Il negozio di espromissione. I soggetti tra cui si perfeziona e i rapporti-causa. La normale opponibilità del rapporto originario e delle relative eccezioni
Secondo la definizione che risulta dal contenuto del primo comma, e che è aderente peraltro alla dottrina tradizionale, l' espromissione è un contratto che si stipula e si perfeziona esclusivamente fra il creditore ed il terzo assuntore del debito per spontanea iniziativa di costui, senza, cioè, che il debitore emetta l'ordine delegativo e l'assegnazione, e senza che il su intervento abbia rilevanza giuridica per la perfezione e per gli effetti normali del contratto. Non, quindi, la normale assenza o la contingente presenza del debitore offrono il criterio decisivo per discernere la delegazione dall' espromissione, ma la direzione ed il contenuto delle dichiarazioni negoziali, che l'interprete avrà il non facile compito di identificare onde attingere la necessaria discriminazione: necessaria perché, mentre per tutto il tempo gli effetti obbligatori sono quasi identici a quelli della delegazione, invece nei rapporti fra delegato e delegatario si attua qui una vera e propria successione nel debito originario, cioè con l'identico meccanismo adottato dal codice tedesco. E ciò contrariamente a quel che si verifica per la delegazione secondo l'ultimo comma dell'articolo precedente, e contrariamente all' opinione finora dominante nella nostra dottrina.
Dispone, infatti, l'
ultimo comma dell'articolo in esame, che il terzo espromittente, al contrario di quanto avviene per il delegato (
art. 1271 del c.c., u. c.), può opporre al creditore espromissario le eccezioni che avrebbe potuto opporgli il debitore originario, e questo tanto se l' espromissione è liberativa quanto se non lo è. Il primo comma, invero, con una formulazione un po' diversa, non fa che ripetere la norma dell'
art. 1268 del c.c. in tema di delegazione, nel senso che il terzo espromittente resti obbligato in solido con il debitore originario se il creditore non dichiara espressamente di voler liberare quest'ultimo. Questa dichiarazione, fatta in assenza del debitore, verrebbe a concretare un contratto a suo favore come terzo, e quindi soltanto una eventuale e posteriore adesione al contratto fra i due produrrebbe, nei suoi confronti, l' irrevocabilità della liberazione. Comunque, mentre per il vecchio codice, nella ipotesi prevista dall'
art. 1270 del c.c. che era appunto l' espromissione elaborata dalla dottrina, sembrava che la liberazione del debitore originario dovesse importare necessariamente, o almeno normalmente, novazione (cioè cessazione delle vecchie eccezioni causali), qui, per la nuova norma in esame, gli effetti sono identici sia nell' espromissione cumulativa che in quella liberativa, permanente identità del debito originario rivelata
a posteriori dalla permanenza delle eccezioni causali.
L' implicita ammissione del patto derogativo
Il comma in esame, che è simmetrico al terzo dell'articolo precedente,
non ripete l' eccezione del patto espresso e contrario. Ma non è da credere, per questo contrapponibile silenzio, che si tratti addirittura di una norma cogente: non vi sarebbe alcuna ragione per affermarlo. Il terzo, nei cui confronti suole anche sorgere l'ostacolo dell' imperatività, non ha alcun interesse che si stipuli in un modo o nell'altro, e se l'espromittente vorrà togliere alla propria obbligazione quella normale limitazione, sarà lui solo e non l'altro ad essere aggravato col perdere quelle eventuali difese che spettavano al debitore originario. Peraltro la stessa formulazione della norma persuade che legislatore ha voluto sottintendere la riserva dell'
art. 1271 del c.c.. Difatti il «
può opporgli invece » con cui la disposizione si inizia senza la ripetizione del soggetto, collega strettamente la disposizione medesima con il comma precedente nel quale la premessa condizione e riferita a tutto ciò che segue fino al termine dell'articolo. Dunque la differenza tra il vecchio ed il nuovo codice sta in questo, che, attuandosi la liberazione del debitore, si aveva la novazione salvo patto contrario, mentre qui, vi sia o no la liberazione, non si ha la vecchia novazione se essa non sia espressamente pattuita.
La duplice categoria delle eccezioni inopponibili
Dalle eccezioni opponibili la legge esclude quelle
personali al debitore o
che derivano da fatti successivi all' espromissione. Le prime vengono sempre escluse in ogni analoga forma di garanzia o corresponsabilità, come, ad esempio, nella fideiussione e nelle obbligazioni solidali (
art. 1297 del c.c.).
L'altro caso di esclusione trae la sua ragione di essere da una logica presunzione della volontà comune dei contraenti con riferimento alla situazione momentanea dell'assunzione di debito: e, pertanto, non si potrà opporre, ad esempio, la confusione verificatasi in persona del debitore originario per la successione aperta dopo l'espromissione. Lo stesso deve dirsi per la
exceptio inadimpleti, se l'inadempimento risolutivo si verifica dopo la perfezione del contratto.
Una ulteriore esclusione aggiunge la norma in esame per le eccezioni sorte prima della espromissione, e riguarda la
compensazione. A differenza di quanto accade in tema di cessione (e, per il silenzio serbato dall'articolo precedente, anche in tema di delegazione), l'espromittente deve pagare anche se all'epoca dell'assunzione il debito era già estinto per compensazione legale. È questa una norma eccezionale che forse trova la sua ragione di essere nell'iniziativa spontanea dell'espromittente. Certo è, peraltro, che se il debitore non è liberato, vi è una situazione alquanto incompatibile tra costui, che potrà, opporre la compensazione, e l'espromittente, che non può farlo, ma che avrà il regresso, dopo eseguito il pagamento, o in base al mandato o in base alla
gestio. Il debitore originario, infatti, realizza il vantaggio di tenere in vita il proprio credito contrapposto, altrimenti estinguibile con il proprio debito, pagato, questo, invece, dall' espromittente.
L' inopponibilità del rapporto interno di provvista
Nella norma del
secondo comma non è, e non doveva essere, ripetuta la riserva del corrispondente comma dell'art 1271 per cui sono opponibili le eccezioni del rapporto di provvista quando e nel contempo nulle quello di valuta. Il delegato è difeso direttamente con le eccezioni normalmente opponibili circa il rapporto originario tra debitore assente ed espromissario: se questo è inattaccabile, peggio per l'espromittente che non ha atteso la valida o sufficiente provvista; se lo è, l' eccezione assorbe anche la mancanza del rapporto di provvista. Ma se per l'ammissibile patto contrario alla norma del comma 3, si verifica la novazione del rapporto originario, allora deve intendersi come implicita la riserva cennata dell'
art. 1271 del c.c.: se, cioè, è nullo il rapporto originario e manca la provvista, si potrà opporre l'eccezione relativa a quest'ultima. È una situazione identica che importa identica soluzione e che non aveva bisogno di essere nuovamente prevista.
L' espromissione cumulativa
Per l' espromissione cumulativa, implicitamente prevista dal primo comma (come lo è la delegazione identica nel primo comma dell'
art. 1268 del c.c.), non è ripetuto nel secondo comma di questo medesimo articolo il dovere del creditore di rivolgersi al debitore dopo di aver richiesto il pagamento al delegato (qui sarebbe l'espromittente). Tale norma non è quindi qui applicabile anche perché il debitore non ha spiegato alcuna iniziativa negoziale verso il creditore (assegnazione), e non ha quindi diritti da accampare su di un negozio a lui estraneo.