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Articolo 1552 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Nozione

Dispositivo dell'art. 1552 Codice Civile

La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all'altro(1).

Note

(1) Nonostante nella permuta si abbia lo scambio di un bene con un altro bene essa è un contratto consensuale e non reale (1376 c.c.); è un contratto ad effetti reali e, per definizione, oneroso. Rispetto alla vendita (1470 c.c.) il pagamento di un prezzo in denaro è sostituito dal trasferimento della proprietà di una cosa; come per essa, possono essere necessarie una certa forma e la trascrizione a seconda dell'oggetto (1350, 2643, n. 1 c.c.).

Ratio Legis

Il legislatore del 1942 ha conservato la figura della permuta nonostante si tratti di una fattispecie ad oggi poco utilizzata; essa consente lo scambio in assenza della moneta, secondo lo schema bene contro bene.

Brocardi

Sine pretio nulla venditio

Spiegazione dell'art. 1552 Codice Civile

Compravendita e permuta

La differenza fra i due contratti resta delimitata solo al gioco alterno dei corrispettivi, che nella permuta sono vicendevolmente costituiti da cose o da diritti.
Un perfetto, materiale rapporto di scambio, pertanto, o baratto di beni oggettivi, secondo il reciproco interesse delle parti, di cedere beni di cui si abbia disponibilità oltre il bisogno per averne altri che soddisfino direttamente particolari bisogni propri.

Contratto al quale si ricorre quando vicendevolmente si tende ad acquistare la proprietà di cose certe e determinate, piuttosto che di un genere per cui si possa ricorrere al mercato; e quando, per la perfetta convergenza dei reciproci interessi, individuati direttamente su cose di cui si abbia rispettivamente la disponibilità, si tende a semplificare il rapporto di scambio, evitando la fase intermedia della vendita per un prezzo, verso il successivo impiego del prezzo ottenuto in un altro acquisto.


Permuta di diritti

Deve pere trattarsi di diritti oggettivabili, o per la loro diretta aderenza ad una cosa (diritti reali) o per la loro impersonalità od estraniabilità dall'originario titolare, in modo da poter passare di soggetto in soggetto in una immutabile consistenza e fisionomia quasi materializzate. Così, ad esempio, oltre ai diritti reali su cose immobili, che possano considerarsi diritti parziali o funzionali di dominio, i diritti azionari ed in genere i titoli di credito, nei quali si incorpora cartolarmente un diritto economico circolabile; ed ancora i diritti di marchio, diritti d'autore, ecc.. Diversamente sarebbe a dirsi, invece, dei diritti comuni di obbligazione, rispetto ai quali, piuttosto che trasferimenti oggettivi, si ha la successione in un rapporto, soggetto a regole proprie.
D'altro canto, purché le cose ed i diritti permutandi rispondano a tali requisiti, non si richiede che lo scambio avvenga fra oggetti della stessa natura.

La diversa natura delle cose o diritti commutati avrà importanza solo per determinati effetti, propri ai trasferimenti di alcuni beni: come ad esempio per la forma del contratto, la quale, dovendosi adeguare alla natura ed al valore dei beni permutati, dovrà esser quella, naturalmente, propria al bene soggetto al regime speciale e di maggior rigore, il quale viene ad assumere nel contratto posizione dominante, anche in relazione alla sua organicità che non potrebbe essere scissa.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

280 La definizione della permuta (art. 419) è stata logicamente coordinata con quella della vendita, poiché, salvo il corrispettivo diverso, la struttura negoziale non può essere che identicamente stabilita nell'uno e nell'altro contratto.
281 L'art. 411 del progetto del 1936 aveva riprodotto l'art. 1551 del codice vigente, il quale stabilisce che se uno dei permutanti ha già ricevuto la cosa datagli in permuta e prova in seguito che l'altro contraente non è proprietario della cosa stessa, non può essere costretto a consegnare quella che egli ha promesso di dare, ma solamente a restituire la cosa ricevuta.
Questa disposizione è diventata superflua nel sistema del progetto. Dato il rinvio finale generico alle norme che regolano la vendita (art. 422) è evidente che l'ipotesi della permuta di cosa altrui è soggetta a quelle medesime regole che concernono la vendita di cosa altrui, con la conseguenza che il permutante che abbia scoperto l'alienità della cosa ricevuta può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento.

Massime relative all'art. 1552 Codice Civile

Cass. civ. n. 30058/2022

Il contratto di permuta di un terreno contro beni immobili da costruire, individuati solo nel genere, è valido solo a condizione che questi ultimi siano determinabili con riferimento ai parametri di edificabilità, alla collocazione degli immobili da costruire, alla loro dimensione, alla loro destinazione, nonché ai criteri attraverso i quali individuare in concreto gli immobili da attribuire in permuta. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto nullo per indeterminabilità dell'oggetto un contratto di permuta di terreno contro immobili da costruire, con il quale il promittente alienante si era impegnato, in cambio del trasferimento di un terreno, a cedere al promissario una quota delle costruzioni che sarebbe stato possibile edificare sul terreno con progetti regolarmente approvati dalle autorità competenti).

Cass. civ. n. 19824/2019

In caso di permuta di un terreno con un appartamento da costruire, ai fini dell'opponibilità ai terzi della trascrizione dell'atto di permuta, deve verificarsi se la nota di trascrizione della convenzione consenta l'individuazione dell'appartamento oggetto di permuta. (Nel caso di specie, la S.C. ha censurato la decisione della corte territoriale che erroneamente aveva ritenuto che la trascrizione della convenzione edilizia non fosse opponibile al terzo, che aveva iscritto ipoteca in un momento successivo, senza accertare se la nota di trascrizione consentisse di individuare la porzione dell'immobile poi trasferito in base al contratto di permuta).

Cass. civ. n. 11234/2016

Il contratto avente ad oggetto l'impegno a trasferire la proprietà di un'area (nella specie, il 79 per cento dell'intero fondo) in cambio di uno o più unità immobiliari da costruire (nella specie, pari al 21 per cento della volumetria complessivamente realizzabile, da erigersi sulla parte di fondo non ceduta) è qualificabile come preliminare di permuta di cosa futura ove l'intento concreto delle parti abbia ad oggetto il reciproco trasferimento dei beni (presente e futuro), restando meramente strumentale l'obbligo di erigere i fabbricati, mentre integra un appalto se tale obbligazione assume rilievo preminente e ad essa corrisponda quella di versare il corrispettivo (eventualmente sostituito, nella forma atipica "do ut facias", dal trasferimento dell'area), anche in compensazione rispetto al prezzo per la vendita immobiliare funzionalmente collegata.

Cass. civ. n. 5605/2014

Al fine di stabilire se un contratto traslativo della proprietà di un bene, per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una compravendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l'ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi.

Cass. civ. n. 24172/2013

Integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area fabbricabile in cambio di parti dell'edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell'attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente. A tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l'effetto traslativo si verifica ex art. 1472 c.c. non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell'edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali, senza che abbiano rilevanza le rifiniture o gli accessori, così come conforta la lettera dell'art. 2645 bis ultimo comma del c.c..

Cass. civ. n. 25603/2011

In caso di permuta obbligatoria, così come nell'ipotesi di vendita obbligatoria, l'effetto traslativo non è immediato, ma è differito e fatto dipendere da ulteriori eventi, come l'acquisto della cosa da parte di un permutante o la venuta ad esistenza della cosa medesima. (Nella specie, la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva inquadrato nello schema della permuta obbligatoria in favore di terzo la fattispecie negoziale in cui i cessionari di una quota sociale si erano obbligati, a titolo di corrispettivo della cessione, ad acquistare un immobile ed ad attribuire ad un terzo il diritto di abitazione su di esso, con conseguente automatico determinarsi dell'effetto reale una volta verificatosi l'acquisto della proprietà del bene).

Cass. civ. n. 1960/2008

Nel contratto di permuta — al quale sono applicabili, in quanto compatibili, le norme della vendita (art. 1555 c.c.) — ove l'acquirente non abbia già la disponibilità del bene, sussiste in capo al cedente l'ulteriore e specifico obbligo di consegna che costituisce un'attività materiale non coincidente con l'effetto traslativo della proprietà ed espressamente desumibile dalla regola dettata, per la vendita, dall'art. 1476, n. 1, c.c.

Cass. civ. n. 28479/2005

Il contratto con cui una parte cede all'altra la proprietà di un'area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due distinti contratti, una compravendita ed una promessa di vendita, escludendo la possibilità di qualificare la fattispecie come permuta, avendo le parti convenuto l'immediato trasferimento della proprietà dell'area contro la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire).

Cass. civ. n. 5494/2001

Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull'area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, integra il contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco, con effetto immediato sulla proprietà dell'area e differito della cosa futura, e l'assunzione dell'obbligo di erigere l'edificio sia restata su di un piano accessorio e strumentale, ma non quando le due parti si obbligano l'una a costruire un edificio e l'altra - il proprietario del suolo - a cederlo, in tutto o in parte, quale compenso, poiché, in tale ultimo caso, il contratto ha effetti obbligatori e si qualifica come innominato del genere do ut facias, analogo al contratto d'appalto, dal quale differisce per la mancanza di un corrispettivo in denaro. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto che il contratto avente ad oggetto la promessa di vendita di un appezzamento di terreno, ai fini della costruzione di un edificio con coevo affidamento in appalto all'altro contraente della costruzione delle unità abitative, non sia qualificabile permuta avuto riguardo al rilievo teleologicamente essenziale che nella volontà delle parti ha assunto la costruzione del fabbricato).

Cass. civ. n. 11986/1998

È ammissibile la permuta di cosa presente con cosa futura sempreché la esistenza della cosa futura non sia soltanto eventuale, perché altrimenti si avrebbe la cessione di un diritto senza corrispettivo, cioè a titolo gratuito, in contrasto con la natura stessa del contratto di permuta.

Cass. civ. n. 5322/1998

Il contratto di cessione della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato (o di parte di esso) da erigere sull'area medesima a cura e con mezzi del cessionario partecipa della natura giuridica del contratto di permuta di bene presente con altro futuro, ovvero del contratto misto vendita-appalto, a seconda che, rispettivamente, il sinallagma negoziale consista nel trasferimento reciproco del diritto di proprietà attuale del terreno e di quello futuro sul fabbricato (l'obbligo di erigere il medesimo restando su di un piano meramente accessorio e strumentale), ovvero la costruzione del fabbricato risulti l'oggetto principale della volontà delle parti (ad essa risultando strettamente funzionale la precedente cessione dell'area).

Cass. civ. n. 11643/1997

Il contratto avente ad oggetto la cessione di un'area edificabile in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato a cura e con, i mezzi del cessionario può integrare tanto gli estremi della permuta tra un bene esistente ed un bene futuro quanto quelli del negozio misto caratterizzato da elementi propri della vendita e dell'appalto, ricorrendo la prima ipotesi qualora il sinallagma contrattuale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura (l'obbligo di erigere il manufatto collocandosi, conseguentemente, su di un piano accessorio e strumentale), verificandosi la seconda ove, al contrario, la costruzione del fabbricato assuma rilievo centrale all'interno della convenzione negoziale, e la cessione dell'area costituisca soltanto lo strumento prodromico onde conseguire tale, primario obiettivo. La indagine sul reale contenuto delle volontà espresse nella convenzione negoziale de qua, risolvendosi in un apprezzamento di, fatto, è riservata al giudice di merito ed è, conseguentemente, incensurabile in cassazione se sorretta da adeguata motivazione.

Cass. civ. n. 10256/1997

È legittima la permuta di cosa presente (con conseguente effetto traslativo immediato della proprietà) con una cosa futura ovvero soltanto generica (abbisognevole, pertanto, di individuazione nell'ambito del relativo genus), la cui proprietà venga, invece, trasferita in momento successivo (all'atto, cioè, della rispettiva venuta ad esistenza o specificazione), realizzandosi, in tal caso, l'effetto traslativo immediato con riguardo alla cosa presente, e la contestuale nascita dell'obbligazione, per il ricevente, di tenere il comportamento necessario affinché la res, futura o generica, sia a sua volta trasferita in proprietà alla controparte, per effetto della sua venuta ad esistenza o specificazione.

Cass. civ. n. 8118/1991

Il contratto con il quale il proprietario di un'area fabbricabile trasferisce questa ad un costruttore in cambio di parti dell'edificio che l'acquirente si impegna a realizzare sull'area medesima, deve qualificarsi come permuta di cosa presente con cosa futura e produce l'effetto del trasferimento immediato della proprietà dell'area e della costituzione dell'obbligazione dell'acquirente di tenere il comportamento necessario affinché la cosa da consegnare venga ad esistenza, evento che va individuato nel momento in cui si perfeziona il processo produttivo della cosa nelle sue componenti essenziali, essendo irrilevante che manchi di alcune rifiniture o di qualche accessorio non indispensabile per la sua realizzazione, e che è sufficiente da solo a determinare l'acquisto della proprietà al permutante dell'area, senza necessità di altre dichiarazioni di volontà.

Cass. civ. n. 6771/1991

Nel contratto di permuta l'oggetto, che deve essere determinato (e determinabile) a norma dell'art. 1346 c.c., è costituito dai beni che vengono scambiati e non dall'utilità che le parti conseguono con lo scambio. Tale utilità considerata in rapporto alla funzione economico-sociale che il negozio è oggettivamente idoneo ad assolvere, costituisce la causa del contratto, mentre, in rapporto alle finalità particolari e contingenti che la parte si ripromette di conseguire, configura il motivo del contratto stesso.

Cass. civ. n. 4000/1991

La permuta, al pari della vendita, non ha necessariamente effetti reali, ma può avere un'efficacia meramente obbligatoria; tale seconda ipotesi si verifica quando l'effetto traslativo non è immediato e conseguente al semplice consenso delle parti legittimamente manifestato, ma è differito e fatto dipendere da ulteriori eventi, come l'acquisto della cosa da parte di un permutante o la venuta ad esistenza della cosa medesima. Si configura pertanto un contratto di permuta nel caso di uno scambio di una cosa certa e determinata con un'altra, di cui siano specificamente indicate le caratteristiche e il valore, e che il permutante si obbliga a procurarsi o a consegnare all'altro contraente, così individuando e specificando la cosa medesima, e determinando nel contempo il trasferimento a favore della controparte.

Cass. civ. n. 3827/1982

L'autonomia contrattuale può esprimersi non soltanto con ipotesi innominate di contratti ma anche orientando in contenuti atipici gli effetti di negozi tipici, singolarmente presi ovvero combinandoli, senza che tale operazione comporti la simulazione di alcuno di essi ovvero una novazione. È, pertanto, legittimo l'accordo delle parti contraenti di realizzare il contenuto ordinario di una permuta (con conguaglio in denaro) attraverso la stipulazione di atti negoziali asincroni collegati, uno dei quali astrattamente riconducibile nello schema della compravendita.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1552 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. P. chiede
sabato 05/11/2022 - Campania
“Mio cugino mi cita in giudizio per fruire di una servitù di parcheggio che mia madre defunta aveva concesso alla sorella anch'essa deceduta con atto notarile. L'atto veniva stipulato in data 07.10.1999, si tratta di una permuta nella quale mia zia cedeva a mia madre un terzo di un locale (che per i restanti due terzi era di mia madre) ed in cambio mia madre le concedeva di parcheggiare l'auto nel giardino circostante un immobile di sua proprietà. In data 15 luglio 2003 veniva redatto tra le parti un ulteriore atto notarile nel quale in cambio della delimitazione del posto dove parcheggiare l'auto, mia zia cedeva a mia mamma la metà di un locale cantinato di sua proprietà.
La causa veniva decisa con il rigetto della domanda. Nella sentenza che allego gli atti costitutivi della servitù venivano dichiarati nulli e qui si pone la mia domanda. Mio cugino adesso mi chiede la restituzione del "prezzo della permuta".
Va precisato che ad oggi mia madre ha ricevuto solo il terzo dell'immobile stabilito nel primo atto di permuta mentre il secondo atto non è stato adempiuto, attesa la morte di ambedue le contraenti prima del trasferimento della metà del locale cantinato.
Devo precisare che mio cugino, come leggerete, non aveva chiesto mai finora la restituzione del bene nell'ambito del giudizio che si è definito con sentenza. Può farlo adesso?
Spero di essere stata chiara nell'esposizione.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/11/2022
Va premesso che, per poter rispondere al presente quesito, si è resa necessaria la lettura della sentenza pronunciata tra le parti, nonché della richiesta (formulata in sede di avvio della procedura di mediazione) di restituzione di quanto ricevuto dalla convenuta in adempimento del contratto di permuta, stipulato a suo tempo tra le rispettive danti causa.
Ora, la sentenza esaminata è una sentenza di rigetto. Essa, infatti, ha respinto le domande formulate da entrambe le parti: innanzitutto quella dell’attore, il quale aveva proposto un’actio confessoria servitutis, chiedendo appunto di accertare e dichiarare la propria titolarità del “diritto di servitù perpetua di posteggiare un’autovettura all’interno dell’area esterna il fabbricato” di proprietà della convenuta, e per l’effetto ordinare a quest’ultima l’immediata consegna ad esso istante delle chiavi del cancello di accesso all’area; il tutto con vittoria di spese.
La convenuta, costituitasi tardivamente rispetto alle preclusioni di cui all’art. 167 del c.p.c., aveva concluso chiedendo il rigetto della domanda dell’attore e, comunque, accertarsi la nullità dell’atto di costituzione della servitù di parcheggio, con vittoria di spese da distrarsi in favore degli antistatari.
Nel merito, in primo luogo, la convenuta aveva eccepito la prescrizione del diritto dell’attore di accettare l’eredità materna, eccezione respinta proprio in virtù della tardività della costituzione in giudizio.
Parimenti, il tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di accertamento della nullità dell’atto di costituzione della servitù di parcheggio (oggetto di contratto di permuta tra le danti causa), da qualificarsi, ad avviso del giudicante, come riconvenzionale, in quanto tale proposta tardivamente.
Tuttavia, il tribunale ha preso in considerazione tale richiesta “come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito di paralizzare la pretesa dell’attore”, come da giurisprudenza della Cassazione.
Proprio in accoglimento di tale eccezione la sentenza in esame ha accertato la nullità della permuta e, pertanto, rigettato la domanda dell’attore.
Chiarito quanto sopra, possiamo passare a rispondere all’interrogativo sollevato nel quesito.
Va premesso che non desta alcuna perplessità la circostanza che l’attore non avesse “chiesto mai finora la restituzione del bene nell'ambito del giudizio che si è definito con sentenza”: infatti, come abbiamo visto, nel procedimento da poco concluso l’attore aveva chiesto l’accertamento dell’esistenza in proprio favore di una servitù di posteggio, il che presupponeva semmai la validità del contratto di permuta.
Accertata giudizialmente la nullità di tale contratto, l’attore chiede ora, del tutto logicamente, la restituzione di quanto ricevuto dalla convenuta in esecuzione di esso.
Va, oltretutto, escluso che l’attore possa utilizzare la sentenza già emessa come titolo esecutivo, attesa la sua natura di pronuncia di mero rigetto: pertanto, per ottenere quanto preteso dovrà necessariamente, in difetto di spontanea restituzione da parte della convenuta, iniziare un apposito giudizio.

Franzini G. chiede
giovedì 05/04/2018 - Lombardia
“Buongiorno,
Alla mia cliente è stato notificato un atto di citazione perchè non si è presentata dal Notaio per un rogito integrativo di una permuta in quanto il Notaio aveva omesso l'inserimento formale in favore di parte attrice della quota di 2/4 di un cortile. La mia assistita riconosce l'errore del notaio e non ha nessun motivo per opporsi il problema nasce da un malinteso con lo studio del notaio. Ora senza entrare nel merito il mio dubbio è il seguente : controparte prima di notificare l'atto di citazione avrebbe dovuto esperire la mediazione obbligatoria o la negoziazione obbligatoria prima di rivolgersi al giudice.
Resto in attesa di un Vostro cortese riscontro.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 11/04/2018
Va in primo luogo chiarito che, anche se il quesito non lo esplicita, è legittimo presumere che si tratti nel caso di specie di permuta di immobile.

La negoziazione assistita va esclusa, nel senso che la fattispecie non rientra sicuramente nei casi di obbligatorietà di cui alla norma (D.L. n. 132/2014): risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, domanda di pagamento a qualsiasi titolo (ad eccezione dei crediti in materia di lavoro) di somme non eccedenti cinquantamila euro, contratti di trasporto o di sub-trasporto.

Per quanto concerne, invece, la Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al D. Lgs. 28/2010, l’art. 5 della normativa elenca i seguenti come casi in cui esperire la mediazione obbligatoria: “condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari".

Ebbene, il contratto di permuta, disciplinato dagli articoli 1552 e seguenti c.c., ha per oggetto lo scambio di beni mobili o immobili oppure di altri diritti da un contraente all’altro. Sovente la disciplina della permuta viene mutuata dalla vendita, alla quale si applica in buona misura per analogia.
L’oggetto della permuta, dunque, varia, in quanto può riguardare la proprietà di beni (mobili o immobili) oppure altri diritti reali.
Se – come nel caso di specie – l’oggetto del contratto è lo scambio della proprietà su di un immobile oppure altro diritto reale, ad avviso di chi scrive l’operazione rientra sicuramente nel novero dei casi di mediazione obbligatoria.