AUTORE:
Angelo Vitelli
ANNO ACCADEMICO: 2022
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea (vecchio ordinamento)
ATENEO: Universitą degli Studi di Teramo
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’idea da cui è nato l’impianto di questo contributo è stata quella di indagare il ruolo che riveste il sistema tributario all’interno del sistema sportivo, rectius dell’ordinamento sportivo.
In particolare, ciò che si vuole evidenziare è la presenza di una doppia soggettività fiscale, attiva e passiva, che possiedono i vari soggetti giuridici che animano il fenomeno sportivo.
Difatti, tutti gli attori che agiscono all’interno del comparto sportivo pongono in essere attività economicamente rilevanti che, come tali, comportano la nascita di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per lo Stato, e, in particolare, per quanto interessa in questa sede, di obbligazioni tributarie.
Il riferimento è, innanzitutto, alle persone fisiche (si pensi agli atleti, agli allenatori, ai direttori di gara, ecc..) e alla persone giuridiche come le ASD o le SSD. Tali soggetti occupano una posizione peculiare all’interno del sistema tributario, dal momento che perseguono una finalità costituzionalmente rilevante, id est la diffusione e promozione della pratica sportiva. Dunque, l’obbligo del sostentamento alla spesa pubblica ex art. 53 Cost. deve essere rapportato allo scopo ideale che la maggioranza dei soggetti sportivi abbraccia. Ecco, allora, che il legislatore ha previsto una normativa fiscale ad hoc per i soggetti de quibus, al fine di agevolarli, sotto un profilo economico-contabile, nel raggiungimento delle finalità di interesse generale.
Oltre ai soggetti di natura essenzialmente privatistica, l’ordinamento sportivo presenta anche altri enti giuridici che possiamo definire “di governo”. Anch’essi, senza dubbio, presentano una propria soggettività tributaria passiva. Per enti governativi intendiamo, in primis, il CONI quale soggetto legittimato, dalla stessa autorità statale (ai sensi del Decreto “Melandri”), a dettare norme vincolanti nei confronti di tutti i soggetti sportivi.
In secundis, troviamo diversi soggetti di governo “speciali”, quali le varie Federazioni Sportive Nazionali, ai quali viene riconosciuta, in questo caso dal CONI medesimo, un particolare autonomia di regolamentazione limitata al ramo sportivo di cui essi si occupano.
Per quanto concerne il Comitato Olimpico, già nel Dopoguerra vi fu un acceso dibattito sul suo ruolo all’interno del sistema tributario ed, in particolare, sulla possibilità di affidare all’ente la gestione, in regime di monopolio, di un concorso pronostici sportivo, che da lì a poco, prenderà il celeberrimo nome di Totocalcio. Prevalse alla fine l’idea dell’autonomia finanziaria del CONI, data la difficile situazione economica-finanziaria dello Stato nel periodo in questione.
A tale soluzione si accompagnò l’istituzione di una tassa da lotteria (in seguito denominata più correttamente come imposta unica sui giochi), il cui soggetto passivo, fino agli inizi degli anni 2000, era inquadrabile proprio nel CONI, il quale, di fatti, garantì un’entrata non così marginale all’erario. La situazione così descritto subì un radicale cambiamento, a seguito della vasta riforma dell’ordinamento sportivo, avviata nel 1999 con il Decreto “Melandri”. Difatti, il CONI perse la prerogativa di gestire autonomamente il settore delle scommesse sportive e, di conseguenze, non risultò più soggetto alla tassazione dell’imposta unica, la quale, invece, diventò a carico dei vari concessionari privati. Dunque, oggi, la soggettività fiscale del CONI si rinviene nelle norme generali in tema di IRES, IRAP e IVA ed, in particolare, in quelle riguardanti gli enti pubblici.
Dulcis in fundo, si è voluto approfondire la soggettività fiscale delle Federazioni sportive, che a seguito della già citata riforma “Melandri” sono state qualificate come associazioni con personalità giuridica di diritto privato, per cui, anche sotto il profilo tributario, seguiranno la normativa riguardante gli enti non commerciali.
Ora, l’ulteriore passaggio che si vuole compiere è quello di evidenziare che le federazioni, oltre ad essere soggetti colpiti da imposizione fiscale, possiedono, allo stesso tempo, una propria capacità impositiva, intesa a finanziare le spese funzionali allo svolgimento delle attività sportive. Il riferimento è a tutta quella vasta gamma di “contributi” (comunque denominati) che vengono richiesti e ricossi dalle federazioni per permettere alle persone fisiche e giuridiche di prendere parte alle competizioni da esse organizzate. Essi, generalmente, sono inquadrati come controprestazione del contratto associativo che lega l’ente federativo e i soggetti affiliati; tuttavia, secondo una diversa e innovativa ricostruzione, non sembra così peregrino che possano essere inquadrati tra le prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 Cost., o addirittura, possano essere considerati come veri e propri tributi.
In particolare, ciò che si vuole evidenziare è la presenza di una doppia soggettività fiscale, attiva e passiva, che possiedono i vari soggetti giuridici che animano il fenomeno sportivo.
Difatti, tutti gli attori che agiscono all’interno del comparto sportivo pongono in essere attività economicamente rilevanti che, come tali, comportano la nascita di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per lo Stato, e, in particolare, per quanto interessa in questa sede, di obbligazioni tributarie.
Il riferimento è, innanzitutto, alle persone fisiche (si pensi agli atleti, agli allenatori, ai direttori di gara, ecc..) e alla persone giuridiche come le ASD o le SSD. Tali soggetti occupano una posizione peculiare all’interno del sistema tributario, dal momento che perseguono una finalità costituzionalmente rilevante, id est la diffusione e promozione della pratica sportiva. Dunque, l’obbligo del sostentamento alla spesa pubblica ex art. 53 Cost. deve essere rapportato allo scopo ideale che la maggioranza dei soggetti sportivi abbraccia. Ecco, allora, che il legislatore ha previsto una normativa fiscale ad hoc per i soggetti de quibus, al fine di agevolarli, sotto un profilo economico-contabile, nel raggiungimento delle finalità di interesse generale.
Oltre ai soggetti di natura essenzialmente privatistica, l’ordinamento sportivo presenta anche altri enti giuridici che possiamo definire “di governo”. Anch’essi, senza dubbio, presentano una propria soggettività tributaria passiva. Per enti governativi intendiamo, in primis, il CONI quale soggetto legittimato, dalla stessa autorità statale (ai sensi del Decreto “Melandri”), a dettare norme vincolanti nei confronti di tutti i soggetti sportivi.
In secundis, troviamo diversi soggetti di governo “speciali”, quali le varie Federazioni Sportive Nazionali, ai quali viene riconosciuta, in questo caso dal CONI medesimo, un particolare autonomia di regolamentazione limitata al ramo sportivo di cui essi si occupano.
Per quanto concerne il Comitato Olimpico, già nel Dopoguerra vi fu un acceso dibattito sul suo ruolo all’interno del sistema tributario ed, in particolare, sulla possibilità di affidare all’ente la gestione, in regime di monopolio, di un concorso pronostici sportivo, che da lì a poco, prenderà il celeberrimo nome di Totocalcio. Prevalse alla fine l’idea dell’autonomia finanziaria del CONI, data la difficile situazione economica-finanziaria dello Stato nel periodo in questione.
A tale soluzione si accompagnò l’istituzione di una tassa da lotteria (in seguito denominata più correttamente come imposta unica sui giochi), il cui soggetto passivo, fino agli inizi degli anni 2000, era inquadrabile proprio nel CONI, il quale, di fatti, garantì un’entrata non così marginale all’erario. La situazione così descritto subì un radicale cambiamento, a seguito della vasta riforma dell’ordinamento sportivo, avviata nel 1999 con il Decreto “Melandri”. Difatti, il CONI perse la prerogativa di gestire autonomamente il settore delle scommesse sportive e, di conseguenze, non risultò più soggetto alla tassazione dell’imposta unica, la quale, invece, diventò a carico dei vari concessionari privati. Dunque, oggi, la soggettività fiscale del CONI si rinviene nelle norme generali in tema di IRES, IRAP e IVA ed, in particolare, in quelle riguardanti gli enti pubblici.
Dulcis in fundo, si è voluto approfondire la soggettività fiscale delle Federazioni sportive, che a seguito della già citata riforma “Melandri” sono state qualificate come associazioni con personalità giuridica di diritto privato, per cui, anche sotto il profilo tributario, seguiranno la normativa riguardante gli enti non commerciali.
Ora, l’ulteriore passaggio che si vuole compiere è quello di evidenziare che le federazioni, oltre ad essere soggetti colpiti da imposizione fiscale, possiedono, allo stesso tempo, una propria capacità impositiva, intesa a finanziare le spese funzionali allo svolgimento delle attività sportive. Il riferimento è a tutta quella vasta gamma di “contributi” (comunque denominati) che vengono richiesti e ricossi dalle federazioni per permettere alle persone fisiche e giuridiche di prendere parte alle competizioni da esse organizzate. Essi, generalmente, sono inquadrati come controprestazione del contratto associativo che lega l’ente federativo e i soggetti affiliati; tuttavia, secondo una diversa e innovativa ricostruzione, non sembra così peregrino che possano essere inquadrati tra le prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 Cost., o addirittura, possano essere considerati come veri e propri tributi.