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Articolo 1002 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Inventario e garanzia

Dispositivo dell'art. 1002 Codice Civile

L'usufruttuario prende le cose nello stato in cui si trovano.

Egli è tenuto a fare a sue spese l'inventario dei beni, previo avviso al proprietario [218](1). Quando l'usufruttuario è dispensato dal fare l'inventario, questo può essere richiesto dal proprietario a sue spese.

L'usufruttuario deve inoltre dare idonea garanzia [278]. Dalla prestazione della garanzia sono dispensati i genitori che hanno l'usufrutto legale sui beni dei loro figli minori [324]. Sono anche dispensati il venditore e il donante con riserva d'usufrutto [796]; ma qualora questi cedano l'usufrutto, il cessionario è tenuto a prestare garanzia [980, 1015].

L'usufruttuario non può conseguire il possesso dei beni [982] prima di avere adempiuto agli obblighi su indicati(2).

Note

(1) L'inventario può essere redatto in forma pubblica o privata, ma nel primo caso, le dichiarazioni del pubblico ufficiale costituiscono piena prova fino a querela del falso, nel secondo, invece, assume rilevanza l'istituto della confessione stragiudiziale (art. 2735 del c.c.), dal momento che le dichiarazioni in essa comprese valgono tra le parti, sempre che non siano viziate da errore di fatto (art. 1428 del c.c.) o violenza (art. 1435 del c.c.), ipotesi che renderebbero le stesse passibili di impugnazione.
(2) Se non vi è requisizione del possesso per l'omessa redazione dell'inventario o per il mancato rilascio della garanzia, l'usufruttuario ha ugualmente diritto di richiedere al proprietario i frutti della cosa insieme al contestuale versamento del costo dallo stesso sostenuto per raccoglierli.

Ratio Legis

Il fondamento degli obblighi d'inventario e garanzia è strettamente legato alla restituzione della cosa alla fine del rapporto.

Brocardi

Cautio fructuaria

Spiegazione dell'art. 1002 Codice Civile

La consegna della cosa nello stato in cui si trova

La disposizione dell'art. 191, che riproduce nella loro sostanza le norme degli art. 496 e 497 del vecchio codice, si apre con una affermazione che ha solo un nesso indiretto e occasionale con la disposizione dell'inventario e con la prestazione della cauzione, che formano il contenuto essenziale dell'articolo in esame. Anzi la collocazione del primo comma (l'usufruttuario prende le cose nello stato in cui si trovano) può fare nascere qualche dubbio sul suo significato, perché, essendo l'inventario (di cui si parla subito dopo) un mezzo di accertamento dello stato delle cose, sembrerebbe che il primo comma voglia significare che l'usufruttuario abbia il diritto di avere in consegna le cose nello stato in cui si trovano al momento dell'inventario.

In realtà la disposizione del primo comma non è che un'applicazione delle regole generali stabilite in tema di legati (art. 667 del c.c.: La cosa legata, con tutte le sue pertinenze, deve essere prestata al legatario nello stato in cui si trova al momento della morte del testatore) e in tema di vendita (art. 2470 c. 1865 e art. 1477 del c.c.: La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita). In altri termini l'usufruttuario ha diritto di avere la cosa nello stato in cui si trovava al momento della morte del de cuius se l'usufrutto è costituito per effetto di successione mortis causa (legato, usufrutto del coniuge superstite), al momento della costituzione se l'usufrutto è costituito per atto inter vivos. Il proprietario o i suoi eredi non rispondono delle modificazioni o alterazioni, anche sostanziali, che la cosa abbia subito in un momento anteriore a quelli ora accennati, ma sono d'altro canto tenuti a consegnare, senza diritto ad alcun rimborso, gli accrescimenti, le accessioni e le pertinenze che la cosa aveva nel momento in cui è sorto l'usufrutto, anche se, nell'ipotesi di legato di usufrutto, esse sono sopravvenute dopo la confezione del testamento.


Natura giuridica dell'obbligo di fare l'inventario e dell'onere di prestare la garanzia

Si afferma di solito che la disposizione dell'inventario e la prestazione della garanzia costituiscono il contenuto degli obblighi preliminari che incombono all'usufruttuario, e anche nella sistematica della Legge sembra affermarsi tale concetto. Sennonché pare che mentre la confezione dell'inventario rappresenti veramente il contenuto di un obbligo, lo stesso non si può dire della prestazione della cauzione che si deve più esattamente qualificarsi come il contenuto di un onere. Infatti dalla mancata confezione dell'inventario e dalla mancata prestazione della cauzione discendono conseguenze che in parte sono, almeno in apparenza, comuni ma in parte diverse, e tale diversità dimostra appunto che la confezione dell'inventario è un atto dovuto dall'usufruttuario al proprietario mentre la prestazione della cauzione e un atto che l'usufruttuario è libero di compiere o meno ma che deve compiere se vuole raggiungere la conseguenza vantaggiosa della piena esplicazione del suo potere.

Se l'usufruttuario non fa l'inventario o non presta la cauzione, egli non può pretendere nè dal proprietario nè dal terzo che eventualmente possieda le pose su cui è stato costituito l'usufrutto, il possesso delle cose medesime. E in sè questa conseguenza non può considerarsi come sanzione per l'inadempimento di un obbligo, ma piuttosto come la mancata realizzazione di un risultato vantaggioso per l' usufruttuario. In altri termini se questo vuole far valere il suo diritto al possesso o se vuole conservarlo (nel caso in cui il possesso gli sia stato dato prima di aver fatto l' inventario o di aver prestato la cauzione senza però che il rilascio del possesso abbia il significato di una dispensa dall'inventario o dalla cauzione o di una rinunzia da parte del proprietario) deve compiere quei due atti.

Sennonché per la confezione dell'inventario le conseguenze dell'omissione da parte dell'usufruttuario non si fermano qui. Intanto il proprietario, se non è soddisfatto della soluzione di ritenere il possesso delle cose (i cui frutti però spettano, come si vedrà, all'usufruttuario), può costringere l'usufruttuario a fare l' inventario e, in caso di inadempimento, può farlo egli stesso a spese dell'usufruttuario, secondo le norme che regolano l'esecuzione in forma specifica delle obbligazioni di fare. Se infatti, come risulta dallo stesso art. 1001, il proprietario può fare l'inventario anche quando l'usufruttuario ne è stato dispensato, a fortiori ciò si deve ritenere ammissibile quando l'usufruttuario non abbia avuto alcuna dispensa. Questa possibilità di esecuzione in forma specifica dimostra chiaramente che la confezione dell'inventario è contenuto di un obbligo in senso tecnico, con la conseguenza che l'omissione o il ritardo dell'usufruttuario obbliga costui al risarcimento dei danni, secondo le regole generali.

Appare chiaro allora che il diritto del proprietario di ritenere (o eventualmente di ricuperare) il possesso non è in questo caso la semplice conseguenza svantaggiosa del mancato compimento di un atto in sè libero, ma una di quelle misure coercitive che tendono a premere sulla volontà del debitore per indurlo all'adempimento spontaneo, mancando il quale soccorrono le regole generali sull'esecuzione forzata e sul risarcimento per equivalente. Tanto è vero che, mentre se manca l'inventario il proprietario ha senz'altro il diritto di ritenere il possesso (diritto che costituisce una specialissima figura di diritto di ritenzione), invece se non viene prestata la cauzione il proprietario non ha quel diritto di ritenzione, ma solo i beni sono amministrati da un terzo o comunque nel modo indicato dall' art. 1003 del c.c., la cui disposizione non si applica certamente all'ipotesi di mancata confezione dell'inventario.

Invece per quanto riguarda la prestazione della cauzione, se l'usufruttuario si rifiuta di prestarla, il proprietario non può costringerlo in via di esecuzione specifica (iscrivendo ad es. un'ipoteca giudiziale), nè può chiedere il risarcimento dei danni nè può ritenere il possesso, allo scopo di amministrare i beni, senza il consenso dell'usufruttuario. La conseguenza che si verifica sarà un determinato impiego delle cose date in usufrutto, impiego che, fatto coi criteri posti dall' art. 1003 del c.c., ha soltanto la funzione di sottrarre i beni alla disponibilità di fatto dell'usufruttuario il quale peraltro conserva integro il diritto ai frutti e alle altre utilità delle cose. Il che non può correttamente considerarsi come una sanzione per l'inadempimento di un obbligo, ma solo come una conseguenza svantaggiosa dell'inosservanza di un onere.

In conclusione si può dire che l'usufruttuario è obbligato alla confezione dell'inventario ma ha solo l'onere di prestare la cauzione.


L'obbligo dell'inventario

La confezione dell'inventario ha lo scopo di precostituire la prova relativamente alla consistenza delle cose sottoposte ad usufrutto, il che ha molta importanza non solo per determinare l'oggetto dell'obbligo di restituzione dell'usufruttuario alla fine dell'usufrutto, ma anche per valutare gli eventuali abusi nel godimento durante il corso dell'usufrutto medesimo.

L'efficacia dell'inventario come mezzo di prova può variare secondo i casi e secondo le forme adottate. Se le parti interessate si accordano per la confezione di un inventario in forma privata, del quale accettano i risultati, e chiaro che l'inventario fa piena prova contro entrambe relativamente alla natura, alla quantità, allo stato, al valore, alla consistenza dei beni compresi nell'inventario. La natura giuridica delle dichiarazioni delle parti e quella di una reciproca confessione stragiudiziale che, come tale, fa piena prova contro l'autore della dichiarazione e non si può impugnare se non si provi che essa e stata determinata da errore di fatto o da violenza. Non basta quindi per impugnare le risultanze dell'inventario la prova della disformità di queste rispetto alla realtà, ma occorre provare l'esistenza di un vizio della volontà.

Se invece l'inventario è redatto in forma pubblica, secondo le norme del codice di procedura civile, allora le dichiarazioni del pubblico ufficiale che vi procede faranno piena fede per ciò che è constatato direttamente da lui, costituiranno un semplice indizio per ciò che rappresenta non l'oggetto di una constatazione ma il contenuto di un giudizio (valore delle cose, stato di conservazione, ecc.). All'efficacia probatoria degli accertamenti compiuti dal pubblico ufficiale si aggiungerà l'efficacia della dichiarazione dell'usufruttuario (che si esprime nella sottoscrizione dell'inventario) e quella della (eventuale) accettazione del proprietario, efficacia che è anche qui la stessa della confessione stragiudiziale. Si intende poi che quando all'inventario procede il pubblico ufficiale, ad istanza dell'usufruttuario, il proprietario può sempre contestarne l'oggetto e i risultati nelle forme contenziose ordinarie, allo scopo di non essere vincolato alla fine dell'usufrutto da quella che può essere l'efficacia probatoria delle dichiarazioni del pubblico ufficiale. Altrettanto deve dirsi per l'usufruttuario che richiede l'inventario il quale può rifiutarsi di sottoscriverlo e procedere alla sua impugnativa.

Quanto alle forme dell'inventario è chiaro che se le parti non si accordano per la formazione di un inventario in forma privata, l'usufruttuario deve adottare la forma pubblica. Troveranno allora applicazione le disposizioni degli artt. 769 e segg. del c.p.c., estese dall'art. 777 a tutte le ipotesi di inventario previste dalla legge, che sostanzialmente corrispondono agli articoli 866 e segg. del codice di procedura civile del 1865. All'inventario deve essere presente o deve essere stato citato il proprietario. Si noti che la citazione di cui l'art. 1002 è un di più rispetto all'avviso dell'inizio dell'inventario che, secondo l' art. 772 del c.p.c., il pubblico ufficiale è tenuto a dare alle parti interessate. La diversità è probabilmente dovuta ad un difetto di coordinamento perché il vecchio codice di procedura (art. 869) stabiliva in ogni caso la citazione delle parti interessate, mentre il nuovo codice ritenne sufficiente l'avviso da parte del pubblico ufficiale. Ma in ogni modo quella che adesso appare come una particolarità dell'inventario fatto in sede di usufrutto può anche giustificarsi con ragioni sostanziali.

Quanto al contenuto dell'inventario bisogna far caso ai requisiti sia formali che sostanziali indicati dall' art. 775 del c.p.c., fra i quali, rispetto ai beni mobili, è compresa la stima. Deve a tal proposito ritenersi inesatta l'opinione secondo cui nell'inventario fatto dall'usufruttuario non sarebbe necessaria la stima per la ragione che essa, pur richiesta dalle norme processuali, non è menzionata dall'art. 1002 e anzi è previsto il caso che essa manchi (art. 995 del c.c.). Infatti la possibilità della mancanza della stima, prevista dall'art. 995, deve intendersi riferita all'inventario fatto privatamente e non all'inventario pubblico, i requisiti del quale sono indicati integralmente dalle norme del codice di procedura civile e non dall'art. 1002.

Se l'usufruttuario o il proprietario sono soggetti legalmente incapaci, si ritiene esattamente dai più che l'inventario debba essere necessariamente fatto in forma pubblica.

L'omissione dell'inventario da parte dell'usufruttuario che non sia stato dispensato dal titolo o successivamente da una dichiarazione di volontà del proprietario (rinuncia all'inventario) produce come conseguenza immediata il diritto del proprietario di ritenere il possesso dei beni soggetti all'usufrutto e, se il possesso e stato trasmesso senza che sia intervenuta una rinuncia espressa o tacita del proprietario alla confezione dell'inventario, il diritto di recuperare il possesso medesimo.

Non è dubbio invece che l'inadempimento all'obbligo di fare l'inventario non importi affatto la perdita o la sospensione da parte dell'usufruttuario del diritto ai frutti e alle utilità delle cose. Non si può certo pensare che il legislatore abbia voluto porre per implicito una così grave sanzione che del resto è contraddetta sia dallo stesso art. 1002 che limita la conseguenza dell'inadempimento al fatto che l'usufruttuario non può conseguire il possesso (e non vi è dubbio che altro è il diritto al possesso, altro il diritto ai frutti), sia dalla norma che in tema di ripartizione di frutti tra proprietario e usufruttuario dispone che a questo i frutti spettano per tutta la durata del suo diritto, quindi indipendentemente dal fatto che egli abbia o possa avere il possesso della cosa che li produce (art. 984 del c.c.). L'usufruttuario può quindi rivendicare i frutti naturali o civili che la cosa produce, e il proprietario, pur conservando legittimamente il possesso e l'amministrazione della cosa medesima, è tenuto a renderne conto e a restituirli.

Si discuteva sotto il vecchio codice se, dato il possesso all'usufruttuario malgrado la omissione dell'inventario, valesse a carico dell'usufruttuario la presunzione che le cose fossero in buono stato di manutenzione, ad analogia di quanto la legge dispone per la locazione. L'opinione prevalente in Italia era per la soluzione negativa, ed essa può essere ora confermata da un argomento desunto dai lavori preparatori. Infatti il Progetto preliminare aveva consacrato la regola che in mancanza dell'inventario valeva la presunzione che l'usufruttuario avesse ricevuto le cose in buono stato di manutenzione (art. 142), e la Commissione delle Assemblee Legislative aveva sostanzialmente approvato tale regola. La proposta non ebbe seguito nella redazione del testo definitivo, dal che si può desumere, malgrado del problema non se ne faccia cenno nella Relazione al Re, che non è sembrato opportuno inserire tale norma nel nuovo codice civile.

Va infine osservato che in tutti i casi in cui non sia stato confezionato l'inventario, il proprietario dovrà alla fine dell'usufrutto dare la prova, con tutti i mezzi, della consistenza delle cose consegnate all'usufruttuario al fine di determinare il contenuto dell'obbligo di restituzione dell'usufruttuario.

Per disposizione espressa le spese per l'inventario, fatto in adempimento dell'obbligo imposto dalla legge, sono a carico dell'usufruttuario.

Il titolo costitutivo dell'usufrutto può contenere la dispensa dell'usufruttuario dall'obbligo di fare l'inventario: non è necessario che la dispensa sia espressa, per quanto sia estremamente difficile argomentare l'esistenza di una dispensa tacita. In particolare non si può certo dire che la dispensa dal prestare cauzione possa avere il significato di una dispensa anche dal fare l'inventario, data l'autonomia dei due obblighi. Anche quando però l'usufruttuario sia stato espressamente dispensato dall'inventario, la legge autorizza il proprietario a procedere direttamente a eseguirlo, sopportando però il carico delle spese relative. Questa facoltà riconosciuta al proprietario si ritiene giustamente che non possa essere eliminata neppure dal titolo costitutivo (es. un testamento nel quale il testatore proibisca all'erede o al legatario della nuda proprietà la confezione dell'inventario).

L'inventario fatto su richiesta dal proprietario, se non viene accettato dall'usufruttuario (e questi non può essere costretto ad accettarlo nè può essere convenuto in giudizio per fare accertare le risultanze dell'inventario), potrà avere contro l'usufruttuario solo l'efficacia probatoria che si ricollega alle constatazioni dirette del pubblico ufficiale che vi procede, mentre fa naturalmente piena prova, nel senso che si è visto, contro il proprietario che lo ha sottoscritto.

La possibilità della dispensa si ha soltanto, come è ovvio, nell'usufrutto costituito per atto inter vivos o per atto mortis causa. Non è invece possibile la dispensa nei casi di usufrutto legale spettante al genitore, né essa è concepibile nell'usufrutto acquistato per usucapione. Si noti infine che, indipendentemente dalla dispensa, l'usufruttuario può essere liberato dall'obbligo di fare l'inventario da una dichiarazione di volontà espressa o tacita, del proprietario, la quale però non si può desumere puramente e semplicemente dal fatto che e stato trasmesso il possesso.


L'onere della garanzia

Se l'usufruttuario vuole conseguire il possesso e la diretta amministrazione dei beni sui quali cade il diritto, egli deve dare una idonea garanzia reale o personale. La garanzia può consistere perciò in una ipoteca iscritta sui beni propri dell'usufruttuario, o in un pegno (regolare o irregolare) o infine in una fideiussione. Il giudizio sulla idoneità della garanzia spetta, in caso di dissenso delle parti, all'autorità giudiziaria, la quale a sua volta, per giudicare della idoneità della fideiussione deve far capo ai criteri legali posti dal codice civile (corrispondenti nei punti essenziali agli articoli 1904-1905 del vecchio codice). Nel determinare la somma per la quale l'ipoteca deve essere iscritta o il pegno deve essere costituito o nel determinare la sufficienza della garanzia fideiussoria in relazione alle obbligazioni di cui il fideiussore potrà rispondere, bisognerà naturalmente tener conto della natura delle cose soggette all'usufrutto, della più o meno facile deteriorabilità se trattasi di beni mobili, del valore che hanno i beni mobili data la maggiore possibilità di una loro distruzione per dolo o colpa dell'usufruttuario, e così via.

La garanzia che l'usufruttuario presta ha la funzione di assicurare l'adempimento di tutte le obbligazioni che incombono sull'usufruttuario e in linea principale dell'obbligo di restituire e di quello di godere nei limiti stabiliti dalla legge o dal titolo.

Dall'onere di prestare cauzione l'usufruttuario può essere dispensato dal titolo o dalla legge: quanto alla dispensa fatta nel titolo, purché risulti chiaramente da esso, non è necessario che sia espressa, ma essa non può senz'altro desumersi dalla dispensa dall'obbligo di confezione dell'inventario. Nel dubbio si deve naturalmente propendere per l' esclusione della dispensa data l'eccezionalità di questa.

I casi di dispensa legale sono quelli stessi esistenti nel codice del 1865. sono cioè esonerati dal prestare la garanzia il genitore esercente la patria potestà al quale spetti l'usufrutto legale sui beni dei figli minori, e l'alienante (venditore o donante) con riserva di usufrutto. La dispensa s'intende fatta intuitu personae, per cui se l'alienante con riserva di usufrutto cede ad altri ii suo diritto, il cessionario deve prestare la cauzione nei confronti del proprietario se vuole avere il possesso, anche se il cedente lo abbia dispensato. Si è già rilevato che questa norma si deve estendere anche alle ipotesi di dispensa contenuta nel titolo quando l'usufruttuario ceda a terzi il suo diritto. Ciò importa che il cedente non deve trasmettere il possesso al cessionario se questi non ha prestato cauzione al proprietario, e in ogni caso questi può recuperare il possesso eventualmente trasmesso se il cessionario non adempie all'onere di prestare la garanzia.

Oltre alla dispensa è possibile altresì da parte del proprietario la rinuncia alla cauzione dell'usufrutto. Essa può essere, al pari di quella, espressa o tacita, ma deve risultare chiaramente e non può desumersi dal semplice fatto della trasmissione volontaria del possesso. Anche quando vi sia stata dispensa o rinuncia alla cauzione, possono, in prosieguo di tempo, verificarsi delle circostanze per le quali il proprietario può essere legittimato a chiedere la prestazione della cauzione. Una di queste ipotesi è quella prevista dall'art. 1015, cui si rimanda. Un'altra potrebbe essere quella in cui le condizioni patrimoniali dell'usufruttuario siano peggiorate al punto di compromettere notevolmente la garanzia del proprietario. Veramente per il codice del 1865 la dottrina prevalente negava in questo caso al proprietario la facoltà di chiedere la cauzione, ma si ritiene che, a sostegno della opposta soluzione, si possa per il nuovo codice invocare il disposto dell' art. 1461 del c.c. che autorizza il contraente a sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia. Questa norma rappresenta infatti nel nuovo sistema un principio generale che può applicarsi per analogia all'ipotesi che ci interessa.

Come già si è accennato, le conseguenze della mancata prestazione della garanzia da parte dell'usufruttuario sono stabilite dall'art. 1002 e si risolvono, come si vedrà, in una modificazione del modo di godimento dell'usufruttuario medesimo. Ma il proprietario non può costringerlo alla prestazione della garanzia né può chiedere il risarcimento dei danni che dalla mancata prestazione gli possono essere derivati.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

481 L'art. 1002 del c.c. e l'art. 1003 del c.c., relativi all'inventario o alla prestazione della garanzia, riproducono sostanzialmente gli artt. 496-499 del codice del 1865. Peraltro, ammessa la cedibilità del diritto di usufrutto, ho ritenuto opportuno, allo scopo di eliminare eventuali dubbi, aggiungere alla disposizione che dispensa dalla garanzia il venditore e il donante con riserva di usufrutto quella che impone invece l'obbligo della garanzia al cessionario, quando il venditore o il donante con riserva di usufrutto cede tale diritto (art. 1002, terzo comma). Ho poi regolato (art. 1003) l'amministrazione degli immobili, nel caso in cui non sia prestata la garanzia, stabilendo che amministratore sia il proprietario, se l'usufruttuario lo consente, o un terzo scelto dalle parti o nominato dall'autorità giudiziaria. E, sempre in tema dei provvedimenti da adottare qualora l'usufruttuario non presti la garanzia, ho disposto che i titoli al portatore, ove non si convertano in nominativi con annotazione dell'usufrutto, siano depositati presso un terzo, scelto dalle parti stesse o dall'autorità giudiziaria.

Massime relative all'art. 1002 Codice Civile

Cass. civ. n. 1571/1995

Il nudo proprietario, ancorché abbia consentito che l'usufruttuario consegua il possesso dei beni senza previa prestazione d'idonea garanzia, può proporre domanda di accertamento dell'obbligo dell'usufruttuario di prestarla.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1002 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. M. chiede
domenica 28/07/2024
“Buongiorno,
Ho ricevuto in usufrutto per testamento la dimora di famiglia da mio marito deceduto a novembre 2023.
Le sue figlie dal primo matrimonio mi hanno chiesto la garanzia senza dare indicazioni al riguardo e non ho trovato istituto di credito che avesse tale garanzia. Mi potreste aiutare a capire in cosa consiste esattamente la garanzia e dove posso richiederla. Inoltre la casa oggetto di usufrutto era l’abitazione scelta da me e mio marito e dove ho ancora la residenza.grazie. Cordialmente.”
Consulenza legale i 14/08/2024
Della garanzia che deve essere prestata dall’usufruttuario si occupa esplicitamente l’art. 1002 c.c., rubricato appunto “Inventario e garanzia” e dalla cui lettura si ricava che se l’usufruttuario vuole conseguire il possesso o la diretta amministrazione dei beni sui quali cade il diritto, deve prestare idonea garanzia reale o personale.
In effetti, il codice nulla dispone circa le modalità di prestazione di tale garanzia, ma è pacifico che la stessa possa essere di tipo reale o personale e, dunque, consistere in una ipoteca iscritta ovviamente su beni propri dell’usufruttuario o in un pegno (regolare o irregolare) ovvero in una fideiussione.

La norma utilizza l’espressione “idonea” garanzia, nulla disponendo, anche in questo caso, circa i presupposti perché una garanzia possa considerarsi tale.
A tale riguardo va detto che in caso di dissenso delle parti, il giudizio sulla idoneità della garanzia spetta all’autorità giudiziaria, la quale a sua volta per giudicare della idoneità della fideiussione deve fare riferimento ai criteri legali dettati dal codice civile in materia, rapportati alle obbligazioni di cui il fideiussore potrà rispondere.
Se, invece, la garanzia prestata è di tipo reale, nella determinazione della somma per la quale l’ipoteca deve essere iscritta o il pegno deve essere costituito, occorre tenere conto della natura delle cose soggette ad usufrutto (così, ad esempio, nel caso di beni mobili, si deve prendere in considerazione il loro grado di deteriorabilità).

Per quanto concerne la funzione di tale garanzia, va detto che con essa si intende assicurare l’adempimento da parte dell’usufruttuario di tutte le obbligazioni che incombono su di lui ed, in particolare, dell’obbligo di restituire e di godere della cosa nei limiti stabiliti dalla legge o dal titolo.
La mancata prestazione di idonea garanzia comporta, oltre l'impossibilità per l'usufruttuario di conseguire il possesso dei beni (come disposto dall’ultimo comma dell’art. 1002 c.c.), l'applicazione delle misure previste dal successivo art. 1003 del c.c., diverse a seconda della natura dei beni sottoposti a usufrutto, e per mezzo delle quali il legislatore ha inteso porre in essere un contemperamento dei contrapposti interessi dell'usufruttuario e del proprietario, mirando a non privare il primo delle utilità di cui la cosa è capace ed assicurando nello stesso tempo al secondo la conservazione e la buona amministrazione della stessa.

In particolare, nel caso di usufrutto relativo a beni immobili, dispone l’art. 1003 c.c. che gli stessi devono essere locati o messi sotto amministrazione, riconoscendosi tuttavia all’usufruttuario la facoltà di farsi assegnare come propria abitazione una casa compresa nell’usufrutto, non essendo a tal fine necessario che egli si trovi in stato di bisogno ovvero non disponga di un'altra abitazione.
Pertanto, anche qualora, in caso di mancata prestazione della garanzia, il nudo proprietario dovesse richiedere che l’immobile gravato da usufrutto sia posto sotto amministrazione, resta salvo il diritto dell’usufruttuario di esigere che quel bene gli venga assegnato quale propria abitazione.

In ogni caso, a prescindere dalle considerazioni sopra svolte, si tenga presente che nel caso di specie vi è un ulteriore elemento di cui le figlie del de cuius sembrano non aver tenuto conto, ovvero la circostanza che l’immobile oggetto di usufrutto sembra coincidere (stando a ciò che viene riferito nel quesito) con quella che il codice civile definisce “casa familiare”, con la conseguenza che sulla stessa il coniuge superstite può vantare il diritto di abitazione e di uso dei mobili che l’arredano ex art. 540 del c.c..