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Articolo 1004 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Spese a carico dell'usufruttuario

Dispositivo dell'art. 1004 Codice Civile

Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia(1), amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell'usufruttuario.

Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione [1015](2).

Note

(1) Si tratta di prevenire ogni evento calamitoso ed altri possibili danni; di evitare ogni attività delittuosa; di far presente al proprietario la necessità di riparazioni straordinarie; di non tralasciare l'esercizio di servitù costituite a favore del fondo evitando la loro prescrizione per non-uso.
(2) Si effettuano riparazioni straordinarie ogni volta che siano necessari adempimenti circa l'uso o il godimento della cosa da parte dell'usufruttuario.
L'effettuazione delle riparazioni ordinarie sarebbe compreso tra le modalità di esercizio del diritto di usufrutto e non tra le obbligazioni specificamente spettanti all'usufruttuario.

Brocardi

Fructuarius custodiam praestare debet

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

482 Circa la ripartizione delle spese e degli oneri tra proprietario e usufruttuario, si è riveduta e completata negli artt. 1004-1009 la disciplina del codice del 1865 (artt. 501-508). Sono a carico dell'usufruttuario tutte le spese relative alla custodia, all'amministrazione e alla manutenzione ordinaria della cosa: così pure devono essere sostenute dall'usufruttuario le riparazioni straordinarie, rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1004 del c.c.). Le riparazioni straordinarie, invece, sono a carico del proprietario. L'enumerazione che di queste fa il secondo comma dell'art. 1005 del c.c. è conforme a quella contenuta nell'art. 504 del codice del 1865. L'usufruttuario, peraltro, poiché ne trae profitto, deve corrispondere al proprietario per la durata dell'usufrutto l'interesse delle somme per esse erogate (art. 1005, terzo comma). Se il proprietario non esegue le riparazioni, può eseguirle l'usufruttuario, e in tal caso ha diritto al rimborso delle spese senza interesse alla fine dell'usufrutto (art. 1006 del c.c.). Le stesse disposizioni valgono nel caso di rovina parziale, per vetustà o caso fortuito, di un edificio che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto (art. 1007 del c.c.. Per ciò che concerne i carichi annuali, i quali sono addossati all'usufruttuario, l'art. 1008 del c.c., primo comma, risolve affermativamente la questione, sorta a proposito dell'art. 506 del codice del 1865, se l'usufruttuario debba corrispondere anche le rendite fondiarie. Il secondo comma dell'articolo ripartisce poi, per l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto, tali carichi tra proprietario e usufruttuario in proporzione della durata del rispettivo diritto. Gravano sul proprietario, salvo diverse disposizioni di legge, i carichi imposti sulla proprietà, inerenti cioè al capitale e non al reddito, ma l'usufruttuario deve corrispondergli l'interesse e, se ne anticipa il pagamento, ha diritto al rimborso del capitale, senza interesse, alla fine dell'usufrutto (art. 1009 del c.c. corrispondente all'art. 507 del codice del 1865). Non ho riprodotto, perché mi sembrava superfluo, la disposizione dell'art. 508 del codice anteriore, con la quale si riconosceva all'usufruttuario di una o più cose particolari il diritto di regresso verso il proprietario per il pagamento dei debiti di questo per cui il bene fosse ipotecato, nonché per le rendite semplici (o censi), le quali sostanzialmente non divergono di un comune debito ipotecario (articoli 1782 del codice precedente e art. 1861 del c.c.). La disciplina delle passività gravanti su un'eredità in usufrutto (art. 1010 del c.c.) è conforme a quella dettata dall'art. 509 del codice del 1865, che, però, più genericamente parlava di usufrutto di un patrimonio: e la modifica rende chiaro che l'usufrutto di un patrimonio non può essere costituito che come usufrutto dei singoli beni di cui il patrimonio è composto, con l'osservanza delle forme prescritte secondo la natura di ciascuno di questi. Al menzionato art. 509 del codice precedente si è aggiunta una disposizione (art. 1010, ultimo comma), che prevede la necessità della vendita dei beni per il pagamento dei debiti. La vendita è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario, salvo ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. Si è stabilito, infine, che l'espropriazione forzata debba seguire contro entrambi.

Massime relative all'art. 1004 Codice Civile

Cass. civ. n. 22797/2019

Ai fini della distinzione tra gli interventi a carico dell'usufruttario e quelli a carico del nudo proprietario, non rileva la maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì il carattere ordinario o straordinario dell'opera, poiché, in considerazione della natura dei rispettivi diritti, l'usufruttuario ha l'onere di provvedere a quanto attiene alla conservazione ed al godimento della cosa, mentre sono riservate al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della stessa, potendosi a tal fine ritenere straordinaria - stante la non tassatività dell'elencazione contenuta all'art. 1005 c.c. - quell'opera che importa la sostituzione o il ripristino di un elemento essenziale della struttura della cosa, finalizzati non già alla mera conservazione del bene, che resta a carico dell'usufruttuario, ma alla prevenzione o eliminazione di cedimenti e deterioramenti legati alla vetustà. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 03/11/2015).

Cass. civ. n. 14803/2017

Il nudo proprietario che chieda la decadenza dell'usufruttuario dal suo diritto in conseguenza dell'abuso fattone, ex art. 1015 c.c., consistente nella mancanza di ordinarie riparazioni che lasci andare in perimento i beni che ne formano oggetto, deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tale condizione al momento della proposizione della domanda, mentre grava sull'usufruttuario, che affermi che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto, l'onere di provare tale circostanza, trattandosi un'eccezione diretta a paralizzare la pretesa fatta valere in giudizio.

Cass. civ. n. 9920/2017

In tema di pagamento degli oneri condominiali, ove un appartamento sia oggetto di diritto reale di abitazione, gravano sul titolare di quest'ultimo le spese di amministrazione e di manutenzione ordinaria, mentre cedono a carico del nudo proprietario quelle per le riparazioni straordinarie, trovando applicazione, giusta l’art. 1026 c.c., le disposizioni dettate dagli artt. 1004 e 1005 c.c. in tema di usufrutto. (Fattispecie anteriore alla novella introdotta con la l. n. 220 del 2012).

Cass. civ. n. 22703/2015

Ai fini della distinzione tra gli interventi a carico dell'usufruttuario e quelli a carico del nudo proprietario, non rileva la maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì il carattere ordinario o straordinario dell'opera, poiché, in considerazione della natura dei rispettivi diritti, l'usufruttuario ha l'onere di provvedere a quanto attiene alla conservazione ed al godimento della cosa, mentre sono riservate al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della stessa.

Cass. civ. n. 16774/2013

Qualora una unità immobiliare facente parte di un condominio sia oggetto di diritto di usufrutto, all'assemblea che intenda deliberare l'approvazione del preventivo di spesa per il rifacimento della facciata condominiale deve essere convocato il nudo proprietario, trattandosi di opere di manutenzione straordinaria.

Cass. civ. n. 2236/2012

Qualora un appartamento sito in condominio sia oggetto di usufrutto, l'usufruttuario è tenuto al pagamento delle spese di amministrazione e di manutenzione ordinaria del condominio, mentre il nudo proprietario non vi è tenuto, neppure in via sussidiaria o solidale. Peraltro, ove il nudo proprietario agisca nei confronti dell'usufruttuario per il rimborso di spese attinenti ai servizi comuni da lui sostenute, nel relativo giudizio è consentito all'usufruttuario contestare il debito sul rilievo del mancato godimento di tali servizi.

Cass. civ. n. 4426/2009

L'usufruttuario ha l'obbligo di provvedere alle spese ed in genere agli oneri relativi alla manutenzione ordinaria dell'immobile, ma non anche a quelli relativi ad interventi di restauro, né è tenuto a comunicare al proprietario la necessità di tali interventi. Non è, pertanto, configurabile alcuna sua responsabilità per la mancata comunicazione della predetta necessità, né per aver omesso di provvedere direttamente alle riparazioni non eseguite dal proprietario, essendo prevista al riguardo dall'art. 1006 cod. civ soltanto una facoltà.

Cass. civ. n. 21774/2008

In tema di ripartizione degli oneri condominiali tra nudo proprietario ed usufruttuario, in applicazione degli artt. 1004 e 1005 cod. civ., il nudo proprietario non è tenuto, neanche in via sussidiaria o solidale al pagamento delle spese condominiale, né può essere stabilita dall'assemblea una diversa modalità di imputazione degli oneri stessi in deroga alla legge.

Cass. civ. n. 23291/2006

Quando la porzione di immobile facente parte di un condominio è oggetto del diritto di usufrutto, l'atto dal quale tale situazione deriva, se debitamente trascritto, è opponibile erga omnes e quindi anche al condominio, il quale è tenuto ad osservare le norme dettate dagli artt.1004 e 1005 c.c. in ordine alla ripartizione delle spese fra nudo proprietario e usufruttuario, tenuto conto che — in relazione al pagamento degli oneri condominiali che costituiscono un'obbligazione propter rem quindi tipica — la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa; pertanto, poiché anche le spese dovute dall'usufruttuario si configurano come obbligazioni propter rem non è consentito all'assemblea interferire sulla imputazione e sulla ripartizione dei contributi stabiliti dalla legge in ragione della loro natura, non rientrando nei suoi poteri introdurre deroghe che verrebbero a incidere su diritti individuali. Ne consegue che l'assemblea, in sede di approvazione del bilancio, deve ripartire le spese secondo la loro funzione e il loro fondamento, spettando all'amministratore, in sede di esecuzione, ascrivere i contributi, secondo la loro natura, ai diversi i soggetti obbligati anche nel caso in cui l'assemblea non abbia provveduto ad individuarli.

Cass. civ. n. 7886/1998

Le opere di manutenzione e ripristino dei fossati non sono comprese tra quelle di riparazione straordinaria elencate nell'art. 1004 del codice civile (per tale norma sono riparazioni straordinarie quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento per intero o una parte notevole dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta).

Cass. civ. n. 2986/1975

Le norme di cui agli artt. 1004 e 1008 c.c., che stabiliscono i criteri di ripartizione dei carichi di godimento e delle spese di custodia fra nudo proprietario ed usufruttuario, operano nei rapporti interni e, di regola, non sono opponibili al terzo creditore, salvo che diversamente risulti dal titolo del suo credito.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1004 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
giovedì 07/11/2024
“Buongiorno, 18 anni fa mi è stata donata la nuda proprietà dai miei genitori della casa dove abitavano e loro si sono tenuti diritto di abitazione.
Nell'atto era stata messa una clausola che in caso di separazione tra i due , dovevano fare la divisione dell'immobile e variazione catastale . Si sono separati successivamente e questa variazione non è stata possibile per mancanza di metrature e agibilità , ma di fatto la casa è stata divisa in due unità. Mia mamma non riusciva a stare là per problemi che creava mio padre e quindi è andata ad abitare in un'altra casa. Mio padre nel frattempo si è risposato con una signora brasiliana e da lì sono nati i problemi. Vuole che io gli firmi una carta dove, dopo la sua morte l'attuale moglie continui ad abitare lì e sta minacciando azione legale nei miei confronti perchè dice che c'è da rifare il tetto perchè ha muffa in casa . Io sono in una situazione economica disagiata e non posso permettermi di fare lavori nemmeno a casa mia. Lui può obbligarmi a fare i lavori? ( in questi anni però non ho mai saputo che abbia ritinteggiato o fatto lavori di ordinaria manutenzione al tetto o simili)
Consulenza legale i 13/11/2024
La questione principale che il quesito posto richiede di affrontare è quella relativa alla legittimità della pretesa del padre, usufruttuario dell’immobile, che la figlia, nuda proprietaria, provveda ad eseguire, a proprie spese, lavori di manutenzione straordinaria dello stesso immobile, ed in particolare il rifacimento del tetto.
Norma di riferimento a tale riguardo è l’art. 1004 c.c., il quale individua quelle che sono le spese che vanno poste a carico dell’usufruttuario.
In particolare, il titolare del diritto di usufrutto è obbligato ad adempiere tutti gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione della cosa oggetto di tale diritto, fatto salvo il caso di eventuali limitazioni convenzionali contenuti nello stesso atto costitutivo di usufrutto.

La manutenzione consiste nell’adozione delle misure e nel compimento di tutte le opere volte alla conservazione della cosa nella sua sostanza materiale e si articola in una serie di obblighi specifici, diversi a seconda della natura dei beni.
L’art. 1004 c.c. pone a carico dell’usufruttuario la sola manutenzione ordinaria, oltre a quelle riparazioni straordinarie che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione o che siano state determinate dalla sua condotta colposa.

Pertanto, facendo applicazione dei suddetti principi al caso in esame, può dirsi che la figlia, nuda proprietaria, potrà esimersi dal sostenere le spese necessarie per la riparazione del tetto soltanto se trattasi di danni conseguenza di una mancata manutenzione da parte dell’usufruttuario (un esempio può essere il caso delle infiltrazione dovute all’intasamento degli scarichi e, dunque, al mancato deflusso dell’acqua piovana).
Le suddette spese, inoltre, dovranno farsi gravare sull’usufruttuario nel caso in cui si accerti che la presenza di muffa in casa non derivi da danni strutturali al tetto, ma da un eccesso di condensa, dovuto ad una insufficiente areazione dei locali.

In assenza di tali condizioni, invece, trattandosi di manutenzione straordinaria, le relative spese dovranno necessariamente essere sostenute dalla figlia nella sua qualità di nuda proprietaria.

Per quanto concerne la pretesa di voler imporre alla figlia l’obbligo di riconoscere in favore dell’attuale coniuge dell’usufruttuario il diritto di continuare ad abitare l’immobile anche dopo la morte dello stesso usufruttuario, trattasi di pretesa del tutto priva di alcun fondamento giuridico.
Si tenga presente, infatti, che il diritto di abitazione può nascere soltanto da contratto ovvero ex lege, nel particolare caso disciplinato dall’art. 540 del c.c..
Se costituito per contratto occorre, come sembra evidente, il consenso di due parti, consenso che in questo caso mancherebbe, non avendo la figlia alcuna intenzione di prestarlo né potendo esservi costretta.

Nel caso di costituzione ex lege, l’art. 540 c.c. richiede la sussistenza di un presupposto essenziale, ovvero che l’immobile che verrà ad essere gravato da tale diritto sia di proprietà del defunto o in comune con il coniuge superstite.
Tale presupposto, però, manca nel caso in esame, tenuto conto che il padre è soltanto usufruttuario e che, al momento della sua morte, quel diritto di usufrutto si estinguerà per ricongiungersi automaticamente alla nuda proprietà della figlia.

In conclusione, la pretesa del padre di riconoscere al coniuge superstite il diritto di continuare ad abitare nella casa di cui è usufruttuario è del tutto infondata, mentre quella relativa ai lavori da eseguire sul tetto, con spese a carico della nuda proprietaria, necessita di essere verificata sotto il profilo prettamente tecnico, onde accertare se trattasi effettivamente di manutenzione straordinaria (purchè non conseguenza di una mancata manutenzione ordinaria) ovvero di semplice manutenzione ordinaria.


A. M. L. chiede
martedì 02/01/2024
“Gentile redazione,
mio fratello, nudo proprietario di un immobile il cui usufrutto è diviso al 50% fra me e lui, utilizza da anni al 100% alcune unità immobiliari.
Posso chiedergli il fitto per il mio 50% di usufrutto? Posso esigere i fitti per gli anni precedenti? C'è un termine di tempo entro cui chiederli, o c'è il rischio di prescrizione?
Come devono essere ripartite le spese di manutenzione ordinarie e straordinarie?
Vi ringrazio anticipatamente augurandovi un buon 2024.”
Consulenza legale i 08/01/2024
La risposta alle prime domande che vengono poste, purtroppo, è negativa.
In casi come questo la norma di cui deve farsi applicazione è l’art. 1102 del c.c., in relazione alla quale la giurisprudenza, compresa quella di legittimità, si è pronunciata in diverse occasioni.
Due sono gli orientamenti che si sono venuti a delineare:
  1. secondo una tesi meno recente, i comproprietari esclusi dal godimento dell’immobile hanno diritto di ottenere un’indennità di occupazione per mancata utilizzazione del bene (così Cass. n. 20934/2013).
Tale tesi, che darebbe ragione a chi pone il quesito, trova il suo fondamento nella considerazione secondo cui l’immobile è un bene in grado di produrre frutti civili e, pertanto, al vantaggio patrimoniale che ne riceve l’occupante in via esclusiva del bene se ne fa conseguire, in modo diretto, la potenziale perdita patrimoniale subita dagli altri comproprietari esclusi dal possesso di quel medesimo bene.

  1. secondo una diversa e più recente tesi, invece, dall’utilizzazione esclusiva del bene comune da parte di uno dei comproprietari non se ne può far discendere immediatamente un pregiudizio in danno degli altri.
Si afferma, infatti, che perché possa configurarsi detto pregiudizio è necessario un ulteriore requisito, ovvero che i comproprietari esclusi abbiano manifestato il loro dissenso.
Logica conseguenza di tale tesi è che l’indennità di occupazione va corrisposta soltanto nel caso in cui i contitolari esclusi dal possesso richiedano espressamente e formalmente l’uso della cosa e detta richiesta venga negata da colui che, direttamente o indirettamente, gode del bene (così Cass. n. 2423/2015).

Quest’ultima è la tesi a cui attualmente aderisce la prevalente giurisprudenza di legittimità, la quale specifica ulteriormente che:
  1. se l’immobile in comproprietà viene utilizzato per ricavarne frutti civili (è il caso della locazione), tutti coloro che ne risultano comproprietari avranno il diritto di partecipare alla ripartizione di tali frutti in proporzione alla propria quota.
In questo caso, dunque, si potrà pretendere da colui che li ha riscossi per intero la restituzione di quanto a ciascun comproprietario spettante ed è in un’ipotesi del genere che si dovrebbe eventualmente fare i conti con le norme dettate in tema di prescrizione dei diritti.
In particolare, il diritto alla restituzione di quelle somme presuppone l’esercizio di un’azione di ripetizione di indebito, la quale soggiace al termine di prescrizione decennale, anche qualora si discuta della ripetizione di somme versate a cadenza mensile e per le quali, invece, dovrebbe valere il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2948 del c.c. (così Cass. 05.11.2019 n. 28436, Cass. 15.02.2018 n.3706).

  1. se, invece, come accade nel caso di specie, l’immobile viene utilizzato in via esclusiva da uno solo dei comproprietari, il semplice godimento esclusivo non potrà considerarsi produttivo di pregiudizio in danno degli altri comproprietari, a meno che gli stessi a loro volta non dimostrino di aver provato a godere del bene e di non averlo potuto fare in quanto impediti dall’altro coerede.
La tesi suesposta risulta perfettamente aderente a quella che è la ratio dell’art. 1102 c.c., rubricato appunto “Uso della cosa comune”, nella parte in cui dispone che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè…non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto…

Sotto un profilo meramente pratico, quanto fin qui detto comporta che finchè il comproprietario che attualmente non gode dell’immobile non farà formalmente constare il suo dissenso all’uso esclusivo che ne viene fatto dall’altro, colui che lo occupa non sarà in alcun modo tenuto ad indennizzare l’altro per il mancato godimento dello stesso.
Sarà solo dal momento della manifestazione di dissenso a detto uso esclusivo che il godimento del bene da parte di uno solo degli usufruttuari diventa privo di alcun titolo giustificativo e, come tale, fonte di danno per l’altro comproprietario sotto l’aspetto del lucro cessante, per mancata percezione dei frutti civili ritraibili dall’immobile, i quali, per costante giurisprudenza, vanno commisurati al valore figurativo di un ipotetico canone locativo di mercato (così Cass. n. 5504/2012 e Cass. n. 17876/2019).

Si ritiene possa essere utile aggiungere che, nel caso in cui chi occupa in maniera esclusiva l’immobile dovesse pure rifiutarsi, dopo formale richiesta, di rilasciarlo, il co-usufruttuario escluso, oltre alla suddetta tutela risarcitoria, sarebbe anche legittimato ad esperire le azioni volte al recupero del possesso del bene.

Nella seconda parte del quesito vengono chiesti chiarimenti in ordine ai criteri da seguire nella ripartizione delle spese tra nudo proprietario ed usufruttuario.
Anche di tale aspetto il codice civile si occupa in maniera espressa e lo fa agli artt. 1004 e 1005 c.c.
In estrema sintesi, ciò che dalla lettura di tali norme si ricava è che tutte le spese ordinarie gravano sull’usufruttuario (in quanto è colui che gode ogni giorno del bene ed è tenuto ad averne cura), mentre le spese straordinarie incombono in capo al nudo proprietario.
Se però si generano spese straordinarie legate alla mancata manutenzione da parte dell’usufruttuario, tenuto a conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia, il nudo proprietario potrà rivalersi su quest’ultimo.
Nel caso di specie, poiché è soltanto uno degli usufruttuari che fino a questo momento ha goduto del bene, se di ciò si sarà in grado di fornire prova, sarà questi tenuto a rispondere in via esclusiva delle eventuali spese straordinarie causate dalla mancata o inadeguata manutenzione dell’immobile.

In caso di disputa sulla natura della necessità di intervenire con lavori di manutenzione straordinaria, ovvero se per normale deterioramento o per incuria/negligenza, la decisione su chi debba pagare spetta al giudice di merito.

Sotto il profilo fiscale il riferimento va fatto alle due imposte principali che riguardano un immobile, ovvero IMU e TARI. In particolare:
  1. il pagamento dell’IMU su un’abitazione concessa in usufrutto spetta alla persona che realmente gode dell’abitazione, ovvero l’usufruttuario. Tale norma è valida anche qualora il titolare dell’usufrutto utilizzi o meno fisicamente l’abitazione a lui concessa;
  2. per quanto riguarda la TARI, anch’essa è dovuta dall’usufruttuario dell’immobile. Nel caso in cui vi siano più usufruttuari, il comune potrà rivolgersi ad uno soltanto di loro, chiedendo il pagamento il solido dell’intero importo. Spetterà a lui, poi, pretendere il pagamento dagli altri, per la quota a loro spettante.


C. R. chiede
martedì 14/11/2023
“Buongiorno.
Sono usufruttuario di un appartamento presso uno stabile che presenta riscaldamento con caldaia centralizzata.
Siamo in procinto di effettuare la sostituzione integrale della caldaia per vetustà della centrale termica.
Tale sostituzione è da considerarsi manutenzione ordinaria o straordinaria e gli oneri di tale intervento devono essere a carico dell'usufruttuario o del nudo proprietario?
Qualora fosse a carico del nudo proprietario, leggevo che l'usufruttuario deve corrispondere al nudo proprietario per la durata dell'usufrutto gli interessi per le somme spese per le manutenzioni straordinarie.
A quanto ammonterebbero tali interessi, come verrebbero calcolati?
Grazie”
Consulenza legale i 17/11/2023
A parere di chi scrive tale tipo di manutenzione deve considerarsi assolutamente di natura straordinaria e pertanto deve essere accollata al nudo proprietario.
Tale affermazione trova conforto negli artt. 1104 e 1105 del c.c. In sostanza la normativa citata pone a carico dell’usufruttuario le spese inerenti la manutenzione ordinaria del bene oggetto di usufrutto e a carico del nudo proprietario le spese attinenti alla manutenzione straordinaria del cespite, specificando che rientrano nella manutenzione straordinaria quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta.

Gli interventi appena indicati sono elencati al 2° co. dell’art. 1105 del c.c.: come ha ben chiarito a giurisprudenza, tale elenco non ha un carattere tassativo, ben potendo essere attribuite al nudo proprietario altre tipologie di interventi straordinari non espressamente indicati in tale norma. Per stabilire infatti se una riparazione non suscettibile di essere ricompresa nell’elenco di cui all’art. 1105 del c.c. debba essere considerata straordinaria oppure ordinaria occorre considerare le caratteristiche dell’intervento e dei suoi costi: la riparazione è straordinaria tutte le volte in cui si tratti di sostituzione o ripristino di parti essenziali della cosa e, in generale, di opere che incidono sulla sua struttura, sostanza e destinazione.

Come ben prevede l’ultimo comma dell’art. 1105 del c.c., l’usufruttuario, se non dispensato dal nudo proprietario, dovrà corrispondere a quest’ultimo gli interessi sulla somma spesa per la manutenzione straordinaria, in questo caso per la sostituzione della caldaia.
Su questa parte della norma in commento il contenzioso è piuttosto scarno e non si sono reperite pronunce di rilievo: ad ogni modo al fine della determinazione della somma e della sua corresponsione si dovrà applicare all’ammontare della spesa corrisposta dal nudo proprietario il saggio di interesse legale ultimo vigente ai sensi dell'art. 1284 del c.c., il quale al momento in cui si sta scrivendo è pari al 5% in ragione annua: la somma così risultante dovrà essere poi corrisposta dall’usufruttuario alla scadenza di ciascun anno solare.

Si presti attenzione.
Dando per scontato che il cespite oggetto di usufrutto sia un appartamento in condominio, la somma capitale su cui dovrà essere applicato il saggio di interesse non è ovviamente l’ammontare complessivamente speso dall'intera compagine condominiale per installare la nuova caldaia centralizzata, ma quella parte di spesa direttamente attribuita al nudo proprietario sulla base dei millesimi di proprietà nel bilancio consuntivo condominiale.


Anonimo chiede
giovedì 09/11/2023
“Salve, sono nuda proprietaria di un appartamento di cui è usufruttuaria l'ex-moglie di mio padre (deceduto) la quale è in carico ai servizi sociali e con AdS. L’immobile avrebbe bisogno di manutenzioni: una camera da letto con pareti ammuffite; persiane e infissi da restaurare; giardino da manutenere; garage con finestra rotta quindi esposto alle intemperie; tetto del garage, già fatto riparare a spese mie, che perdeva calcinacci in una piccola porzione frontale; essendo la casa vecchia anche gli impianti sono a rischio rottura. Quali sono, tra tutte queste, le manutenzioni che spettano all'usufruttuario e quali a me nudo proprietario? Per quanto riguarda le manutenzioni che spettano al nudo proprietario ho letto sul vostro sito che la legge consente di non pagare immediatamente e di rimandare il conteggio al momento del rientro in possesso del bene, è corretto?
Vista la giovane età (65 anni) dell'usufruttuario è possibile pensare che se ci fosse la necessità di un intervento straordinario (per esempio cambio caldaia) questo sia imputabile all'usufruttuario che magari per altri 20 anni userà l'impianto riconsegnandolo comunque vetusto?
Infine, ci sono parti d'intonaco distaccate sul soffitto del balcone verandato (sopra l'appartamento c'è il tetto) questo potrebbe spettare al condominio?
In attesa di una vostra cortese risposta porgo i miei migliori saluti.”
Consulenza legale i 16/11/2023
Il quesito trova la sua risposta negli artt. 1004 e 1005 del c.c. In sostanza la normativa citata pone a carico dell’usufruttuario le spese inerenti la manutenzione ordinaria del bene oggetto di usufrutto e a carico del nudo proprietario le spese attinenti alla manutenzione straordinaria del cespite, specificando che rientrano nella manutenzione straordinaria quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta.

Gli interventi appena indicati sono elencati al 2° co. dell’art. 1105 del c.c.: come ha ben chiarito a giurisprudenza, tale elenco non ha un carattere tassativo, ben potendo essere attribuite al nudo proprietario altre tipologie di interventi straordinari non espressamente indicati in tale norma. Per stabilire infatti se una riparazione non suscettibile di essere ricompresa nell’elenco di cui all’art. 1105 del c.c. debba essere considerata straordinaria oppure ordinaria occorre considerare le caratteristiche dell’intervento e dei suoi costi: la riparazione è straordinaria tutte le volte in cui si tratti di sostituzione o ripristino di parti essenziali della cosa e, in generale, di opere che incidono sulla sua struttura, sostanza e destinazione.
Per tutti questi motivi, stante l’importanza degli interventi che richiede l’immobile si ritiene che la gran parte delle opere indicate nel quesito debbano essere sopportate dal nudo proprietario.

Anche la giurisprudenza purtroppo sotto questo aspetto è molto favorevole alle ragioni dell’usufruttuario: per esempio Cass.Civ., Sez.II, n.4426 del 24.02.2009 ha precisato come quest’ultimo sia tenuto solo a provvedere agli interventi di manutenzione ordinaria e non a quelli più profondi di restauro sul bene; l’usufruttuario secondo tale pronuncia non sarebbe neppure tenuto ad avvisare il nudo proprietario della necessità di eseguire i lavori.

A dire la verità l’art. 1004 del c.c., indica un modo per imputare tutti o parte dei lavori straordinari necessari all’usufruttuario: la norma in commento ci dice infatti che sono imputati all’usufruttario tutti quei lavori straordinari resi necessari dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione. Strettamente collegata a tale norma è inoltre il successivo art. 1015 del c.c., il quale prevede che il giudice possa disporre la cessazione dell’usufrutto qualora il suo titolare ne faccia abuso lasciando andare in perimento il bene per mancata esecuzione delle manutenzioni ordinarie.
Il percorso indicato dalla normativa citata non è però facile da percorrere in quanto sarebbe innanzitutto necessario dare incarico ad un perito affinché predisponga un elaborato ove si attesti come la situazione di manutenzione in cui versa l’immobile non sia dovuta al naturale scorrere del tempo, ma al contrario sia imputabile alla negligenza dell’usufruttuario il quale non ha eseguito puntualmente la manutenzione ordinaria da lui dovuta. Se si ottenesse una perizia di tale tenore, rivolgendosi poi ad un legale si potrebbe adire il giudice affinché accolli sull’usufruttuario l’esecuzione dei lavori straordinari normalmente attribuiti in capo al nudo proprietario, o addirittura si potrebbe arrivare a richiedere la cessazione dell’usufrutto ai sensi dell’art. 1015 del c.c..
Purtroppo in assenza di tutto ciò il nudo proprietario è tenuto a provvedere puntualmente alle riparazioni straordinarie a lui accollate dalla normativa che si è esaminata: il codice civile non offre infatti ulteriori scappatoie.

Domenico M. chiede
giovedì 15/11/2018 - Emilia-Romagna
“Sono usufruttuario di un appartamento del quale un Ente pubblico ha la nuda proprietà. Nel settembre 2017, sono venuti dei tecnici per sostituire le valvole dei termosifoni in base alle note disposizioni governative. All'inizio di questo mese mi è stata inviata la somma delle spese relative alla suddetta operazione. In definitiva vorrei sapere se il totale di queste spese sono obbligato a saldarle in tutto o in parte oppure debbano essere solo a carico dell'Ente che detiene la nuda proprietà, essendo spese straordinarie e imposte, tenuto conto degli articoli 1004 e 1005 del codice civile.

In attesa della Vs. risposta ringrazio e saluto cordialmente.
D. M.”
Consulenza legale i 17/11/2018
Per rispondere a quanto richiesto nel quesito, occorre valutare l’interpretazione giurisprudenziale di legittimità degli articoli 1004 e 1005 del codice civile in merito alla ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario.

Nella sentenza n.22703/2015 (che segue un orientamento costante nel tempo, a partire dalla sentenza n.10/1969) la Suprema Corte ha evidenziato che: “ciò che rileva, ai fini della distinzione tra gli interventi gravanti a carico dell'usufruttuario e del nudo proprietario, non è la maggiore o minore attualità del danno da riparare, ma la essenza e la natura dell'opera, e cioè il suo carattere di ordinarietà o straordinarietà, poiché solo tale caratterizzazione incide sul diritto di cui l'uno o l'altro dei due soggetti sono titolari: spettando all'usufruttuario l'uso e il godimento della cosa, salva rerum substantia, si deve a lui lasciare la responsabilità e l'onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva; si devono, invece, riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perché afferiscono alla nuda proprietà”.

Pertanto, si deve ritenere che siano a carico dell'usufruttuario le spese necessarie per la conservazione ed il godimento della cosa; mentre sono a carico del nudo proprietario tutte quegli interventi che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa.
In sintesi, ciò che rileva ai fini della distinzione fra gli interventi a carico dell’usufruttuario e del nudo proprietario è la natura dell’intervento da realizzare.

Ciò premesso, la sostituzione delle valvole termostatiche deriva da un preciso obbligo di legge: la direttiva 2012/27/ UE recepita nei decreti legislativi 141/2016 e 102/2016.
In quest’ultimo testo normativo, tra l’altro, si dispone espressamente all’art. 5 un miglioramento della prestazione energetica proprio negli edifici di proprietà della pubblica amministrazione, come è il caso in esame trattandosi di immobile di proprietà di un ente pubblico.

Dunque, appare pacifico che le spese per la sostituzione di dette valvole debbano essere a carico del nudo proprietario sia perché si tratta di un intervento straordinario relativo alla “sostanza e destinazione della cosa” sia perché ciò è previsto dalla legge (direttiva e decreti legislativi sopra citati).

Da ultimo, per inciso, precisiamo che come sottolineato dalla Corte di Cassazione (sentenza n.24752/2013) le disposizioni degli articoli 1004 e seguenti del codice civile concernenti gli obblighi a carico dell'usufruttuario, regolano i rapporti interni tra questo ed il nudo proprietario, e non sono opponibili al terzo creditore.

Gabriella P. chiede
martedì 23/12/2014 - Sicilia
“Buongiorno, ho un immobile in Sicilia, il quale sono proprietaria del 55% il restante 45% è di altri 3 fratelli ma sul 45% ho l'usufrutto e quindi le varie tasse e bollette sono a mio carico. Adesso per motivi di salute sono ospite da mi figlia e penso di non tornare più in quell'immobile e quindi per non pagare tares, luce, gas e acqua vorrei fare richiesta di disdetta dei vari servizi devo chiedere agli altri fratelli o posso disdire senza comunicazione a loro. Grazie Buone Feste”
Consulenza legale i 23/12/2014
Il diritto di usufrutto comporta per l'usufruttuario il diritto di godimento del bene, con l'unica limitazione di rispettarne la destinazione d'uso (art. 981 del c.c.).
Quindi, così come giustamente spettava all'usufruttuaria sostenere tutte le spese e le imposte relative all'immobile, in quanto ella ne era l'unico possessore e l'unica a goderne quale abitazione, allo stesso modo potrà decidere di non usare più la casa come dimora principale e per questo recedere da alcuni servizi che non utilizzerà più, senza dover rendere conto ai nudi proprietari.

L'usufruttuaria deve però prestare attenzione ad alcuni suoi doveri.
Innanzitutto, nel godimento della cosa, è prescritto che l'usufruttuario usi la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1001 del c.c.): ciò significa che ella è tenuta a fare tutto quanto sia necessario ed opportuno per assicurare la conservazione dell'integrità materiale della cosa e della sua capacità produttiva. In altre parole, l'abbandono della casa quale abitazione non deve sfociare in una trascuratezza tale da compromettere lo stato dell'immobile. Ad esempio, l'interruzione del servizio di riscaldamento, e la conseguente chiusura della casa, ormai inabitabile, potrebbe comportare il comparire di muffe, infiltrazioni, guasti di vario genere.

Di questi aspetti l'usufruttuaria deve tenere conto, visto che è lei a dover sostenere l'ordinaria manutenzione del bene, nonché quella straordinaria, laddove le riparazioni siano rese necessarie dall'inadempimento agli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1104 del c.c.).
L'estrema conseguenza di un comportamento negligente dell'usufruttuaria potrebbe essere addirittura la cessazione dell'usufrutto per abuso, ai sensi dell'art. 1015 del c.c., che si verifica quando i beni sono abbandonati a loro stessi e lasciati andare in perimento.

Valutate tutte queste circostanze, se si ritiene che la chiusura di alcune utenze domestiche non possa comportare il venir meno agli obblighi di manutenzione ordinaria (perché ad esempio una persona di fiducia può verificare costantemente lo stato dell'immobile o per altre ragioni), l'usufruttuaria potrà decidere di dare le disdette senza interpellare i nudi proprietari della quota del 45%.

L. B. chiede
sabato 17/06/2023
“Buongiorno,
Vi scriviamo perché, io e mio fratello, ci troviamo ad affrontare un problema venutosi a creare con la morte, avvenuta il 1° gennaio 2023, della compagna di nostro padre (deceduto nel 2007) che era usufruttuaria dell’appartamento dove vivevano e che, dalla suddetta data, è tornato a nostra completa disposizione.
Nel consuntivo delle spese condominiali dell’esercizio 2022 è compresa una spesa per un lavoro, eseguito nel 2022, quindi quando la signora era ancora in vita, riguardante la sostituzione di un tratto della dorsale dell’acqua fredda, con successivo ripristino della pavimentazione di parte del resede antistante il portone di ingresso che era stata rimossa per poter eseguire la riparazione; la spesa, nel bilancio preventivo 2023, è stata riportata a nostro carico come “saldo anno precedente” per un totale di circa €. 1.100,00.
Ritenendo che il pagamento fosse di competenza dell’usufruttuaria o dei suoi eredi, abbiamo ricordato all’amministratore (che avevamo già informato del decesso della signora) che l’intervento era stato fatto nel corso del 2022, quando la signora era appunto vivente, invitandolo a chiedere di saldare il debito ai familiari della defunta.
I parenti della usufruttuaria (fratello e nipoti), che da quando rimasta sola si sono sempre occupati di lei, anche della totale gestione amministrativa, hanno risposto in questi termini: “precisiamo ancora una volta e definitivamente che le spese relative all’immobile in usufrutto alla zia dovete richiederle agli attuali proprietari, che beneficiano della casa, poiché noi non abbiamo ricevuto alcuna eredità in tal senso”. Siamo rimasti un po’ “spiazzati” da questa presa di posizione e, prima di intraprendere ogni altra iniziativa, abbiamo chiesto all’amministratore una conferma sulla corretta attribuzione delle spese, cioè se fosse una manutenzione ordinaria o straordinaria.
L’amministratore ci ha risposto spiegando che il lavoro non sarebbe stato comunque a carico di un eventuale inquilino, ma della proprietà, quindi considerato manutenzione straordinaria; tuttavia, trovandoci davanti a un caso di usufrutto, ci ha consigliato di parlarne con un legale in quanto inquilino e usufruttuario sono figure diverse e non hanno le stesse competenze e gli stessi addebiti.
Pertanto ci rivolgiamo a Voi e Vi chiediamo:
a) una conferma che si tratti di manutenzione straordinaria e, se così fosse, poiché ci troviamo in presenza di un usufruttuario, se la spesa può essergli imputata;
b) in questo secondo caso, se con la morte dell’usufruttuario cessano diritti e doveri dello stesso e quindi, in sostanza, se avremmo o meno la possibilità di esigere il pagamento dai suoi familiari.
Restiamo in attesa di Vostre comunicazioni in merito e inviamo distinti saluti”
Consulenza legale i 20/06/2023
Si deve rispondere al quesito facendo applicazione degli artt.1004 e 1005 del c.c. Secondo tali articoli competono all’usufruttuario il pagamento dei lavori che attengono alla manutenzione ordinaria del bene in usufrutto; viceversa, il nudo proprietario deve sopportare il pagamento dei lavori straordinari sul bene.
Il comma 2° dell’art.1005 del c.c. indica in maniera non tassativa quali sono questi lavori straordinari, precisando che sono riparazioni straordinarie: "quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta".

In applicazione della normativa citata, una recente pronuncia della Corte di Cassazione n.11839 del 06.05.2021 ha precisato che non compete all’usufruttuario pagare le riparazioni sulle parti dell’edificio che vanno mantenute funzionali con interventi conservativi o rinnovativi. Esse competono esclusivamente al nudo proprietario.
Per tale motivo, le spese di rifacimento e rinnovazione di una parte comune dell’impianto idrico del palazzo devono essere poste a carico degli attuali proprietari (un tempo nudi proprietari) a nulla centrando gli eredi dell’usufruttuario deceduto.

Inoltre, vi è da dire, che sulla base della comunicazione che è stata inviata dai nipoti dell’usufruttuaria non è detto che questi ultimi possano considerarsi eredi della loro zia: se così fosse essi non sarebbero obbligati al pagamento della spesa richiesta neppure se in teoria si possa considerare detta spesa ai sensi dell’art. 1004 del c.c. come un debito ereditario della de cuius.

I. C. chiede
mercoledì 20/07/2022 - Lombardia
“Siamo 4 fratelli nudi proprietari, e la madre usufrutturaria, di uno stabile comprendente un negozio e l'alloggio in uso all'usufruttuaria. L'usufruttuaria ha stipulato un contratto d'affitto per il negozio nel quale è specificato che al locatore (usufruttuaria) spettano le spese straordinarie e all'inquilino spettano le spese ordinarie.
Recentemente si sono rotte le molle della saracinesca: chi deve provvedere alla riparazione, considerato che le molle sono da sostituire per vetustà? Tale ripristino come deve essere considerato: spesa ordinaria o straordinaria?
Inoltre, come devono essere ripartire le spese della porzione in uso alla usufruttuaria?”
Consulenza legale i 29/07/2022
La materia della ripartizione delle spese tra locatore e conduttore è piuttosto spinosa e le relative controversie non sono sempre di facile risoluzione.
Partiamo dalle norme del codice civile, in primo luogo dall’art. 1576 del c.c., che impone al locatore di eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore.
Secondo l’art. 1609 del c.c. si tratta di “quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito”.
Occorre dunque, in primo luogo, verificare quale sia, nel nostro caso, la causa della rottura: se si tratta di normale deterioramento dovuto all'uso, la relativa riparazione sarà a carico del conduttore. La spesa dovrà essere, invece, sostenuta dal locatore nel caso di rottura dovuta a vetustà o caso fortuito.
Inoltre, l’art. 1609 c.c. precisa che, per stabilire quali siano le riparazioni di piccola manutenzione, di cui l’inquilino deve sostenere integralmente le spese, bisogna in primo luogo fare riferimento a quanto stabilito in contratto; se il contratto nulla prevede, si ricorre agli usi locali.
Ora, nel nostro caso, l’art. 9, comma 1 del contratto di locazione pone a carico del conduttore “le spese di ordinaria manutenzione, comprese quelle relative agli impianti idrici, di riscaldamento [...], gas, luce, sanitari, serrature, chiavi, cardini, infissi, muri, pavimentazioni e rivestimenti”.
Come si vede, il contratto non menziona espressamente la saracinesca, che però potrebbe essere fatta rientrare nella categoria “infissi”, e dunque a carico del conduttore.
Per quanto riguarda, invece, la ripartizione delle spese relative alla porzione di immobile adibita ad abitazione dell’usufruttuaria, l’art. 1004 del c.c. prevede che le spese della custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell'usufruttuario, così come sono a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione.

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