Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 771 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 06/02/2025]

Donazione di beni futuri

Dispositivo dell'art. 771 Codice Civile

La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri(1) [1348], è nulla rispetto a questi [1419, 1421 c.c.], salvo che si tratti di frutti non ancora separati(2) [820 c.c.].

Qualora oggetto della donazione sia un'universalità di cose [816 c.c.] e il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall'atto risulti una diversa volontà(3).

Note

(1) Per bene futuro si intende sia quello che ancora non esiste in natura che quello che, pur esistendo, non è ancora entrato a far parte del patrimonio del donante.
(2) La nullità costituisce una deroga al principio di cui all'art. 1348 del c.c.. Si tratta di una norma di ordine pubblico.
Ove solo taluni beni oggetto della donazione siano futuri, la donazione, per la restante parte, è valida.
(3) In questo caso si preferisce tutelare l'unità delle universalità patrimoniali e si prevede, dunque, una deroga rispetto alla regola di cui al primo comma.

Ratio Legis

Il divieto evita che si compiano donazioni avventate, non percependo il reale sacrificio economico causato dalle stesse.

Spiegazione dell'art. 771 Codice Civile

Il primo comma riproduce la disposizione dell’art. #1064# del vecchio codice del 1865, che, com'è noto, si discostava dal diritto romano giustinianeo, in cui era possibile una donazione di beni futuri.
È nel diritto consuetudinario francese che in modo esplicito fu posto il principio della nullità dell’intera donazione che aveva per oggetto e beni futuri e beni presenti; l'art. 943 del codice Napoleone ne restrinse la portata, dichiarando la donazione nulla solo per la parte relativa ai beni futuri; analogo principio fu accolto dal codice del 1865 e da quello ora vigente.
Il divieto dell’art. 771 costituisce un’eccezione al principio comune vigente in materia contrattuale, per cui oggetto di convenzione possono essere anche le cose future: ciò ben si comprende considerando che l’intenzione dei contraenti è rivolta a cose future, a cose, cioè, che non sono nel patrimonio di uno dei contraenti, ma che verranno ad esistere in un tempo più o meno prossimo; il contratto, in tal caso, non ha efficacia reale, ma solamente obbligatoria. Diversamente è a dirsi per la donazione: questa attua la disposizione di cose o di diritti che, all'epoca in cui viene compiuta, devono far parte del patrimonio del donante, altrimenti si avrebbe una promessa di donazione che, come si è detto, è da ritenersi nulla.
Si spiega, solitamente, il divieto di donare beni futuri facendo ricorso al carattere della irrevocabilità della donazione. Ma l’irrevocabilità non spiega tutte le ipotesi: certo spiega il caso in cui taluno dichiari di donare una cosa futura per acquistare da altri: si tratta, in questo caso, di donazione che verrà ad attuarsi secondo l’arbitrio del donante, perché costui, a suo arbitrio, può o non può acquistare. Non spiega, invece, il caso in cui il donante assuma l’obbligo di procurare al donatario la cosa, non ancora sua al momento della donazione: qui non si avrebbe come contenuto della donazione una mera aspettativa dipendente dal mero arbitrio del donante, ma si ha un’obbligazione certa e irrevocabile fin dal momento dell’accordo: tuttavia, si incorre lo stesso nel divieto dell’articolo in esame che è di ordine pubblico (la nullità della donazione di cose future comprende, perciò, anche quella delle cose altrui).
Col divieto del primo comma, il legislatore impone al donante una condotta prudente: il divieto si giustifica, pertanto, come una norma che serve di remora alla prodigalità.
Che cosa deve intendersi per beni futuri? Questa espressione può essere intesa in due sensi: a) è futura una cosa che non esiste ancora in natura (frutti non nati o non ancora maturi); b) oppure che esiste in natura ma non ha ancora una propria ed autonoma esistenza (frutti nati e maturi ma non ancora separati: solo in questo caso è previsto che la donazione non sia affetta da nullità); c) oppure, in ultimo, la cosa di cui non si ha attualmente la proprietà e si attende di averla.
Ma se questi concetti possono accogliersi in linea di massima, vi sono, tuttavia, casi nei quali il carattere di bene presente è sicuro, anche se può sembrare l’opposto. Così, è da ritenersi valida la donazione dei frutti che verranno a maturazione, dei minerali che saranno estratti, dei profitti futuri di un’azienda, dei dividendi sociali che saranno distribuiti; in tutte queste e simili ipotesi, nonostante ogni contraria apparenza, giustifica la donazione di tali cose il rilievo che si tratta di cose alla cui proprietà esiste già un diritto del donante; si potrebbe, perciò, pur sostenere che costui abbia disposto a favore dell’altra parte di un diritto che egli ha di far sue le cose non ancora venute ad esistenza. Deve, invece, ritenersi donazione di cosa futura, e quindi nulla, la donazione dell’immobile che il donante dovrà a sua volta ricevere in donazione o acquistare da chi ne è proprietario; è ovvio che in queste ed analoghe ipotesi nel patrimonio del disponente esiste soltanto un diritto di aspettativa, la cui realizzazione è rimessa al mero arbitrio del donante. Donazione di cosa futura è pur quella che ha per oggetto una successione non ancora delata; anzi, qui concorrono due cause di nullità: l’una dovuta alla violazione del divieto dei patti successori, l’altra al divieto di donare beni futuri.
La disposizione di cui al secondo comma costituisce un’eccezione alla regola del primo comma; nel progetto preliminare del codice, essa si poneva come correttivo della proposta nullità dell'intera donazione; per il codice, invece, essa segna una limitazione della nullità della donazione di beni futuri, ma è rigorosamente ristretta all’ipotesi che sia donata un'universitas facti (un’azienda, un gregge, una biblioteca, ecc.) e che, inoltre, questa sia trattenuta ancora dal donante; in tal caso, il donatario ha diritto anche alle cose che vi si aggiungono successivamente.
L’art. 771, parlando di beni presenti, non esclude che possa trattarsi di una donazione universale. L’opinione che dubitava circa la validità di una siffatta specie di donazione non è più seguita perché è da escludere che la donazione, nella quale siano dedotti tutti i beni presenti del donante, determini una successione universale che importa nel donatario anche la responsabilità per i debiti; unico caso di tale forma di successione nel nostro diritto è quella ereditaria; la donazione di tutti i beni presenti è, invece, donazione che attua una successione particolare, non universale, che si traduce nella donazione dei singoli elementi costituenti il patrimonio o in un complesso di cose o di diritti senza il carattere di universalità.
Chiarita, in tal modo, la natura giuridica della donazione di tutti i beni presenti e tenuto fermo che - salvo patto contrario (accollo) - il donatario non è tenuto a rispondere dei debiti del donante, non vi è motivo per negarle diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento.
A nulla, poi, rileva il silenzio su tal punto mantenuto nel codice attuale, come già in quello del 1865, in quanto questa specie di donazione, regolata dal progetto preliminare, che la consentiva a condizione che il donante avesse riservato una parte dei suoi beni in modo da soddisfare eventuali obbligazioni alimentari a suo carico, non fu espressamente considerata dal progetto definitivo, non già perché ritenuta contraria ai principi informativi della materia, ma perché la sua regolamentazione giuridica appariva superflua.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

373 Non ho apportato un emendamento suggerito in riguardo al capoverso dell'art. 770 del c.c., che esclude dal concetto di donazione «la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi». Invero la formula «a causa di servizi», che si sarebbe voluta sostituire all'altra «in occasione di servizi», avrebbe snaturato il concetto di liberalità d'uso, e avrebbe piuttosto richiamato il concetto di un atto a titolo oneroso. La distinzione ha particolare importanza agli effetti della collazione, giacché l'ultimo comma dell'art. 742 del c.c. dichiara non soggette a collazione le liberalità d'uso previste in questo capoverso. Ho invece apportato alcune modificazioni all'art. 771 del c.c., il primo comma del quale, vietando di comprendere nella donazione beni futuri, sembrava escludere la possibilità di donare i frutti non ancora raccolti, che l'art. 820 del c.c. considera appunto beni futuri. L'esclusione sarebbe stata senza dubbio illogica, dato che, per il loro valore economico attuale, tali frutti avrebbero potuto formare oggetto di disposizione, come lo stesso art. 820 chiarisce: ho pertanto in sede di coordinamento eccettuato dal divieto di donare beni futuri i frutti pendenti. Il secondo comma dello stesso articolo nella sua precedente formulazione stabiliva che, qualora oggetto della donazione fosse un'universalità di cose, delle quali il donante avesse conservato il godimento trattenendole presso di sè, si consideravano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungessero posteriormente, salvo che risultasse una volontà contraria. Ho chiarito che tale volontà deve risultare dall'atto stesso. Uguale modificazione ho apportato all'art. 773 del c.c..

Massime relative all'art. 771 Codice Civile

Cass. civ. n. 144/2017

La donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi viziata da nullità rilevabile d'ufficio alla luce della complessiva disciplina dell'istituto ed, in particolare, dell'art. 771 c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 28/04/2011).

Cass. civ. n. 5068/2016

La donazione di cosa altrui o parzialmente altrui, sebbene non espressamente vietata, è nulla per difetto di causa, sicché la donazione del coerede avente ad oggetto la quota di un bene indiviso compreso nella massa ereditaria è nulla, atteso che, prima della divisione, quello specifico bene non fa parte del patrimonio del coerede donante; tuttavia, qualora nell'atto di donazione sia affermato che il donante è consapevole dell'altruità della cosa, la donazione vale come donazione obbligatoria di dare.

Cass. civ. n. 12782/2013

La donazione di cosa altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla stregua della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri riguarda tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell'usucapione decennale, poiché il titolo richiesto dall'art. 1159 cod. civ. deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Cass. civ. n. 1596/2001

La donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va intesa nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Cass. civ. n. 6544/1985

Ai fini dell'usucapione abbreviata a norma dell'art. 1159 c.c. non costituisce titolo astrattamente idoneo al trasferimento la donazione di un bene altrui, attesa l'invalidità a norma dell'art. 771 c.c. di tale negozio.

Cass. civ. n. 3490/1974

Mentre nell'ipotesi di donazione di pluralità di cose mobili che abbiano destinazione economica unitaria (cosiddetta donazione di universalità) ovvero in quella di donazione di tutti (o di una quota dei) beni del donante considerati nella loro totalità (cosiddetta donazione universale) si ha donazione unica; per contro, allorquando la donazione comprende più beni singolarmente individuati, si è in presenza di una donazione plurima; infatti l'unità o la pluralità dell'atto attributivo dipende dalla correlativa unità o pluralità del bene che ne è oggetto e non dal risultato di una indagine del tipo di quella prevista dall'art. 1419 c.c., diretta a stabilire se il donante avrebbe voluto egualmente la donazione di alcuni soltanto dei beni. La donazione concernente più beni singolarmente considerati si configura come donazione plurima per la pluralità dell'oggetto, senza alcuna necessità di indagini sulla volontà delle parti. Peraltro, ove la pluralità dei beni donati siano considerati come unico compendio, solo tale specifico atteggiamento della volontà negoziale, che deve essere espressamente dichiarato ovvero denunciato da particolarità del contenuto negoziale — come ad esempio: un elemento accidentale operativo solo in relazione a tutte le disposizioni — legittima ulteriori indagini anche in base ad elementi extratestuali.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 771 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
giovedì 27/02/2025
“Spett.le Brocardi.it
Con la presente, chiedo un parere in merito alla redazione di un atto di donazione da parte del padre non coniugato a favore della sua unica figlia, reattivamente all’ “obbligo di donare” beni futuri.
Tali beni, che saranno esclusivamente beni mobili, una volta acquistati, saranno utilizzati dal donante fino alla sua morte, con la previsione nell’atto del “constitutum possessorium”.

Nel caso di specie, il mancato ricorso all’acquisto a non domino, configura la donazione in oggetto quale traslativa di cosa futura od altrui, e si spiega che non ricadrebbe nel divieto dell’art. 771
c.c., perché´ l’attribuzione è della ‘‘res presente’’ rappresentata dal ‘diritto di credito a ricevere la donazione’’ (L ENZI , 938 s.). Analogicamente alla disciplina prevista per la compravendita, ivi compreso l’art. 1478, co. 2, c.c. il trasferimento della proprietà sarebbe dunque automatico e conseguente l’adempimento dell’obbligo di far venire ad esistenza la cosa o di acquistarla dal terzo (B IONDI , 1961, 337; G AZZONI , 86). In tali concezioni il divieto dell’art. 771 c.c. si applica alla donazione con efficacia reale e non alla donazione con oggetto la prestazione di cosa futura (B ALBI , 1949, 43 ss.; B IONDI , 1961, 339; L ENZI , 220 s.). (V. Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 15/03/2016 n° 5068)

Di seguito la clausola prevista per l’atto di donazione in questione:

La presente donazione ha lo scopo di fornire “assistenza, supporto e soccorso” da parte della donataria (figlia) a favore del donante (padre) fino alla morte del donante.
Il donante, si obbliga a trasferire alla donataria esclusivamente “beni mobili futuri” (esclusi beni immobili) che verranno acquistati dal donante e in forza del previsto constitutum possessorium, saranno utilizzati dal donante fino alla sua morte.
Entrambe le parti, donante e donataria, sono consapevoli che i “beni mobili futuri” oggetto dell’obbligo di trasferimento, “non appartengono ancora al patrimonio del donante” al momento della stipula del presente atto, ma lo saranno successivamente in seguito all’acquisto da parte del donante.
La presente donazione si configura come una “donazione obbligatoria di dare”, con oggetto una “prestazione di cosa futura” ovvero l’obbligo per il donante di procurare l’acquisto di cose.
Il donatario diverrà proprietario nel momento in cui il donante acquista la proprietà dal titolare di essa.
Gli effetti traslativi della proprietà sono “differiti e sospensivamente condizionati” all’effettivo acquisto dei beni futuri.
Il trasferimento della proprietà dei suddetti beni avverrà automaticamente nel momento in cui il donante ne diventerà proprietario mediante la conclusione dell'acquisto o la sua acquisizione a qualsiasi titolo legale.
La donazione si considera “sospensivamente condizionata” alla morte del donante e avrà effetto retroattivo “al momento dell’acquisto dei beni” durante la vita del donante, in quanto la proprietà dei beni mobili sarà trasferita retroattivamente a favore della donataria a partire dal momento dell’acquisto.

Alla luce di quanto esposto, chiedo se la suddetta donazione è legittima.
In caso di risposta negativa, quale sarebbe la soluzione giuridica per dar seguito alle volontà delle parti? (obbligo di donare beni mobili futuri, che una volta acqusitatai rimangono in uso del donante fino alla sua morte)
Inoltre, è obbligatorio che il suddetto atto venga redatto come atto pubblico e stipulato presso un Notaio o è sufficiente una scrittura privata ?

Cordiali Saluti.”
Consulenza legale i 04/03/2025
La donazione di cui si discute, per come si ha intenzione di strutturarla, si ritiene che debba farsi ricadere nel divieto di donazione di beni futuri di cui all’art. 771 c.c.
Dalla lettura di tale norma si evince esplicitamente che la donazione può avere ad oggetto soltanto beni presenti del donante, e non beni cc.dd. futuri, per tali dovendosi intendere le cose materiali, i beni immateriali, i crediti che, al momento della donazione, non esistono in rerum natura.


La ratio del divieto va individuata, almeno secondo la tesi che appare preferibile, nell’esigenza, avvertita dal legislatore, di frenare la prodigalità del donante (secondo altra tesi, la donazione di beni futuri integrerebbe una deroga all’irrevocabilità della donazione, in quanto il donante potrebbe in concreto revocare la donazione, non acquistando i beni futuri).


Sempre dalla lettura di tale norma, tuttavia, risulta la previsione di due deroghe al generale divieto di donare beni futuri, e precisamente:
  1. la prima deroga riguarda la donazione avente ad oggetto frutti, naturali e civili, non ancora separati. Questi, infatti, pur essendo qualificati dallo stesso legislatore, all’art. 820 del c.c., come “cosa mobile futura”, proprio in forza di quanto disposto nella seconda parte del primo comma dell’art. 771 c.c. possono formare oggetto di valida donazione;
  2. la seconda deroga, invece, risulta dal secondo comma dell’art. 771 c.c., il quale dispone che, se il donante, disponendo per spirito di liberalità di una universalità di cose mobili che gli appartengono, ne conserva il godimento trattenendole presso di sé, la donazione comprende anche quelle cose che si aggiungono successivamente alla universalità (è, comunque, fatta salva la diversa volontà delle parti, risultante dallo stesso atto di donazione).

A diverse conclusioni, invece, deve giungersi per la donazione di beni altrui, dovendosi al riguardo osservare che, mentre il legislatore ha espressamente previsto e regolato, all’art. 1478 del c.c., la vendita di cosa altrui, nessuna analoga disposizione ha dettato in tema di donazione.
Dottrina e giurisprudenza, però, affermano la tesi dell’ammissibilità di tale forma di donazione, ritenendo che la stessa debba farsi rientrare nell’ambito della c.d. donazione obbligatoria di cui all’ultima parte dell’art. 769 del c.c., ove viene espressamente detto che è donazione anche il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra “assumendo verso la stessa un’obbligazione”.


In altri termini, si afferma che la donazione di cosa altrui è valida se il donante assume l’obbligo di trasferire al donatario la proprietà della cosa donata, nella piena consapevolezza della alienità della cosa; il donante, dunque, dovrebbe acquistare il bene dal proprietario e poi trasferirlo, come cosa propria, al donatario.
Il contratto che si andrebbe a stipulare avrebbe la struttura di un contratto preliminare di donazione di cosa altrui, da cui nascerebbe un obbligo di dare, come nel caso del preliminare di vendita di cosa altrui.


In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, SS.UU., con sentenza n. 5068 del 15.03.2016, in cui si legge quanto segue: “La donazione è un negozio giuridico valido ed efficace a condizione che il bene si trovi nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto. Nel caso in cui la cosa non appartenga al donante, questi deve assumere espressamente e formalmente nell’atto l’obbligo di procurare l’acquisto dal terzo al donatario. Dunque, la donazione di bene altrui vale come donazione obbligatoria di dare purchè l’altruità sia conosciuta dal donante e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico.
Nel caso in cui, invece, l’altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, il contratto non può produrre effetti obbligatori né potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui”.


In considerazione di quanto fin qui è stato detto, dunque, si ritiene che la volontà delle parti possa trovare attuazione in due diversi modi:
  1. facendo ricorso al secondo comma dell’art. 771 c.c., ovvero prevedendo quale oggetto della donazione una o più universalità di mobili (ad esempio il mobilio che arreda la casa del donante), di cui il donante continua a mantenere il godimento. In tal modo, senza ricadere nel divieto di donazione di beni futuri, si considereranno comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungeranno successivamente;
  2. prevedendo quale oggetto di donazione, ex art. 769, comma secondo c.c., la nuda proprietà, con riserva di usufrutto, di tutti i beni mobili che il donante acquisterà da uno o più terzi, i quali terzi è bene che siano espressamente indicati nello stesso contratto di donazione, per potersi configurare come donazione obbligatoria di cosa altrui.

Una donazione di tale tipo va qualificata, secondo quanto si legge anche in giurisprudenza, quale ipotesi di donazione obbligatoria, come tale valida, ma inefficace, ossia non produttiva di effetti reali sino a quando il donante non acquisti la proprietà del bene o dei beni oggetto di donazione.


Per ciò che concerne la forma, si ritiene che non lasci alcun dubbio il combinato disposto degli artt. 782 e 783 c.c., dai quali si desume che è sempre necessaria la forma dell’atto pubblico se trattasi di donazione di non modico valore (nel qual caso, invece, sarebbe sufficiente la semplice traditio).
Il primo comma dell’art. 782 c.c. aggiunge che, se la donazione ha per oggetto cose mobili, “essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio”.


Chiaramente, nel caso in esame, questa parte della norma non potrà trovare pratica attuazione, sia qualora dovesse scegliersi la soluzione della donazione di una universalità di mobili che quella della donazione obbligatoria di beni altrui (in entrambi i casi, infatti, risulta impossibile specificare i singoli beni oggetto di donazione).


Anonimo chiede
giovedì 16/06/2022 - Veneto
“Il sottoscritto (Tizio) è proprietario al 50 % di un immobile indiviso, proveniente da successione ereditaria.. Rimanente 50 % è proprietà della sorella Caia.
Nel 2020 Tizio dona a sua figlia Sempronia l’usufrutto vitalizio per la sua quota. La sorella afferma che in base alla sentenza delle sezioni Unite n 5068 del marzo 2016 la donazione dell’usufrutto contrasta con il divieto di cui all’art. 771 cc e ne chiede l’annullamento ( vedi punto 1 e 2 dell’allegato)
NOTA BENE :
1 Tizio rimane nudo proprietario del suo 50 % -
2 – dall’atto di usufrutto risulta essere noto alle parti che la quota di un mezzo donata è indivisa ( vedi punto 3 dell’allegato)


DOMANDA : contrasta questa donazione con la sentenza cassazione civile sezioni unite nr 5068 del 15-03-2016? sul tema donazioni beni futuri ??”
Consulenza legale i 22/06/2022
L’elemento che contraddistingue la donazione in esame dall’ipotesi giunta al vaglio della Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 15/03/2016, n.5068 è la natura del diritto che ne costituisce l’oggetto.
Nella particolare fattispecie analizzata dalla S.C., infatti, ciò che ha formato oggetto di donazione è la quota indivisa di nuda proprietà (con riserva di usufrutto) di due appartamenti, rientranti nella massa comune.
La Corte di Cassazione non fa altro che confermare la decisione dei giudici di primo e secondo grado, i quali avevano dichiarato la nullità della donazione in forza di quanto disposto dall’art. 771 c.c., sostenendo che la “futurità” a cui fa riferimento tale norma debba intendersi non solo in senso oggettivo, ma anche in senso soggettivo, dovendosi ricomprendere nel concetto di bene altrui anche la quota indivisa sul bene facente parte di un compendio ereditario, “non esistendo una quota ideale della proprietà di questi beni in capo al donante finchè non intervenga la divisione”.

In particolare, secondo le Sezioni Unite una valida donazione di beni altrui richiede una formale ed espressa assunzione da parte del donante (risultante dallo stesso atto di donazione) dell’obbligazione di procurare al donatario la proprietà della cosa, acquistandola dal terzo proprietario.
In tal modo la donazione di beni altrui può valere come donazione obbligatoria di dare; tuttavia, affinchè ciò possa verificarsi, occorre che la circostanza dell’altruità del bene e l’assunzione dell’obbligo da parte del donante risultino espressamente e formalmente dall’atto pubblico, non potendosi desumere da un’interpretazione complessiva delle clausole del contratto né dal contegno delle parti, ancorchè posteriore alla conclusione dello stesso.

Ora, è proprio nella argomentazione appena riportata nonché nella circostanza che oggetto di donazione è stato il diritto di usufrutto, che si ritiene possa rinvenirsi il fondamento della piena validità della donazione in esame.
Come risulta abbastanza chiaramente dalla comune definizione che dell’usufrutto viene data, è tale quel particolare diritto reale che consente a chi ne è titolare (l’usufruttuario) di godere e disporre della cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che può dare, compresi i frutti, con l’obbligo di non mutarne la destinazione economica (cfr. art. 981 del c.c.).
Ciò che ha costituito oggetto di donazione, dunque, non è un bene futuro, bensì un diritto reale di godimento attuale, consistente nel potere di usare il bene e di farne propri i frutti.
L’altruità del bene, a cui fa riferimento la S.C., pertanto, è già insita nella natura stessa dell’usufrutto, non necessitando per tale ragione che di essa se ne faccia espressa menzione nell’atto di donazione.

Neppure può opporsi, al fine di far valere la nullità della donazione, la circostanza che la stessa abbia avuto ad oggetto beni non ancora facenti parte del patrimonio del donante, in quanto il diritto di usufrutto si caratterizza per la sua temporaneità.
Da ciò se ne deve far conseguire che, qualora in sede di divisione il bene interessato dalla donazione del diritto di usufrutto dovesse essere attribuito ad un coerede diverso dal donante, il diritto di usufrutto verrebbe ipso iure ad estinguersi, potendosi tale ipotesi assimilare a quella del perimento della cosa su cui è stato costituito ex art. 1014 n. 3 c.c.

In conclusione, dunque, la donazione del caso di specie deve ritenersi valida per le seguenti ragioni:
a) il diritto di usufrutto donato è un diritto attuale e non futuro;
b) l’altruità del bene è insita nella natura stessa dell’usufrutto;
c) si tratta di un diritto che viene in ogni caso ad estinguersi nel momento in cui, in sede di divisione, i beni sui cui l’usufrutto è stato costituito non dovessero essere assegnati al nudo proprietario.

Antonio chiede
mercoledì 23/03/2011 - Puglia

“Vorrei sapere cortesemente se nel caso di donazione futura (non si sa ancora di quali beni) di genitore ad un figlio per il caso di sua morte, ci si debba rivolgere ad un notaio o se l'interessato possa presentarsi in un
ufficio di anagrafe dichiarando di volere fare una autentica della sua firma su un foglio ad uso bollo. In quale circostanze va applicato l'imposta di bollo?
Ringrazio Vivamente.”

DANIELE B. chiede
lunedì 20/12/2010
“Salve, è valido un atto regolarmente rogitato di un bene futuro? Vale a dire può essere oggetto di donazione da parte dei genitori a favore della figlia un immobile di nuova costruzione, già acquistato dai genitori ma di costruzione non ancora ultimata? I donanti in questo caso sono i legittimi proprietari ma il bene è futuro nel senso che ancora non esiste allo stato. Grazie”
Consulenza legale i 22/12/2010

Come noto, l’art. 771 del c.c. vieta, a pena di nullità, la donazione di beni futuri, quale un immobile ancora da costruire.

Secondo autorevole parte della dottrina tale disposizione non è però applicabile nel caso di donazioni indirette (cioè donazione del denaro necessario per acquistare il bene immobile): ciò perché l’art. 771 c.c. non assumerebbe una funzione sociale, essendo volto alla sola tutela del donante. Quindi, la sua applicazione sarebbe legata al mezzo impiegato - la donazione tipica - e non al risultato che si intende raggiungere.
La ratio del divieto è, quindi, quella di evitare che il donante si spogli di un bene di cui non si ha ancora la proprietà, cioè l’esigenza di porre un "freno" alla prodigalità del donante, mentre invece, nel caso di specie, i genitori si spogliano immediatamente del denaro per l’acquisto immobiliare.
Il rogito notarile potrebbe pertanto essere validamente concluso.

Si fa notare che il notaio avrebbe potuto valutare la possibilità di utilizzare, eventualmente, strumenti giuridici diversi, quali l’acquisto immediato da parte del figlio del suolo e la successiva stipula di un contratto di appalto per la costruzione dell’appartamento, il tutto sempre con pagamento del terzo genitore; oppure, la previa donazione diretta da parte dei genitori del denaro necessario al figlio, vincolata alla condizione risolutiva che tale somma venga utilizzata per il successivo acquisto immobiliare.
In entrambe le ipotesi l’oggetto della liberalità sarebbe un bene esistente e non futuro: una donazione indiretta del suolo, nel primo caso, una donazione diretta del denaro, nel secondo.


Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.