La disposizione in commento riveste una particolare importanza alla luce della
ratio del complessivo sistema di cui alla
Legge equo canone.
Infatti, l’intento perseguito dal legislatore del 1978 è stato quello di favorire e conservare in tutti i modi la continuità dell’attività di impresa, soprattutto con riguardo all’importanza dell’avviamento formatosi attorno all’immobile concesso in locazione al conduttore-imprenditore.
Significativamente, le norme sulla prelazione e sulla indennità da perdita dell’avviamento (
art. 34 della l. equo canone) hanno presupposti e finalità del tutto analoghi, essendo medesimo il loro fondamento giuridico:
tutelare l’
attività di impresa.
Gli articoli 38 e
39 della legge sull'equo canone, infatti, non si applicano, così come avviene per l’indennità da perdita dell’avviamento, alle ipotesi contemplate dall’art.
35 della legge.
L’obiettivo della norma, in altre parole, è quello di preservare il tessuto economico-imprenditoriale, interesse ritenuto dal legislatore prevalente rispetto a quello del locatore di disporre liberamente del bene.
L’interesse protetto dall’art. 38 non è quindi legato esclusivamente alla persona del conduttore, anzi; esso poggia le sue basi in un’ottica di tutela di carattere superindividuale, che caratterizza in generale anche le altre diverse ipotesi di prelazione legale presenti nell’ordinamento giuridico.
L’interesse alla conservazione dell’attività di impresa, infatti, prescindere e supera la tutela del conduttore visto come singolo. Solamente un interesse di carattere pubblicistico è infatti autorizzato a comprimere in maniera così consistente la libertà di autodeterminazione del singolo proprietario, il quale viene attraverso tale norma fortemente limitato nella sua autonoma scelta del contraente.
Altre prelazioni legali presenti nell’ordinamento giuridico che perseguono finalità pubblicistiche sono:
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la prelazione agraria, prevista dall’art. 8 della L. 26 maggio 1965/690;
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la prelazione artistica, prevista dagli articoli 60 e seguenti del D. Lgs. 22 gennaio 2004/42;
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la prelazione ereditaria, prevista dall’art. 732 del c.c.;
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la prelazione dei partecipanti all’impresa familiare in caso di trasferimento dell’azienda, ex art. 230 bis del c.c..
Per quanto riguarda in particolare il rapporto tra la prelazione urbana disciplinata dall’art. 38 e quella ereditaria, l’ultimo comma della disposizione in oggetto attribuisce la prevalenza al diritto dei coeredi. La prelazione urbana, ritiene la giurisprudenza, non potrà tornare operante nemmeno nel caso in cui il coerede non eserciti il suo diritto, poiché la vendita di una quota ereditaria non comporta il trasferimento dell’immobile locato.
In merito invece ai rapporti tra la prelazione urbana e la prelazione convenzionale, si ritiene in giurisprudenza che il patto di prelazione volontaria potrà avere efficacia e produrre i suoi effetti allorquando la prelazione legale non venga esercitata.
Ci si è chiesti in dottrina se la prelazione debba essere esercitata con riferimento ad ogni tipologia di trasferimento a titolo oneroso. Ebbene, si è ritenuto che l’istituto della prelazione urbana operi solamente allorquando venga stipulato un contratto a parità di condizioni. Viceversa, nel caso in cui la prestazione richiesta al potenziale acquirente rivesta carattere infungibile, non opererà la prelazione urbana.
Di conseguenza, la dottrina ritiene che al contratto di
permuta non sia applicabile l'istituto della prelazione urbana; allo stesso modo, nel caso di
datio in solutum, di conferimento in società o di transazione, dovendosi escludere la fungibilità tra le posizioni contrattuali del conduttore e del terzo,
non si utilizzerà la prelazione prevista dall’art. 38.
Nel caso di donazione, poi, sembra sia da escludere l’applicazione della prelazione urbana, che si riferisce esclusivamente ai contratti a titolo oneroso. In tal caso, il locatore sarà semplicemente tenuto a comunicare all’inquilino l’avvenuto trasferimento della proprietà a titolo gratuito.
Ancora, affinché possa operare l'istituto della prelazione urbana, è necessaria la volontarietà del trasferimento dell’immobile. La prelazione andrà viceversa esclusa in tutte quelle ipotesi, quali la vendita forzata, la vendita coattiva in sede fallimentare, la liquidazione coatta amministrativa o il concordato preventivo con cessione dei beni ai creditore. Tuttavia, per il caso di concordato preventivo, si segnala una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 913 del 1998, la quale ha affermato che il diritto di prelazione urbana sussiste anche in caso di attivazione di tale procedura concorsuale.
Per quanto riguarda il
contenuto della
comunicazione che il locatore deve inviare all’inquilino, denominata “
denuntiatio”, si ritiene che essa debba contenere tutte le
condizioni del negozio di alienazione, il
corrispettivo e l’
invito ad esercitare la prelazione, a pena di inefficacia.
Ci si è chiesti, in dottrina e in giurisprudenza, se sia possibile che la denuntiatio venga effettuata anche in assenza di altre offerte da parte di terzi, pervenendosi sostanzialmente ad una risposta affermativa. In tal caso, se l’inquilino dovesse rifiutare e, successivamente, venisse trovato un altro compratore al quale il bene venisse offerto ad un prezzo inferiore rispetto a quello comunicato all’inquilino, sarebbe necessario effettuare una nuova offerta di prelazione.
Per quanto riguarda poi la forma della prelazione, il terzo comma della disposizione in commento afferma che la denuntiatio deve essere effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario. Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto efficaci anche altri mezzi equipollenti, come la lettera raccomandata, a patto che il conduttore venga correttamente informato mediante un atto che proviene dal locatore e contenente tutte le informazioni necessarie.
Nel caso in cui l’immobile per il quale si offre la prelazione appartenga ad una comunione, sarà necessario, a pena di inefficacia, che tutti i comunisti informino il conduttore della propria intenzione di alienare.
Il conduttore può
rinunciare al suo diritto di prelazione solamente a seguito della
denuntiatio effettuata dal locatore, una volta che il diritto sia quindi divenuto attuale. La rinunzia preventiva dovrà invece considerarsi
nulla, anche in virtù della natura pubblicistica dell’interesse protetto. Inoltre, una rinunzia preventiva da parte del conduttore contrasterebbe apertamente con la disposizione di cui all’
art. 79 della l. equo canone, che sanziona con la nullità tutti i patti volti a escludere diritti del conduttore in via preventiva.
Molto discussa è la natura della denuntiatio.
Dalla diversa qualificazione giuridica attribuita alla stessa, discendo rilevanti conseguenze di carattere pratico.
Gli interpreti sono sostanzialmente divisi tra coloro che attribuiscono all’offerta di prelazione il carattere di una
offerta contrattuale, in quanto tale revocabile da parte del locatore (tranne nel caso in cui la si voglia qualificare, come fa certa parte della giurisprudenza, come offerta irrevocabile), e coloro che le attribuiscono la natura di un
atto formale di interpello, ovvero una comunicazione vincolante. In tale ultimo caso, l’adesione del conduttore
non assumerebbe la forma di una accettazione, ma determinerebbe solamente l’
obbligo per ambedue le parti di
concludere il negozio di alienazione. In altre parole, la
denuntiatio e l’accettazione del conduttore non varrebbero a concludere il contratto secondo la logica di cui all’
art. 1326 del c.c., ma farebbero sorgere un
reciproco obbligo di contrarre (per l’adempimento del quale ciascuna parte potrà ricorrere allo strumento dell’esecuzione forzata dell’obbligo di contrarre di cui all’
art. 2932 del c.c.). In tale ultimo caso, inoltre,
non sarebbe nemmeno configurabile la possibilità di
revoca della
denuntiatio in capo al locatore, poiché l’offerta di prelazione costituirebbe un obbligo legale che attribuisce al conduttore un determinato lasso di tempo per determinarsi in ordine alla convenienza dell’acquisto.
L’adesione del conduttore deve avvenire a condizioni uguali di quelle comunicate dal locatore, sia con riferimento al prezzo da corrispondere che alle altre condizioni contrattuali.
Ci si è chiesti in giurisprudenza se la prelazione debba essere esercitata anche per quanto riguarda le pertinenze dell’immobile, quali possono essere, per esempio, cantine o posti macchina. Ebbene, in tal senso è stato affermato che la denuntiatio debba essere effettuata anche con riguardo alle pertinenze dell’immobile, anche se queste non sono indicate nella comunicazione resa dal locatore (si vede la sentenza della Corte di Cassazione n. 19157 del 2005).
Infine, altra questione dibattuta è quella della cosiddetta “vendita in blocco”, che consiste nella vendita dell’intero edificio all’interno del quale si trovi la porzione immobiliare locata. Ebbene, a chi sostiene che al conduttore dovrebbe riconoscersi il diritto di prelazione sull’intero immobile oggetto del trasferimento, si contrappone la dottrina dominante, la quale ritiene che al conduttore non spetti il diritto di prelazione nel caso in cui ad essere alienato sia l’intero edificio, poiché non ci sarebbe identità tra oggetto della vendita e della locazione.
Nel caso in cui il contratto di locazione fosse stato ceduto o sublocato, il diritto di prelazione spetterà non più al conduttore originario, bensì al cessionario o al subconduttore. Al conduttore che abbia esercitato il diritto di prelazione, non è vietato alienare successivamente, a sua volta, l’immobile.