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Articolo 1419 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Nullità parziale

Dispositivo dell'art. 1419 Codice Civile

La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità(1).

La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative [1573, 1679 comma 4, 1932 comma 2, 1962 comma 2, 2077 comma 2](2).

Note

(1) E' discusso se l'essenzialità debba essere valutata alla stregua di criteri oggettivi o soggettivi, fermo restando che devono essere tenute in considerazione entrambe le parti. A volte è la legge stessa a stabilire circa la nullità dell'intero contratto (v. art. 36 del codice consumo).
La regola in esame è applicata dalla giurisprudenza anche in tema di collegamento negoziale (che sussiste qualora le parti agiscano per ottenere un determinato risultato ponendo in essere non uno ma più negozi).
(2) Ad esempio, nel caso di patto di non concorrenza stabilito per una durata superiore a cinque anni (v. 2596 2 c.c.).

Ratio Legis

La norma costituisce espressione del principio di conservazione del contratto, conservazione che può operare sulla base della volontà delle parti (comma 1) o dell'operare della legge (comma 2).

Brocardi

Condicio causam dans
Utile per inutile non vitiatur

Spiegazione dell'art. 1419 Codice Civile

Concetto di nullità parziale

Oltre che nullità totale del contratto, può aversi nullità parziale del medesimo quando la nullità investe solo una parte del contratto o solo una delle clausole del contratto. Ciò può verificarsi per le stesse cause che danno luogo alla nullità totale: ad esempio una sola delle disposizioni simulata o priva della forma legale o illecita o sottoposta a condizione impossibile o illecita (cfr. art. 1354, ultimo comma, cod. civ.).

Se la parte nulla o la clausola nulla è oggettivamente e inscindibilmente collegata con le altre parti o clausole non colpite dalla nullità, allora la nullità parziale involge senz'altro la nullità totale del contratto. Se invece questo collegamento oggettivo manca, allora si deve indagare se sussista o meno un collegamento soggettivo. Il modo con cui deve essere condotta questa indagine è stabilito nell'art. 1419 cod. civ., il quale non trova riscontro nel codice abrogato.

La norma prevede due ipotesi distinte: l'ipotesi di nullità parziale e l'ipotesi di nullità di singole clausole. La distinzione non è perspicua, dato che non è dubbio, e del resto risulta anche dalla lettera dell'articolo, che anche la nullità di singole clausole è una nullità parziale; in pratica poi non è facile distinguere tra quella che il codice chiama nullità parziale e la nullità di singole clausole. Comunque, se non si vuole fare un'interpretazione abrogata di questa distinzione, la c.d. nullità parziale deve essere riferita alla nullità di una parte della disposizione (es.: un contratto di locazione ultratrentennale) e la nullità delle singole clausole alla nullità di una o più disposizioni qualora il contratto consti di più disposizioni.

Accogliendo e precisando il principio di diritto comune secondo cui utile per inutile non vitiatur, l'art. 1418 stabilisce la regola che la nullità parziale non involge la nullità dell'intero contratto, a meno che risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. Non si tratta qui di un'interpretazione dell'effettiva volontà delle parti, ma del riconoscimento di una volontà ipotetica, cioè di quella volontà che le parti avrebbero avuto se avessero saputo che una parte del contratto che intendevano concludere era priva di efficacia.

Per questo lato la nullità parziale si avvicina alla conversione; le due figure restano però sempre concettualmente distinte, giacché mentre nella conversione l'efficacia riconosciuta dalla legge alla dichiarazione negoziale è un aliud rispetto a quella voluta dalle parti, nell'inefficacia parziale è un minus. Si possono poi rinvenire altre differenze secondarie tra i due istituti: nel caso di nullità parziale la legge presume la sussistenza di questa volontà ipotetica, onde la prova dell'assenza incombe alla parte che ha interesse alla nullità totale del contratto; nel caso di conversione invece si presume l'assenza della volontà ipotetica diretta alla conclusione del diverso negozio e la prova della sussistenza di questa volontà incombe alla parte interessata alla conversione; inoltre, mentre nel caso di conversione la legge limita, molto opportunamente, gli elementi da cui si può desumere l'esistenza di tale volontà ipotetica, nella nullità parziale nessun limite è posto agli elementi in base ai quali individuare l'assenza di tale volontà, la quale quindi si può desumere anche dalle circostanze del contratto, etc.

La esattezza dell'affermazione della diversità dei due istituti è chiaramente provata dal fatto che in uno stesso negozio possono concorrere entrambi. Ciò si verifica quando la legge nega efficacia ad una delle varie disposizioni negoziali e si può ritenere che le parti, se avessero conosciuto questa inefficacia, avrebbero voluto le disposizioni residue ed alla disposizione inefficace avrebbero sostituito una disposizione diretta ad effetti giuridicamente diversi, ma rientranti nello stesso scopo empirico.

Per quanto con modalità e presupposti diversi, la norma dell'articolo 1419 e la norma dell'art. 1424 cod. civ. mirano al soddisfacimento della stessa esigenza: la conservazione del contratto. Questo della conservazione del contratto è un principio generale e fondamentale del nostro diritto, attuato dal legislatore con una tale varietà e molteplicità di mezzi che non è facile precisarne con una formula generale l'esatto contenuto. Con una enunciazione analitica si può dire che questo principio mira: a) ad evitare, con la norma preventiva dell'art. 1367 cod. civ. ed il relativo dovere della parte a conoscenza di una causa di inva­lidità di darne comunicazione all'altra parte, la formazione di contratti inefficaci; b) a permettere l'utilizzazione di una dichiarazione di volontà inefficace, ricollegandovi gli effetti di una dichiarazione di contenuto diverso, attraverso l'istituto della conversione (art. 1424 cod. civ.) ; c) a mantenere, con la norma dell'art. 1419 cod. civ., l'efficacia residua di un contratto nel caso di inefficacia di una parte di esso; d) ad eliminare la possibilità che un atto efficace diventi inefficace, con le norme degli articoli 1430, 1432 e 1450 cod. civ.; e) a imporre all'interprete, nel caso di dubbio circa l'efficacia o meno del contratto, di interpretarlo ut magis valeat quam pereat (art. 1368 cod. civ.); f) a conservare efficacia al negozio, trattandosi di negozi mortis causa, nonostante l'illiceità o l'impossibilità della condizione apposta (art. 634 cod. civ.).

Il secondo comma dell'art. 1418 contiene un'eccezione al principio stabilito nel primo comma. Infatti, anche se risulta che il contratto non sarebbe stato concluso senza la clausola colpita da nullità, non si ha nullità totale del contratto se la clausola nulla è sostituita di diritto da norme imperative. Ciò si verifica, tra l'altro, nel caso degli articoli 1679, 4° comma; 2666, 2° comma; 2115, 3° comma cod. civ. Tecnicamente la sostituzione di una clausola nulla con la clausola stabilita dalla norma cogente costituisce una conversione (legale) parziale del contratto (v. infra, p. 697).

La nullità parziale legale

Accanto alla nullità parziale disciplinata nell'art. 1420 cod. civ., il nostro diritto conosce un'altra forma di nullità parziale, nella quale la conservazione dell'efficacia residua avviene indipendentemente da ogni considerazione della volontà ipotetica delle parti.

Il codice fa frequenti applicazioni di questa figura, che, con una terminologia non molto precisa, ma largamente usata dalla dottrina nei confronti di vari istituti, si può chiamare nullità parziale legale, in contrapposto alla nullità parziale volontaria, nella quale, come si è visto,
la conservazione degli effetti non esclusi dalla norma è subordinata alla sussistenza di una volontà ipotetica delle parti. Ci limitiamo a ricordare il caso della donazione che comprende anche beni futuri del donante e che viene ridotta nel limite dei beni presenti (art. 771 cod.. civ.), del legato di cosa da prendersi in un certo luogo e del legato di credito o di liberazione, i quali hanno effetto per la sola parte che si trova in quel luogo e per la sola parte del debito o del credito che sussiste al tempo della morte del testatore (articoli 655, 658 cod. civ.), della fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più onerose, che viene ridotta nei limiti dell'obbligazione principale (articoli 842, 844 cod. civ.); della disposizione contenente una sostituzione fidecommissoria, in cui la nullità della sostituzione non pregiudica la validità della istituzione di erede o del legato (art. 900 cod. civ.), della pattuizione nel mutuo di interessi superiori alla misura legale e non stipulati per iscritto o di interessi usurari, la quale viene ridotta agli interessi legali (articolo 1284, ultimo cpv. e 1815 cpv. cod. civ.), del patto di riscatto avente per oggetto la restituzione di un prezzo superiore a quello stipulato, che è nullo per l'eccedenza (art. 1500 cpv. cod. civ.), ed in genere il caso dei negozi stipulati per un periodo di tempo superiore a quello consentito dalla legge, che vengono ridotti al termine legale (es.: articoli 1501 e 1573 cod. civ.).

La nullità parziale legale non è che una delle vane forme in cui si attua, in deroga alla regola generale della corrispondenza dell'efficacia del negozio all'intento empirico delle parti, l’intervento autoritario della norma nei confronti dell'efficacia negoziale. Infatti, come la legge può, prescindendo da ogni considerazione della volontà, anche meramente ipotetica, delle parti, attribuire al negozio un'efficacia minore di quella voluta (nullità parziale legale), così può ricollegarvi una efficacia maggiore, come avviene nel caso, ad esempio, delle conclu­sioni di un negozio annullabile, il quale produce tutti gli effetti voluti dalle parti ed in più l’effetto, che non può dirsi voluto, di costituire la facoltà di agire per l'annullamento, oppure può anche ricollegarvi una efficacia diversa, come avviene nel caso di conversione legale.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

278 Data l'elencazione fatta dall'art. 182, nell'iniziare la esposizione dei principi concernenti la nullità del contratto mi sono limitato a dire genericamente che tale nullità opera quando il contratto manchi degli elementi essenziali per la sua esistenza, aggiungendo l'ulteriore ipotesi di contrarietà alle norme imperative o proibitive della legge.
Mancava, però, nel progetto del 1936 la disciplina delle nullità parziali. Vi ho provveduto nei due ultimi comma dell'art. 296, applicando il principio utile per inutile non vitiatur.
Là dove risulta che i contraenti non avrebbero voluto il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità, la nullità parziale trascina nei suoi effetti tutto il contratto, diversamente il contratto resta valido. Si contempla, però, un'eccezione; quella in cui è previsto che norme imperative sostituiscono di diritto singole clausole contrattuali. Tale ipotesi si ha in modo particolare nei contratti individuali di lavoro, e nei casi in cui si è trascurato di determinare per iscritto la misura ultralegale dell'interesse civile: allora la volontà stessa della norma esclude che si possa considerare essenziale la clausola nulla, tenuto conto che le parti non potevano ignorare la norma proibitiva e che, se si proclamasse in tali casi la nullità del contratto nel suo complesso, si renderebbe impossibile la stessa inserzione automatica nel rapporto delle disposizioni imperative.

Massime relative all'art. 1419 Codice Civile

Cass. civ. n. 9616/2023

Il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla. (Fattispecie in tema di clausola "claims made" apposta ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile).

Cass. civ. n. 21965/2019

In tema di locazione, la nullità della clausola che limita la durata di un contratto soggetto alle disposizioni dell'art. 27, l. 392/1978 ad un tempo inferiore al termine minimo stabilito dalla legge determina l'automatica eterointegrazione del contratto, ai sensi del secondo comma dell'art. 1419 c.c., con conseguente applicazione della durata legale prevista dal quarto comma del citato art. 27, risultando irrilevante l'avere le parti convenuto che l'invalidità anche di una sola clausola contrattuale comporti il venir meno dell'intero negozio. È, viceversa, consentito alle parti convenire una locazione per periodi più lunghi di quello minimo previsto dalla legge, in quanto l'art. 27 considera inderogabile la (sola) durata minima senza porre limiti a quella massima, che rimane pertanto ancorata alla generale disposizione di cui all'art. 1573 c.c., secondo la quale sono consentite le locazioni sino a trent'anni.

Cass. civ. n. 20388/2018

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di accertamento della nullità di un contratto o di una singola clausola contrattuale ha il potere-dovere di rilevare d'ufficio - previa instaurazione del contraddittorio sul punto - l'esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che abbia carattere portante ed assorbente e che emerga dai fatti allegati e provati o comunque dagli atti di causa, salvo che non si tratti di nullità a regime speciale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, pur in assenza di contestazione specifica della lavoratrice, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto per mancata prova delle ragioni tecnico-organizzative e sostitutive addotte dal datore di lavoro).

Cass. civ. n. 16051/2018

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto, deve rilevarne d'ufficio la nullità solo parziale e qualora le parti, all'esito di tale indicazione officiosa, omettano di proporre un'espressa istanza di accertamento di tale nullità, deve rigettare l'originaria pretesa, non potendo inammissibilmente sovrapporsi ad esse nelle valutazioni e determinazioni da loro espresse nel processo.

Cass. civ. n. 23644/2017

Nel caso in cui il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità parziale del contratto ne rilevi di ufficio la nullità totale, le parti, all'esito di tale dichiarazione, devono proporre appello per violazione dell' art. 101 c.p.c.; in mancanza, l'accertamento contenuto nella sentenza di nullità totale del contratto è idoneo a produrre l'effetto di un giudicato preclusivo anche con riguardo alla nullità parziale.

Cass. civ. n. 2314/2016

La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende all'intero contratto, o a tutta la clausola, ove l'interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un'esistenza autonoma, nè persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

Cass. civ. n. 23950/2014

La nullità della singola clausola contrattuale comporta la nullità dell'intero contratto ovvero all'opposto, per il principio "utile per inutile non vitiatur", la conservazione dello stesso in dipendenza della scindibilità del contenuto negoziale, il cui accertamento richiede, essenzialmente, la valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all'eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, dunque, in funzione dell'interesse in concreto dalle stesse perseguito.

Cass. civ. n. 6364/2011

Ai fini dell'operatività della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1419 c.c., il quale contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a prevedere la nullità delle clausole difformi, ne impongano e dispongano, altresì, espressamente la sostituzione. Infatti, la locuzione codicistica ("sono sostituite di diritto") va interpretata non nel senso dell'esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell'automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina.

Cass. civ. n. 11673/2007

In materia di contratti, agli effetti dell'interpretazione della disposizione contenuta nell'art. 1419 c.c., vige la regola secondo cui la nullità parziale non si estende all'intero contenuto della disciplina negoziale se permane l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto emerge dall'attività ermeneutica svolta dal giudice; per converso, l'estensione all'intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata.

Cass. civ. n. 10690/2005

L'estensione all'intero contratto della nullità delle singole clausole o del singolo patto, secondo la previsione dell'art. 1419 c.c. - applicabile ex art. 1324 c.c. anche agli atti unilaterali - ha carattere eccezionale, perché deroga al principio generale della conservazione del contratto, e può essere dichiarata dal giudice solo se risulti che il negozio non sarebbe stato concluso senza quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità, e cioè solo se il contenuto dispositivo del negozio, privo della parte nulla, risulti inidoneo a realizzare le finalità cui la sua conclusione era preordinata (nell'affermare il suindicato principio la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito che, in presenza di un atto di accollo di mutuo fondiario garantito da ipoteca concesso sull'immobile compravenduto e del successivo pignoramento del medesimo con notificazione di tutti gli atti della procedura esecutiva avvenuta presso il domicilio dagli accollanti «in via suppletiva» eletto nell'atto notificato ex art. 20 t.u. della legge sul credito fondiario approvato con r.d. n. 646 del 1905 alla Banca mutuante, aveva rigettato l'eccezione di nullità delle suddette notificazioni per essere state esse effettuate presso un domicilio la cui elezione era inscindibilmente connessa con quella operata «in via principale» quest'ultima, peraltro, nel caso in violazione dell'art. 20 del citato t.u. in quanto relativa a Comune (Roma) non ricompreso nel circondario del tribunale (Civitavecchia) in cui era situato l'immobile ipotecato. La S.C. ha ritenuto infondato l'assunto dei ricorrenti secondo cui tale clausola, nella loro intenzione, presupponesse la validità della prima indicazione di domicilio, ponendo in rilievo come la domiciliazione in via suppletiva rispondesse ad un loro preciso interesse - giacché in mancanza l'Istituto sarebbe stato libero di procedere esecutivamente nei confronti del debitore originario, lasciandoli completamente all'oscuro degli sviluppi della procedura - , escludendo che la nullità dell'indicazione di domicilio effettuata «in via principale» riverberasse i suoi effetti anche sulla domiciliazione effettuata «in via suppletiva»).

Cass. civ. n. 8794/2000

L'inserzione automatica di norme imperative in sostituzione di una clausola contrattuale affetta da nullità può dirsi legittima, a norma dell'art. 1419, comma secondo c.c., soltanto se la sostituzione stessa debba avvenire «di diritto», in forza, cioè, di un'espressa disposizione di legge la quale, oltre a comminare la nullità di una determinata clausola, ne imponga anche la sostituzione con una normativa legale, mentre la predetta inserzione non è attuabile qualora il legislatore, nello stabilire la nullità di una clausola o di una pattuizione, non ne abbia espressamente prevista la sostituzione con una specifica norma imperativa (fattispecie in tema di clausola di un contratto preliminare contenente una pattuizione contraria alla norma di cui art. 60 D.P.R. 634/1972 — previsione di indicazione di un prezzo minore di quello realmente pattuito in sede di rogito notarile —, ritenuta nulla dalla S.C., ma non sostituibile dal combinato disposto degli artt. 41, 60 e 70 del citato D.P.R., mancando, nella specie, l'elemento rigidamente predeterminato destinato a sostituirsi alla clausola contrattuale).

Cass. civ. n. 645/1999

La disposizione dell'art. 1419, secondo comma, c.c., a norma della quale la nullità di singole clausole contrattuali non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative, impedisce che al risultato dell'invalidità dell'intero contratto possa pervenirsi in considerazione della sussistenza di un vizio del consenso cagionato da errore di diritto essenziale, avente ad oggetto la clausola nulla in rapporto alla norma imperativa destinata a sostituirla, poiché l'essenzialità di tale clausola rimane esclusa dalla stessa prevista sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico. (Fattispecie relativa a clausola di contratto collettivo escludente il computo di indennità di presenza, corrisposta obbligatoriamente e continuativamente, nell'indennità di anzianità prevista dagli artt. 2120 e 2121 c.c. nel testo previgente).

Cass. civ. n. 7822/1997

Ai fini dell'operatività della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 1419 c.c. il quale contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a prevedere la nullità delle clausole difformi, ne impongano o dispongano — altresì espressamente la sostituzione. Infatti, la locuzione codicistica (»sono sostituite di diritto») va interpretata non nel senso dell'esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell'automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina.

Cass. civ. n. 10050/1996

Quando la nullità investe singole clausole di un contratto collettivo (al quale è applicabile la disciplina della nullità parziale di cui all'art. 1419 codice civile), per il principio della conservazione del contratto, che costituisce la regola nel sistema del codice civile, l'estensione all'intero contratto degli effetti della nullità deve essere provata rigorosamente dalla parte interessata la quale, all'uopo, è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da nullità non ha esistenza autonoma, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

Cass. civ. n. 1306/1995

L'estensione all'intero contratto della nullità delle singole clausole o del singolo patto, secondo la previsione dell'art. 1419 c.c., ha carattere eccezionale perché deroga al principio generale della conservazione del contratto e può essere dichiarata dal giudice solo in presenza di una eccezione della parte che vi abbia interesse perché senza quella clausola non avrebbe stipulato il contratto; tale interesse deve essere negato per la parte che pretende di estendere la nullità di una clausola per sé sfavorevole anche a tutto il contratto se questo contenga solo altre clausole favorevoli o che non siano chiaramente legate alla clausola nulla, perché la nullità di una clausola sfavorevole per una parte, fino a quando non sia estesa alle clausole favorevoli, può arrecare alla parte medesima solo un vantaggio. (Nella specie, in relazione ad un accordo che realizzava uno scambio di quote indivise di due diversi immobili e la cessione della quota indivisa di altro immobile per un corrispettivo in denaro, una parte aveva chiesto di estendere all'intero contratto la nullità relativa alla cessione della sua quota al fine di invalidare anche il patto di alienazione, dietro corrispettivo in denaro, della sua quota su altro immobile).

Cass. civ. n. 5675/1987

Agli effetti della disposizione dettata dall'art. 1419 c.c. sulla nullità parziale, applicabile anche al contratto collettivo di lavoro, l'accertamento se la parte del contratto inficiata da nullità costituisca una clausola va condotto in termini sostanziali, e non formali, identificandosi la clausola in un unitario elemento precettivo del contratto, che può articolarsi anche in più disposizioni, ed è riservato al sindacato del giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Peraltro, quando la nullità investe singole clausole per il principio di conservazione del contratto (utile per inutile non vitiatur), che costituisce la regola nel sistema del codice civile, l'estensione all'intero contratto degli effetti della nullità deve essere provata rigorosamente dalla parte interessata, che all'uopo, è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da invalidità non ha un'esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

Cass. civ. n. 1184/1983

Nel caso di nullità di una clausola contrattuale per vizio di una parte di essa, la sostituzione della norma imperativa deve avvenire rispetto all'intera clausola, e non già mediante la trasfusione di una parte soltanto della norma in quella parte della clausola che ne determina la nullità.

Cass. civ. n. 2411/1982

In caso di nullità parziale di un negozio, l'indagine diretta a stabilire, ai fini della conservazione del negozio stesso, se la pattuizione nulla debba ritenersi essenziale va condotta con criterio oggettivo, con riferimento alla perdurante utilità del contratto rispetto agli interessi con esso perseguiti; pertanto, il principio di conservazione deve escludersi solo quando la clausola, e il patto nullo si riferiscono ad un elemento essenziale del negozio oppure si trovino con le altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza che queste non possano sussistere in modo autonomo.

Cass. civ. n. 2176/1977

Nell'ipotesi di nullità parziale di un contratto la rilevabilità d'ufficio della nullità di una parte o di una clausola del contratto non consente al giudice di pronunziare la nullità dell'intero negozio, in mancanza della dimostrazione dell'esistenza di un rapporto di necessaria inscindibilità tra la clausola nulla e il restante contenuto negoziale e, per il principio dispositivo che regola la materia negoziale e il processo civile, il giudice non può procedere d'ufficio a tale indagine, qualora essa richieda accertamenti di fatto sulla reale volontà delle parti contraenti.

Cass. civ. n. 1194/1977

Il capoverso dell'art. 1419 c.c., riguardante la nullità parziale del contratto, si applica quando una clausola contrattuale sia nulla, venendo essa in tal caso sostituita di diritto da norme imperative, ma non quando l'intero contratto sia nullo per non essere determinato l'oggetto (nella specie, il canone di una locazione urbana), se la legge non sopperisca al difetto della volontà privata.

Cass. civ. n. 3351/1976

La nullità del contratto come conseguenza della nullità di parte di esso o di sue singole clausole non può essere dichiarata dal giudice se la parte non alleghi e dimostri che la volontà negoziale è stata condizionata, cioè influenzata in maniera determinante, dalla singola pattuizione nulla, trattandosi di nullità che non inerisce alla struttura oggettiva del contratto, bensì deriva da un particolare atteggiamento della volontà negoziale nel rapporto fra una parte di essa e il tutto.

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Giuseppe chiede
martedì 01/02/2011

“La fideiussione firmata da una persona avente un'età anagrafica di 78 anni, titolare di sola pensione sociale di 500,00 euro mensili e proprietaria di un piccolo immobile può essere considerata valida?”

Consulenza legale i 11/02/2011

In generale, le caratteristiche personali del fideiussore - che è colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui - sono irrilevanti per la validità del contratto.
Tuttavia, il fideiussore deve essere in possesso della capacità di agire (art. 2 del c.c.) e della capacità naturale (art. 428 del c.c.).
Precisa, inoltre, l'art. 1939 del c.c. che la fideiussione non è valida se non è valida l'obbligazione principale (art. 1418 del c.c.), salvo che sia prestata per un'obbligazione assunta da un incapace.