(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
185 E' stato osservato che il progetto non contemplava i casi previsti dall'art. 300 del codice del 1865, concernente il divieto al tutore e al protutore di comprare i beni del minore, di accettare la cessione di crediti verso il medesimo e di prenderne in affitto i beni senza una speciale autorizzazione. E' stato perciò suggerito di ripristinare le norme dell'art. 300 del codice del 1865, estendendosi inoltre il divieto a tutti gli atti in cui si riscontri un contrasto di interesse col minore. Nell'
art. 378 del c.c. è stata accolta la sostanza della proposta. Ma nel determinare la sfera degli atti vietati al tutore e al protutore è stato seguito il criterio del codice del 1865, poiché la più ampia formula suggerita per includere nel divieto qualsiasi atto, nel quale si riscontri conflitto d'interessi, è sembrata esorbitante oltre che generica. Quanto alla sanzione del divieto si è stabilito il principio dell'annullabilità, legittimandosi ad agire il tutore, il minore, i suoi eredi o aventi causa, ed escludendosi per ovvie ragioni il tutore o il protutore che abbia compiuto l'atto vietato. Nel disciplinare il regime dell'impugnazione, è stata tenuta distinta, dalle ipotesi dell'acquisto e dell'affitto dei beni del minore, l'altra ipotesi che il tutore si sia reso cessionario di crediti verso l'incapace, poiché in quest'ultima l'invalidità del negozio normalmente sarà proposta in via d'eccezione. Per non creare poi al curatore dell'emancipato e al genitore esercente la patria potestà una posizione diversa nei confronti del tutore, relativamente a questi atti vietati, si è avuto cura di dichiarare applicabili al curatore (
art. 396 del c.c.) le disposizioni dell'art. 378 ed inoltre nell'
art. 323 del c.c., per il genitore esercente la patria potestà, sono state dettate, con opportuni adattamenti, norme analoghe a quelle dello stesso art. 378.