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Articolo 1266 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Obbligo di garanzia del cedente

Dispositivo dell'art. 1266 Codice Civile

Quando la cessione è a titolo oneroso(1), il cedente è tenuto a garantire l'esistenza del credito al tempo della cessione(2) [1410]. La garanzia(3) può essere esclusa per patto(4), ma il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio.

Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l'evizione [797].

Note

(1) La cessione è un contratto a causa variabile, cioè può soddisfare diverse esigenze: può essere stipulata, ad esempio, a titolo oneroso, senza corrispettivo, con funzione solutoria, con funzione di garanzia, ecc.
(2) E' inesistente, ad esempio, il credito prescritto, già adempiuto o che non sia nella disponibilità del cedente; altresì, il credito nullo, annullabile, derivante da contratto risolubile o rescindibile.
(3) La garanzia comprende l'obbligo di restituire quanto ricevuto e di risarcire l'eventuale danno.
(4) Il patto, invece, non può rendere più gravosa la garanzia.

Ratio Legis

La norma regola i rapporti tra cedente e cessionario per quel che riguarda la veritas nomini, cioè l'esistenza del credito: se la cessione è onerosa, il cedente è tenuto a garantirla, a causa del corrispettivo che riceve per la cessione stessa; la gratuità della cessione, invece, giustifica una minore garanzia a carico del cessionario.
La garanzia è sempre dovuta se l'inesistenza dipende da fatto del cedente: se così non fosse si rimetterebbe al suo mero arbitrio la possibilità del cessionario di essere soddisfatto.

Brocardi

Cessio pro soluto
Cessio pro solvendo
Nomen bonum
Nomen verum
Solvendi causa
Veritas nominis

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

123 Sono raggruppate sotto l'art. 137 le regole concernenti la garanzia del nomen verum, che la Commissione reale aveva frazionato negli articoli 267 e 269 del suo progetto; si è poi considerato, che nel caso di cessione a titolo gratuito, la garanzia medesima non potrebbe coprire soltanto il fatto proprio del cedente, come è detto nell'art. 269 del progetto della Commissione reale, dato che l'art. 344 del libro delle successioni e delle donazioni la ammette anche nell'ipotesi in cui essa è stata espressamente promessa, nei casi di costituzione di dote o di patrimonio familiare (entro certi limiti), nella donazione con onere e nella donazione remuneratoria: è sembrato, perciò, preferibile rinviare per la cessione gratuita alle regole valevoli per la donazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

582 La formula dell'art. 1542 cod. civ. del 1865 circa la garanzia del nomen verum è stata chiarita e integrata. Il cedente è tenuto per legge a tale garanzia, ma le parti possono convenire che essa non sia dovuta; non possono mai escluderla tuttavia per quanto riguarda il fatto proprio del cedente (art. 1266 del c.c., primo comma). La cessione può essere fatta a titolo gratuito: per tale ipotesi la garanzia deve intendersi disciplinata dalle regole concernenti l'obbligo di garanzia del donante (art. 797 del c.c.), a cui l'art. 1266 del c.c., secondo comma, espressamente rinvia. La garanzia del nomen bonum rimane, come nel sistema del codice civile del 1865, esclusivamente convenzionale (art. 1267 del c.c., primo comma). Essa però non ha per oggetto una responsabilità limitata all'importo del prezzo della cessione, come prescriveva l'art. 1543 cod. civ. del 1865, ma comprende anche gli interessi, le spese della cessione, quelle relative all'escussione del debitore e il risarcimento del danno. In tal modo si è dato alla garanzia del nomen bonum un utile contenuto pratico; sarebbe stata evidente la sua irrisorietà quando avesse dovuto lasciare a carico del cessionario ogni legittimo pagamento che, in aggiunta al prezzo, fosse stato eseguito per la cessione e per l'escussione del debitore ceduto, e quando i danni dell'insolvibilità del debitore avessero dovuto rimanere a carico del cessionario. Il contenuto legale di questa garanzia, per l'art. 1267 del c.c., primo comma, può essere ridotto, ma non aumentato. Non appagava il limite di tempo stabilito nell'art. 1544 del codice del 1865 per la garanzia in discorso. Questa (tranne che per la rendita vitalizia) durava un anno se le parti non avevano stabilito un termine più lungo; ora è chiaro che tale limitazione (fissata in una norma di significato non perspicuo) si risolveva a svantaggio del debitore ceduto, al quale il cessionario non avrebbe potuto usare tolleranze legittime, nemmeno quando esse non avrebbero prevedibilmente aggravata la posizione giuridica del cedente. La limitazione stessa intendeva evitare che la garanzia durasse indefinitamente, e quindi attenuasse la diligenza del cessionario nel richiedere il pagamento del debito e nell'agire per la sua riscossione; ora, per ovviare a tale inconveniente, bastava prevedere la decadenza del cessionario dalla garanzia, per il caso in cui egli fosse negligente nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro Il debitore. A tali direttive si informa l'art. 1267 del c.c., secondo comma, il quale perciò ha abolito ogni limite di durata alla garanzia della solvibilità del debitore, sostituendovi la decadenza a cui si è accennato.

Massime relative all'art. 1266 Codice Civile

Cass. civ. n. 17985/2022

In tema di cessione del credito, il fatto proprio del cedente, che limita la possibilità di esclusione pattizia della garanzia ex art. 1266 c.c., ha un'area operativa distinta dalla nozione di dolo o colpa grave di cui all'art. 1229 c.c., in quanto la prima disposizione introduce una garanzia naturale del contratto ad effetti reali che non richiede una valutazione soggettiva dell'adempimento, dovendosi perciò ritenere come "fatto proprio" la mera oggettiva riferibilità del fatto che determina l'inesistenza del credito ceduto alla sfera di controllo esclusiva del cedente. (Nel confermare la validità di una cessione in blocco di crediti tramite selezione competitiva, taluni dei quali inesistenti, la S.C. ha rilevato come il "fatto proprio" che limita l'esclusione pattizia della garanzia del "nomen verum" possa essere rappresentato dall'estinzione del credito per ricezione del pagamento, ancorché eventualmente attraverso esattore, ovvero mediante transazione, mentre non rientra in tale nozione l'annullamento della cartella esattoriale seguita da rateizzazione, come pure l'inesistenza derivante da sentenza passata in giudicato).

La cessione di un credito inesistente non è nulla per inesistenza dell'oggetto, bensì è valida ed il cessionario è tenuto al pagamento del prezzo, che non diviene indebito, ma è assistito dalla garanzia di cui all'art. 1266 c.c., da ritenersi un effetto naturale della cessione per l'ipotesi che l'effetto traslativo non si verifichi, essendo irrilevante che la garanzia stessa possa essere pattiziamente esclusa con il limite del "fatto proprio" del cedente, in quanto tale disposizione costituisce una deroga rispetto all'art. 1325, n. 3, c.c. ed alla disciplina del contratto in generale.

Cass. civ. n. 22429/2020

La pattuizione, inserita in un contratto preliminare ed elevata a condizione essenziale, con la quale una parte si impegna, in vista della stipula del contratto definitivo, ad acquisire la titolarità delle quote di una società, è inquadrabile nella categoria dei c.d. obblighi di garanzia di risultato, della quale fanno parte, ad esempio, nell'ambito degli obblighi di fonte legale, la garanzia per evizione (artt. 1483 ss. c.c.) e quella della veritas nominis in ipotesi di cessione dei crediti (art. 1266 c.c.) ovvero, nel contesto degli obblighi di fonte negoziale, della garanzia di buon funzionamento (come figura contemplata dalla norma dell'art. 1512 c.c.). E' consentaneo all'assunzione di un impegno di garanzia del risultato che l'obbligato risponde per il caso di mancato verificarsi del risultato promesso anche quando ciò non si leghi al suo dolo o alla sua colpa: qui in effetti, la legge o il contratto pone direttamente in capo a un dato soggetto il rischio connesso al verificarsi di un dato risultato; e così, sempre a titolo di esempio, il venditore risponde nei confronti del compratore per l'evizione della cosa che gli ha alienato anche se, al tempo della convenuta alienazione, non era in mala fede. In ragione di quest'ordine di rilievi, si deve escludere che, per ravvisare la sussistenza dell'inadempimento agli obblighi di questa specie, occorra un riscontro di colpevolezza del soggetto tenuto, trattandosi garanzia che opera per il fatto oggettivo.

Cass. civ. n. 13853/2020

In materia di cessione dei crediti ex art. 1266 c.c., il cedente deve garantire il "nomen verum", ovvero che il credito è sorto e non si è ancora - per qualsiasi motivo - estinto al tempo della cessione, rimanendo fuori dalla garanzia solo la solvenza del debitore. La norma suddetta, infatti, configura la garanzia del cedente come un'obbligazione accessoria che è effetto naturale dell'efficacia traslativa immediata del contratto di cessione, sicché tale obbligazione ha la funzione di assicurare, comunque, il ristoro dell'interesse positivo del cessionario alla cessione, nei casi in cui il menzionato effetto traslativo del contratto manchi, totalmente o parzialmente, a causa dell'inesistenza, completa o in parte, del credito o per altro impedimento equipollente, come l'assenza di legittimazione del cedente o la nullità del credito. L'obbligazione in esame presenta siffatta natura pure nell'ipotesi di cessione di credito pecuniario, consistendo nel dovere di corrispondere al cessionario, indipendentemente da colpa o dolo, l'ammontare rispetto al quale egli non ha acquisito il credito mediante il contratto di cessione.

Cass. civ. n. 17070/2017

In tema di cessione del credito, se le parti espressamente prevedono nel contratto di cessione che questa comprenda determinate garanzie del credito ceduto, in particolare la garanzia ipotecaria, fatta oggetto di trasferimento ai sensi dell'art. 1263 c.c., ed il cedente garantisca l'attuale esistenza sia delle ragioni di credito che delle garanzie che le assistono, si deve intendere che si estenda a queste ultime l'obbligo di garanzia del cedente, ex art. 1266 c.c., sia quanto all'esistenza dell'iscrizione ipotecaria che quanto all'ammontare del credito da questa garantito.

Cass. civ. n. 16049/2015

La cessione, separatamente dalla vendita della partecipazione sociale, del credito vantato dal socio nei confronti della società quale restituzione di un'erogazione del primo in favore della seconda dà luogo alla garanzia per inesistenza del credito di cui all'art. 1266 c.c. solo qualora risulti che la causa concreta del negozio societario posto in essere sia riconducibile ad un versamento assimilabile a capitale di rischio, in quanto, in tal caso, il trasferimento della partecipazione sociale include, quale bene "di secondo grado", quello di ogni posta esistente nel patrimonio sociale, incluso il denaro ricevuto dalla società; la garanzia non opera, invece, nelle ipotesi di finanziamento del socio o di versamento finalizzato ad un futuro aumento del capitale nominale, dai quali deriva il diritto di credito del socio alla restituzione, l'uno ai sensi dell'art. 1813 c.c. in tema di mutuo e l'altro qualora venga successivamente meno la causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale eseguita in favore della società, onde il trasferimento della partecipazione sociale di regola non include anche tale credito, che può formare oggetto autonomo di diritti.

Cass. civ. n. 9428/1987

Nella cessione di credito, l'obbligazione di garanzia del cedente ex art. 1266 c.c. costituisce un'obbligazione accessoria che ha la funzione di assicurare comunque il ristoro del cessionario nei casi in cui l'effetto traslativo della cessione manchi, in tutto od in parte, a causa dell'inesistenza, completa o parziale, del credito o per altro impedimento equipollente (ad esempio, mancanza di legittimazione del cedente o nullità del credito). Ne consegue che nel caso di cessione di un credito pecuniario, l'obbligazione di garanzia, consistendo nel dovere corrispondere al cessionario, indipendentemente da colpa o dolo, l'ammontare di cui non ha acquistato il credito mediante il contratto di cessione, ha l'identica natura di debito di valuta, produttivo dell'obbligo risarcitorio relativo agli interessi ed, eventualmente, al danno maggiore ex art. 1224 c.c. solo «dal giorno della mora», che non si determina ex se in dipendenza della situazione di inesistenza, parziale o totale, del credito, bensì dell'ordine di pagamento rivolto dal creditore ai sensi dell'art. 1183, primo comma, c.c. e, pertanto, solo dall'intimazione fatta per iscritto (nella specie, con la notifica della citazione a giudizio).

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Dott. G. B. chiede
venerdì 08/11/2024
“Sono liquidatore giudiziale di una srl in concordato. ho fatto una cessione di crediti fiscali ad una spa, previa gara autorizzata .
Trai crediti ceduti, un credito non esisteva più perchè prescritto. Non ho interrotto la prescrizione decennale per mio errore materiale.
Il credito, in asta, è stato pagato il 30% del valore nominale.
Ora la S.p.A. acquirente mi chiede il rimborso del valore nominale del credito, e non l'importo pagato.
Chiedo il Vs. parere.
Con i migliori saluti

Consulenza legale i 15/11/2024
Ai sensi dell’art. 1266 del c.c., in caso di cessione a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l'esistenza del credito al tempo della cessione; ai fini della norma in esame, tra le cause di inesistenza del credito rientra altresì la prescrizione.
La garanzia può essere esclusa in via pattizia; tuttavia, nel caso in esame l’atto di cessione dei crediti fa espresso richiamo alla disciplina dell’art. 1266 del c.c. (art. 4), il quale dovrà applicarsi.

Detta garanzia comporta che il cedente dovrà risarcire il cessionario quanto sarebbe stato dovuto in forza del contratto di cessione se il credito fosse stato esistente.
Sul punto si è espressa la Suprema Corte, la quale ha statuito: “In materia di cessione dei crediti ex art. 1266 c.c., il cedente deve garantire il "nomen verum", ovvero che il credito è sorto e non si è ancora - per qualsiasi motivo - estinto al tempo della cessione, rimanendo fuori dalla garanzia solo la solvenza del debitore. La norma suddetta, infatti, configura la garanzia del cedente come un'obbligazione accessoria che è effetto naturale dell'efficacia traslativa immediata del contratto di cessione, sicché tale obbligazione ha la funzione di assicurare, comunque, il ristoro dell'interesse positivo del cessionario alla cessione, nei casi in cui il menzionato effetto traslativo del contratto manchi, totalmente o parzialmente, a causa dell'inesistenza, completa o in parte, del credito o per altro impedimento equipollente, come l'assenza di legittimazione del cedente o la nullità del credito. L'obbligazione in esame presenta siffatta natura pure nell'ipotesi di cessione di credito pecuniario, consistendo nel dovere di corrispondere al cessionario, indipendentemente da colpa o dolo, l'ammontare rispetto al quale egli non ha acquisito il credito mediante il contratto di cessione.” (Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 13853 del 6 luglio 2020).
Ciò segue un orientamento più risalente, secondo il quale: “Nella cessione di credito, l'obbligazione di garanzia del cedente ex art. 1266 c.c. costituisce un'obbligazione accessoria che ha la funzione di assicurare comunque il ristoro del cessionario nei casi in cui l'effetto traslativo della cessione manchi, in tutto od in parte, a causa dell'inesistenza, completa o parziale, del credito o per altro impedimento equipollente (ad esempio, mancanza di legittimazione del cedente o nullità del credito). Ne consegue che nel caso di cessione di un credito pecuniario, l'obbligazione di garanzia, consistendo nel dovere corrispondere al cessionario, indipendentemente da colpa o dolo, l'ammontare di cui non ha acquistato il credito mediante il contratto di cessione, ha l'identica natura di debito di valuta, produttivo dell'obbligo risarcitorio relativo agli interessi ed, eventualmente, al danno maggiore ex art. 1224 c.c. solo «dal giorno della mora», che non si determina ex se in dipendenza della situazione di inesistenza, parziale o totale, del credito, bensì dell'ordine di pagamento rivolto dal creditore ai sensi dell'art. 1183, primo comma, c.c. e, pertanto, solo dall'intimazione fatta per iscritto (nella specie, con la notifica della citazione a giudizio).” (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 9428 del 18 dicembre 1987)

Di tale avviso è anche la dottrina maggioritaria, la quale ritiene applicabile alla garanzia per l'inesistenza del credito la disciplina in ordine alla garanzia per evizione; ciò comporta che il cedente è tenuto alla restituzione del corrispettivo e delle spese del contratto, degli interessi maturati e dei frutti; è tenuto altresì nonché a risarcire il danno subito dal cessionario sia a titolo di danno emergente sia a titolo di lucro cessante (Perlingieri, 20; Panuccio, 871).

Tanto premesso, la pretesa della cessionaria appare legittima.

Giorgio F. chiede
mercoledì 09/01/2019 - Piemonte
“Buongiorno, vorrei sapere se è possibile redigere un contratto di cessione del credito pro-soluto con pagamento del prezzo in forma rateale; se sì , nel caso venisse a mancare il cedente , nell'attesa che venga individuato l'erede ed il cessionario interrompa il pagamento non sapendo a chi effettuarlo, la cessione ha comunque valore nei confronti del debitore ceduto?
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 14/01/2019
Le norme del codice civile che si occupano della cessione del credito sono gli articoli che vanno dal 1260 al 1267.
L’art. 1267 del c.c., in particolare, è quello che prevede la distinzione tra cessione del credito pro solvendo e cessione del credito pro soluto.
Quest’ultima è la forma di cessione che si può definire “ordinaria”, disponendo espressamente la norma sopra citata che il cedente (ossia colui che riveste la posizione di creditore) non risponde della solvenza del debitore (ceduto), salvo il caso in cui abbia contrattualmente assunto esplicita garanzia in tal senso nei confronti del cessionario.

Il caso proposto, inoltre, sembra caratterizzarsi anche per la presenza di un altro elemento: la previsione di un prezzo (corrispettivo) per il trasferimento del credito ceduto, che si vorrebbe pagare in forma rateale.
L’obbligazione assunta dal cessionario di pagare un prezzo al cedente rende applicabile l’art. 1266 c.c., secondo cui, nell’ipotesi in cui la cessione venga fatta a titolo oneroso, il cedente sarà tenuto ad assumere nei confronti del cessionario la “garanzia della esistenza” del credito ceduto al tempo della cessione (ossia nel momento stesso in cui viene stipulato il contratto).
Va precisato che, anche nel caso di cessione a titolo oneroso, vige sempre la regola secondo cui essa deve intendersi stipulata pro soluto; infatti, l’assunzione da parte del cedente della garanzia della solvenza può essere soltanto effetto di un’apposita stipulazione in tal senso.

Dalla lettura dell’art. 1266 c.c. si deduce ancora che la cessione del credito non costituisce un autonomo tipo negoziale, ma coincide in realtà con lo schema negoziale tipico che di volta in volta sarà idoneo a giustificare il trasferimento.
Una conferma di ciò la si rinviene anche nell’art. 1260 del c.c., ove viene espressamente detto che la cessione di un credito può avvenire a titolo oneroso o gratuito (costituendo tale binomio il fondamentale criterio di raggruppamento delle varie giustificazioni causali).
Ciò comporta che:
  1. se il credito viene ceduto dietro pagamento di un prezzo si avrà una vera e propria compravendita (secondo quanto disposto dall’art. 1470 del c.c., il quale ricomprende in tale schema tipico anche il trasferimento di un diritto diverso da quello di proprietà, quale il diritto di credito)
  2. se, invece, il credito viene ceduto a titolo gratuito, saremo in presenza di una donazione, disciplinata dall’art. 769 del c.c..
Nel caso di specie, avendo le parti interessate (cedente e cessionario) convenuto il pagamento di un corrispettivo per la cessione, può senza alcun dubbio affermarsi che le stesse hanno voluto utilizzare lo schema della compravendita.
Pertanto, sarà proprio alle norme dettate per tale tipologia contrattuale che occorrerà riferirsi per stabilire se sia possibile e legittimo inserire nel contratto di cessione del credito una clausola con la quale il cessionario (acquirente del credito) si obblighi a pagare in forma rateale il prezzo (corrispettivo) per il quale ha acquistato il credito ceduto.

Trattasi, in effetti, di una facoltà espressamente prevista dall’art. 1523 del c.c., norma che, nel consentire alle parti di concordare una vendita con pagamento rateale del prezzo, dispone, a garanzia del venditore, che il passaggio della proprietà del bene avverrà solo con il pagamento dell’ultima rata di prezzo.
Come accennato, la riserva di proprietà è una mera garanzia posta a favore del venditore, a cui quest’ultimo può indubbiamente rinunciare, non essendo posta a tutela di alcun interesse pubblico.

Dopo aver esaminato sulla base di quali presupposti normativi può ritenersi ammissibile la stipula di un contratto di cessione di credito pro soluto con pagamento rateale del prezzo, cerchiamo adesso di capire cosa succede se, nelle more dell’esecuzione del contratto, il cedente viene a mancare.

Per comprendere bene come funziona il meccanismo contrattuale che si intende realizzare, si ritiene opportuno procedere con un esempio.
Immaginiamo che sia Tizio (cedente) a cedere a Caio (cessionario) il credito di euro 100 che ha nei confronti di Sempronio (ceduto) per un prezzo di euro 90.
Dal momento della cessione Sempronio sarà tenuto a pagare a Caio il suo debito.
Caio, acquirente cessionario, si obbliga a pagare i 90 euro al cedente Tizio in dieci rate da euro 10 ciascuna.
I rapporti che nascono da tale fattispecie contrattuale sono due:
  1. quello tra il cedente Tizio ed il cessionario Caio
  2. quello tra il cessionario Caio ed il ceduto Sempronio.
Trattandosi di rapporti distinti tra loro, e non avendo più il cedente Tizio alcun rapporto con il debitore ceduto Sempronio, la morte di Tizio potrà influire soltanto sul primo dei due rapporti, ossia quello tra Tizio e Caio.

Quindi, il fatto che Caio (cessionario) interrompa il pagamento nei confronti della parte cedente, in attesa che venga individuato il soggetto legittimato a riceverlo per successione ereditaria, non potrà assumere alcuna rilevanza nei rapporti tra lo stesso cessionario Caio ed il debitore ceduto Sempronio, trattandosi di un rapporto che vive di vita propria, ancor più che il cedente non ha assunto alcuna garanzia in ordine alla solvenza del debitore ceduto.

Si dice, infatti, che la cessione del credito integra un contratto bilaterale e non trilaterale, pur se, secondo quanto disposto dall’art. 1264 del c.c., la cessione sarà opponibile al debitore ceduto solo in caso di sua accettazione o di avvenuta notifica.

Nei rapporti tra ceduto e cessionario, invece, avremo che il primo potrà opporre al secondo soltanto le eccezioni di carattere oggettivo che trovino fondamento sul titolo o sul rapporto (ci si riferisce a invalidità, prescrizione, inadempimento del cedente o avvenuto pagamento); per quanto concerne, invece, la rilevanza di eventuali altri rapporti personali con il cedente, che esulino da quello a cui afferisce il credito ceduto, il riferimento va fatto all’art. 1248 del c.c., norma che consente al debitore ceduto di opporre al cessionario la compensazione, ma soltanto nel caso in cui la cessione gli sia stata semplicemente notificata e non sia stata dallo stesso accettata puramente e semplicemente.

Si tratta, comunque, di fattispecie che esula del tutto da quella per la quale, nel caso di specie, sono stati posti dei dubbi.