La responsabilità del delegante per l' insolvibilità del delegato. Natura dell' azione concessa a quest'ultimo dal nuovo codice nella duplice ipotesi di espressa riserva e di insolvibilità originaria. L' implicita limitazione
Il primo ed il secondo comma riproducono, con qualche variante, le norme del vecchio art. 1272 in tema di delegazione novativa passiva e regolano le conseguenze della sopravvenuta o rivelata insolvibilità del delegato circa la responsabilità del debitore delegante e liberato. L' unica formulazione ipotetica del cennato articolo è stata scissa in due commi: il primo dice che il creditore delegatario, salvo che abbia fatto espressa riserva originaria, non ha « azione » contro il delegante se il delegato diviene (in seguito, si intende) insolvibile. L' identica norma era contenuta nella prima parte dell'art. 1272, dove, però, l'azione era qualificata come « regresso » e lo stato insolvibilità era detto di « non solvenza ». L'altra ipotesi affermativa del regresso era quella di uno stato preesistente di non solvenza o di fallimento: tale seconda situazione viene ora contemplata nell'apposito secondo comma in cui però è eliminata l' ipotesi del fallimento, e si dispone che il delegante in tal caso « non è liberato ».
Sotto il vecchio codice la dottrina considerava la norma dell'art. 1272 come una pratica applicazione del principio per cui la risoluzione del vecchio vincolo per un qualsiasi inadempimento produce le sanzioni che si riferiscono al medesimo nuovo contratto, e non quelle ormai sepolte per sempre dalla vecchia obbligazione. Ecco perché l' insolvibilità del delegato ricadeva sul delegatario e non sul delegante, a meno che lo stato non fosse preesistente. Si riteneva che l'azione di regresso, cioè di indennità quando ammissibile, non producesse la reviviscenza della vecchia obbligazione per risoluzione tacita, sebbene fosse una azione ex causa fideiussoria tutta diversa da quella precedente.
Il progetto del 1936, nel corrispondente art. 202, lasciava quasi intatta la dizione del vecchio codice. Ora, di fronte alle cennate modificazioni di forma, vi è da domandarsi se il nuovo codice abbia inteso risolvere la questione sulla natura dell'azione, che ha un' importanza rilevante quanto alla permanenza delle eccezioni già opponibili al creditore e delle garanzie. La risposta non può essere che affermativa sia perché la nuova formulazione dice chiaramente che l'effetto liberativo del debitore originario viene posto nel nulla (e quindi rivive il vecchio debito), sia perché tale era l'intento del nuovo legislatore confermato dalla relazione.
Nell' ipotesi del secondo comma (insolvibilità originaria) la dottrina aveva interpretato restrittivamente la norma affermativa del regresso, nel senso cioè che quest'ultimo fosse ammissibile soltanto quando il creditore delegatario avesse ignorato lo stato di insolvibilità al momento della delegazione. Si osservava giustamente che con la rigida soluzione contraria si sarebbe andato contro lo spirito della disposizione e si sarebbe offerto, fuor di luogo, una garanzia a colui che aveva dimostrato di volere affrontare il rischio, e che anzi, per assumerlo, aveva voluto e forse provocato la delegazione. Invece, per la soluzione di questa delicata questione non si teneva conto della buona fede del delegante. Poiché il nuovo codice non ha mostrato di voler ripudiare tale giusta interpretazione restrittiva, essa può guardarsi anche adesso con il meritato favore.
Disputata era, poi, la nozione della « non solvenza » che il vecchio codice adottava qui come in altri analoghi casi: la « non solvibilità » allude ad uno stato di impotenza parziale o totale della garanzia generica offerta dal patrimonio del debitore. L' eliminazione dell' ipotesi del fallimento è giustificata dal fatto che essa è già compresa in quella della insolvibilità, ma è certo che questa deve risultare, se non da un' infruttuosa esecuzione, dalla prova altrimenti sicura sullo stato negativo patrimoniale.
La norma in tema di accollo
L' ultimo comma estende all'accollo liberativo le disposizioni che precedono circa la eventuale responsabilità del delegante. La situazione del vecchio debitore il quale stipula e consegue la propria liberazione è equiparata, negli effetti risolutivi sopra illustrati, a quella del delegante: ma tale responsabilità non aveva ragion d' essere quando l'iniziativa della liberazione provenisse esclusivamente dal creditore che aderisce al contratto di accollo cumulativo. In questo caso è sua la responsabilità ed è a suo carico il rischio conseguente.
Ecco perché la norma estensiva viene applicata solo al caso in cui l' adesione pura e semplice del creditore produca la liberazione automatica ai sensi del comma secondo dello stesso articolo. Non si parla dell' espromissione, ma essa deve ritenersi esclusa non soltanto dal significativo silenzio, ma per il fatto che la situazione lì è completamente diversa perché manca qualsiasi iniziativa del debitore originario, che non può essere responsabile di una imprudente liberazione dovuta esclusivamente alla libera disposizione del creditore. Ricorre la stessa ragione per cui il creditore subisce l' uguale sanzione in tema di accollo quando la liberazione dipende dalla sua espressa e personale dichiarazione.