui occorre partire per trovare una soluzione al caso che si propone è quello secondo cui la donazione è un contratto e come tale non può essere revocato su iniziativa del solo donante, ad esempio proprio nel caso di ripensamento allorchè il donatario tenga un comportamento non conforme alle aspettative del donante.

Secondo la vigente normativa, infatti, ed in particolare il riferimento è all’art. 800 del codice civile, la revoca della donazione può essere richiesta all’autorità giudiziaria in due casi specifici:

a) Revocazione per ingratitudine (art. 801 c.c.): tale revoca è consentita nell’ipotesi in cui il donatario abbia:
a.1) commesso reati gravi nei confronti del donante o dei suoi congiunti (ossia omicidio volontario, tentato omicidio o altro reato a cui siano applicabili le norme sull’omicidio; denuncia o testimonianza per reato punibile con l’ergastolo o reclusione non inferiore a tre anni se la denuncia è risultata calunniosa o la testimonianza è risultata falsa);
a.2) si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante;
a.3) abbia dolosamente arrecato grave pregiudizio al suo patrimonio;
a.4) gli abbia rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi di legge.
Come è facile intuire nessuna di queste ipotesi legali può ritenersi applicabile al caso di specie, in quanto il riferimento espresso è a comportamenti censurabili tenuti dalla persona del donatario, che in questo caso non si identifica nel figlio della donante, bensì nei discendenti del figlio stesso, ai quali non è ascrivibile alcuno di tali comportamenti.

b) Revocazione per sopravvenienza di figli (art. 803 c.c.): dispone la norma che le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o di un discendente legittimo del donante.
Uno spiraglio in favore della possibilità di revocare la donazione effettuata in favore dei nipoti può trarsi solo da tale norma, nella parte in cui ammette la revoca per sopravvenienza di discendenti legittimi del donante (tali sarebbero, senza alcun dubbio, gli altri due figli nel frattempo generati dal figlio della donante).

Sulla esatta interpretazione ed estensione di tale norma si rinviene soltanto Cassazione Civile 01/03/1994 N. 2031, nel corpo della quale si precisa che l’art. 803 del codice civile, nel regolare la revocabilità della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti legittimi del donante ovvero della conoscenza dell'esistenza degli uni o degli altri, istituisce fra le due categorie una relazione disgiuntiva, da cui si deduce l'intento del legislatore di considerarle in via alternativa e di esclusione, tale cioè che - atteso il vincolo meno stretto dei discendenti col donante - la sopravvenienza o conoscenza dell'esistenza di figli, se non fatte valere ai fini della revoca, precludono la possibilità della revoca stessa in relazione a sopravvenienza o conoscenza di discendenti legittimi.
Argomentando a contrario, pertanto, può ritenersi che la revoca della donazione sarà senz’altro ammessa in caso di sopravvenienza di discendenti legittimi del donante, tra i quali figurano senza dubbio i figli del figlio del donante.

La dottrina equipara al figlio legittimo la legittimazione di un figlio naturale, mentre dei dubbi sussistono per l’adozione speciale; pertanto, la revoca non potrà avere effetto in favore del quarto nipote del donante che il figlio non abbia voluto riconoscere, salvo il successivo positivo esperimento dell’azione di reclamo dello stato di figlio da esercitare ex art. 249 c.c., azione - si ricorda - imprescrittibile e dal cui esito positivo ricomincerà nuovamente a decorrere il termine per la revoca della donazione.

Per quanto concerne i profili processuali di tale azione, va detto che essa deve essere proposta entro il termine, ritenuto di decadenza, di cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo ovvero dalla notizia dell’esistenza del figlio o discendente ovvero dall’avvenuto riconoscimento del figlio naturale (il fatto che ne sia stabilita la decorrenza dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo comporta che il termine medesimo si riapra di volta in volta in caso di sopravvenienza di ulteriori figli o discendenti del donante e ciò anche se l'azione si sia in precedenza estinta per il decorso del quinquennio).
Una volta revocata la donazione, il donatario deve restituire i beni ed i frutti ovvero, se i beni sono stati alienati, il rispettivo controvalore (così articolo 807 c.c.).

Ovviamente, la revoca compiuta dal donante non può di per sé attuare la retrocessione, ma obbliga solo il donatario a compiere il relativo atto di ritrasferimento, in mancanza del quale opererà la sentenza, sempre che il donante abbia agito in giudizio (la situazione che si viene a creare è analoga a quella dell’obbligo a contrarre ex art. 2932 c.c.).

Altra soluzione prospettabile, almeno sulla base di quanto viene esposto nel quesito, nella parte in cui è detto che il figlio della donante non ha mai versato quanto dovuto a titolo di mantenimento ai propri figli, potrebbe essere quella di avvalersi del disposto di cui all’art. 333 del codice civile, norma che sanziona la condotta del genitore pregiudizievole ai figli e che legittima il giudice cui ci si rivolge ad adottare i provvedimenti che riterrà più convenienti, compreso anche l’allontanamento del genitore interessato dalla residenza familiare; pare opportuno evidenziare che la violazione dei doveri di genitori, tra i quali senza dubbio rientra il regolare versamento di quanto dovuto a titolo di alimenti, legittima perfino il giudice a pronunciare la decadenza dalla potestà di genitore ex art. 330 codice civile.

Anonimo chiede
giovedì 04/02/2016 - Lombardia
“Padre dona nel OMISSIS ai propri due figli una parte della sua quota di partecipazione in una società in nome collettivo. Situazione ante donazione: padre 50%, figlio 1 25% figlio 2 25%. Situazione post donazione: padre 10%, figlio 1 45%, figlio 2 45%.

Nel OMISSIS i figli litigano pesantemente tra loro e coinvolgono nella lite anche il padre e la madre, rivolgendo a questi ultimi frasi ingiuriose e creando una situazione lesiva del patrimonio morale sia del padre sia della madre, coniuge di quest’ultimo, tanto da pregiudicare sia il rapporto personale tra i componenti della famiglia e quindi dei soci, sia il buon andamento dell’azienda, la cui indennità patrimoniale e finanziaria risulta essere gravemente minacciata dal deteriorato rapporto fra i diversi soci. Il padre, con la donazione, aveva infatti immaginato che i due figli portassero avanti l’attività l’uno come responsabile amministrativo, l’altro come responsabile tecnico, mantenendo una piccola quota per se (il 10%) per salvaguardare, con la propria liquidazione, la vecchiaia dei coniugi. L’attività è una officina meccanica (unica fonte di sostentamento di tutti i componenti della famiglia), quindi con un valore economico dato dai risultati economici conseguiti e dal più importante valore dell’immobile commerciale dove viene svolta l’attività (che oltretutto deve essere ancora parzialmente pagato alla banca).

Si domanda se sia possibile una revoca della donazione da parte del donante nei confronti di uno o di entrambi i figli donatari.”
Consulenza legale i 16/02/2016
La donazione è il contratto con cui una parte ne arricchisce un'altra per spirito di liberalità, ed è disciplinata dagli artt. 769 ss c.c.. Il codice civile ammette espressamente che essa possa essere revocata. L'art. 800 c.c., infatti, sancisce che "La donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli". Nel caso in esame l'ipotesi che viene in rilievo è la prima.
Tuttavia, non ogni donazione è revocabile, sancendo l'art. 805 c.c. due ipotesi di irrevocabilità: le donazioni remuneratorie e quelle fatte in vista di un determinato matrimonio. In particolare, l'art. 770 c.c. contempla 3 ipotesi di donazione remuneratoria, nelle quali assume particolare rilievo il motivo che dell'attribuzione.
1. donazione per riconoscenza, che è quella fatta per gratitudine nei confronti del donatario, pur rimanendo un atto di liberalità;
2. donazione per meriti del donatario, cioè dovuta ad un sentimento di ammirazione nei suoi confronti a causa dei meriti acquisiti, ad esempio, nella collettività per azioni svolte;
3. donazione per speciale remunerazione fatta, cioè, con l'intenzione di remunerare il soggetto per un servizio che egli ha fatto o farà ma purché non si ravvisi l'elemento della corrispettività.
Dunque si dovrà innanzitutto considerare se quella in esame rientri in una di tali ipotesi.
Gli effetti della revoca della donazione, nei confronti del donatario e dei terzi, sono disciplinati dagli artt. 807 ed 808 c.c..
Come detto, nel merito viene in rilievo la revocazione per ingratitudine, prevista dall'art. 801 c.c. per le ipotesi in cui il donatario: abbia commesso uno dei fatti di cui all'art. 463 n. 1, 2, 3 (alcuni gravi delitti, ad es. omicidio o tentato omicidio), ovvero si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donatario, o abbia pregiudicato gravemente e dolosamente il suo patrimonio, o gli abbia indebitamente rifiutato gli alimenti dovuti.
Dalla descrizione del quesito sembrano da escludere la prima e l'ultima ipotesi. Del pari, non sembra ricorrere la terza, atteso che il pregiudizio al patrimonio deve essere doloso, cioè consapevole e volontario (mentre si evince che un'eventuale lesione del patrimonio del donante sarebbe indiretta, quale conseguenza dei rapporti litigiosi).
Dunque, si dovrà verificare se le condotte genericamente descritte possano integrare il concetto di "ingiuria grave" di cui alla norma. Secondo la giurisprudenza essa va distinta dal concetto di ingiuria penalistico (art. 594 e 595 c.p.), consistendo in un " comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva" (Cass. 7487/2011) ovvero essendo caratterizzata nella "manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento" (Cass. 17188/2008).
Tuttavia, la giurisprudenza precisa anche che il presupposto dell'ingiuria grave "non può essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine" (Cass. 17188/2008; v. anche Cass. 8752/2012).
Dunque, dalle pronunce richiamate si evince che singoli accadimenti possono non essere ritenuti integranti la fattispecie in esame, essendo necessario che la condotta del donatario manifesti una disistima durevole.
Infine, si precisa che un'eventuale azione di revocazione va proposta entro il termine di un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione (art. 802 c.c.).