Definizione di “donazione con riserva di usufrutto”
La donazione con riserva di usufrutto è una donazione che consente al donante di riservare l'usufrutto (
art. 978 del c.c.) dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di una o più persone, ma non successivamente.
Natura giuridica della “donazione con riserva di usufrutto”
Quanto alla natura giuridica della donazione con riserva di usufrutto, la teoria più risalente (c.d. teoria del doppio negozio) muove dalla premessa che nella proprietà sono comprese facoltà infrazionabili. Di conseguenza la riserva deve essere realizzata mediante due negozi, e cioè una prima donazione della piena proprietà ed un successivo negozio (a parti invertite) di costituzione dell'usufrutto a favore del donante.
La dottrina maggioritaria, invece, sposa la tesi del c.d. negozio unitario, in base alla quale il diritto di proprietà può essere legittimamente frazionato o smembrato, in modo tale che con un unico negozio si vengano a configurare due situazioni, una traslativa della nuda proprietà e l'altra costitutiva del diritto di usufrutto. La riserva ovviamente può riguardare non solo l'usufrutto, ma anche gli altri diritti reali limitati (uso, abitazione, superficie).
Se, invece, la riserva di usufrutto è fatta a favore di un terzo, secondo la teoria del doppio negozio viene a configurarsi un contratto a favore di terzo (poiché il donatario si obbliga a costituire l'usufrutto a favore di una terza persona); secondo la teoria del negozio maggioritario, invece, si tratta di una doppia donazione (una avente ad oggetto il diritto reale limitato e l'altra la nuda proprietà).
Effetti della “donazione con riserva di usufrutto”
Come anzidetto, mediante la donazione con riserva di usufrutto il donante riserva l'usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di una o altre persone.
Una particolare ipotesi applicativa riguarda la
donazione con riserva di usufrutto per sé e dopo di sé a favore di un'altra persona: in tal caso la donazione dell'usufrutto a favore del terzo è sottoposta alla
condizione sospensiva della sopravvivenza del terzo al donante e avrà inizio alla morte di questi. Per la dottrina maggioritaria l'
art. 796 del c.c. consente eccezionalmente la costituzione di un usufrutto successivo. Si è però obiettato che tale articolo non contiene una norma eccezionale che deroga all'
art. 979 del c.c. sancendo la sopravvivenza dell'usufrutto anche dopo la morte del primo usufruttuario. L'usufrutto del terzo, infatti, è distinto dal primo perchè risulta costituito a suo favore immediatamente, anche se destinato ad operare con efficacia differita.
Se la riserva è fatta a favore di persone indeterminate, la donazione dell'usufrutto dovrà essere accettata contestualmente o quantomeno dovrà essere accettata prima della morte del donante.
Non è, invece, possibile che la riserva venga fatta a favore degli
eredi del donante, poiché si avrebbe una violazione del divieto di patti successori.
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SPIEGAZIONE ESTESA
La donazione con riserva di usufrutto è un caso di donazione a termine sospensivo iniziale, l’unico che può inerire a tale genere di contratto, poiché l’altro, quello finale, contrasta con il carattere suo dell’irrevocabilità. La donazione con riserva d’usufrutto avrà esecuzione pratica solo quando l’usufrutto cesserà: fino a questo momento il donatario non ha sulle cose donate che un diritto di nuda proprietà; ma essa, poiché dal momento in cui è perfetta, attribuisce al donatario diritti ed obblighi immediati, si distingue dalla donatio mortis causa, nella quale il donante conserva la proprietà piena della cosa donata fino al momento in cui mors secata fuerit.
La donazione con riserva d’usufrutto (si comprende nella norma anche la riserva di uso o di abitazione), nonostante possa riportarsi sotto la figura di una donazione a termine iniziale, tuttavia ha avuto in questo codice, come già in quello precedente, una particolare disciplina, ed il motivo è meramente storico. Nel diritto consuetudinario francese la donazione con riserva d’usufrutto non era possibile per il principio donner et retenir ne vaut, intendendosi la irrevocabilità nel senso che la donazione non si concepiva se non vi fosse stata la consegna materiale della cosa donata. L’ostacolo fu successivamente superato ricorrendosi ad una tradizione convenzionale o simbolica o sottoforma di costituto possessorio; e le coutumes di Parigi del 1580 ammettevano la validità della donazione con riserva di usufrutto; di qui gli art. 949 del codice napoleonico e il #1074# del nostro vecchio codice del 1865 ripetuto nella norma in commento.
Viva disputa, di valore non solo dogmatico ma anche pratico, è quella, tuttora aperta, di precisare la natura giuridica della riserva d’usufrutto. Va questa considerata come un atto a sé, autonomo, oppure come una modalità del contratto di donazione?
Sembra che la seconda opinione debba essere decisamente respinta perché essa viene a dare ai iura in re aliena di godimento il carattere di diritti reali frazionari, negando alla proprietà il carattere di diritto unitario per considerarla come un complesso di facoltà che il titolare può in parte alienare, in parte riservarsi. Il donante, invece, che riserva a proprio vantaggio l’usufrutto dei beni donati compie in sostanza due atti distinti: uno di donazione dei beni, un altro successivo di costituzione d’usufrutto a suo favore sui beni donati.
Il principio che la costituzione dell’usufrutto non è una modalità della donazione ma un atto a sé, consente - ed ecco il lato pratico sotto cui anche si presenta la controversia - di risolvere il problema dell'obbligo o meno di trascrivere la costituzione d’usufrutto. Supposto che il donatario alieni l’immobile a lui donato con riserva di usufrutto, oppure che egli costituisca a favore di un terzo un nuovo diritto d'usufrutto, il donante che non ha trascritto l’atto di costituzione del proprio usufrutto può far valere il suo diritto di fronte al terzo, nuovo proprietario o usufruttuario, che, avendo trascritto, vanta un diritto incompatibile con quello suo? L’interrogativo è suscettibile di due diverse risposte a seconda che si considerino la costituzione d’usufrutto e la donazione come un unico atto oppure la prima come negozio a sé stante: ora, avendo accolta quest’ultima opinione, che si appoggia anche al modo con cui viene effettuata la trascrizione, è da concludere che, dovendo la costituzione di usufrutto essere sottoposta a trascrizione indipendentemente dalla trascrizione della donazione, omessa quella formalità, il donante non potrà opporre il suo diritto ai terzi che, avendo trascritto, nei suoi confronti abbiano un diritto poziore.
La riserva - di cui possono essere oggetto sia i beni mobili che gli immobili - può essere fatta dal donante a vantaggio proprio e, dopo di lui, a vantaggio di una o anche di più persone, purché si tratti di usufrutto congiuntivo, o purché per ciascuno il termine di godimento sia predeterminato nel tempo (un decennio, un ventennio, ecc.) essendo vietato l’usufrutto successivo a causa del grave inconveniente di attribuire al donatario un diritto di proprietà svuotato di contenuto.
Motivo di controversia può essere tuttora - come già per l’art. #1074# - precisare il significato della frase “dopo di lui”; va questa intesa nel senso “alla sua morte”, oppure nel senso che il donante si sia riservato l’usufrutto a termine, cioè per un tempo determinato? L’interpretazione esatta è la prima, la quale non urta, come si potrebbe credere, contro il divieto dell’usufrutto successivo, perché sotto tale forma è considerato e proibito quell'usufrutto che viene conferito successivamente a persone diverse dal testatore dopo la sua morte.
Qual’è la situazione giuridica del donante a cui favore esiste una riserva d’usufrutto? Egli non è tenuto a prestare cauzione, né deve procedere alla compilazione dell’inventario, poiché questo è sostituito dallo stato estimativo se si tratta di donazione di cose mobili. Durante il godimento dell’usufrutto, egli può, senza dubbio, esercitare tutte le facoltà di un usufruttuario; può anche cedere ad altri l’esercizio, ma può riservarsi poteri più ampi di quelli spettanti ad ogni usufruttuario? L’interrogativo fu posto dalla dottrina, che, concorde la giurisprudenza, ritenne - e giustamente - valida una tale clausola, purché non avesse attribuito al donante i poteri d’un proprietario.
Estintosi l’usufrutto, le cose vanno restituite al proprietario; su tal punto nulla dice il codice, che non ha ripetuto la disposizione dell’art. #1076# del precedente codice del 1865, bene considerata come una ripetizione dell’allora art. #484#. Comunque, a quel fine, sono da distinguere due ipotesi: 1) che i beni donati continuino ad esistere al termine dell’usufrutto: in tal caso il donatario che consolida la proprietà con l’usufrutto deve riceverli così come si trovano; se vi è stata colpa da parte dell’usufruttuario nell’uso delle cose, il donatario ha diritto di essere risarcito per tale deprezzamento colposo; 2) che i beni donati non esistano più: in tal caso - che comprende anche quello di beni che non si possono usare senza consumo - occorre precisare se la distruzione è avvenuta per forza maggiore (e quindi anche per vetustà) ed allora il donatario nulla può pretendere; se, invece, la distruzione è dovuta a colpa o dolo del donante, il donatario ha diritto al valore attribuito ai beni ed egli potrà domandare anche il valore delle cose quae usu consumuntur, essendo ovvio che la loro distruzione non può dirsi fortuita.