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Articolo 1005 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Riparazioni straordinarie

Dispositivo dell'art. 1005 Codice Civile

Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.

Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta(1).

L'usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse [1284] delle somme spese per le riparazioni straordinarie.

Note

(1) Non si tratta di un elenco tassativo, e, quindi, sono ad esempio reputate riparazioni straordinarie quelle necessarie per la ricostruzione di un immobile quasi interamente crollato, sempre che esso non sia pregiudicato nelle sue strutture portanti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

482 Circa la ripartizione delle spese e degli oneri tra proprietario e usufruttuario, si è riveduta e completata negli artt. 1004-1009 la disciplina del codice del 1865 (artt. 501-508). Sono a carico dell'usufruttuario tutte le spese relative alla custodia, all'amministrazione e alla manutenzione ordinaria della cosa: così pure devono essere sostenute dall'usufruttuario le riparazioni straordinarie, rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1004 del c.c.). Le riparazioni straordinarie, invece, sono a carico del proprietario. L'enumerazione che di queste fa il secondo comma dell'art. 1005 del c.c. è conforme a quella contenuta nell'art. 504 del codice del 1865. L'usufruttuario, peraltro, poiché ne trae profitto, deve corrispondere al proprietario per la durata dell'usufrutto l'interesse delle somme per esse erogate (art. 1005, terzo comma). Se il proprietario non esegue le riparazioni, può eseguirle l'usufruttuario, e in tal caso ha diritto al rimborso delle spese senza interesse alla fine dell'usufrutto (art. 1006 del c.c.). Le stesse disposizioni valgono nel caso di rovina parziale, per vetustà o caso fortuito, di un edificio che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto (art. 1007 del c.c.. Per ciò che concerne i carichi annuali, i quali sono addossati all'usufruttuario, l'art. 1008 del c.c., primo comma, risolve affermativamente la questione, sorta a proposito dell'art. 506 del codice del 1865, se l'usufruttuario debba corrispondere anche le rendite fondiarie. Il secondo comma dell'articolo ripartisce poi, per l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto, tali carichi tra proprietario e usufruttuario in proporzione della durata del rispettivo diritto. Gravano sul proprietario, salvo diverse disposizioni di legge, i carichi imposti sulla proprietà, inerenti cioè al capitale e non al reddito, ma l'usufruttuario deve corrispondergli l'interesse e, se ne anticipa il pagamento, ha diritto al rimborso del capitale, senza interesse, alla fine dell'usufrutto (art. 1009 del c.c. corrispondente all'art. 507 del codice del 1865). Non ho riprodotto, perché mi sembrava superfluo, la disposizione dell'art. 508 del codice anteriore, con la quale si riconosceva all'usufruttuario di una o più cose particolari il diritto di regresso verso il proprietario per il pagamento dei debiti di questo per cui il bene fosse ipotecato, nonché per le rendite semplici (o censi), le quali sostanzialmente non divergono di un comune debito ipotecario (articoli 1782 del codice precedente e art. 1861 del c.c.). La disciplina delle passività gravanti su un'eredità in usufrutto (art. 1010 del c.c.) è conforme a quella dettata dall'art. 509 del codice del 1865, che, però, più genericamente parlava di usufrutto di un patrimonio: e la modifica rende chiaro che l'usufrutto di un patrimonio non può essere costituito che come usufrutto dei singoli beni di cui il patrimonio è composto, con l'osservanza delle forme prescritte secondo la natura di ciascuno di questi. Al menzionato art. 509 del codice precedente si è aggiunta una disposizione (art. 1010, ultimo comma), che prevede la necessità della vendita dei beni per il pagamento dei debiti. La vendita è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario, salvo ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. Si è stabilito, infine, che l'espropriazione forzata debba seguire contro entrambi.
483 A garanzia delle somme anticipate sia per riparazioni all'immobile che avrebbero dovuto essere eseguite dal proprietario, sia per i carichi imposti sulla proprietà o per il pagamento del capitale dei debiti ereditari o dei legati è concesso all'usufruttuario il diritto di ritenzione (art. 1005 del c.c. e art. 1011 del c.c.).

Massime relative all'art. 1005 Codice Civile

Cass. civ. n. 19632/2020

L'affittuario dell'azienda ha l'obbligo di conservarla, in tutte le sue componenti, nello stato in cui viene affittata e, perciò, di sostenere tutte le spese necessarie a tale scopo. Ne consegue, ai fini della distinzione tra spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, che - a differenza di quanto avviene per il contratto di locazione di beni non produttivi (nel quale il conduttore non fa proprio il reddito derivante dalla cosa) - i lavori di manutenzione ordinaria vanno individuati "in negativo" e, cioè, escludendo quelle opere che sono da reputarsi straordinarie perché non finalizzate alla conservazione della originaria destinazione economica del bene e al ripristino della sua attitudine produttiva, eventualmente adoperando, in via orientativa e in assenza di un criterio discretivo certo, l'elenco esemplificativo delle riparazioni straordinarie di cui all'art. 1005 c.c., norma applicabile anche ad istituti diversi dall'usufrutto.

Cass. civ. n. 22797/2019

Ai fini della distinzione tra gli interventi a carico dell'usufruttario e quelli a carico del nudo proprietario, non rileva la maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì il carattere ordinario o straordinario dell'opera, poiché, in considerazione della natura dei rispettivi diritti, l'usufruttuario ha l'onere di provvedere a quanto attiene alla conservazione ed al godimento della cosa, mentre sono riservate al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della stessa, potendosi a tal fine ritenere straordinaria - stante la non tassatività dell'elencazione contenuta all'art. 1005 c.c. - quell'opera che importa la sostituzione o il ripristino di un elemento essenziale della struttura della cosa, finalizzati non già alla mera conservazione del bene, che resta a carico dell'usufruttuario, ma alla prevenzione o eliminazione di cedimenti e deterioramenti legati alla vetustà. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 03/11/2015).

Cass. civ. n. 22703/2015

Ai fini della distinzione tra gli interventi a carico dell'usufruttuario e quelli a carico del nudo proprietario, non rileva la maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì il carattere ordinario o straordinario dell'opera, poiché, in considerazione della natura dei rispettivi diritti, l'usufruttuario ha l'onere di provvedere a quanto attiene alla conservazione ed al godimento della cosa, mentre sono riservate al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della stessa.

Cass. civ. n. 12085/1998

Il concetto di rinnovamento delle attività abbisognevoli di riparazione, cui si riferisce l'art. 1005 c.c. in tema di ripartizione delle spese relative alla cosa oggetto di usufrutto, è ben diverso dal concetto di innovazione cui si riferiscono, in tema di condominio negli edifici, gli artt. 1120 e 1121 c.c. Il primo concetto va posto in relazione ad opere che comportano la sostituzione di entità preesistenti, ma ormai inefficienti con altre pienamente efficienti. Il secondo riguarda, invece, opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza, con aggiunta di entità non preesistenti o trasformazione di alcuna di quelle preesistenti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1005 Codice Civile

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M. P. chiede
lunedì 09/09/2024
“Premesso che mio figlio è proprietario di un immobile nuda proprietà , oggi sono venuto a conoscenza che l'assemblea ha deliberato a giugno 2024 il rifacimento della facciata senza che mio figli venisse convocato per partecipare.
È stata approvata una spesa di 420 K€ di cui 8.7 K€ rigurdanti l'immobile di proprietà di mio figlio .
L'usufruttuario ha già effettuato il versamento della prima rata.
Ora siamo stati coinvolti per le spese suddette.
Vorrei sapere cosa è corretto fare .

Consulenza legale i 12/09/2024
L’art. 1005 del c.c. dispone che le riparazioni straordinarie sono a carico del nudo proprietario: la norma specifica repentinamente poi che sono riparazioni straordinarie quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri.
Nel momento in cui l’appartamento oggetto del diritto di usufrutto è un’unità immobiliare in condominio, le spese inerenti al rifacimento della facciata dello stabile devono quindi essere sopportate interamente dal nudo proprietario e non dall’usufruttuario, a meno che non si rientri nell’ipotesi prevista dall’ ultimo comma dell’art. 1004 del c.c., oppure l’usufruttuario non intenda esercitare le facoltà a lui riconosciute dall’art. 1006 del c.c.: non pare, però, che questo si sia concretizzato nel caso specifico.

Stupisce quindi che l’usufruttuario, a fronte della necessità di procedere alla ristrutturazione della facciata condominiale, non abbia avvisato di sua spontanea volontà il nudo proprietario dello svolgimento della riunione: era infatti nel suo interesse attivarsi per fare in modo che costui prendesse parte alla già fissataassemblea condominiale; inoltre, non è dato capire quali spese lui stia effettivamente pagando, posto che l’usufruttuario non deve sobbarcarsi gli oneri attinenti le riparazioni straordinarie dell’appartamento.

Vi è da dire però che, in questi casi la legge non pone nessun obbligo di avviso in capo all’ usufruttuario, obblighi che, invece, l’ordinamento pone in capo espressamente all’amministratore di condominio: il 7° comma dell’art. 67 delle disp. att. c.c. prevede infatti che, qualora l’assemblea debba deliberare riparazioni straordinarie, l’avviso di convocazione della riunione venga recapitato sia all’usufruttuario che al nudo proprietario.

A fronte dell’omesso recapito dell’avviso di convocazione al nudo proprietario, la delibera che ha disposto la realizzazione dei lavori straordinari sulla facciata è affetta da un vizio di annullabilità: ciò comporta che essa può essere contestata innanzi alla autorità giudiziaria ai sensi del 3° comma dell’ art. 66 delle disp. att. c.c. e dell’art. 1137 del c.c.; l’impugnazione, tuttavia, dovrà essere proposta entro 30 giorni, i quali decorreranno, per i condomini assenti alla riunione (come nel caso specifico il nudo proprietario), dal giorno in cui verrà loro recapitato il verbale della avvenuta adunanza (termine, tra l’altro, che deve considerarsi sospeso nel periodo estivo dal 1° al 30 agosto). Decorso detto termine senza che sia stata almeno depositata nei confronti del condominio innanzi ad un organismo accreditato una istanza di mediazione ex Dlgs. N.28/10, quanto deliberato dalla assemblea diviene inoppugnabile e quindi obbligatorio per tutti i condomini, siano essi assenti o dissenzienti; questo indipendentemente dal fatto che vi sia stata una omessa convocazione alla riunione di un soggetto legittimato a parteciparvi.

Nel caso descritto risulta evidente che vi è un vizio nella procedura di convocazione della assemblea di condominio ai danni del nudo proprietario, ma per capire se vi è ancora spazio per proporre una istanza di mediazione è necessario verificare con l’ausilio di un legale se è già decorso il termine per impugnare.

In relazione a questo ultimo aspetto è importante spendere una riflessione che può risultare decisiva. Il 3° comma dell’art. 1137 del c.c. onera l’amministratore di comunicare ai condomini assenti il verbale della riunione di condominio. Tale comunicazione può avvenire con ogni mezzo (mail, consegna a mani, fax…): l’amministratore saggio ed esperto sa benissimo però che il mezzo ideale per inviare il verbale della riunione di condominio è attraverso la classica raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure per mezzo di una mail certificata, se egli è a conoscenza di un indirizzo pec del condomino destinatario.
Solo questi due strumenti, infatti, garantiscono di avere certezza del momento in cui il verbale della riunione condominiale è stato effettivamente recapitato ai condomini assenti, ed è da quel preciso momento che si dovrà iniziare il computo del termine dei trenta giorni entro cui dovrà essere presentata una eventuale opposizione a quanto deliberato dalla assemblea. Da questo discende che, se l’amministratore non ha mai consegnato al nudo proprietario con un mezzo certo di recapito il verbale della riunione, il termine previsto dall’art. 1137 del c.c. non è ancora decorso: quindi, sarebbe in teoria ancora possibile presentare una istanza di mediazione davanti ad un organismo abilitato, anche se la riunione ha avuto luogo ormai diversi mesi fa.

Questo espediente (utilizzato molto più spesso di quanto si pensi) crollerebbe irrimediabilmente in due casi: il nudo proprietario ha delegato un terzo soggetto (come, per esempio, l’usufruttuario) permettendogli di partecipare alla riunione in sua vece; oppure in sede di mediazione o nel successivo giudizio davanti al Giudice di Pace, la difesa del condominio produce la raccomandata o la pec che attesta il momento in cui il verbale della riunione è stato consegnato al condominio. Se ciò avvenisse le sorti del contenzioso promosso dal nudo proprietario sarebbero irrimediabilmente compromesse.


S. B. chiede
venerdì 09/02/2024
“USUFRUTTUARIO E NUDA PROPRIETA' - SUDDIVISIONE SPESE
Possiedo la nuda proprietà di un appartamento avuto in eredità . L'usufruttuario ha dato in affitto il bene e percepisce il compenso e attualmente paga le spese condominiali e l'IMU .
A breve sarà necessario eseguire interventi di manutenzione , ossia la sostituzione dell'impianto citofonico non funzionante. Chi deve sostenere tale spesa?
Ringrazio per la risposta e porgo cordiali saluti

Consulenza legale i 15/02/2024
La risposta alla domanda che qui viene posta richiede preliminarmente di stabilire se la sostituzione dell’impianto citofonico condominiale sia da qualificare come intervento di manutenzione ordinaria, straordinaria o addirittura come innovazione.
E’ senza alcun dubbio da preferire la tesi che lo qualifica come intervento di straordinaria manutenzione, in tal senso potendosi argomentare dalla stessa legge, ed in particolare dal disposto di cui all’art. 3 del T.U. edilizia, ove si precisa che si intendono per “interventi di manutenzione straordinaria” tutte quelle opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici.

In quanto tale, le spese necessarie per effettuare tale tipo di intervento devono essere divise secondo l’ordinario criterio di cui all’art. 1123 del c.c., ovvero tra tutti i condomini in proporzione al valore di ciascuna proprietà, espresso in millesimi (ovvero, facendo uso delle tabelle millesimali).
Si precisa anche che una deroga a tale criterio sarebbe possibile solo con regolamento o deliberazione adottati all’unanimità, seppure si debba dar conto di decisione rimasta isolata del Tribunale di Bologna (sentenza n. 1299/1998), secondo cui tale spesa andrebbe suddivisa in parti eguali tra i condomini, considerato che uguale è l’uso dell’impianto che ogni proprietario può farne, ad eccezione degli apparecchi all’interno dei singoli appartamenti, di cui ognuno sostiene la spesa in base al modello che sceglie.

Trattandosi di intervento di manutenzione straordinaria (e, dunque, incidente sul diritto di proprietà), se ne deve dedurre che la relativa spesa non può che farsi gravare su colui che ne ha la nuda proprietà e non sull’usufruttuario, conformemente a quanto espressamente stabilito dagli artt. 1004 e 1005 c.c., norme che pongono a carico dell’usufruttuario “le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa” (così l’art. 1004 del c.c.), ed a carico del proprietario tutte le spese per “riparazioni straordinarie” (così art. 1005 c.c.).

Non può addursi in contrario il rilievo che tra le spese straordinarie elencate al secondo comma dell’art. 1005 c.c. non vi è spazio per farvi rientrare quelle relative alla sostituzione dell’impianto citofonico, risultando pacifico che l’elenco contenuto in tale norma deve ritenersi di carattere non tassativo (in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione già con sentenza n. 2726/1963).
In ogni caso, si ritiene che la sostituzione dell’impianto citofonico debba farsi rientrare nel concetto di “rinnovamento” di cui al citato secondo comma dell’art. 1105 c.c., espressione con la quale ci si riferisce a tutte quelle opere che comportano la sostituzione di entità preesistenti, ma ormai inefficienti, con altre pienamente efficienti (così Cass. civ. Sez. III sent. n. 12085 del 28.11.1998; Cass. civ. Sez. II sent. n. 62 del 11.01.1968).

Da ultimo va precisato che quanto fin qui detto vale, ovviamente, per la sostituzione dell’intero impianto citofonico, mentre non può valere se ci si intende riferire alla sostituzione del solo apparecchio interno all’appartamento, sostituzione che nella generalità dei casi è legata all’uso che di tale bene va fatto e la cui spesa non può che gravare sull’usufruttuario ex art. 1004 c.c.


L. B. chiede
sabato 17/06/2023
“Buongiorno,
Vi scriviamo perché, io e mio fratello, ci troviamo ad affrontare un problema venutosi a creare con la morte, avvenuta il 1° gennaio 2023, della compagna di nostro padre (deceduto nel 2007) che era usufruttuaria dell’appartamento dove vivevano e che, dalla suddetta data, è tornato a nostra completa disposizione.
Nel consuntivo delle spese condominiali dell’esercizio 2022 è compresa una spesa per un lavoro, eseguito nel 2022, quindi quando la signora era ancora in vita, riguardante la sostituzione di un tratto della dorsale dell’acqua fredda, con successivo ripristino della pavimentazione di parte del resede antistante il portone di ingresso che era stata rimossa per poter eseguire la riparazione; la spesa, nel bilancio preventivo 2023, è stata riportata a nostro carico come “saldo anno precedente” per un totale di circa €. 1.100,00.
Ritenendo che il pagamento fosse di competenza dell’usufruttuaria o dei suoi eredi, abbiamo ricordato all’amministratore (che avevamo già informato del decesso della signora) che l’intervento era stato fatto nel corso del 2022, quando la signora era appunto vivente, invitandolo a chiedere di saldare il debito ai familiari della defunta.
I parenti della usufruttuaria (fratello e nipoti), che da quando rimasta sola si sono sempre occupati di lei, anche della totale gestione amministrativa, hanno risposto in questi termini: “precisiamo ancora una volta e definitivamente che le spese relative all’immobile in usufrutto alla zia dovete richiederle agli attuali proprietari, che beneficiano della casa, poiché noi non abbiamo ricevuto alcuna eredità in tal senso”. Siamo rimasti un po’ “spiazzati” da questa presa di posizione e, prima di intraprendere ogni altra iniziativa, abbiamo chiesto all’amministratore una conferma sulla corretta attribuzione delle spese, cioè se fosse una manutenzione ordinaria o straordinaria.
L’amministratore ci ha risposto spiegando che il lavoro non sarebbe stato comunque a carico di un eventuale inquilino, ma della proprietà, quindi considerato manutenzione straordinaria; tuttavia, trovandoci davanti a un caso di usufrutto, ci ha consigliato di parlarne con un legale in quanto inquilino e usufruttuario sono figure diverse e non hanno le stesse competenze e gli stessi addebiti.
Pertanto ci rivolgiamo a Voi e Vi chiediamo:
a) una conferma che si tratti di manutenzione straordinaria e, se così fosse, poiché ci troviamo in presenza di un usufruttuario, se la spesa può essergli imputata;
b) in questo secondo caso, se con la morte dell’usufruttuario cessano diritti e doveri dello stesso e quindi, in sostanza, se avremmo o meno la possibilità di esigere il pagamento dai suoi familiari.
Restiamo in attesa di Vostre comunicazioni in merito e inviamo distinti saluti”
Consulenza legale i 20/06/2023
Si deve rispondere al quesito facendo applicazione degli artt.1004 e 1005 del c.c. Secondo tali articoli competono all’usufruttuario il pagamento dei lavori che attengono alla manutenzione ordinaria del bene in usufrutto; viceversa, il nudo proprietario deve sopportare il pagamento dei lavori straordinari sul bene.
Il comma 2° dell’art.1005 del c.c. indica in maniera non tassativa quali sono questi lavori straordinari, precisando che sono riparazioni straordinarie: "quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta".

In applicazione della normativa citata, una recente pronuncia della Corte di Cassazione n.11839 del 06.05.2021 ha precisato che non compete all’usufruttuario pagare le riparazioni sulle parti dell’edificio che vanno mantenute funzionali con interventi conservativi o rinnovativi. Esse competono esclusivamente al nudo proprietario.
Per tale motivo, le spese di rifacimento e rinnovazione di una parte comune dell’impianto idrico del palazzo devono essere poste a carico degli attuali proprietari (un tempo nudi proprietari) a nulla centrando gli eredi dell’usufruttuario deceduto.

Inoltre, vi è da dire, che sulla base della comunicazione che è stata inviata dai nipoti dell’usufruttuaria non è detto che questi ultimi possano considerarsi eredi della loro zia: se così fosse essi non sarebbero obbligati al pagamento della spesa richiesta neppure se in teoria si possa considerare detta spesa ai sensi dell’art. 1004 del c.c. come un debito ereditario della de cuius.

G. C. chiede
venerdì 25/06/2021 - Marche
“Nel 2018 ho comprato all'asta la nuda proprietà di 2 appartamenti siti nel medesimo edificio (unità strutturale da cielo a terra). L'edificio è lesionato dal terremoto del 2016 e inagibile. Dal 2018 in poi ho chiesto svariate volte all'usufruttuario (e al figlio avvocato ex nudo proprietario esecutato che detiene le chiavi di accesso a detti immobili: sia per dichiarazione del padre usufruttuario sia per sua passata espressa dichiarazione) a mezzo pec o racc. a/r di poter entrare nell'edificio per eseguire rilievi e attività tecniche al fine di predisporre un progetto di riparazione dei danni da sisma e far tornare l'immobile agibile. L'usufruttuario non risponde alle pec e racc a/r inviate a Lui e al suo avvocato (l'usufruttuario mi ha scritto che devo rivolgermi solo al suo avvocato), nè il figlio ex esecutato risponde. Nel corso del 2019 ho tentato azione di danno temuto ... ma il giudice mi ha dato torto (senza perizie o altro) dichiarando che: l'immobile non può produrre danni ad altri edifici (e nemmeno a se stesso) e che non rispondere a pec o racc non equivale a negare l'accesso a detto immobile. Io avrei diritto ai contributi a fondo perduto del terremoto del 2016 per riparare i danni gravi all'immobile, ma senza poter eseguire l'accesso e le attività tecniche a breve (entro fine anno) sarò decaduto da tale diritto. La domanda è: come poter agire per poter effettuare le attività tecniche necessarie per un progetto di riparazione dei danni e far tornare l'immobile agibile? I danno sono strutturali e pertanto da Nudo proprietario avrei diritto ad eseguire le riparazioni, ma l'ex nudo proprietario e usufruttuario nelle uniche risposte sostengono che loro non possono aspettare i fondi del sisma, ... e non mi danno date per effettuare i sopralluoghi. Io vorrei agire ai sensi art 1015 cc e con un procedimento veloce (tipo ex 702 bis se possibile) per poter riparare l'immobile e non perdere circa 500.000 euro di fondi pubblici per riparare i danni da sisma (scadono entro fine anno salvo proroghe la presentazione del progetto). Come incardinare la causa visto che il danno economico ''impossibilità di accedere ai fondi pubblici'' ancora tecnicamente non si sono prodotti (scadenza a fine anno) ma sono imminenti ... e l'usufruttuario (86 anni) non ha nulla da perdere ? Il tribunale dove si deve incardinare la causa non è trasparente e viste le conoscenze in tale ambito da parte dell'ex nudo proprietario che è esecutato in altra procedura con soli 2 incanti dal 2010 ad oggi!!! IO DEVO AVVIARE UN'AZIONE NON CONTESTABILE perchè altrimenti la dichiarano inammissibile e con condanna alle spese come quella di danno temuto già avviata. In alternativa è possibile il ricorso al giudice di pace per poter accedere all'immobile e ottenere provvedimenti che mi consentano di riparare l'immobile?”
Consulenza legale i 02/07/2021
Prima di rispondere al quesito è doveroso precisare che non esistono azioni “non contestabili”: infatti, vi è ovviamente la possibilità che il convenuto si opponga (più o meno fondatamente, rischiando però anch’egli una condanna alle spese) all’accoglimento della domanda, e che il giudice possa pensarla in maniera diversa rispetto all’attore. Proprio per questo si parla di “alea” del giudizio, ovvero di rischio insito in ogni tipo di procedimento giudiziario.
Ciò premesso, non appare pertinente il richiamo, contenuto nel quesito, all’art. 1015 c.c., laddove si ammette l’ipotesi di cessazione dell’usufrutto, tra l’altro, qualora l'usufruttuario lasci andare i beni “in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni”, se non altro perché, nel nostro caso, è evidente che non si tratta di ordinaria manutenzione dell’immobile.
Semmai, ai sensi dell’art. 1005 c.c., le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario. La norma precisa espressamente che sono tali “quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”.
Dunque, l’effettuazione di riparazioni straordinarie costituisce per il nudo proprietario sia un diritto (onde evitare il deterioramento, se non addirittura la distruzione, dell’immobile), sia un dovere (nel senso che egli non può pretendere che vi provveda, sostenendo le relative spese, l’usufruttuario).
Ora, la lettura dell’ordinanza emessa nel pregresso giudizio ex art. 1172 c.c. evidenzia quanto meno la necessità di evitare gli errori commessi in precedenza. In quella sede il giudice aveva, infatti, rilevato come non fosse affatto dimostrato il presunto rifiuto dell’usufruttuario di consentire l’accesso all’immobile.
Si sconsiglia, pertanto, vivamente di intraprendere subito un’azione, di qualsiasi tipo, basata su tale presupposto. Occorre invece fissare nuovamente quanto prima la data del prossimo accesso, comunicandola (in maniera tracciabile) all’usufruttuario ed al figlio avvocato, che sembrerebbe detenere le chiavi, con avvertimento che in difetto di riscontro si procederà legalmente.
Solo in caso di rifiuto o di mancato riscontro, in modo tale che non sia possibile eseguire l’accesso per le necessarie rilevazioni, si potrà valutare il tipo di azione da intraprendere.
La risposta, chiaramente, non può essere data in questa sede, dal momento che chi scrive non dispone di una serie di elementi, anche di natura tecnica, indispensabili per capire se vi siano i presupposti per un provvedimento d’urgenza, e di quale tipo, o se invece sia proponibile un ordinario giudizio di merito, eventualmente nelle forme del rito sommario di cognizione ex artt. 702 bis e ss. c.p.c. (anche qui, purché ne sussistano le condizioni).
In ogni caso, comunque, la competenza spetterebbe al tribunale, e non al giudice di pace.

Michele chiede
venerdì 04/06/2021 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, abbiamo un hotel che abbiamo concesso in affitto, tramite contratto d'affitto d'azienda. Tuttavia, l’affittuaria richiede in continuazione che noi mettiamo mano ai lavori, che secondo noi, sono di ordinaria manutenzione, quando invece nel contratto vi è scritto:

“La parte affittuaria dovrà effettuare a propria cura e spese tutti gli interventi di manutenzione ordinaria, mentre rimarranno ad esclusivo carico della parte concedente tutte le spese di straordinaria manutenzione.
Pertanto saranno a carico della parte concedente tutti quegli interventi di manutenzione straordinaria e/o modifiche all'immobile e/o agli impianti che si rendessero in futuro necessari, anche a richiesta delle competenti Autorità, onde mantenere in vita ed efficiente l'azienda affittata.”

A titolo di esempio: c’è stato richiesto dall’affittuaria di far riparare dai nostri tecnici una porta automatica il cui costo di riparazione è stato di €2.000. Si trattava di sostituire delle schede elettroniche che si erano bruciate, ma non si trattava di apportare delle modifiche all’impianto, tenuto conto che la porta non è stata sostituita o modificata, ma sono state solo rimpiazzate delle schede guaste. Così c’è stato chiesto di sostituire degli estintori che erano un po' vecchi, poiché la revisione sarebbe costata molto di più per loro. Così loro non eseguirono alcuna revisione sugli estintori, poiché fummo costretti a comprarglieli noi nuovi. In breve, ogni spesa che supera i €100 o riguardi beni con durata pluriennale (esempio un phon da bagno, una televisione da camera), loro dicono che rientra tra le spese straordinarie di nostra competenza.

La domanda è la seguente: alla luce dell’articolo del contratto d’affitto d’azienda, quali sono i criteri che permettono di stabilire quali siano i lavori di manutenzione straordinaria e quelli di manutenzione ordinaria? Ci si basa sul prezzo, sulla durata della vita utile di un bene o vi sono altri criteri?

Grazie. Vorrei che la domanda e la risposta rimangano riservate.”
Consulenza legale i 09/06/2021
L’art. 2562 relativo all’affitto d’azienda, stabilisce che si applica a tale tipo di contratto quanto previsto dall’art. 2561 c.c. il quale prevede espressamente che l’affittuario debba: “gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”.

Per individuare quali siano le spese ordinarie a carico dell’affittuario e quelle straordinarie a carico del concedente, in mancanza di precise disposizioni normative, occorre far riferimento alla interpretazione della giurisprudenza di legittimità.

In primo luogo, come aveva statuito la Suprema Corte già con la sentenza n.9354/2002 nel contratto di affitto d’azienda l’immobile non è considerato nella sua individualità “ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili e immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l'oggetto del contratto è costituito dall'anzidetto complesso unitario”.

Ciò posto, la Corte di Cassazione nelle sue pronunce ha evidenziato come, diversamente a quanto avviene nel contratto di locazione, chi prende in affitto una azienda ha l'onere di conservarla nel suo complesso e, quindi, di sostenere i costi di tutte le spese di manutenzione necessarie per “conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”, come recita del resto il sopra menzionato art. 2562 c.c.

In particolare, nell’ordinanza n.19632/2020 la Suprema Corte ha ribadito che: “ ciò che rientra nel novero dei lavori di manutenzione ordinaria va determinato in negativo, escludendo quelle opere che risultino straordinarie perchè esulano da quelle volte alla conservazione della destinazione economica originariamente impressa al bene concesso in godimento e al ripristino della sua attitudine produttiva. L'alleggerimento degli obblighi manutentivi a carico del locatore è giustificato dal fatto che il conduttore fa proprio il reddito derivante dalla cosa, perciò sostenere le spese di manutenzione ordinaria mantiene l'equilibrio sinallagmatico.
L'assenza di un criterio discretivo certo tra interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria consente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, di adoperare orientativamente al fine di individuare le opere di manutenzione straordinaria l'elenco di cui all'art. 1005 c.c., trattandosi di norma rispondente a criteri di portata generale, applicabili anche ad istituti diversi dall'usufrutto che contiene una indicazione esemplificativa, appunto, delle opere di manutenzione straordinaria”.

Il predetto art. 1005 c.c. citato dalla Suprema Corte elenca quali spese straordinarie quelle relative alle riparazioni straordinarie “necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”.

Alla luce di tale interpretazione giurisprudenziale, in risposta al quesito, il criterio per individuare le spese che competono all’affittuario è quello negativo di escludere le spese relative ad opere “volte alla conservazione della destinazione economica originariamente impressa al bene concesso in godimento e al ripristino della sua attitudine produttiva.” Dunque, non si adottano il criterio del prezzo o della durata della vita utile di un bene.

Nella presente vicenda, riteniamo quindi che le spese indicate nel quesito a titolo esemplificativo dovevano essere sostenute dall’affittuario e non dal concedente come è invece avvenuto.

Marco F.F. chiede
venerdì 06/09/2019 - Emilia-Romagna
“ogg: riparto spese manutenzione nell'affitto di azienda cod. 2562-2561 cc
Contratto di affitto d'azienda stipulato con una soc. s.a.s., inerente commercio al minuto di calzature, l'attività si svolge in due distinti negozi uno adibito alla vendita mentre l'altro utilizzato come magazzino. L'affittuario negli anni non ha mai effettuato vere manutenzioni, limitandosi a qualche lavoretto all'occorrenza. Ora vi chiedo come imputare le varie spese da affrontare, nello specifico la pulizia e verniciatura delle varie serrande e infissi esterni e interni, le vetrine sono malmesse i corpi illuminanti (faretti e plafoniere) sono da sostituire, tendoni esterni e relative bandinelle sono fatiscenti, l'impianto elettrico dovrebbe essere adeguato o sostituito, così pure le varie prese interruttori punti luce e quadro elettrico, l'interno del negozio è fatiscente. Ho dubbi nell'interpretazione soprattutto del codice 1005 e la descrizione della tipologia di manutenzione straordinaria in capo al proprietario e relativo interesse da pagare in capo all'usufruttuario. Grazie”
Consulenza legale i 20/09/2019
La regola generale in materia di spese nell’affitto di azienda è quella dettata dall’art. 2561 c.c., ovvero l’azienda deve esser gestita “in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti” e le normali dotazioni di scorte.
Ebbene, poiché l’affittuario assume tale importante obbligo, che comprende il potere di disporre dei beni aziendali facenti parte del capitale fisso, talvolta la conservazione dell’efficienza degli impianti può implicare la sostituzione degli stessi.

In forza del richiamo di cui all’art. 2562 c.c., all’affitto d’azienda si applicano le norme sull’usufrutto dell’azienda, quindi – come correttamente osservato nel quesito – anche l’articolo 1005 c.c..
Quest’ultimo distingue le spese straordinarie da quelle ordinarie, ponendo solo le prime a carico del proprietario.
Attenzione, tuttavia, perché nel caso dell’affitto d’azienda occorre fare i conti con quanto già osservato in merito al 2561 c.c., vale a dire che l’usufruttuario ha il dovere di sostenere ogni spesa necessaria per la gestione dell’azienda: pertanto gli articoli 1005 e 1006 del codice civile troveranno applicazione solo quando la spesa possa considerarsi “straordinaria” rispetto a tale gestione, cioè quando vada al di là dei normali oneri di conservazione del complesso nella sua funzionalità e produttività.

L’art. 1005 c.c., nello specifico, quando parla di riparazioni straordinarie intende lasciare a carico dell’usufruttuario solamente le spese di conservazione, mentre pone a carico del proprietario le spese che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa.
Ad esempio, per quanto concerne i muri maestri, spese straordinarie sono quelle che importano ricostruzione, rinnovamento (ovvero sostituzione di realtà preesistenti – divenute ormai inefficienti, con altre pienamente efficienti) o sostituzione.
Per stabilire, poi, se una riparazione non suscettibile di essere ricompresa nell’elenco di cui alla norma in commento debba essere considerata straordinaria oppure ordinaria occorre considerare le caratteristiche dell’intervento e dei suoi costi: la riparazione è straordinaria tutte le volte in cui si tratti di sostituzione o ripristino di parti essenziali della cose e, in generale, di opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa.
Nel caso di macchinari, sono riparazioni straordinarie gli interventi che riguardano le parti essenziali della macchina nella loro struttura e composizione fisica.

Tutto ciò detto e precisato, torniamo alle spese elencate nel quesito.
Il contratto, in effetti, non aiuta perché specifica che sono a carico dell’affittuario in generale le riparazioni e la manutenzione ordinaria che siano necessarie per mantenere gli impianti “in normale efficienza”.

Ebbene, per quanto concerne qualsiasi operazione di pulizia e verniciatura (serrande ed infissi) non c’è dubbio che se ne debba far carico l’affittuario, rientrando esse senz’altro nella manutenzione ordinaria e soprattutto necessaria alla gestione funzionale dell’azienda.

Ad avviso di chi scrive, ancora, la sostituzione di qualsiasi luce (faretti e plafoniere) rientra parimenti nella conservazione della cosa ed è finalizzata a mantenere l’azienda in piena “efficienza” (un adeguato impianto di illuminazione è essenziale sia all’attività di vendita al minuto che al magazzino).
Ugualmente dicasi per la sostituzione di tende esterne, perché intervento finalizzato all’attività produttiva e non incidente su struttura o sostanza della cosa.

La sostituzione dell’impianto elettrico rientra, invece, a nostro avviso, nel novero delle spese straordinarie, perché si tratta di intervento di sostituzione di una parte essenziale dell’immobile e dell’azienda, che incide sulla struttura, sostanza e destinazione della cosa.

La sostituzione delle vetrine, infine, non è semplice da collocare all’interno dell’una piuttosto che dell’altra categoria di spese: indubbiamente trattasi di intervento funzionale all’attività aziendale, dal momento che si parla di vendita al minuto e la vetrina è un elemento fondamentale per lo svolgimento dell’attività perché attraverso le vetrine del punto vendita, dalle quali si vede l’allestimento interno e nelle quali è esposta la merce, si cattura l’attenzione del pubblico degli avventori. E’ altrettanto indubbio, tuttavia, che si tratta anche di intervento di natura “strutturale” e che, come già detto, va al di là dei normali oneri di conservazione del complesso nella sua funzionalità e produttività, strettamente intesi.
Noi riteniamo sia più corretto che la spesa sia posta a carico del proprietario.


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