Cass. civ. n. 23515/2020
In tema di IVA, poiché ai fini della individuazione dell'imposta da applicare alla transazione rilevano gli obblighi da essa derivanti, non è soggetta a tale imposta la transazione avente ad oggetto la rinuncia all'indennità da perdita dell'avviamento ex art. 34 della L. n. 392 del 1978, non essendovi un legame tra la l'indennità corrisposta dal locatore e l'obbligazione di rilascio dell'immobile derivante dal rapporto contrattuale, sorgendo la prestazione indennitaria quando il rapporto contrattuale è cessato, ed assolvendo alla duplice funzione di compensare il conduttore della perdita dell'avviamento, e di distribuire equitativamente l'incremento del valore locativo derivante dall'esercizio dell'attività commerciale. (Principio affermato in fattispecie in cui, a fronte della rinuncia della conduttrice all'indennità di avviamento, correlata alla rinuncia della locatrice a ottenere opere di ripristino spettanti alla conduttrice, a costei è stata corrisposta una somma di denaro a titolo risarcitorio omnicomprensivo). (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. BRESCIA, 27/02/2012).
Cass. civ. n. 19336/2019
La differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto di azienda consiste nel fatto che, nella prima ipotesi, l'immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell'economia del contratto, come l'oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi, i quali (siano essi legati materialmente o meno all'immobile) assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all'immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione, mentre nell'affitto di azienda l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l'oggetto del contratto è costituito dall'anzidetto complesso unitario. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SALERNO, 27/09/2012)
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In tema di imposte sui redditi, il canone relativo all'affitto di azienda è soggetto a tassazione solo se realmente percepito, in quanto non trova applicazione la disposizione di cui all'art.
26 del T.U.I.R., che assoggetta a tassazione i redditi fondiari a prescindere dalla loro effettiva percezione. Peraltro, la tassazione di tali canoni deve tener conto della natura giuridica del concedente. Pertanto, se il concedente è una società commerciale, come nella specie, non perde la qualifica di imprenditore e quindi i canoni riscossi concorrono a formare il reddito di impresa, come componenti positivi, senza rientrare nella categoria dei redditi diversi, prevista, invece, per l'imprenditore individuale che affitta la sua unica azienda.
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In tema di imposte sui redditi, i canoni d'affitto d'azienda non costituiscono reddito fondiario essendo questo legato alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto al quale, per effetto di tale censimento, vengono attribuiti redditi presuntivi soggetti all'imposizione diretta, indipendentemente dalla loro effettiva percezione, mentre, invece, la fiscalità dei suddetti canoni è connessa alla conservazione o meno della qualifica di imprenditore del soggetto concedente, con la conseguenza che tali canoni integrano redditi diversi, ex art. 67, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 917 del 1986, nell'ipotesi di locazione dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, ovvero redditi di impresa, nel caso di locazione di ramo d'azienda da parte dell'imprenditore individuale o di locazione d'azienda da parte di società commerciale. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SALERNO, 27/09/2012)
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In tema di ricorso per cassazione, il vizio di cui all'art.
360, comma 1, n. 3, c.p.c., ricomprende tanto quello di violazione di legge, ossia l'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, quanto quello di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SALERNO, 27/09/2012)
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La differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto di azienda attiene alla struttura del contratto: "nella locazione di immobile, l'immobile concesso in godimento viene considerato l'oggetto principale del contratto; nell'affitto di azienda, l'immobile rappresenta uno degli elementi costitutivi del complesso organizzato di beni mobili ed immobili (che compone l'azienda)." Ciò si riflette sul regime di tassazione del contratto; in specie nell'affitto di azienda, occorre distinguere ai fini delle imposte sul reddito se il locatore sia una persona giuridica o imprenditore individuale. Qualora il locatore sia una società di capitali, la qualifica imprenditoriale si presume sempre ai sensi dell'art.
81, comma 1, del T.U.I.R. Ne consegue che i canoni locativi spettanti ad una società di capitali vengono attratti nella disciplina propria del reddito d'impresa e non vedono applicato il regime impositivo dei redditi fondiari.
Cass. civ. n. 28887/2008
In tema di imposte sui redditi, in base al dettato dell'art. 6, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre n. 1986, n. 917, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio possono costituire reddito imponibile ma solo quando abbiano la funzione di reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione dei redditi. Non sono quindi imponibili le indennità corrisposte dal datore di lavoro, a titolo di risarcimento del danno, per la reintegrazione delle energie psicofisiche spese dal lavoratore oltre l'orario massimo di lavoro da lui esigibile.
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Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la percezione di somme a titolo di risarcimento del danno sono suscettibili di imposizione diretta - ex art. 6, comma 2, del Tuir, D.P.R. n. 917/1986 - esclusivamente qualora siano riconducibili al ristoro del mancato conseguimento di redditi ovvero ne costituiscano sostituzione o surrogazione nella misura in cui siano configurabili nella medesima categoria del reddito perduto o sostituito.
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L'indennità percepita da un lavoratore dipendente a titolo di risarcimento dei danni per demansionamento non è soggetta ad IRPEF, poiché in forza del principio stabilito dall'art. 6, secondo comma, del TUIR - D.P.R. n. 917/1986, le somme che sono meramente reintegrative di un danno patrimoniale non hanno natura reddituale.
Cass. civ. n. 8366/2006
Costituisce principio consolidato, che giustifica il rigetto del ricorso dell'Amministrazione in camera di consiglio ex art.
375 c.p.c. (nonostante il pubblico ministero avesse chiesto l'accoglimento), l'affermazione secondo cui non sono tassabili ai fini Irpef le somme versate dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di risarcimento dei danni (nel caso di specie a seguito di ingiustificato licenziamento) ove il giudice di merito abbia correttamente motivato circa la natura risarcitoria della erogazione (o comunque l'Amministrazione abbia contestato simile affermazione con argomentazioni generiche).
Cass. civ. n. 19078/2005
La norma dell'art. 14, comma 4, della L. 24 dicembre 1993, n. 537 (la quale ha natura di interpretazione autentica della normativa contenuta nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), secondo cui non costituiscono reddito imponibile quei proventi di attività illecita che siano "già sottoposti a sequestro o confisca penale", trova applicazione solo quando il provvedimento ablatorio intervenga entro il periodo d'imposta in cui il provento si colloca, senza che assumano rilievo provvedimenti di sequestro intervenuti successivamente.
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Con riguardo alla tassazione dei proventi derivanti dall'esercizio di attività illecite, affinché operi la causa di esclusione dell'imponibilità costituita dalla circostanza che i detti proventi risultino "già sottoposti a sequestro o confisca penale", occorre che il provvedimento ablatorio intervenga entro lo stesso periodo di imposta nel quale il provento sia maturato.
Cass. civ. n. 1980/2000
Non è tassabile il canone di locazione anticipato ed eventualmente percepito per un immobile andato distrutto (nel caso di specie, il Teatro P. di Bari), in quanto la sopravvenuta impossibilità totale della prestazione determina il venir meno del diritto alla percezione del canone (e l'obbligo di restituire quanto percepito) e non rileva che il canone sia stato trattenuto dal proprietario quale acconto del risarcimento del danno per omessa custodia del bene.
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La parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione (locatore) non può chiedere la controprestazione e deve restituire al conduttore i canoni di locazione già versati, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito, e, pertanto, mancando l'obbligo di corrispondere il canone per la sopravvenuta impossibilità totale della prestazione ex art. 1463 c.c. in conseguenza della distruzione della cosa locata, viene anche meno il presupposto impositivo in capo al locatore e non importa che la somma corrisposta resti ugualmente dovuta a titolo di risarcimento od altro, poiché in tal caso si tratterebbe di una diversa "causa petendi" da cui non può scaturire l'obbligo in parola.
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In tema d'imposte sul reddito dei fabbricati, qualora l'immobile sia stato concesso in locazione, la distruzione dello stesso determina la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione facendo venir meno il diritto del locatore alla controprestazione, e comportando altresì l'obbligo di restituire la prestazione eventualmente già ricevuta. Viene in tal modo a mancare lo stesso presupposto dell'imposizione fiscale, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che la somma corrisposta dal conduttore resti ugualmente dovuta (ad esempio, a titolo di risarcimento del danno per omessa custodia da parte del conduttore), trattandosi di un diverso titolo, dal quale non può scaturire l'obbligo tributario.