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Articolo 616 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Provvedimenti del giudice dell'esecuzione

Dispositivo dell'art. 616 Codice di procedura civile

Se competente per la causa è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione questi fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà(1); altrimenti rimette la causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa [disp. att. 125, 186] (2).

[La causa è decisa con sentenza non impugnabile](3)

Note

(1) Nella prima udienza, dopo aver deciso sull'eventuale istanza di sospensione dell'esecuzione, il giudice verifica la sua competenza. Se è competente l'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice dell'esecuzione, questi fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo della causa a cura della parte interessata osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis del c.p.c.. Diversamente, il giudice pronuncerà la propria competenza e rimetterà le parti innanzi l'ufficio giudiziario competente, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa.
(2) In dottrina e in giurisprudenza è controverso se la riassunzione debba essere effettuata con atto di citazione o anche solo con la comparsa prevista dall'art. 125 disp. att.. Ciò che è unanimemente riconosciuto è la necessaria tempestività a pena di estinzione del giudizio di opposizione. La riassunzione fa sì che venga proseguito lo stesso giudizio del quale era stato investito il giudice privo di competenza, il quale viene devoluto a quello munito di competenza.
(3) L'ultimo comma è stato eliminato dalla legge 69/2009. Tale riforma ha ripristinato il regime dell'appellabilità della sentenza con cui si conclude il giudizio di impugnazione, in luogo di quello della non impugnabilità della sentenza introdotto con la precedente riforma del 2005. Pertanto, la sentenza emessa nel giudizio di opposizione sarà soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.

Spiegazione dell'art. 616 Codice di procedura civile

In conformità al principio secondo cui nei procedimenti che iniziano con ricorso la pendenza della lite è data dalla presentazione in cancelleria dell'atto introduttivo, anche in relazione ai giudizi oppositivi la pendenza della lite si determina con il deposito in cancelleria del ricorso indirizzato al giudice dell'esecuzione.
Il giudice competente fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, dovendo la parte interessata, a sua volta, provvedere all'iscrizione a ruolo rispettando i termini di cui all'art. 163 bis del c.p.c., eventualmente ridotti alla metà.
Iscritta la causa a ruolo e provveduto alla notificazione del ricorso e del decreto di comparizione della parti davanti al giudice, si apre la fase sommaria di competenza del giudice dell'esecuzione, nel corso della quale lo stesso G.E. svolge due attività, di cui una necessaria (volta all'individuazione dell'ufficio giudiziario competente a decidere il merito dell'opposizione) e l'altra eventuale (volta alla valutazione dell'eventuale domanda di sospensione proposta dalle parti

Se si ritiene incompetente, lo stesso G.E. rimette la causa innanzi all'ufficio giudiziario competente, assegnando alle parti un termine altrettanto perentorio ai fini della riassunzione della causa.

La sentenza con cui viene decisa la causa può essere di:
  1. accoglimento dell'opposizione: viene in questo modo impedita la prosecuzione del processo esecutivo e caducati gli effetti degli atti già compiuti.
Inoltre, la relativa sentenza ha un'efficacia preclusiva, in quanto rende:
- impignorabile il bene che ne era originariamente oggetto, ovviamente se la opposizione verte sulla impignorabilità di quel dato bene (il processo di espropriazione può continuare solo sugli altri beni sottoposti ad esecuzione);
- inefficace il titolo esecutivo: il creditore, se vorrà, dovrà instaurare un nuovo processo esecutivo a sostegno dello stesso;
- inesistente la situazione sostanziale

  1. rigetto dell'opposizione: in questo caso il giudice con il suo provvedimento afferma l'esistenza del diritto del procedente.

L’art. 49 comma 2 della Legge 18.06.2009 n. 69 ha abrogato l’ultima parte di questa norma nella parte in cui si disponeva “la causa è decisa con sentenza non impugnabile”.
In questo modo il legislatore della riforma ha fatto sì che le sentenze che decidono i giudizi di opposizione all'esecuzione possano essere impugnate, mentre, al contrario, le sentenze che decidono i giudizi di opposizione agli atti esecutivi permangono non impugnabili ex art. 618 del c.p.c. commi 2 e 3.

Tale differenza trova la sua ragione nel fatto che i giudizi di opposizione agli atti esecutivi, afferendo alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, non si presentano tanto complessi da giustificare un successivo vaglio giudiziario, mentre quelli di cui all'art. 615, poiché volti a contestare il diritto della parte istante a procedere all'esecuzione, presentano un grado di complessità tale da assicurare il riconoscimento della garanzia della impugnabilità della sentenza con la quale vengono decisi.

Massime relative all'art. 616 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 26285/2019

Qualora il giudice dell'esecuzione, ravvisando identità di fatti costitutivi tra l'opposizione all'esecuzione innanzi a lui proposta e un'opposizione a precetto già promossa, con il provvedimento di chiusura della fase sommaria non assegni alle parti il termine per promuovere il giudizio di merito, la parte interessata a sostenere la diversità delle domande formulate nelle due opposizioni è tenuta ad introdurre, di sua iniziativa, il giudizio di merito nel termine di cui all'art. 289 c.p.c., in quanto avverso il provvedimento di chiusura della fase sommaria dell'opposizione, avente natura meramente ordinatoria, non possono essere esperiti né l'opposizione agli atti esecutivi, né il ricorso per cassazione ex art. 111, settimo comma, Cost., né il regolamento di competenza. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 17441/2019

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., l'opponente ha veste sostanziale e processuale di attore, sicché le eventuali "eccezioni" da lui sollevate per contrastare il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata costituiscono "causa petendi" della domanda proposta con il ricorso in opposizione e sono soggette al regime sostanziale e processuale della domanda. Ne consegue che l'opponente non può mutare la domanda modificando le eccezioni che ne costituiscono il fondamento, né il giudice può accogliere l'opposizione per motivi che costituiscono un mutamento di quelli espressi nel ricorso introduttivo. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso sentenza che aveva ritenuto tardiva la deduzione dell'opponente, rassegnata solo in sede di memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., relativa alla non assoggettabilità ad espropriazione forzata dell'immobile staggito in quanto oggetto di provvedimento di assegnazione della casa coniugale, emesso in sede di giudizio di separazione ed asseritamente opponibile al creditore procedente ed a quelli intervenuti nell'esecuzione).

Cass. civ. n. 15082/2019

Nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617 e 619 c.p.c., emergente dalla riforma di cui alla l. n. 52 del 2006, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé - sia che rigetti, sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito.

Cass. civ. n. 9352/2017

L’opposizione all’esecuzione, pur essendo distinta, dopo le modifiche introdotte dalla l.n. 52 del 2006, in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, costituisce un unico procedimento, sicché, ai fini dell’applicazione del termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., nella nuova formulazione, ed utilizzabile per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della l.n. 69 del 2009, rileva il momento in cui è stata introdotta la fase sommaria, con il deposito del ricorso dinanzi al giudice dell’esecuzione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che aveva dichiarato inammissibile l’appello avverso una sentenza resa su una opposizione all’esecuzione, nel regime dell’impugnazione reintrodotto dalla l.n. 69 del 2009, con la modifica dell’art. 616 c.p.c., reputando, erroneamente, operante il regime della ricorribilità in Cassazione introdotto dalla l.n. 52 del 2006 con la precedente modifica dello stesso art. 616 c.p.c.)..

Cass. civ. n. 5608/2017

L’opposizione all’esecuzione già iniziata, di cui all’art. 615 c.p.c., pur essendo - nella sua attuale disciplina - distinta in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, costituisce un giudizio unico anche quando il processo nel merito debba essere riassunto, per ragioni di competenza, davanti ad altro giudice, nel termine all’uopo fissato dal giudice dell’esecuzione, sicché, in caso di mancata tempestiva riassunzione entro tale termine, ai fini dell’applicabilità del regime previsto dall’ultimo comma dell’art. 307 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009 ed utilizzabile per i giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore, rileva il momento in cui è stata introdotta la fase sommaria e non quello della riassunzione; pertanto, l’inosservanza del termine "de quo" verificatasi dopo la data di entrata in vigore della citata legge, ma in un processo di opposizione all’esecuzione già pendente, per essere stata precedentemente introdotta la fase sommaria, è regolata dal regime previgente, in forza del quale l’eccezione di estinzione del giudizio per tardiva riassunzione era rilevabile solo ad istanza di parte, da svolgersi prima di ogni altra difesa.

Cass. civ. n. 3464/2017

In tema di opposizione a precetto, se la notifica è eseguita presso la cancelleria nonostante l’elezione di domicilio da parte del creditore procedente e quest’ultimo resta involontariamente contumace, trovano applicazione, da un lato, l’art. 327, comma 2, c.p.c., che esclude la decorrenza del termine lungo per l'impugnazione della sentenza quando la parte contumace dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione, e, dall’altro, l’art. 354, comma 1, c.p.c., che, ove la predetta nullità sia fatta valere come motivo d'impugnazione della sentenza di primo grado, impone al giudice di appello, che la ritenga sussistente, di rimettere la causa al primo giudice.

Cass. civ. n. 25902/2016

In tema di opposizione all’esecuzione, nel regime dell’art. 616 c.p.c., l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione provvede a definire la fase sommaria, concedendo (o meno) il provvedimento di sospensione dell’esecuzione, ma omettendo di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’art. 111, comma 7, Cost., giacché priva del carattere della definitività, anche quando contenga la statuizione sulle spese di lite.

Cass. civ. n. 14661/2016

In tema di esecuzione forzata, in caso di contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e dell'art. 617 c.p.c., ove vengano decisi solo i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denunzia di omessa pronunzia sugli altri motivi, integranti opposizione all'esecuzione, va proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione.

Cass. civ. n. 20886/2015

La regola della non appellabilità delle sentenze sulle opposizioni all'esecuzione, decise tra il 1° marzo 2006 e l'entrata in vigore della l. n. 69 del 2009, ricorribili solo per cassazione ex art. 111 Cost., è applicabile anche alle decisioni sulle opposizioni di cui all'art. 615, comma 1, c.p.c., secondo una lettura costituzionalmente orientata che esclude disparità di trattamento tra sentenze destinate, di norma, a risolvere controversie di analoga portata.

Cass. civ. n. 12055/2014

A norma dell'art. 616 cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall'art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 e sul punto rimasto immutato dopo la modifica operata dalla legge 18 luglio 2009, n. 69), l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria di cui all'art. 615, secondo comma, cod. proc. civ., deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l'opposizione deve essere trattata quanto alla fase di cognizione piena. Ne consegue che, ove la causa appartenga alla competenza per materia del giudice del lavoro e, ai sensi dell'art. 618 bis, primo comma, cod. proc. civ., sia disciplinata dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro, in quanto relativa ad esecuzione forzata promossa in base a provvedimenti emessi dal giudice del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 5060/2014

Qualora il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento positivo o negativo della tutela sommaria, emesso nelle opposizioni di cui agli artt. 615, secondo comma, 617 e 619 cod. proc. civ., ometta di fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o - nelle opposizioni ai sensi degli artt. 615 e 619 cod. proc. civ. - per la riassunzione davanti al giudice competente, la parte interessata può, ai sensi dell'art. 289 cod. proc. civ., entro il termine perentorio ivi previsto, chiederne al giudice la relativa fissazione, ovvero può introdurre o riassumere, di sua iniziativa, il giudizio di merito, sempre nel detto termine, restando comunque esclusa l'esperibilità del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 1360/2014

Ai fini della liquidazione delle spese nei giudizi di opposizione all'espropriazione forzata, il valore della causa va determinato in relazione al "peso" economico delle controversie e dunque: (a) per la fase precedente l'inizio dell'esecuzione, in base al valore del credito per cui si procede; (b) per la fase successiva, in base agli effetti economici dell'accoglimento o del rigetto dell'opposizione; (c) nel caso di opposizione all'intervento di un creditore, in base al solo credito vantato dall'interveniente; (d) nel caso in cui non sia possibile determinare gli effetti economici dell'accoglimento o del rigetto dell'opposizione, in base al valore del bene esecutato; (e) nel caso, infine, in cui l'opposizione riguardi un atto esecutivo che non riguardi direttamente il bene pignorato, ovvero il valore di quest'ultimo non sia determinabile, la causa va ritenuta di valore indeterminabile.

Cass. civ. n. 28811/2013

In materia di opposizione all'esecuzione, nel caso in cui il debitore opponente abbia notificato il ricorso in opposizione e il decreto di fissazione di udienza oltre che al creditore procedente, del quale contesta il diritto a procedere esecutivamente, anche agli altri creditori intervenuti nell'espropriazione immobiliare, non ricorre un'ipotesi di causa inscindibile che determini la necessità di integrazione del contraddittorio in fase di gravame, né sotto il profilo processuale, in quanto la chiamata in giudizio è avvenuta ad iniziativa di parte e non di ufficio, né sotto quello sostanziale, in quanto i creditori intervenuti agiscono sulla base dei rispettivi rapporti di credito separati e distinti. Ne consegue che l'impugnazione va dichiarata inammissibile nel caso in cui sia stata notificata al solo creditore intervenuto, rimasto contumace in grado di appello, e non sia stata validamente notificata al debitore opponente.

Cass. civ. n. 3550/2013

In tema di opposizioni in materia esecutiva ai sensi degli articoli 615, secondo comma, e 619 c.p.c., la previsione, - nell'art. 185 disp. att. c.p.c., novellato dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52 - dell'applicabilità del rito camerale si riferisce esclusivamente alla fase a cognizione sommaria davanti al giudice dell'esecuzione, e sottende che la cognizione non segue le regole della cognizione piena, che si applicano, invece, alla fase di merito, quando abbia luogo sia davanti allo stesso giudice dell'esecuzione, sia se si svolga davanti ad un diverso giudice competente nel merito. Ne consegue che deve escludersi che la trattazione della fase a cognizione piena su dette opposizioni sia soggetta al rito camerale, e che la composizione del giudice di merito dell'opposizione in sede decisoria possa essere quella collegiale ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 50 bis c.p.c..

Cass. civ. n. 22644/2012

In tema di opposizione all'esecuzione, mentre la fase sommaria prevista dall'art. 615 c.p.c., istituzionalmente destinata alla delibazione dell'istanza di sospensione dell'esecuzione, è indefettibilmente riservata al giudice dell'esecuzione, non sussiste analoga riserva per la fase di merito della detta opposizione, sicchè né tale fase, né la sentenza che la conclude sono viziate, ove la prima sia stata tenuta e la seconda sia stata pronunciata da un giudice diverso da quello investito delle funzioni tabellari di giudice dell'esecuzione, in servizio presso lo stesso ufficio.

Cass. civ. n. 3977/2012

In sede di opposizione all'esecuzione con cui si contesta il diritto di procedere all'esecuzione forzata perché il credito di chi la minaccia o la inizia non è assistito da titolo esecutivo, l'accertamento dell'idoneità del titolo a legittimare l'azione esecutiva si pone come preliminare dal punto di vista logico per la decisione sui motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione. Pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere per effetto del preliminare rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo esecutivo nelle more del giudizio di opposizione, per qualunque motivo sia stata proposta, l'opposizione deve ritenersi fondata, e in tale situazione il giudice dell'opposizione non può, in violazione del principio di soccombenza, condannare l'opponente al pagamento delle spese processuali, sulla base della disamina dei motivi proposti, risultando detti motivi assorbiti dal rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo con conseguente illegittimità "ex tunc" dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 22503/2011

È inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso il provvedimento che chiuda la fase sommaria di un'opposizione esecutiva proposta ai sensi dell'art. 615, secondo comma, 617 o 619 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, anche quando il giudice dell'esecuzione ometta di fissare, nel provvedimento in questione, il termine per l'introduzione del giudizio a cognizione piena e provveda sulle spese, atteso che il provvedimento, di accoglimento o di rigetto, con il quale si chiude la fase sommaria, è privo di definitività ma deve contenere necessariamente la statuizione relativa alle spese, eventualmente riesaminabile nel giudizio di merito, mentre la mancanza del provvedimento ordinatorio relativo all'introduzione della successiva fase (eventuale) del procedimento può essere sanata mediante richiesta d'integrazione formulata ai sensi dell'art. 289 c.p.c., o mediante autonoma iniziativa di parte rivolta all'introduzione del giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ai sensi dell'art. 307 c.p.c., con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese.

Cass. civ. n. 22033/2011

Nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma secondo, 617 e 619 c.p.c., emergente dalla riforma di cui alla legge 24 febbraio 2006, n. 52, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé - sia che rigetti, sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito.

Qualora il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento positivo o negativo della tutela sommaria, emesso nelle opposizioni di cui agli artt. 615, comma secondo, 617 e 619 c.p.c., ometta di fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o - nelle opposizioni ai sensi degli artt. 615 e 619 c.p.c. - per la riassunzione davanti al giudice competente, la parte interessata - vi sia, o meno, provvedimento sulle spese - può chiederne al giudice la relativa fissazione, con istanza ai sensi dell'art. 289 c.p.c., nel termine perentorio previsto da detta norma, ovvero può introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, sempre nel detto termine, restando comunque esclusa l'esperibilità contro l'irrituale provvedimento del ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost.. La mancanza dell'istanza di integrazione, nel termine di cui all'art. 289 c.p.c., ovvero dell'iniziativa autonoma della parte di introduzione del giudizio di merito nello stesso termine, determina l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 307, comma terzo, c.p.c., con conseguente impossibilità di mettere in discussione il provvedimento sulle spese.

Cass. civ. n. 18114/2011

In tema di giudizio di opposizione all'esecuzione, una volta concluso il verbale di udienza nella contumacia dell'opposto e con il rinvio per conclusioni sull'istanza degli opponenti diligentemente presenti all'udienza, non è consentito riaprire il verbale stesso in assenza delle parti in precedenza ritualmente presenti ed ammettere, sempre in tale assenza, la produzione di documenti che si rivelino poi decisivi (quale, nella specie, la sentenza resa a conclusione del processo di merito nel cui corso si era formato il titolo esecutivo posto a fondamento dell'esecuzione opposta), atteso che tanto viola il diritto di difesa degli attori opponenti.

Cass. civ. n. 17860/2011

Qualora, nelle opposizioni in materia esecutiva ai sensi degli artt. 615, secondo comma, 617, secondo comma, e 619 c.p.c., all'udienza fissata per la fase sommaria del giudizio si verifichi la mancata comparizione delle parti, il giudice dell'esecuzione deve comunque fissare un termine perentorio per l'eventuale introduzione del giudizio di merito, nonché dichiarare estinto il procedimento subordinatamente alla scadenza di tale termine, il cui inutile decorso comporterà, pertanto, l'efficacia dell'estinzione. Nel caso di mancata fissazione del termine per l'introduzione del giudizio di merito, la parte interessata può chiedere all'uopo l'integrazione del provvedimento, ai sensi dell'art. 289 c.p.c., ovvero può senz'altro iniziare tale giudizio, nello stesso termine entro il quale il provvedimento sarebbe stato integrabile.

Cass. civ. n. 1402/2011

Alle sentenze che hanno deciso opposizioni all'esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006 il regime d'impugnazione applicabile è quello dell'appello; a quelle pubblicate successivamente si applica la nuova regola della non impugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell'art. 616 c.p.c., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell'esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.; per le ipotesi, invece, in cui il giudizio di primo grado sia pendente alla data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, deve trovare applicazione, ai sensi dell'art. 49 di tale legge, la nuova disposizione dell'art. 616 c.p.c. che ha eliminato la previsione della non impugnabilità, con conseguente appellabilità delle pronunce di primo grado.

Cass. civ. n. 2261/2010

Il regime dell'impugnazione della sentenza in materia di opposizioni esecutive dipende da come il giudice abbia qualificato la domanda nel deciderla. (Nella specie la S.C., in base alla circostanza che il giudice di merito aveva esaminato l'opposizione nel merito, ne ha dedotto che essa era stata valutata, ai fini decisori, come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., perché, se fosse stata ritenuta tale, il giudice avrebbe dovuta dichiararla inammissibile per l'evidente violazione del relativo termine di proponibilità).

Cass. civ. n. 477/2009

Il ricorso col quale un'amministrazione comunale impugni il pignoramento degli importi depositati presso il gestore del servizio di tesoreria comunale, sul presupposto che il pignoramento ha colpito anche somme impignorabili ai sensi del testo unico sull'esecuzione forzata in danno di enti locali (art. 159 del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267), non introduce un giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, ma può costituire un'opposizione all'esecuzione, "ex" art. 615, comma secondo, cod. proc. civ., ovvero un'opposizione agli atti esecutivi. Ne consegue che la sentenza con la quale viene definito il relativo giudizio non è appellabile, ma soltanto ricorribile per cassazione.

Cass. civ. n. 25142/2006

Il termine fissato dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 616 c.p.c., con il provvedimento che dispone la rimessione al giudice ritenuto competente, non può essere inferiore a un mese, secondo il disposto dell'art. 307, terzo comma, c.p.c., applicabile in tutti i casi in cui non sia stabilita la durata dei termini per la riassunzione. Ove detto provvedimento – il quale, anche se contenuto in una sentenza, attiene all'ordine del processo e non ha natura di pronunzia impugnabile –, erroneamente preveda una durata di trenta giorni, la parte non è vincolata alla sua osservanza, dovendosi applicare la regola suppletiva desunta dall'art. 50 del codice di rito, secondo la quale, in mancanza di una disposizione giudiziale il termine è quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito.

Cass. civ. n. 15376/2006

Quando le contestazioni della parte si configurino, nello stesso procedimento, tanto come opposizione all'esecuzione quanto come opposizione agli atti esecutivi, si deve ritenere che la sentenza, formalmente unica, contenga due decisioni distinte, soggette, rispettivamente, ad appello e a ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, e che la qualificazione dell'azione operata dal giudice a quo non preclude neppure alla Cassazione la possibilità di dare alla opposizione un più appropriato nomen iuris anche ai fini dell'ammissibilità del ricorso.

Cass. civ. n. 13655/2006

Quando le contestazioni della parte si configurino, nello stesso procedimento, come opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, si deve ritenere che la sentenza, formalmente unica, contenga due decisioni distinte, soggette rispettivamente ad appello ed a ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. Né la disposizione di cui all'art. 618 c.p.c., anche dopo la novella entrata in vigore il 1 marzo 2006, è suscettibile di interpretazione diversa da quella letterale. (Nella specie, opponendosi al precetto nel corso di un'esecuzione per rilascio, il conduttore aveva proposto querela di falso. Contro l'omessa pronuncia del giudice dell'esecuzione in ordine alla querela di falso aveva proposto opposizione agli atti esecutivi, impugnando in appello la sentenza di rigetto. La S.C., rilevato che non era stata contestata la qualificazione dell'opposizione agli atti esecutivi, in applicazione del principio di cui sopra ha confermato la sentenza della corte d'appello che aveva dichiarato inammissibile quell'impugnazione).

Cass. civ. n. 17133/2003

All'interno di un giudizio di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, la qualificazione dell'azione operata dal giudice, che sulla base di essa si spogli della causa dichiarandosi incompetente in favore di altro giudice di pari grado, non vincola in alcun modo il giudice designato come competente.

Cass. civ. n. 7128/1998

Il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 616 c.p.c. – sia esso di prosecuzione innanzi a sé del procedimento di opposizione all'esecuzione, a norma degli artt. 175 ss. c.p.c., sia esso di rimessione al giudice ritenuto competente – costituisce atto ordinatorio di direzione del processo esecutivo e non cognitivo, in ordine alla individuazione del giudice competente a conoscere della causa, non avente contenuto decisorio implicito sulla competenza, vi sia stato o meno contrasto tra le parti in ordine al giudice competente, con la conseguenza che avverso lo stesso non è proponibile il ricorso per regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 5580/1997

Nel caso in cui il giudice dell'esecuzione non abbia dato alcuna, precisa qualificazione giuridica alla proposta opposizione, definendola, genericamente, «opposizione a precetto», (che, in realtà, può contenere tanto la generale contestazione del diritto della parte istante ad agire in executivis, quanto quella, specifica, della regolarità formale dei singoli atti del procedimento), ovvero non qualificandola in modo alcuno, la esatta determinazione della natura giuridica dell'opposizione così proposta spetta, di ufficio, al giudice della impugnazione, ai fini del merito non meno che a quelli della ammissibilità dell'impugnazione medesima (e, pertanto, anche alla Corte di cassazione, se adita con apposito ricorso).

Cass. civ. n. 1099/1995

In tema di opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi, la qualificazione attribuita alla domanda dell'opponente da parte giudice a quo è determinante ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile, senza però precludere al giudice ad quem (nella specie, la Corte di cassazione) di verificare l'inesattezza dell'anzidetta qualificazione, da cui è conseguita la declaratoria della sua inammissibilità per inosservanza del termine perentorio fissato dall'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 835/1993

Il giudice della esecuzione che, rilevata la sua incompetenza per materia e valore sulla opposizione alla esecuzione, rimette le parti dinnanzi al giudice competente, ai sensi dell'art. 616 c.p.c., non chiude il giudizio di opposizione, che continua dinnanzi ad altro giudice, e pertanto non è tenuto a liquidare le spese della relativa fase svoltasi dinnanzi a sé.

Cass. civ. n. 3337/1980

Quando l'opposizione all'esecuzione, proposta innanzi al pretore, sia relativa ad un credito di lavoro, non trova applicazione la regola della remissione della causa al giudice competente per valore, contenuta nell'art. 616 c.p.c., giacché, ai sensi del primo comma dell'art. 618 bis c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 3 della L. 11 agosto 1973, n. 533), tale controversia rientra nella competenza pretorile per ragioni di materia.

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