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Articolo 38 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Diritto di prelazione

Dispositivo dell'art. 38 Legge equo canone

Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.

Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Nel caso in cui l'immobile risulti locato a più persone, la comunicazione di cui al primo comma deve essere effettuata a ciascuna di esse.

Il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente da tutti i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore.

L'avente titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione di cui al primo comma, non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione, si considera avere rinunciato alla prelazione medesima.

Le norme del presente articolo non si applicano nelle ipotesi previste dall'articolo 732 del codice civile, per le quali la prelazione opera a favore dei coeredi, e nella ipotesi di trasferimento effettuato a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado.

Spiegazione dell'art. 38 Legge equo canone

La disposizione in commento riveste una particolare importanza alla luce della ratio del complessivo sistema di cui alla Legge equo canone.
Infatti, l’intento perseguito dal legislatore del 1978 è stato quello di favorire e conservare in tutti i modi la continuità dell’attività di impresa, soprattutto con riguardo all’importanza dell’avviamento formatosi attorno all’immobile concesso in locazione al conduttore-imprenditore.
Significativamente, le norme sulla prelazione e sulla indennità da perdita dell’avviamento (art. 34 della l. equo canone) hanno presupposti e finalità del tutto analoghi, essendo medesimo il loro fondamento giuridico: tutelare l’attività di impresa.
Gli articoli 38 e 39 della legge sull'equo canone, infatti, non si applicano, così come avviene per l’indennità da perdita dell’avviamento, alle ipotesi contemplate dall’art. 35 della legge.
L’obiettivo della norma, in altre parole, è quello di preservare il tessuto economico-imprenditoriale, interesse ritenuto dal legislatore prevalente rispetto a quello del locatore di disporre liberamente del bene.
L’interesse protetto dall’art. 38 non è quindi legato esclusivamente alla persona del conduttore, anzi; esso poggia le sue basi in un’ottica di tutela di carattere superindividuale, che caratterizza in generale anche le altre diverse ipotesi di prelazione legale presenti nell’ordinamento giuridico.
L’interesse alla conservazione dell’attività di impresa, infatti, prescindere e supera la tutela del conduttore visto come singolo. Solamente un interesse di carattere pubblicistico è infatti autorizzato a comprimere in maniera così consistente la libertà di autodeterminazione del singolo proprietario, il quale viene attraverso tale norma fortemente limitato nella sua autonoma scelta del contraente.
Altre prelazioni legali presenti nell’ordinamento giuridico che perseguono finalità pubblicistiche sono:
  • la prelazione agraria, prevista dall’art. 8 della L. 26 maggio 1965/690;
  • la prelazione artistica, prevista dagli articoli 60 e seguenti del D. Lgs. 22 gennaio 2004/42;
  • la prelazione ereditaria, prevista dall’art. 732 del c.c.;
  • la prelazione dei partecipanti all’impresa familiare in caso di trasferimento dell’azienda, ex art. 230 bis del c.c..
Per quanto riguarda in particolare il rapporto tra la prelazione urbana disciplinata dall’art. 38 e quella ereditaria, l’ultimo comma della disposizione in oggetto attribuisce la prevalenza al diritto dei coeredi. La prelazione urbana, ritiene la giurisprudenza, non potrà tornare operante nemmeno nel caso in cui il coerede non eserciti il suo diritto, poiché la vendita di una quota ereditaria non comporta il trasferimento dell’immobile locato.
In merito invece ai rapporti tra la prelazione urbana e la prelazione convenzionale, si ritiene in giurisprudenza che il patto di prelazione volontaria potrà avere efficacia e produrre i suoi effetti allorquando la prelazione legale non venga esercitata.
Ci si è chiesti in dottrina se la prelazione debba essere esercitata con riferimento ad ogni tipologia di trasferimento a titolo oneroso. Ebbene, si è ritenuto che l’istituto della prelazione urbana operi solamente allorquando venga stipulato un contratto a parità di condizioni. Viceversa, nel caso in cui la prestazione richiesta al potenziale acquirente rivesta carattere infungibile, non opererà la prelazione urbana.
Di conseguenza, la dottrina ritiene che al contratto di permuta non sia applicabile l'istituto della prelazione urbana; allo stesso modo, nel caso di datio in solutum, di conferimento in società o di transazione, dovendosi escludere la fungibilità tra le posizioni contrattuali del conduttore e del terzo, non si utilizzerà la prelazione prevista dall’art. 38.
Nel caso di donazione, poi, sembra sia da escludere l’applicazione della prelazione urbana, che si riferisce esclusivamente ai contratti a titolo oneroso. In tal caso, il locatore sarà semplicemente tenuto a comunicare all’inquilino l’avvenuto trasferimento della proprietà a titolo gratuito.
Ancora, affinché possa operare l'istituto della prelazione urbana, è necessaria la volontarietà del trasferimento dell’immobile. La prelazione andrà viceversa esclusa in tutte quelle ipotesi, quali la vendita forzata, la vendita coattiva in sede fallimentare, la liquidazione coatta amministrativa o il concordato preventivo con cessione dei beni ai creditore. Tuttavia, per il caso di concordato preventivo, si segnala una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 913 del 1998, la quale ha affermato che il diritto di prelazione urbana sussiste anche in caso di attivazione di tale procedura concorsuale.
Per quanto riguarda il contenuto della comunicazione che il locatore deve inviare all’inquilino, denominata “denuntiatio”, si ritiene che essa debba contenere tutte le condizioni del negozio di alienazione, il corrispettivo e l’invito ad esercitare la prelazione, a pena di inefficacia.
Ci si è chiesti, in dottrina e in giurisprudenza, se sia possibile che la denuntiatio venga effettuata anche in assenza di altre offerte da parte di terzi, pervenendosi sostanzialmente ad una risposta affermativa. In tal caso, se l’inquilino dovesse rifiutare e, successivamente, venisse trovato un altro compratore al quale il bene venisse offerto ad un prezzo inferiore rispetto a quello comunicato all’inquilino, sarebbe necessario effettuare una nuova offerta di prelazione.
Per quanto riguarda poi la forma della prelazione, il terzo comma della disposizione in commento afferma che la denuntiatio deve essere effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario. Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto efficaci anche altri mezzi equipollenti, come la lettera raccomandata, a patto che il conduttore venga correttamente informato mediante un atto che proviene dal locatore e contenente tutte le informazioni necessarie.
Nel caso in cui l’immobile per il quale si offre la prelazione appartenga ad una comunione, sarà necessario, a pena di inefficacia, che tutti i comunisti informino il conduttore della propria intenzione di alienare.
Il conduttore può rinunciare al suo diritto di prelazione solamente a seguito della denuntiatio effettuata dal locatore, una volta che il diritto sia quindi divenuto attuale. La rinunzia preventiva dovrà invece considerarsi nulla, anche in virtù della natura pubblicistica dell’interesse protetto. Inoltre, una rinunzia preventiva da parte del conduttore contrasterebbe apertamente con la disposizione di cui all’art. 79 della l. equo canone, che sanziona con la nullità tutti i patti volti a escludere diritti del conduttore in via preventiva.
Molto discussa è la natura della denuntiatio.
Dalla diversa qualificazione giuridica attribuita alla stessa, discendo rilevanti conseguenze di carattere pratico.
Gli interpreti sono sostanzialmente divisi tra coloro che attribuiscono all’offerta di prelazione il carattere di una offerta contrattuale, in quanto tale revocabile da parte del locatore (tranne nel caso in cui la si voglia qualificare, come fa certa parte della giurisprudenza, come offerta irrevocabile), e coloro che le attribuiscono la natura di un atto formale di interpello, ovvero una comunicazione vincolante. In tale ultimo caso, l’adesione del conduttore non assumerebbe la forma di una accettazione, ma determinerebbe solamente l’obbligo per ambedue le parti di concludere il negozio di alienazione. In altre parole, la denuntiatio e l’accettazione del conduttore non varrebbero a concludere il contratto secondo la logica di cui all’art. 1326 del c.c., ma farebbero sorgere un reciproco obbligo di contrarre (per l’adempimento del quale ciascuna parte potrà ricorrere allo strumento dell’esecuzione forzata dell’obbligo di contrarre di cui all’art. 2932 del c.c.). In tale ultimo caso, inoltre, non sarebbe nemmeno configurabile la possibilità di revoca della denuntiatio in capo al locatore, poiché l’offerta di prelazione costituirebbe un obbligo legale che attribuisce al conduttore un determinato lasso di tempo per determinarsi in ordine alla convenienza dell’acquisto.
L’adesione del conduttore deve avvenire a condizioni uguali di quelle comunicate dal locatore, sia con riferimento al prezzo da corrispondere che alle altre condizioni contrattuali.
Ci si è chiesti in giurisprudenza se la prelazione debba essere esercitata anche per quanto riguarda le pertinenze dell’immobile, quali possono essere, per esempio, cantine o posti macchina. Ebbene, in tal senso è stato affermato che la denuntiatio debba essere effettuata anche con riguardo alle pertinenze dell’immobile, anche se queste non sono indicate nella comunicazione resa dal locatore (si vede la sentenza della Corte di Cassazione n. 19157 del 2005).
Infine, altra questione dibattuta è quella della cosiddetta “vendita in blocco”, che consiste nella vendita dell’intero edificio all’interno del quale si trovi la porzione immobiliare locata. Ebbene, a chi sostiene che al conduttore dovrebbe riconoscersi il diritto di prelazione sull’intero immobile oggetto del trasferimento, si contrappone la dottrina dominante, la quale ritiene che al conduttore non spetti il diritto di prelazione nel caso in cui ad essere alienato sia l’intero edificio, poiché non ci sarebbe identità tra oggetto della vendita e della locazione.
Nel caso in cui il contratto di locazione fosse stato ceduto o sublocato, il diritto di prelazione spetterà non più al conduttore originario, bensì al cessionario o al subconduttore. Al conduttore che abbia esercitato il diritto di prelazione, non è vietato alienare successivamente, a sua volta, l’immobile.

Rel. ministeriale L. 392/1978

(Relazione ministeriale L. 392/1978)

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Similmente all’art. 37, gli artt. 38, 39 e 40 salvaguardano l’interesse, che ha riflessi di indubbia natura pubblicistica, alla prosecuzione nel tempo di una certa attività - fra quelle considerate dall’art. 27 della legge - nella stessa sede, al fine di garantirne, entro certi limiti e compatibilmente con le esigenze del locatore, la stabilità e un duraturo svolgimento.
La dottrina si è chiesta se dalla nozione di trasferimento dell’immobile sia esclusa ogni ipotesi diversa dalla vendita, o se, invece, in essa possano essere comprese altre figure che, comunque, implichino un trasferimento a terzi, a titolo reale ed oneroso, del godimento e della disponibilità del bene.
La lettera della norma, con particolare riguardo al secondo comma, esclude che la volontà del locatore di costituire a favore di terzi un diritto di usufrutto, di uso, di abitazione possa legittimare, da parte del conduttore, l’esercizio del diritto di prelazione.
In questa ottica è stata da alcuni esclusa la possibilità di comprendere nell’ambito dell’istituto la figura della permuta, verificandosi soltanto in casi rarissimi l’ipotesi di un conduttore che sia proprietario di un bene di consistenza, natura e ubicazione pari a quello offerto dal terzo.
È stata compresa da taluno, fra quelle regolate dall’art. 38, l’ipotesi del trasferimento di un bene per effetto di un atto transattivo, pur se questo dipenda da preesistenti rapporti personali fra il locatore ed il terzo, nei quali il conduttore non abbia avuto parte, come pure l’ipotesi della dado in solutum (art. 1197 c.c.), quella della cessione dei beni ai creditori (art. 1977 c.c.), quella di un negotium mixtum cum donatione.
Estranea all’istituto della prelazione è ovviamente l’ipotesi di un trasferimento del bene a titolo gratuito, sia per la personalità dei rapporti fra locatore donante e terzo donatario, sia per la inesistenza di una offerta da parte di quest’ultimo, alla quale il conduttore possa adeguare la propria. Piuttosto, come è stato fatto rilevare, l’ipotesi può assumere una certa importanza, ai fini dell’applicazione della legge, nel caso in cui il trasferimento per atto a titolo gratuito sia posto in essere fittiziamente dal locatore e dal terzo, allo scopo di escludere il conduttore dalla trattativa e di impedirgli l’esercizio del diritto di prelazione. L’atto, però, in tal caso potrà essere impugnato dal conduttore per simulazione, ai sensi dell’art. 1415 c.c., non potendosi negare il suo interesse ad ottenere dal giudice una pronuncia accertativa della onerosità del trasferimento.
Sono state escluse dall’ambito di operatività dell’art. 38 anche le ipotesi in cui l’immobile venga trasferito a terzi per effetto di una procedura di vendita coattiva, mancando in tale trasferimento il presupposto della volontarietà e non potendosi far carico agli organi preposti alla vendita di dare l’avvio al meccanismo della prelazione.
La dottrina ha ritenuto che il diritto di prelazione deve essere esercitato con riguardo all’intero affare che il locatore si propone di realizzare con il terzo e che, pertanto, se il trasferimento abbia ad oggetto tutto l’immobile entro il quale sono compresi i locali occupati dal conduttore, questi non possa offrirsi come acquirente soltanto di quei locali, scorporando dal prezzo complessivo il loro valore e dichiarando di essere disposto a pagare al locatore solo il prezzo pari a quest’ultimo.
La giurisprudenza di legittimità, in sede di applicazione dell’art. 8 della L. 26 maggio 1965, n. 590, come modificato dagli artt. 7 e 8 della L. 14 maggio 1971, n. 817, ha mostrato di accogliere l’interpretazione più rigorosa per il conduttore e di ritenere, quindi, che questi debba formulare la sua offerta con riferimento all’intero affare, a meno che questo abbia ad oggetto una pluralità di beni, collegati fra loro soltanto per l’aspetto negoziale.

/// RELAZIONE MINISTERIALE 26 LUGLIO 1980

L’art. 38 della legge n. 392 prevede il diritto di prelazione (e non la semplice preferenza nella conclusione di un nuovo contratto di locazione, come era previsto dalla L. 27 gennaio 1963, n. 19, a tutela dell’avviamento commerciale) per gli immobili che siano destinati a quelle attività enunciate nel precedente art. 27, con esclusione del diritto per gli immobili abitativi.
Tale interpretazione trova conferma sia nella collocazione della norma nel capo secondo della legge in esame, relativo alla locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, sia nel fatto che non vi è un’analoga disposizione per le abitazioni, sia nella ratio che ha indotto il legislatore ad introdurre tale diritto (ratio che, come per l’analoga norma dettata per i rapporti di affitto in agricoltura, consiste nella tutela e nella protezione del lavoro e dell’attività aziendale, più che nella tutela del singolo conduttore).
L’esclusione del diritto di prelazione per le abitazioni permane anche allorquando esse siano inserite in un complesso immobiliare avente, in parte, altra destinazione, avuto riguardo alla diversa funzionalità ed al diverso uso cui ciascuna unità immobiliare - pur nello stesso stabile - è di fatto adibita.
L’unica eccezione che si ammette nella materia è quella in cui le abitazioni siano strumenti accessori dell’attività aziendale, incorporandosi in questa, e, quindi, partecipando della stessa natura (esempio abitazione del custode).
Si è osservato, poi, che possono ipotizzarsi due situazioni: che vi siano più conduttori di una medesima unità immobiliare (la c.d. prelazione congiunta); che più soggetti siano conduttori ciascuno di una unità immobiliare, tutte situate nel medesimo stabile.
Nella prima ipotesi troverà applicazione l’art. 38, comma quinto, con l’eventuale ampliamento del diritto dei conduttori disponibili nell’esercizio del diritto di prelazione nel caso di rinuncia degli altri (comma sesto).
Nella seconda ipotesi ciascun conduttore può esercitare il diritto limitatamente all’immobile in cui esplica la sua attività; intendendosi cioè il riferimento legislativo a «l’immobile locato» come un richiamo alla singola «unità locativa» e non al complesso immobiliare nel suo insieme.
Tale interpretazione trova conferma sia nel fatto che la espressione in esame è sempre riferita dalla legge all’unità locata, sia nell’indirizzo corrente in tema di prelazione agraria, sia, nel rilievo che la prelazione avrebbe, in caso contrario, l’effetto di arricchire il conduttore acquirente delle altre unità a lui non locate, in danno del proprietario.
È stato altresì ricordato che la prelazione è ammessa solo se il locatore intenda trasferire l’immobile a titolo oneroso.

Massime relative all'art. 38 Legge equo canone

Cass. civ. n. 25415/2017

La denuntiatio di cui all’art. 38 L. n. 392/1978 deve provenire dal locatore proprietario ed essere effettuata con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, fatta salva la possibilità che risultino accertate, in concreto e in modo univoco, modalità equipollenti di comunicazione che abbiano posto il conduttore in condizione di esercitare la prelazione e che siano tali da consentire la verifica della tempestività di tale esercizio. L’esercizio della prelazione di cui all’art. 38 L. n. 392/1978 deve essere effettuato dal conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario o di atto che, in concreto e univocamente, sia accertato come idoneo a informare il locatore, in modo certo e documentato, della volontà del conduttore e che consenta di verificare la tempestività della comunicazione e del successivo versamento del prezzo. In difetto di denuntiatio (o di modalità accertate come effettivamente equipollenti), non può riconoscersi al conduttore il diritto al trasferimento del bene, che potrà essere fatto valere unicamente a mezzo dell’esercizio del succedaneo diritto di riscatto, una volta che sia avvenuto il trasferimento a terzi in violazione della prelazione.

Cass. civ. n. 19226/2016

In tema di prelazione di immobili locati ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 38 della 1. n. 392 del 1978, nel disciplinare l’esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore, limita l’autonomia negoziale del proprietario - venditore solo in relazione alla scelta del compratore, mentre non impone alcun limite alla determinazione del prezzo, né delle altre condizioni di vendita, quale, tra le altre, la previsione del versamento, ad opera del compratore, di un compenso in favore del mediatore incaricato alla vendita del bene.

Cass. civ. n. 8567/2012

Il conduttore di un immobile destinato ad uso commerciale non può esercitare il diritto di prelazione di cui all’art. 38 della legge 27 luglio 1978 n. 392 se il locatore, avente la veste di società commerciale, trasferisca a terzi le quote sociali, oppure si fonda per incorporazione in altra società: la cessione delle quote, infatti, non mutando la titolarità del bene locato, non costituisce un "trasferimento" in senso stretto, né l’art. 38 della legge n. 392 del 1978 accorda al conduttore il diritto di prelazione nel caso di trasferimenti effettuati con negozi diversi dalla compravendita.

Cass. civ. n. 13244/2010

La prelazione convenzionale, stipulata anteriormente alla vigenza della legge 27 luglio 1978, n. 392, ove il proprietario dell’immobile decida di venderlo dopo l’entrata in vigore di detta legge, non prevale sulla prelazione legale spettante, ai sensi dell’art. 38 della medesima legge n. 392, al conduttore dello stesso immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo, giacché - a differenza della stipula di un contratto preliminare di vendita, da cui nasce l’immediata e definitiva assunzione dell’obbligo di prestare il consenso al trasferimento - nel caso della prelazione, sino a che l’"iter" contrattuale che essa configura non si esaurisca, l’impegno assunto dall’alienante rimane sul piano di mera progettualità, sicché trova immediata applicazione al rapporto di locazione pendente la anzidetta modifica legislativa incidente sul regime giuridico del bene.

Cass. civ. n. 24769/2008

La prelazione, sia legale che convenzionale, non opera per i terreni adibiti a destinazione diversa da quella prevista da piani regolatori anche se non approvati o da leggi statali o regionali.

Cass. civ. n. 23856/2008

In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di prelazione e quello di riscatto ex artt. 38 e 39 L. n. 392 del 1978, sussistono soltanto nel caso in cui il trasferimento a titolo oneroso del bene locato sia realizzato mediante una compravendita, non anche nell’ipotesi di conferimento dell’immobile a società di capitali in sede di sottoscrizione di aumento di capitale.

Cass. civ. n. 13886/2007

Non spettano al conduttore il diritto di prelazione e il conseguente diritto di riscatto dell’immobile, secondo la disciplina degli artt. 38 e 39 L. n. 392/78, qualora il locatore intenda alienare - ad un terzo ovvero al comproprietario dell’immobile - la quota del bene oggetto del rapporto di locazione.

Cass. civ. n. 10298/2007

In caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente alla cessione d'azienda, al cessionario non è consentito l'esercizio dell'azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall'art. 1578 c.c. per l'ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o facilmente riconoscibili che ne diminuiscano in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l'applicabilità dell'art. 1578, e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore, e conseguentemente non si applica neppure l'art. 1579 c.c., concernente la deroga di pattizia con la quale si escluda o si limiti la responsabilità del locatore per i vizi della cosa.

Cass. civ. n. 18783/2005

In tema di locazione di immobile ad uso non abitativo, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato, il conduttore che intenda esercitare la prelazione deve osservare il termine legale di sessanta giorni dalla comunicazione della proposta contrattuale; in mancanza ed ove il proprietario dell’immobile stabilisca discrezionalmente un ulteriore termine, egli è vincolato soltanto per il periodo per il quale ha ritenuto di prorogare il termine.

Cass. civ. n. 2893/2003

In tema di locazione di immobili urbani destinati ad uso diverso da quello abitativo, il diritto di prelazione e quello di riscatto previsti dagli artt. 37 e 38 della legge n. 392 del 1978 in favore del conduttore, spettano anche all’istituto di credito che eserciti la sua attività in un immobile locato, indipendentemente dal riscontro della prevalenza del servizio di sportello, in quanto l’attività di intermediazione nel credito, pur non essendo espressamente menzionata dall’art. 27 della citata legge n. 392, rientra, al pari delle altre attività indicate nell’art. 2195 c.c., fra quelle commerciali ed è, di per sè, finalizzata a fornire servizi al pubblico che all’uopo deve comunque necessariamente recarsi nell’immobile.

Cass. civ. n. 5387/1999

In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di prelazione spettante al conduttore a norma dell’art. 38 della legge 27 luglio 1978 n. 392 non trova applicazione nel caso previsto dall’art. 732 c.c. e quindi anche nel caso in cui il coerede alieni la sua quota a persona estranea alla comunione ereditaria.

Cass. civ. n. 7209/1998

Il fenomeno della cessazione di fatto dell’impresa collettiva, quando rimanga tuttavia in vita la struttura societaria (c.d. società di comodo) rimane privo, nell’attuale sistema normativo (reso conforme ai principi dell’armonizzata disciplina societaria comunitaria), di sanzione e può essere contrastato soltanto attraverso adeguate misure fiscali di penalizzazione. Va, pertanto, in ogni caso negata ai terzi interessati l’azione diretta all’accertamento dell’effettiva cessazione dell’impresa collettiva come pretesa causa di scioglimento della società, quando nulla esclude che l’attività conforme all’oggetto sociale possa riprendere pur dopo un periodo, benché assai protratto, di quiescenza. (L’intero pacchetto azionario di una società, rappresentativo del patrimonio sociale costituito esclusivamente da due immobili locati, veniva interamente ceduto. La S.C., sulla base dell’enunciato principio, ha respinto la tesi del conduttore di quegli immobili, il quale sosteneva che la cessione doveva essere considerata alla stregua di una vendita di immobili, sicché a lui competeva la prelazione urbana prevista dalla legge n. 392 del 1978).

Cass. civ. n. 3995/1992

Gli artt. 38 e 39 della L. 27 luglio 1978 n. 392, che riconoscono il diritto di prelazione e riscatto in favore del conduttore di immobili urbani destinati per attività industriale o commerciale, non sono applicabili al rapporto di affitto, nell’ambito del quale deve ricondursi la locazione di una cava di pietra.

Cass. civ. n. 2080/1992

Le disposizioni degli artt. 38 e 39 della L. 27 luglio 1978, n. 392, in tema di prelazione e riscatto in favore del conduttore di immobile urbano ad uso non abitativo, quando il locatore intenda trasferire il bene a titolo oneroso, pur essendo espressamente riferite alla sola ipotesi della locazione stipulata dal proprietario, sono estensibili ad ipotesi similari, quale quella della locazione stipulata dall’usufruttuario nel caso di accordo intervenuto fra l’usufruttuario medesimo ed il nudo proprietario per la vendita contemporanea dei relativi diritti, restando in tal caso a carico del nudo proprietario l’onere della denuntiatio al conduttore.

Cass. civ. n. 12592/1991

Al conduttore che si serva dell’immobile in locazione per l’esercizio di un’attività artistica - artigianale (nella specie, vendita dei propri disegni ornamentali per tessuti) non spetta il diritto di prelazione e riscatto, ai sensi degli artt. 38 e 39 della L. 27 luglio 1978 n. 392, nel caso in cui la sua clientela non sia costituita dal pubblico indifferenziato dei consumatori (art. 35 legge n. 392/1978) ma da una ristretta e particolare categoria (nella specie, fabbricanti dei tessuti), la cui scelta resti orientata dalle qualità personali del conduttore e non dalla ubicazione dell’immobile nel quale questo esercita la vendita del suo prodotto.

Cass. civ. n. 5519/1991

In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di prelazione, contemplato dall’art. 38 della L. 27 luglio 1978 n. 392 per il caso di «trasferimento a titolo oneroso del bene locato», non è estensibile al caso della permuta con beni non fungibili, in difetto di un’espressa previsione normativa che autorizzi di compromettere la scelta negoziale del locatore (assegnandogli un corrispettivo diverso, ancorché economicamente equivalente).

Cass. civ. n. 11973/1990

Qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto un locale ad uso commerciale con annessa abitazione, entrambi inclusi in un fabbricato di maggiore consistenza, il diritto di prelazione del conduttore, rispetto a detto locale, secondo le previsioni dell’art. 38 della L. 27 luglio 1978 n. 392, deve essere riconosciuto anche quando il locatore estenda la vendita a quell’abitazione, trattandosi di ipotesi non equiparabile all’alienazione «in blocco» di intero stabile (che si sottrae alla prelazione del conduttore della singola porzione).

Cass. civ. n. 5118/1989

In tema di locazione di immobili locati ad uso non abitativo, il diritto di prelazione e riscatto di cui agli artt. 38 e 39, L. 27 luglio 1978, n. 392 non spetta al conduttore qualora l’immobile oggetto della locazione sia venduto a terzi da parte del locatore nell’ambito di un complesso immobiliare più vasto, dietro versamento di un prezzo globale concordato con riferimento all’intero complesso, non riferibile, in base al contratto di vendita, al singolo immobile locato.

Cass. civ. n. 3264/1989

Nell’ipotesi di immobili, che, appartenenti a due diversi proprietari ed autonomamente locati allo stesso conduttore, questi - ancorché i detti immobili non siano tra loro contigui - abbia adibito uno a deposito delle merci, la cui vendita al pubblico sia svolta nell’altro, non compete al detto conduttore il diritto di prelazione con riferimento al locale adibito a deposito e nel quale non si svolge un’attività che comporti contatti diretti con il pubblico di utenti e dei consumatori, a nulla rilevando il vincolo di accessorietà funzionale attuato dal medesimo conduttore tra i due immobili.

Cass. civ. n. 4486/1986

Il diritto di prelazione, attribuito dall’art. 38 della legge n. 392 del 1978 al conduttore di immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, per il caso di vendita dello stesso, poiché intende proteggere l'avviamento inteso come clientela ed agevolare, nel contempo, il modo d’essere di una determinata zona attraverso il mantenimento degli esistenti punti di vendita, postula che l’immobile sia utilizzato per lo svolgimento di un’attività che comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Consegue che la prelazione stessa, mentre investe l’intero bene, oggetto di un unico rapporto locatizio, anche se solo in parte di esso si svolga l’attività privilegiata, non è invece configurabile con riferimento ad un immobile non adibito a tale attività, ancorché il conduttore lo abbia posto al servizio di altro locale - appartenente a diverso proprietario, assunto autonomamente in locazione e non contiguo - destinato ad attività comportante il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori. (Nella specie, la Suprema Corte ha reputato esatto il convincimento del giudice del merito il quale aveva escluso la sussistenza del diritto di prelazione riguardo ad un magazzino, nel quale veniva depositata la merce, venduta poi in altro locale sito nei pressi).

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Consulenze legali
relative all'articolo 38 Legge equo canone

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F. F. chiede
martedì 24/09/2024
“Salve,
in relazione alla compravendita di un immobile ad uso abitativo vorrei sapere se il diritto di prelazione del conduttore entro la prima scadenza della locazione si applica solo per la vendita definitiva dell'immobile o anche per la stipula del contratto preliminare di vendita. Cioè venditore può stipulare un contratto preliminare con un terzo acquirente prima della prima scadenza del contratto di locazione, impegnandosi a vendere solo dopo tale scadenza, senza dover concedere al conduttore il diritto di prelazione alla prima scadenza?

Inoltre vorrei sapere se è valida come notifica una raccomandata che torna indietro per "destinatario sconosciuto" considerando che il destinatario nel contratto di locazione ha eletto domicilio nei locali a lui locati anche "per notifica di atti esecutivi e ai fini della competenza a giudicare".

Grazie”
Consulenza legale i 02/10/2024
Il locatore deve comunicare al conduttore la volontà di non rinnovare il contratto di locazione con 6 mesi di preavviso come previsto dall’art. 3 comma 1 lett. g L. 431/1998.
In questo caso, al conduttore spetta il diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile ai sensi dell’art. 38 L. Equo canone e dell’art. 39 della l. equo canone.
La legge non prevede però dei termini specifici entro cui deve essere notificata la comunicazione prevista dall’art. 38 L. equo canone che contenga l’invito ad esercitare la prelazione.
Il locatore, dunque, nel caso di specie, prima della scadenza del contratto, potrà notificare al conduttore l’invito a esercitare la prelazione e dovrà attendere che decorrano i termini per l’eventuale accettazione del conduttore prima di stipulare il contratto preliminare di compravendita.
Infatti, la raccomandata inviata al conduttore e ritornata al mittente per destinatario sconosciuto, non ha effetti giuridici e dovrà essere inviata nuovamente al conduttore, tramite ufficiale giudiziario come previsto dalla legge, all’indirizzo di residenza.
Se anche all’indirizzo di residenza risultasse sconosciuto il locatore dovrà presentare all’ufficiale giudiziario la richiesta di notifica ai sensi dell’art. 143 del c.p.c. per irreperibilità del destinatario.
Trascorsi 20 giorni dal deposito di copia dell’atto nella casa comunale, la notifica si ha per eseguita e inizieranno a decorrere i termini per il conduttore per esercitare la prelazione.

Nel caso di specie sembra però che il contratto di locazione sia intestato a due conduttori e che ad uno di questi non sia stato comunicato il diniego del rinnovo del contratto nei termini stabiliti dalla legge.
Si segnala una pronuncia risalente della Cassazione che ha stabilito che, stante l’indivisibilità della prestazione di riconsegna dell’immobile, il diniego del locatore ha efficacia nei confronti di tutti i conduttori anche se comunicato ad uno solo di essi (Cass. civ. n. 4797/1999).
Tale orientamento sembra tutt’ora vigente.
In questo modo, dunque, la disdetta è valida e alla data di scadenza entrambi i conduttori, se non avranno esercitato la prelazione, dovranno rilasciare l’immobile e il locatore potrà venderlo a terzi.

C. M. chiede
lunedì 25/03/2024
“Buongiorno.
Il mio quesito riguarda il diritto di prelazione per l'acquisto di un immobile commerciale condotto in locazione.

Ad aprile 2008 ho sottoscritto con una società un contratto di affitto per dei locali dove poi ho aperto un piccolo ristorante (contratto 6+6).
A marzo del 2019, unitamente ad altri immobili, la società vendette ad un'altra società anche il mio locale che, pur facendo parte del medesimo complesso immobiliare, è però una costruzione a sé, distaccata dagli altri immobili e con un proprio lastrico solare.

In quanto conduttore dei locali nei quali esercitavo la mia attività, a maggio 2018 mi fu notificata la prelazione a mezzo ufficiale giudiziario, alla quale però rinunciai subito perché il prezzo non era alla mia portata. Di recente, però, sono venuto a conoscenza che il prezzo che mi fu comunicato nella prelazione era proprio il doppio del valore commerciale che a quell'epoca aveva l'immobile. E' ovvio, quindi, che l'acquirente ha voluto dichiarare il doppio del suo effettivo valore proprio per evitare che potessi comprarlo io. Ma per quel locale non è stata realmente pagata la cifra dichiarata e non sono state pagate nemmeno le relative tasse che di norma evitano la possibilità di dichiarare cifre superiori a quelle effettivamente pagate. Infatti la compravendita è stata effettuata per un importo complessivo (di diversi milioni di euro), dei quali una parte (al doppio del suo valore reale) attribuita espressamente al mio locale. Avrebbero quindi potuto attribuirgli qualunque cifra, che sarebbe stato lo stesso.

Cortesemente quindi Vi chiedo: poiché ritengo che le parti (ma credo più che altro l'acquirente) hanno agito con dolo procurandomi un danno, potrei ancora esercitare oggi il mio diritto di prelazione? Ed eventualmente, cosa dovrei fare nello specifico?

Nell'attesa della Vostra gentile risposta, Vi ringrazio e Vi porgo i miei più cordiali saluti.”
Consulenza legale i 08/04/2024
Il contratto di locazione oggetto del presente quesito è presumibilmente un contratto di locazione ad uso diverso ai sensi della L. Equo Canone (L. 392/1987).

L’art. 38 L. Equo Canone prevede che il locatore comunichi tramite notifica con ufficiale giudiziario al conduttore la volontà di alienare l’immobile e la possibilità per quest’ultimo di esercitare il diritto di prelazione.
L’art. 39 della l. equo canone invece stabilisce che, qualora non si provveda alla notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello che risulta dall’atto di trasferimento dell’immobile, il conduttore possa esercitare il diritto di riscatto entro 6 mesi dalla trascrizione del contratto.
Il termine, quindi, è sicuramente scaduto visto che la vendita è avvenuta nel marzo 2019.

Si ritiene, però, che, se fosse effettivamente dimostrabile che l’importo indicato nell’atto di compravendita sia fittizio e che sia stato indicato solo al fine di scoraggiare il conduttore dall’esercitare il diritto di prelazione, si potrebbe ipotizzare di introdurre un’azione per il risarcimento dei danni causati dalla mancata possibilità di acquistare il bene in conduzione.
Tale richiesta andrebbe fondata sulla malafede contrattuale perpetrata dal locatore nei confronti del conduttore che dovrebbe essere specificatamente provata.
Secondo la giurisprudenza, infatti, l’obbligo della buona fede contrattuale ex art. 1375 del c.c. implica che le parti si comportino in modo da preservare gli interessi dell’altra parte secondo un principio di diligente correttezza e solidarietà sociale (Cass. civ. n. 14726/2002).
In ogni caso i danni subiti per lo scorretto comportamento del locatore andrebbero specificatamente provati.

Trattandosi di responsabilità contrattuale la prescrizione ordinaria è di 10 anni ai sensi dell’art. 2946 del c.c..


S. B. chiede
domenica 18/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno
Vi disturbo per chiedervi una consulenza in merito a questa situazione: sono proprietaria di un appartamento attualmente locato, con contratto di affitto che scade tra circa 3 anni. Qualche settimana fa un possibile acquirente mi ha chiesto se fossi interessata a vendere l’appartamento, che acquisterebbe locato. Inizialmente l’inquilino si era detto non interessato all’acquisto mentre ora ha cambiato idea.. e ovviamente ha diritto di prelazione. Con l’inquilino però non c’è accordo economico perché non è disposto a pagare la cifra che chiedo, mentre l’altro possibile acquirente si. La mia domanda è questa: io posso quindi vendere agli altri, visto che prenderebbero appartamento locato? Considerato che l’inquilino non è disposto a pagare quanto vorrei, mentre gli altri possibili acquirenti si, perde in qualche modo il suo diritto di prelazione, in virtù del fatto che a lui resterebbe valido il contratto di affitto e semplicemente avrebbe nuovi proprietari?

Non ho intenzione di vendere, preferisco mantenere un buon rapporto con l’inquilino e mantenere fede all’impegno preso fino allo scadere del contratto, ma per curiosità mi piacerebbe sapere se legalmente potrei decidere di vendere o se sarei comunque dalla parte del torto.”
Consulenza legale i 23/09/2022
Occorre innanzitutto verificare se effettivamente nel caso in esame vi siano i presupposti per la sussistenza, in capo al conduttore, del diritto di prelazione. Tale diritto, previsto inizialmente per le locazioni commerciali dall’art. 38 della l. equo canone, è applicabile alle locazioni abitative in virtù del richiamo contenuto nell’art. 3 della legge locazioni abitative, che al comma 1, lett. g) attribuisce al locatore la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza, “quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione”. In tal caso, prosegue la norma, al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitarsi con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ora, la Cassazione (Sez. III Civile, sentenza 11/03/2014, n. 559) ha chiarito che “al conduttore spetta il diritto di prelazione (e, quindi, di riscatto), nei confronti del terzo acquirente, solo nel caso in cui il locatore abbia intimato disdetta per la prima scadenza, manifestando in tale atto l'intenzione di vendere a terzi l'unità immobiliare, rispondendo la scelta normativa all'esigenza di compensare il mancato godimento dell'immobile per l'ulteriore quadriennio a fronte dell'utilità per il locatore di poter alienare il bene ad un prezzo corrispondente a quello di mercato degli immobili liberi”.
Nella motivazione della sentenza, la Corte precisa che “il riconoscimento del diritto di prelazione non è normativamente previsto, in favore del conduttore in assoluto, in quanto conduttore, ma solo nella limitata ipotesi in cui il locatore gli abbia intimato disdetta per la prima scadenza, comunicandogli di voler cedere la proprietà a terzi”.
Allo stato, ciò non risulta avvenuto (manca ancora molto alla scadenza del contratto): semmai, si verificherebbe quanto ribadito da Cass. Civ., Sez. III, 16/04/2015, n. 7696, secondo cui “in mancanza di contraria volontà dei contraenti, la vendita dell'immobile locato determina di diritto la cessione del contratto di locazione al terzo acquirente, senza necessità del consenso del conduttore”.
In ogni caso, l’art. 38 della legge 392/1978 prevede che il conduttore, a fronte della formale notifica della comunicazione del locatore (con cui viene manifestata l’intenzione di trasferire a titolo oneroso l'immobile locato), debba rispondere, sempre con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, “offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli”: pertanto, se il conduttore non concorda sugli elementi della vendita - come il prezzo -, non potrà dirsi perfezionato l’esercizio della prelazione.

F. D. T. chiede
domenica 11/09/2022 - Toscana
“Abbiamo preso in affitto un locale commerciale nel Giugno 2018.

Quindi la nostra società srl ha la sede presso un fondo commerciale di una società immobiliare che si occupa di locazione di immobili.

Sebbene nel contratto sia previsto comunicare fra le parti i cambiamenti di sede, la società proprietaria viene ceduta nel febbraio 2020 e passa sotto il controllo di una SPA,
di fatto continua ad esistere con lo stesso nome, ma cambia la proprietà e il nostro contratto continua fino a che la srl immobiliare viene fusa e acquisita da altra società che anch'essa è immobiliare.

La domanda è questa: premesso che nei cambi di proprietà (del 2020 senza cambiare nome) e nel 2022 (fondendosi con altra società e cambiando nome) non è mai stato comunicato nulla agli inquilini, esiste un diritto di prelazione nella vendita, tale per cui si potrebbe richiedere di poter comperare l'immobile locato alle stesse condizioni di vendita di chi lo ha comperato?

Se servono contratto di locazione e le visure camerali delle varie società le posso fornire.

Grazie”
Consulenza legale i 19/09/2022
Il diritto di prelazione del conduttore di un locale commerciale è regolato dall’art. 48 legge equo canone, il quale impone al locatore, nel caso in cui intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, di darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, indicando il corrispettivo, da quantificare in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione; il conduttore deve esercitare il diritto entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Qualora il proprietario non provveda a detta notificazione, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l’art. 39 della l. equo canone dispone che l'avente diritto alla prelazione potrà, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Ai sensi dell’art. 41 della l. equo canone, tuttavia, la normativa descritta non si applica ai rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici
Infine, ai sensi dell’art. 48 legge equo canone, ultimo comma, la prelazione non opera in caso di vendita al coniuge o parenti entro il secondo grado e in caso di comunione ereditaria.

Veniamo ad analizzare le operazioni effettuate sulla società locataria, in base alle informazioni fornite e alla documentazione inviata.

Con atto del 28.02.2020, la s.r.l. locataria (che chiameremo A) è stata acquisita per intero da una S.p.a. (che chiameremo B), che ne è divenuta socio unico, mediante un atto di trasferimento di quote.
L’operazione ha determinato semplicemente una modifica della compagine sociale della società A, a seguito della quale la società B ne è diventata socio unico.
La società A è rimasta tale (pur se modificata nella composizione dei soci), mantenendo la titolarità di tutti i rapporti giuridici ad essa inerenti, compreso il contratto di locazione.
Non si è verificata alcuna compravendita immobiliare tra soggetti differenti, pertanto non poteva sorgere in capo al conduttore il diritto di prelazione di cui all’38lequoc, proprio per la mancanza del presupposto del trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato.

Con atto del 13.04.2022, si è realizzata un’operazione societaria straordinaria di fusione per incorporazione della società A in una ulteriore s.r.l. (che chiameremo C).
Ai sensi dell’art. 2504 bis del c.c., la società incorporante (C) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione (A e C), proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
Anche in questa circostanza, pertanto, non si è verificata alcuna compravendita immobiliare tra soggetti differenti ed è esclusa l’applicabilità dell’38lequoc in relazione alla prelazione del conduttore, che nel caso di specie non viene ad esistenza.

Su entrambe le fattispecie si è espressa, altresì, la Suprema Corte, la quale ha statuito che: “Il conduttore di un immobile destinato ad uso commerciale non può esercitare il diritto di prelazione di cui all’art. 38 della legge 27 luglio 1978 n. 392 se il locatore, avente la veste di società commerciale, trasferisca a terzi le quote sociali, oppure si fonda per incorporazione in altra società: la cessione delle quote, infatti, non mutando la titolarità del bene locato, non costituisce un “trasferimento” in senso stretto, né l’art. 38 della legge n. 392 del 1978 accorda al conduttore il diritto di prelazione nel caso di trasferimenti effettuati con negozi diversi dalla compravendita.” (Cassazione civile, Sez. III, 29 maggio 2012, n. 8567).

Infine, per quanto concerne la questione della variazione di sede, di cui al punto p) del contratto di locazione, detta previsione opera esclusivamente in relazione al luogo presso il quale eseguire le eventuali notificazioni per questioni nascenti dal contratto; in caso di mancata comunicazione saranno considerate valide le notifiche per qualsiasi ragione effettuate al domicilio esposto in esso.

REITMONT S. chiede
sabato 19/12/2020 - Liguria
“il signor Rossi ha sottoscritto un contratto di locazione di anni 9+6 con un operatore di telefonia mobile per la locazione di un terreno su cui è stato installato un ripetitore. Nel contratto vi è la seguente clausola:
In espressa deroga all’art. 41 L. n° 392/1978, nel caso in cui la Locatrice intendesse trasferire a titolo oneroso la Porzione Locata o l’immobile di cui fa parte ovvero locare la medesima o l’immobile di cui fa parte a terzi spetterà alla Conduttrice il relativo diritto di prelazione.
In aggiunta alla prelazione legale ex art. 38 L. 392/78 - che troverà applicazione anche in ipotesi di vendita o cessione parziale - le Parti concordano che, qualora la Locatrice intenda costituire – sulla porzione di immobile/terreno oggetto del presente Contratto e/o sull’intero immobile/terreno dove insiste detta porzione - un diritto di usufrutto, uso, superficie o qualsiasi altro diritto reale di godimento, deve riconoscere alla Conduttrice il diritto di prelazione.
Le Parti concordano che le modalità e i termini per consentire e per esercitare la prelazione sono quelli indicati nel medesimo art. 38 della L. 392/78.


Il proprietario vorrebbe venderci il terreno con permuta (permuta con indice di edificabilità di un ns terreno, oppure permuta di terreno in toto), oppure ancora permuta con bene (esempio un bene prezioso, un orologio di valore ecc).
Vorremmo sapere se per queste tipologie di vendita con permuta, può farlo liberamente oppure se egli sia tenuto a rispettare il diritto di prelazione dell'operatore tlc (conduttrice). Si vuole scongiurare che l'operatore TLC (conduttrice) possa aver titolo per intraprendere l'azione di riscatto o il risarcimento del danno.”
Consulenza legale i 28/12/2020
L’art. 38 della L. n. 392/1978, che, stando a quanto riferito nel quesito, viene espressamente richiamato nel contratto stipulato tra le parti, stabilisce innanzitutto che l’ambito di applicazione del diritto di prelazione, spettante in taluni casi al conduttore, è delimitato dagli atti di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato.
Ora, la permuta (artt. 1552 e ss. c.c.) è sicuramente un contratto a titolo oneroso.
Tuttavia, il medesimo art. 38 della legge sull’equo canone prevede anche che il conduttore, nell’esercitare il diritto di prelazione, debba offrire “condizioni uguali a quelle comunicategli”.
In proposito, la giurisprudenza (si veda Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 16853/2007) ha precisato che, “in materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione, il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto previsti dagli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978 non possono essere esercitati nelle ipotesi di permuta del bene immobile, sia in forza del richiamo testuale contenuto nel citato art. 38 - ove si fa riferimento al prezzo - sia perché manca per il retraente la possibilità di offrire condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore”.
Conforme anche Cass. Civ., Sez. III, n. 6867/2003: “in tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, l'istituto della prelazione e quello del riscatto, contemplati dall'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392 per il caso di "trasferimento a titolo oneroso del bene locato", costituendo limitazioni delle facoltà del proprietario, non sono estensibili in via analogica, e pertanto trovano applicazione nella sola ipotesi di vendita dell'immobile locato, e non anche nell'ipotesi della permuta, all'interno della quale manca anche la possibilità, per il conduttore, di offrire condizioni esattamente uguali a quelle comunicategli”.
Anche altre pronunce della Suprema Corte ribadiscono l’inapplicabilità del diritto di prelazione in caso di permuta dell’immobile: così, ad esempio, Cass. Civ., Sez. III, n. 12230/2012, nonché le più risalenti Cass. Civ., Sez. III, n. 5519/1991 - che parla di permuta in cui “la controprestazione abbia ad oggetto beni non fungibili” - e Cass. Civ., Sez. III, n. 205/1988.
Degna di nota è anche Cass. Civ., Sez. III, n. 14455/2006, secondo cui non rileva neppure, ai fini della inapplicabilità della prelazione, la circostanza che l'atto di trasferimento contempli quale corrispettivo, oltre a prestazioni in natura, il versamento di un conguaglio in danaro. In tale ipotesi, infatti, secondo la Corte, “non rileva che detto conguaglio sia oggettivamente prevalente sulle altre prestazioni, atteso che per qualificare il contratto come permuta, il giudice ben può fare riferimento non al criterio oggettivo, ma al criterio soggettivo fondato sulla maggiore importanza della prestazione in natura in rapporto all'interesse della parte”.

PAOLO Z. chiede
mercoledì 25/11/2020 - Veneto
“Io e mia moglie siamo proprietari di un ufficio a Mogliano Veneto, locato da due mesi ad un soggetto ( ditta individuale ) che vi esercita l'attività di broker assicurativo/finanziario. Il contratto di locazione ( direzionale 6 + 6) non riporta alcunché quanto al diritto di prelazione.
Ora mi accingo a vendere l'ufficio; il locatore ha un diritto di prelazione? quali i miei obblighi nei confronti del locatore?
Il locatore ha il diritto/dovere di mantenere inalterato il contratto di locazione in corso?
Grazie. Paolo Z.”
Consulenza legale i 01/12/2020
In primo luogo occorre chiarire che il locatore è chi concede in locazione un bene.
Chi conduce in locazione un bene è il conduttore o, detto altrimenti, locatario.
Quindi, le domande contenute nel quesito immaginiamo vogliano far riferimento al diritto di prelazione del conduttore/locatario e non del locatore come leggiamo.

Chiarito quando precede, in risposta si osserva quanto segue.

Il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferito ad altri nella conclusione di un contratto. Essa può essere volontaria (cioè stabilita appunto volontariamente dai contraenti tramite l’inserimento di una specifica clausola contrattuale) o legale, cioè prevista dalla legge senza che le parti prevedano espressamente tale diritto nel contratto.
Il diritto di prelazione del conduttore delle locazioni non abitative è di tipo legale ed è previsto dall’art. 38 della L.392/78.
Tale norma dispone che “nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.”
E il conduttore, a sua volta, se intende esercitare tale diritto deve entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione notificare a sua volta atto di accettazione al proprietario tramite ufficiale giudiziario “offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.”

La risposta alla prima domanda deve dunque intendersi affermativa a meno che l’attività del conduttore (leggiamo che si tratta di brokeraggio finanziario/ assicurativo) non abbia alcun contatto diretto con il pubblico.
Per la precisione, l’art. 35 della predetta legge prevede che il diritto di prelazione non si applica ai “rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali […]”
Nel quesito, questo aspetto non è specificato.
Il fatto che venga usato il termine “ufficio” non implica necessariamente la mancanza di contatto diretto con il pubblico.
Come ha evidenziato la Suprema Corte con la sentenza n.9583/2012 “questa Corte non ha affermato nè che la dizione "uso ufficio", contestualizzata alla locazione, valga a designare secondo il senso comune delle parole l'aspetto puramente interno e organizzativo di un'impresa, nè che tale espressione importi una sorta di rinvio alle generali caratteristiche commerciali e/o professionali dell'attività svolta dal soggetto conduttore, sì da ricavare da queste ultime (come in buona sostanza vorrebbe parte ricorrente) l'esistenza o non del requisito del contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori”.

Laddove quindi vi sia il contatto con il pubblico, in risposta alle domande contenute nel quesito si osserva ulteriormente quanto segue.

Gli obblighi nei confronti del conduttore sono quelli elencati nel predetto art. 38: la comunicazione tramite ufficiale giudiziario contenente l’indicazione del corrispettivo e delle altre condizioni di vendita nonché l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
Se questi obblighi non venissero rispettati da locatore, il conduttore potrebbe “entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.”, come espressamente previsto dall'art. 39

Quanto alla sorte del contratto di locazione in corso dipende ovviamente dall’esercizio o meno del diritto di prelazione.
Se esso non viene esercitato, il contratto di locazione continuerà inalterato con il nuovo proprietario fino alla sua naturale scadenza.
Infatti, come espressamente previsto dall’art. 1602 del codice civile “il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione”.

Lucia R. chiede
lunedì 23/11/2020 - Puglia
“Buongiorno, il mio quesito è il seguente: premesso che nel corso dell'anno 2004 la scrivente, nella qualità di titolare di una ditta individuale, sottoscrive un contratto di locazione finanziaria (Leasing immobiliare) avente per oggetto un immobile con destinazione a uso commerciale (categoria catastale D 8); premesso che, nello stesso anno, in seguito all'autorizzaione ricevuta dalla società di Leasing, la scrivente affitta suddetto immobile commerciale a una società che si occupa di commercio al dettaglio di arredamento in genere; premesso che, fra circa 2 anni, dovrebbe scadere il contratto di leasing in corso con conseguente possibilità da parte della scrivente di esercitare l'opzione di riscatto (pagando un importo abbastanza esiguo rispetto al valore reale) del su citato immobile; premesso che il predetto contratto di locazione (tra la scrivente e la società che opera nel commercio al dettaglio di arredamento) sarà, nel periodo del perfezionamento del diritto di riscatto, ancora in corso di validità. Tutto quanto su premesso vorrei sapere, cortesemente, se il mio inquilino potrebbe esercitare o meno il diritto di prelazione sulla mia opzione di riscatto dell'immobile oggetto del contratto di leasing in quanto, presumibilmente, detta operazione di riscatto potrebbe essere considerata (da parta di un eventuale organo giudicante) come una semplice operazione di compravendita di immobile con conseguente diritto di prelazione in favore del subconduttore (forse potrebbe essere considerato tale) che esercita, di fatto, un'attività di commercio al dettaglio. Specifico che la società di leasing non invierà, ovviamente, nessuna comunicazione al ns. conduttore perchè, a loro parere, il rapporto in essere è solo tra loro e la mia azienda.Vi ringrazio, anticipatamente, per un Vs. cortese riscontro pregandoVi di inviarmi, eventualmente, anche alcune recenti sentenze della corte di cassazione in merito. Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 28/11/2020
Per fornire risposta al presente quesito è necessario partire dall’analisi del testo dell’art. 38 L. 392/1978, che così prevede al primo comma: “nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario”.
Già dalla lettura della norma appare evidente che si tratta di un’ipotesi diversa da quella oggetto del quesito: infatti, nell’art. 38 L. 392/1978 è il locatore che intende trasferire a titolo oneroso l’immobile; nel nostro caso, invece, locatore risulta l’utilizzatore dell’immobile in virtù del contratto di leasing, che proprietario ancora non è (e quindi non potrebbe trasferire la proprietà del bene), in quanto diverrebbe tale proprio esercitando il riscatto.
Ora, pur trattandosi di trasferimento a titolo oneroso, è evidente che, ritenendo sussistente in capo al conduttore il citato diritto di prelazione, risulterebbero vanificati sia il diritto di riscatto previsto in favore dell’utilizzatore nel contratto di leasing sia, in definitiva, la stessa causa, cioè la funzione economico - sociale, del contratto di leasing in concreto stipulato. Si è soliti infatti distinguere tra leasing di godimento e leasing traslativo, in merito ai quali la Cassazione ha precisato: “ricorre la figura del "leasing" di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi; è invece configurabile il "leasing" traslativo allorché la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto” (così Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 18195/2007). Rientrano nella seconda categoria, evidentemente, i beni immobili.
Inoltre, quale corrispettivo dovrebbe pagare l’attuale conduttore dell’immobile, che non ha evidentemente corrisposto i canoni del leasing durante la durata di quest’ultimo? Appare infatti illogico consentire che il conduttore acquisti la proprietà del bene semplicemente pagando il prezzo di riscatto.
Infine, secondo l’opinione prevalente, gli atti traslativi di cui all'art. 38 L. n. 392/1978 devono avere carattere volontario: nel nostro caso, invece, il trasferimento della proprietà in capo all’utilizzatore sarebbe l’effetto dell’esercizio di un diritto, previsto dall'art. 1, comma 136 della L. n. 124/2017, contenente la definizione del leasing (o locazione finanziaria). Ivi si afferma espressamente che "alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l'obbligo di restituirlo". Quindi il trasferimento della proprietà del bene a seguito di riscatto consegue all'esercizio di un diritto stabilito dalla legge e non dipende dalla volontà dell'alienante.

Massimiliano chiede
martedì 19/07/2011 - Lazio

L'inquilino ha diritto di prelazione nel caso in cui i miei genitori, proprietari di un appartamento in affitto da ormai 7 anni, volessero vendere l'immobile a mia moglie?”

Consulenza legale i 22/07/2011

Si rinvia alla lettura dell’art. 3 della Legge n. 431 del 1998 disciplinante la disdetta del contratto del locatore. Tale diritto del locatore di denegare la rinnovazione contrattuale per le locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo non è incondizionato, dovendo egli dedurre specificamente fin dalla disdetta uno dei motivi tassativamente indicati, ovvero l’intenzione di adibire l’immobile ad uno degli usi o di eseguire su di esso uno degli interventi edilizi previsti dalla norma.

Specialmente, alla lettera g) si contempla l’ipotesi che il locatore intenda vendere a terzi l’immobile e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tale caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39 della Legge 392 del 1978.

Se, invece, il locatore vuole destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado (si ricorda che la moglie del proprio figlio è nuora, quindi affine, e non parente), la legge (lett. a) non prevede alcun diritto di prelazione per il conduttore.


E. T. chiede
sabato 13/01/2024
“Buongiorno,
ho affittato un appartamento completamente da arredare a mie spese, con contratto 4+4. L'accordo verbale era che se il proprietario ne necessitava per entrarci lui stesso alla fine dei 4 anni lo avremmo lasciato libero. Il proprietario pochi giorni fa mi ha verbalmente anticipato che è sua intenzione alla fine dei primi 4 anni non rinnovare contratto di locazione e mettere in vendita l'appartamento (che abbiamo completamente arredato: camere, salone, cucina etc, tutto su misura per quello specifico appartamento ovviamente), è un suo diritto inoppugnabile quindi io debbo sottostare a ciò oppure posso fare qualcosa in merito in quanto non è legalmente corretto ciò che sta facendo? nel contratto di locazione vi è, nella durata della locazione, questa clausola "manifesti al conduttore la propria intenzione di adibire l'immobile agli usi personali".
Ciò mi spinge a richiedere un consulto a voi e non mi fa dare direttamente per vinto. Allegherò il contratto nei prossimi step.”
Consulenza legale i 16/01/2024
Il proprietario dell’immobile non ha tutti i torti: tuttavia, occorrerà vedere come si comporterà nei prossimi mesi.
Infatti l’art. 3 della legge 431/1998 (legge sulle locazioni abitative) stabilisce che, alla prima scadenza del contratto di locazione 4 + 4, il locatore ha la possibilità di dare disdetta, ma solo per alcuni motivi specifici, indicati dalla norma stessa.
Tra questi motivi c’è, appunto, l’intenzione di vendere l’immobile. Anche qui, però, occorre fare delle precisazioni. È necessario, infatti, che il locatore:
  1. intenda vendere l'immobile a terzi e
  2. non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.

Inoltre, se il venditore, in presenza di tali presupposti, intende vendere l’immobile locato, il conduttore avrà diritto di prelazione nell’acquisto: ossia il diritto di acquistare l’immobile stesso con precedenza sui terzi. A questo fine, però, è necessario rispettare le modalità previste dagli articoli 38 e 39 della legge 392/1978 (c.d. legge sull’equo canone).

Ciò significa, innanzitutto, che il locatore deve comunicare al conduttore la propria intenzione di vendere con una ben precisa formalità: ovvero tramite atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
La legge sull’equo canone stabilisce anche il contenuto di tale comunicazione, in cui devono essere indicati il prezzo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
Lo stesso articolo prevede anche le forme e i termini entro cui il conduttore deve rispondere per poter esercitare, eventualmente, il diritto di prelazione.
Se il proprietario/locatore non rispetta le norme sulla prelazione, le conseguenze saranno piuttosto serie (quali riscatto dell’immobile, eventuale risarcimento in favore del conduttore).
Nel nostro caso, la prima scadenza del contratto è fissata al 28 febbraio 2025: per cui è necessario attendere per capire se, al di là di quanto preannunciato, il locatore rispetterà le norme sulla disdetta e sulla prelazione. Infatti la disdetta del locatore deve essere comunicata almeno sei mesi prima della scadenza.

N. C. chiede
venerdì 24/12/2021 - Lombardia
“Gentili Signori, scrivo per avere una risposta in merito alla disdetta anticipata da parte del Locatore del mio contratto di locazione ad uso abitatitivo tra privati 4+4. La motivazione riportata nella lettera raccomandata di disdetta è la volontà della proprietà di procedere alla vendita dell'immobile.
Il contratto è stato stipulato nell' anno 2016 e si è automaticamente rinnovato nel 10/2020. Vorremmo la conferma che la disdetta del contratto non possa essere avanzata prima di 6 mesi (sei) dalla seconda scadenza naturale.
Si precisa che il Locatore possiede l'immobile dove abita e altri immobili. Il conduttore non possiede altri immobili nel comune oggetto del contratto di locazione. Vorremmo inoltre essere informati sull'eventuale diritto di prelazione a nostro favore. Allego contratto di locazione e lettera di disdetta del Locatore. Ringrazio anticipatamente e resto in attesa di un cortese riscontro nel più breve tempo possibile. Cordiali saluti. Noemi Confortini”
Consulenza legale i 29/12/2021
Per quanto riguarda il termine della disdetta da parte del locatore dopo la prima scadenza, la normativa di riferimento (art. 3 L.431/98) dispone un termine non inferiore a sei mesi.
Tuttavia, tale termine non appare rientrare tra le disposizioni inderogabili a pena di nullità.
Infatti, il successivo art. 13 indica quali ipotesi di nullità:
1) ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato;
2) ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.
Nella presente vicenda non è stata prevista nel contratto una deroga ai limiti di durata ma soltanto un termine di preavviso di disdetta successivo alla prima scadenza di tre mesi anziché sei (e ciò sia per il locatore che per il conduttore).
A ciò si aggiunga che tale clausola è stata specificatamente approvata per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c.

Ad ogni modo, pur ritenendo in linea di principio legittimo il preavviso di tre mesi, restano però tassativi (perché così espressamente specificato al comma 2 del sopra citato art. 3 della L.431/98) i motivi in base ai quali il locatore può inviare la disdetta.
L’ipotesi relativa al caso in esame sarebbe quella prevista alla lettera g e cioè vendita dell’immobile a terzi quando il locatore “non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.”
Leggiamo invece nel quesito che, a quanto risulta, il locatore possiederebbe anche altri immobili oltre quello dove vive.
Dunque le condizioni previste dalla norma ai fini della disdetta sarebbero state rispettate soltanto in parte.
Ne consegue che la disdetta non può ritenersi legittimamente esercitata.
Quanto al diritto di prelazione, sussisterebbe se la disdetta fosse stata esercitata in modo conforme alla norma.
In tal caso, si applicherebbe quanto previsto dagli articoli 38 e 39 della L.392/78 (cioè il locatore dovrebbe dare comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario indicando il corrispettivo e le altre condizioni nonchè l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione. Il conduttore dovrebbe poi esercitare tale diritto entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli. Qualora il proprietario non provveda alla notificazione o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, il conduttore potrebbe entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile).

Alla luce di tutto quanto precede, le strade da intraprendere sono diverse a seconda che si abbia o meno interesse a rimanere nell’immobile condotto in locazione.

Nel primo caso, è opportuno inviare una raccomandata di risposta al conduttore in cui si contesta che la disdetta non è stata esercitata secondo quanto previsto dalla legge in materia e che pertanto deve ritenersi non valida.
Chiaramente, ciò non impedirebbe al locatore di andare per vie giudiziali (ferma la dubbia validità della disdetta come sopra specificato).

Se invece non vi è interesse a rimanere nell’immobile, va tenuto presente che l’art. 3 della L.431/98 prevede espressamente che: “Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.”
In tal caso, sarebbe opportuno comunque inviare una lettera raccomandata con la quale si comunica al locatore che a fronte della disdetta, seppur non legittimamente esercitata, l’immobile verrà rilasciato ma senza riconoscimento di diritto alcuno ed impregiudicata ogni azione legale per la tutela dei diritti ed interessi relativi al contratto di locazione.

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